mercoledì 11 novembre 2015

Una bimba e Zurbaran (dal romanzo "I bimbi di ieri" di A.Magri)



 
 Una bimba e Zurbaran
 
 



Una bimba e Zurbaran

(tratto dal romanzo I Bimbi di ieri)

Antefatto: l'avvocato Ada Del Val, italiana abilitata in Florida come penalista, sta indagando sul presunto omicidio di una bambina, Sol Rodriguez, figlia di profughi guatemaltechi, omicidio di cui, nel 1998, è stato accusato un giovane condannato a morte di colore, Jimmy Baldwin. Le indagini svelano che la bambina, in realtà, potrebbe essere stata rapita per un'adozione illegale. Fondamentali per Ada sono i suggerimenti del marito, John W.Marshall, condannato a morte anche lui e innocente, versatissimo in diritto. Il difficile mondo delle adozioni, nazionali e internazionali, oltre che il death-row, fa da sfondo alla vicenda.

Un mattino, in una pausa a metà tra lo studio di alcuni documenti e il riepilogo di altri, John si mise a rovistare tra le sue lettere. In cella non disponeva di molto spazio: solo due armadietti, uno necessario per gl'incartamenti legali e l'altro adibito alla custodia degli oggetti personali. Se il primo era colmo di carte (e non conteneva neanche tutti i faldoni), il secondo traboccava soprattutto delle lettere di Ada.

Nel corso degli anni, sua moglie aveva cercato di fargli assaggiare un poco di quasi tutto ciò che aveva sperimentato di bello lei nella vita là fuori. Non di rado gli aveva inviato fotocopie di porzioni di libri, oppure cartoline con splendidi paesaggi; spesso era ricorsa anche alla sua macchinetta fotografica per mandargli dei ricordi di luoghi da lei visitati (sempre col sogno inconfessabile di portarci anche lui). In altre occasioni, dopo avere visitato un'esposizione, lei gli aveva spedito persino delle cartoline raffiguranti opere d'arte in mostra in Europa. Quest'ultimo genere di omaggi si era tuttavia rarefatto da quando lei abitava stabilmente negli States.

Ma ora John, pensieroso anche a proposito del caso della piccola Sol, stava rovistando tra le lettere per rinvenire qualcos'altro. Si pentiva di non averle conservate in rigoroso ordine cronologico (e si meravigliava anche di non averlo fatto: era di solito così meticoloso - per non dire pignolo, come sosteneva sua moglie); quindi, faticò non poco. Dopo due ore buone che sentiva scartabellare (incredibile che le cose potessero svanire così in una cella di neanche 3 metri per 1,80!), il vicino di Marshall, Ronald Scott, che stava pigramente guardando la TV, udì un sonoro "Finalmente!", ma vi prestò scarsa attenzione. I successivi passi in lungo e in largo per la cella adiacente gli dissero che Double-u[1] aveva potuto iniziare quanto intendeva fare quel mattino, ma la cosa a lui non interessava più di tanto.

John aveva ritrovato, premute entro una busta più grande, una decina di sontuose cartoline che Ada gli aveva spedito anni prima dalla Spagna (nel 1999 o nel 2000: non erano sposati e lei abitava ancora in Europa), dove lei si era recata per uno stage di alcuni mesi in Diritto. Aveva visitato un'esposizione concernente un maestro della pittura spagnola seicentesca, Francisco de Zurbarán, uno dei suoi favoriti, ed aveva accumulato alcune cartoline dentro buste diverse: il regolamento le vietava di infilare più di 5 immagini dentro una sola missiva, per cui era ricorsa a due o tre invii differenti per condividere con lui i suoi quadri preferiti. Di Zurbarán era stato di recente festeggiato il quarto centenario dalla nascita, per cui la Spagna intera ferveva di occasioni celebrative in ricordo di un artista peraltro abbastanza dimenticato per vari decenni: Ada si era innamorata dell'atmosfera intima, quasi domestica dei suoi quadri, in cui lo sfondo scuro attraversato da sciabolate di luce tradiva però la ferma volontà di proteggere l'intimità familiare, un'intimità in cui si stagliavano figure di un realismo impressionante; aveva immaginato, come gli aveva scritto nelle sue lettere, di sfiorare con un dito il panneggio delle lucide sete o dei rigidi rasi o anche dei panni ruvidi indossati dai vari personaggi delle pitture, stoffe rese con tale perfezione da apparire reali, ammassate lì sulla tavola e pronte perché lo spettatore le potesse toccare. E, infine, era sprofondata in contemplazione di fronte all'atmosfera di silenzio di quelle immagini, in cui tutto pareva portare alla meditazione più genuina.

