martedì 19 giugno 2018

Discorso del coach alla vigilia della maturità

Discorso del coach alla  vigilia della maturità


Cari Tesori,
ecco arrivato il momento fatidico: domattina, alle 8.30, inizierà la prova d'Italiano e, con essa, l'esame di Stato. Ci siamo arrivati dopo aver faticato tanto insieme (alcuni per 3 anni, altri addirittura per 5). Ricordatevi, innanzitutto, proprio questo: che abbiamo lavorato tanto insieme e che avete gli strumenti e la cultura per analizzare un autore qualsiasi (salvo che scriva in giapponese) e un argomento generale qualsiasi. Siete bravi e andrà tutto bene.
Adesso, alcune ultime raccomandazioni specifiche:
  • Ripassate rapidamente i consigli su come affrontare le varie tracce (A,B, C, D) e ricordatevi le trappole di ciascuna (ad es.: inserimento di discorsi e pensieri altrui nel vostro per B; conoscenze storiche precise per C; discorso troppo generico, senza prove, per D).
  • Portate un documento per identificarvi (carta d'identità o passaporto o anche la patente).
  • Arrivate in orario (inserire una fila di 25 sveglie più genitori per chi notoriamente fosse carente su questo lato...).
  • Vestitevi in maniera consona: i ragazzi con i pantaloni lunghi (anche se, per assurdo, si fossero fatti la ceretta!), le ragazze in modo "non vacanziero". Ricordatevi che altrimenti, in un qualsiasi luogo che conta vi butterebbero fuori. 
  • Niente cancellina e niente matita! Invalidano le verifiche, che sono documenti di Stato (quante volte l'ho detto? Un milione? Un milione e 1? Un milione e 2?....).
  • Portate il dizionario; ricordate: non potrete consultare quelli degli altri! Se potete, portate anche il dizionario sinonimi e contrari. 
  • Consegnate cellulari e tutto quanto possa essere usato in maniera impropria all'inizio; siate corretti (ma so che lo sarete).
  • Vedrete che, quando sarete in medias res, l'ansia passerà e ci darete dentro. 
  • Concentratevi sulla traccia, niente distrazioni; leggete con attenzione il materiale e i titoli per capirli bene.
  • Evitate domande inutili (del tipo: ma devo scrivere su colonna? Dove devo scrivere il nome?...) del genere Piperita Patty.
  • Però, se avete qualche quesito importante, potete provare a chiedere: mal che vada, vi rispondiamo cortesemente di no. 
  • Sintassi fluida e lineare; frasi abbastanza brevi e niente arzigogolii. 
  • Portate merenda e acqua (soprattutto liquidi: col caldo che fa...). 
  • Non potrete uscire prima della metà del compito, salvo eccezioni indispensabili a giudizio della commissione; così, non potrete rendere il tema prima della metà.
  • In ogni caso, non preoccupatevi: siamo lì per voi.
  • Andate a nanna presto stasera.
Insomma, fate del vostro meglio, serenamente: questa prova sarà sicuramente alla portata di tutti e, anzi, scoprirete sicuramente che qualcuna vi affascina. Le tracce del ministero a volte contengono imprecisioni, ma sono di norma molto interessanti e genuinamente belle. 

Non mi resta altro da dirvi che io sarò con voi e adnrà tutto magnificamente. Fate del vostro meglio e vi voglio tanto bene.
Bacioni,

La vostra prof
Annarita Magri

                                                  Nel mezzo del cammin di nostra vita....

domenica 10 giugno 2018

Fiaba orientale d'amore e misericordia (7)


Fiaba orientale...di amore e misericordia (7)

E' da tanto tempo che non sentiamo più parlare della bella fiaba orientale del principe e della principessa, che l'amore e la misericordia potrebbero unire....Dove sono? Che cosa sussurra su di loro lo sciacquio dolce dei canali, il silenzio delle calli, che cosa bisbigliano i lumi di cristallo che occhieggiano dietro le cortine di broccato della Serenissima?




L'amore e la misericordia si nutrono sempre di verità. Lo capiremo proseguendo nella nostra storia, tra gli splendidi giardini nascosti dalle mura lambite dalle acque indaco di Venezia, le antiche mura su cui si arrampicano rami di edera e profumato gelsomino. E questo, per la principessa, è proprio il momento della verità. Una verità difficile. L'amore vero, del resto, proprio perché vero, non è facile, anzi: infatti, per la nostra principessa, è un momento  triste, molto triste. Perché il suo bel principe non è con lei. Ancora non è con lei. E lei ignora se lo sarà.



Quando scende la sera, violetta e vellutata, che avvolge con la sua foschia leggera le calli brune, lei si siede su di un gradino dalle fondamenta immerse nell'acqua, bagna la mano dentro l'onda lieve e pensa a lui, con nostalgia. Ma non può averlo con sé. In questo momento ha dovuto invece, con una stretta al cuore, allontanarsi da lui. E ha dovuto farlo per amore. Come promessogli, lei non gli aveva più fatto mancare la luce del suo sorriso, anzi: per mesi, lo aveva colmato di messaggi, piccoli doni e lettere affettuosi, riservati, ma colmi di tenerezza. E lui, pur non rispondendo mai esplicitamente, si era rasserenato. La salutava. Le sorrideva. Lei aveva mantenuto per lui uno sguardo ampio, ampio come l'orizzonte sul mare azzurro lontano, al largo della laguna; e l'amore di lei lo aveva veramente rafforzato, piano piano; sembrava così vicino il momento in cui lui avrebbe potuto oltrepassare la barriera che li divideva, la lunga barriera innalzata dai comportamenti dettati dalle sue ferite....Ma appena lei tentò di avvicinarlo un po' di più, lui arretrò ancora. Forse in ansia, forse spaventato, si trincerò nuovamente lontano da lei, come se non la volesse. Addirittura, lei scoprì che lui si recava appositamente nei luoghi frequentati da entrambi quando lei se n'era appena andata. E allora, a malincuore, non sapendo più che cosa fare, lei dovette ritirarsi in silenzio. Pochi giorni dopo la principessa apprese infine che lui era stato promosso, ma aveva dovuto partire per un altro luogo di lavoro: e, stando così le cose, lei si rese conto che con molta difficoltà lo avrebbe rivisto. Si sentì sprofondare il cuore, ma non poteva fare più nulla.