John prese a sfogliare nuovamente quelle cartoline, immergendosi a sua volta nella contemplazione. Amava molto la pittura, anche se, a differenza di altri compagni di prigionia, non ricorreva molto al disegno (alcuni di loro realizzavano delle opere degne di veri artisti): lo attraeva particolarmente il periodo impressionista, immerso nella luce e nei colori dell'en plein air, ma era affascinato pure da quello preferito dalla sua Ada, quello manieristico-barocco, così in linea con l'opulenza cui era abituata una sana Bolognese.

La prima figura che ritrovò fu quella del Beato Serapione, un'immagine intensissima, eppure straordinariamente pacifica, di un giovane padre mercedario torturato e martirizzato. Il giovane era appeso per i polsi a delle corde e la tonaca chiara risplendeva di una grande varietà di tonalità bianche. John girò la cartolina e lesse la didascalia appostavi da sua moglie:

San Serapione, prima cavaliere durante la II Crociata, con Riccardo Cuor di Leone, appartenne in seguito all'ordine dei Mercedari che, nella Spagna occupata dai Mori, si occupavano di riscattare i cristiani fatti schiavi dagli Arabi. Morì di una morte atroce, dopo essere stato catturato da pirati mori. Guarda quanto sono virtuosistiche le pieghe della veste e le infinite varietà di bianco impiegate dal pittore per rendere la tonaca dell'ordine. E poi, da questo quadro emana una pace...

Era vero. Anche John era rimasto tremendamente colpito da tutta quella luce nel buio e dalla pace che traspariva dal volto del martire, che pareva pacificamente addormentato. Anche quando aveva ricevuto quella cartolina, l'aveva contemplata a lungo. Ignorava se Ada se ne fosse accorta, ma a lui non era sfuggito: il giovane frate sembrava crocifisso. Ripensò alla "morte atroce" cui aveva fatto allusione Ada e la ricollegò a quanto aveva visto di recente nel film Le quattro piume: anche in quel caso, la zona sahariana veniva presentata come teatro di prigionie efferate e morti selvagge. Ma lui veniva attratto dalla calma, dalla serenità di quel volto. Era possibile morire di una morte atroce così? Il pittore aveva senza dubbio celato i dettagli più orridi di quanto era avvenuto dopo, eppure John avvertiva la concreta possibilità che quel giovane uomo celebrato per il suo eroismo di secoli prima, fosse stato davvero immerso in una pace sovrumana al di là dello strazio che di lui si era fatto. Avrebbe conservato la medesima pace lui, John Marshall, anche poco prima, diciamo...di salire su di una sedia elettrica?

John preferì lasciare in sospeso l'interrogativo, riprese a sfogliare le sue cartoline e si ritrovò tra le mani un'altra immagine di Mercedario biancovestito, dalle innumerevoli pieghe e tonalità chiare, quindi uno straordinario S.Francesco, che meditava nell'ombra con un teschio in mano, un magnifico S.Gregorio Magno, interamente abbigliato di rosso e per cui la raffinatezza del bisso della veste papale era quasi palpabile; quindi un'aggraziata Immacolata Concezione che, a dire il vero, pareva più una bambina che una fanciulla; un'incantevole natura morta costituita da tazze e argenterie, su cui baluginavano riflessi luminosi; infine, una magnifica cesta di mele rosse e gialle (ma Ada, dietro, aveva ricordato che quel quadro apparteneva al figlio di Zurbarán, Juan, specializzato in nature morte); una pittura raffigurante la casa di Nazareth, un agnello ed  una piccola Maria addormentata. John cercava proprio questi ultimi quadri.

Per quanto fosse riservato, il giovane nutriva spesso il bisogno di discutere le sue idee con qualcun altro; perciò diede una voce al suo vicino.

- Ronnie! Potrei farti vedere una cosa?

Ma un mugugno, proveniente dall'altra parte del muro, gli fece capire che l'altro non era dell'umore di rispondere. John sospirò deluso. Nel braccio era sempre così: non c'era verso di tenere una conversazione interessante o di comunicare autenticamente con qualcuno. Per quanto il giovane, durante la sua adolescenza, sentendosi spesso frainteso, avesse recalcitrato davanti alla comunicazione, ne accusava però acutamente e ripetutamente la privazione. Qui ognuno era tanto indifferente e rinchiuso nei propri problemi che trovare un interlocutore era un'impresa. Del resto, a parecchi non interessava niente di nessuno e Ronnie non faceva eccezione. Era entrato nel braccio cinque o sei anni prima, perché, come era capitato anche a vari altri, mentre era sotto l'effetto di una pletora di stupefacenti (alcool, cannabis, cocaina e l'immancabile LSD, che provoca allucinazioni), un cocktail micidiale da cui c'era da stupirsi che fosse sopravvissuto, aveva massacrato a coltellate (varie decine) un anziano vicino di casa. Precipitato in una sorta di abulia già dopo la confessione, era diventato definitivamente inerte una volta approdato nel death-row e trascorreva la giornata davanti alla TV o a dormire. Non pochi, nel grigiore del death-row, si trasformavano in amebe. Se a questo si aggiungeva il comportamento lunatico di vari detenuti, che ora mostravano un'entusiastica apertura, ora una suscettibilità riottosa, e litigavano aspramente con quelli che, fino a pochi minuti prima, avevano considerato quasi "amici", il braccio della morte non appariva davvero il luogo ideale dove costruire relazioni umane.

Tuttavia, John non si arrese e chiamò l'altro vicino.

- Danny?

- Eh?

- Vieni, ti voglio mostrare una cosa.

L'altro si alzò dal letto e si avvicinò alle sbarre: alla sua destra, John intravide il suo profilo aggraziato, col naso leggermente all'insù, e un ciuffo di capelli biondo scuro. Danny era molto più giovane di John: non arrivava ai 25 anni ed era nel braccio da poco, due o tre. John stesso, allora trentaseienne, aveva dovuto imparare a guardarsene: se giocava a carte, Danny barava spudoratamente; era bugiardo, strafottente ed amava attaccare briga. Non aveva ancora capito che, in carcere, esistono delle barriere da non superare e lui pareva tuttora nella fase di quelli che cercano grane in continuazione, finché non trovano qualcuno che li mette a posto definitivamente. Era dentro per rapina, sequestro di persona ed omicidio e, probabilmente, era colpevole: fuori ne aveva combinate di tutti i colori. Tuttavia, John, saggiamente, si era abituato a convivere anche con lui. Non gli sfuggiva che era un ragazzo dotato di intelligenza acuta e che, in altra situazione, se ne sarebbe potuto tirare fuori qualcosa di buono. Gli allungò le tre cartoline fuori dalle sue sbarre e mormorò:

- Guarda qui un attimo, me le ha inviate mia moglie qualche anno fa. Cosa ti sembrano?

Danny prese ad osservarle con attenzione.

- Toh, guarda questo! Mi assomiglia - ed allungò indietro a John la Casa di Nazareth. Nell'immagine, un Gesù adolescente, dal volto bello e concentrato, incorniciato da lunghi capelli biondi, stava intrecciando una corona di spine e si era punto a un dito: a destra, la Vergine, che cuciva del panno verde e della tela bianca, lo contemplava con malinconia. Presentiva quello che sarebbe accaduto a suo Figlio.

- Secondo me, esageri. Il Cristo ha i capelli lunghi - obiettò, con una punta di tradizionalismo, John.

- E' un ragazzo come me. E poi, è destinato al braccio della morte come me - concluse spicciativo Danny. Non a caso, lo chiamavano Speedy (ma lui si arrabbiava al sentirlo dire, perché quel soprannome gli ricordava Speedy Gonzales, e Danny era capace di menare pugni per questo). - Giusto?

John annuì. In fin dei conti, era vero. Il destino del Ragazzo nell'immagine non si era chiuso in modo molto diverso da quello di Danny, anche se questi era ancora vivo.

- E questo, cos'è?- riprese il ragazzo, tutto interessato all'agnello. Un pacifico e bianco agnellino, assolutamente innocuo, era legato per le zampe e visibilmente preparato per il macello. Non capitava mai di ammirare quadri così e quel punto di vista sul Cristo era assolutamente inusuale.

- È l'Agnello di Dio, Gesù, non vedi?- lo redarguì John, più addentro nella materia.

- Ah. Pensava parecchio alla morte questo pittore. Di dov'è?

- Spagna, 1600. Sì, pensava parecchio alla morte. Guarda questo - e gli allungò il S.Francesco.

- Miseria! - esclamò Danny dallo stupore - sembra che questo qui sia in una cella come la nostra! Guarda qui! - e gl'indicò lo sfondo cupo, su cui si stagliava uno scultoreo S.Francesco rivestito della tonaca bruna - Per forza medita col teschio. Non gli resta molto altro da fare - proseguì Danny imperterrito. Poi riprese, con fare più meditativo:

- Dimmi, Marshall, perché quelli di una volta pensavano così tanto alla morte? Io cerco di non pensarci.

- E ci riesci? - ritorse dubbioso John.

- Ci provo. Non sempre ci riesco, anzi. Qua dentro, è  la morte che ti insegue da ogni angolo.

- Appunto. Se ti insegue, è inutile fuggire. Prima o poi ci devi fare i conti. Adesso, là fuori usa pensare molto poco alla morte, salvo quelle spettacolari in TV, che non servono a niente, ed il risultato è che spediscono noi qua dentro. Se sei un uomo, devi guardarla in faccia.

Danny annuì e riprese a guardare le cartoline. Si soffermò infine sulla splendida Maria Bambina, seduta ed addormentata, con un gomito appoggiato ad un'altra sedia. La considerò in silenzio per un poco, quindi mormorò:

- Questo pittore, come si chiama...Zurbarán? si  interessava molto ai bambini, vero?

- Sì, aveva parecchi figli. Ha ritratto molti bambini.

Danny rimase pensieroso ancora e John attese. Poi, il ragazzo gli restituì lentamente le cartoline.

- A cosa pensi?- non poté trattenersi dal chiedere il giovane. Sapeva che difficilmente l'altro gli avrebbe risposto in modo chiaro o che gli avrebbe risposto affatto: le domande troppo interiori non sono molto amate nel death-row. Ma Danny, inaspettatamente, e forse anche un po' ingenuamente, ribatté:

- Penso che se qualcuno mi avesse fatto un ritratto così, ora non sarei qui dentro.

- Perché?

- Perché si vede....è fatto con tenerezza - e, di punto in bianco, brusco come al solito, piantò in asso John, per distendersi a letto. Marshall lo udì armeggiare con le cuffie da attaccare al televisore. Evidentemente, voleva estraniarsi.

Lui invece si concentrò ancora sulla Maria Bambina. Suscitava davvero tenerezza: pareva così piccola, indifesa, abbandonata com'era al sonno. Emergeva dallo sfondo scuro con una lieve luminosità e pareva che, pure nel sonno, la sua immagine emanasse non solo la fragilità di una bimba, ma anche l'amore di cui veniva circondata nel resto della giornata. Il suo sonno era fiducioso e sereno, perché qualcuno l'amava. Danny aveva ragione. Anche i fiori sul tavolo dietro di lei, parlavano di una tenerezza quotidiana, intessuta di piccole cose. Veniva voglia di prenderla in braccio, con delicatezza, per non svegliarla, e portarla a dormire tra delle coperte ben calde.

 
 
- Ti ricordi le cartoline con i quadri di Zurbarán che mi hai spedito dalla Spagna qualche hanno fa?- esordì all'improvviso John durante la visita successiva, il sabato dopo, con Ada. La ragazza lo stava guardando con dolcezza, il viso appoggiato al palmo della destra.

- Sì. Perché?- rispose semplicemente.

- Ti ricordi il quadro della Madonna Bambina? Quella che dorme?

- Sì. E' uno dei miei preferiti.

- Sai cosa penso? Che dovete cercare una bambina così, per ritrovare Sol. Ho un vago ricordo delle sue fotografie - ho seguito la cronaca in TV anni fa - e trovo che lei assomigliasse molto alla Bambina del quadro. Del resto, anche Zurbarán si è ispirato a  una piccola ispanica.

- Cosa intendi dire?-. Ada colse, nelle parole del marito, un messaggio molto più ricco e complesso dell'ovvia somiglianza fisica.

- Che non ci pensiamo mai, ma, che se è viva, è cresciuta, ed ora potrebbe apparire così. Ed avere bisogno di qualcuno che la copre con dolcezza mentre dorme, perché non si prenda freddo.

Ada tacque, pensierosa, provando a ricordare la fisionomia esatta della bambina del quadro. John insistette, mormorando soavemente:

- Mia madre lo diceva sempre: i bambini si prendono freddo se dormono scoperti.

Ada non poté farne a meno: d'un lampo, la visitò l'immagine di John che, alto com'era, si chinava sulla Piccola del quadro, la raccoglieva con delicatezza estrema tra le sue braccia e, vegliando a che lei non si svegliasse, la trasportava in un lettino nei pressi. Lo fissò e, per l'ennesima volta, parve leggergli dentro. In fin dei conti, già così era come se lo facesse: anche lui lavorava a ritrovare Sol. E lei sapeva che pregava per questo scopo, ogni sera. Se un giorno l'avessero ritrovata, anche lui sarebbe stato da annoverare tra coloro che si erano chinati su di lei, teneramente.




[1] Soprannome di John in carcere.  Tutti i detenuti del braccio della morte ne hanno uno.

 

1 commento:

  1. To my few, Londonian friends: I'll be in London on 17th-22nd of August and in Westminster Catholic Cathedral every day for the Holy Mass. You may check the schedule, choose time and send feedback. Thank you.

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