Perché direte voi? Ma non lo amava? E lui non la amava?
Lui, sicuramente, la amava, ormai ne era certa. Tutto il suo accanimento nel celare i propri sentimenti non poteva derivare che dal fatto che essi erano estremamente preziosi e profondi: più preziosi dell'oro e dei gioielli che decoravano i palazzi veneziani. Più lui si celava a lei, più lei si convinceva che lui l'amava profondamente, molto profondamente. Forse l'amava tanto quanto non l'aveva mai amata nessuno. Tuttavia, paradossalmente, il linguaggio esplicito di lui (molto probabilmente una difesa) frapponeva una barriera tra loro. Il suo comportamento le ripeteva da mesi, e ancora, e ancora, e ancora: "Io non ti vedo. Tu non ci sei. Tu non esisti. Anzi, tu non devi esistere". Lui appariva ignorare tutto di lei: messaggi, lettere, gesti di amore e amicizia. Tutto. Non una parola, non un'espressione di scusa, non un grazie. Niente. Il vuoto (a parte qualche occasionale saluto e sorriso). 



In realtà, lui si teneva accuratamente tutto e, lei lo sapeva per certo, leggeva ogni parola di lei avidamente. Ma per lei, che dopo mesi e mesi, più di un anno, questa situazione continuasse così, era amaro, molto amaro. Con tutto quello che aveva sofferto, con tutto quello di cui era stata privata, il cuore le bruciava come una ferita coperta dal sale marino. E anche se sapeva che si trattava solo di una reazione difensiva, questo l'aveva resa profondamente triste. Davanti a lui si sentiva di troppo, un fastidio. E quindi aveva deciso di ritirarsi in silenzio. Nessuno può immaginare quanto faccia male a chi ama profondamente quanto ama lei, di esser sfuggita dall'uomo che ama. E questo, in fin dei conti, è l'atteggiamento che ognuno di noi tiene con Dio (Perdonali, perché non sanno quello che fanno...).

La principessa aveva riflettuto molto per capire. Il punto era che, qualsiasi fossero i sentimenti più reconditi del principe, lui non faceva altro che allontanarla da sé. In concreto, per quel che lei osservava, lui agiva esattamente al contrario di quanto era bene per migliorare la propria situazione: continuava a fuggire, così le sue paure si ingigantivano; oppure, cercava di affrontarle con la fretta, senza pazienza, per sradicarle (e così continuavano a crescere). Non voleva l'aiuto di nessuno, neanche di lei: e non si rendeva conto, invece, di essere rimasto solo, prigioniero della falsa razionalità della paura. Tutti i pensieri che riempiono la testa e la ossessionano davanti a un limite o a una forma di paura, non sono razionali: ed è proprio allora, quando uno non capisce più niente, che serve lo sguardo lucido di qualcun altro, qualcuno di affidabile ed esperto, che ritrovi la via nel labirinto in fuga delle calli veneziane e capisca per noi.



Ma lui no, voleva fare da solo. E poi non si accettava. Non accettava i propri limiti. E, come succede sempre, quel che si getta fuori dalla porta, rientra dalla finestra; anzi, diventa una persecuzione. Non è possibile amare se non ci si accetta: perché l'amore, per vivere, ha bisogno della nostra umiltà, come i fiori abbisognano di radici che affondino nella terra. Infine, nonostante l'esistenza di un'ampia scelta di strumenti già rivelatisi efficaci per guarire lei, lui non ne aveva fatto apparentemente (quasi) niente. Invece di pianificare con metodo e tenacia il proprio cammino verso la felicità e verso l'amore, che pure agognava, si era concesso, tutt'al più, dei tentativi estemporanei dettati dall'impulso; tentativi troppo estemporanei per durare. Non le parlava: magari, se le avesse chiesto scusa, o l'avesse ringraziata, si sarebbe sentito meglio (tanto più che lei lo avrebbe trattato con dolcezza); invece niente. Avrebbe potuto trovare decine di modi per inviarle anche solo una parola; nulla. Avrebbe potuto persino risponderle in segreto, in modo anonimo; niente. Perciò, lei aveva provato di tutto (ma veramente di tutto) per avvicinarlo rispettosamente e per aiutarlo, coprendolo di tenerezza: e i tentativi che lei faceva, come quelli di lui, del resto, cominciavano a funzionare, finché lui non gettava la spugna, per via dei suoi pensieri neri. In questo modo, lui l'aveva letteralmente sfinita. Dopo mesi e mesi, lei non sapeva più che fare e si sentiva distrutta. E loro erano ancora divisi. 



Insomma: l'unico motivo per cui la situazione tra loro non era migliorata e non erano già insieme da mesi, come sarebbe stato bello a naturale, non era che le strategie messe in atto non funzionassero, o che lui non fosse capace o che loro non si amassero; l'unico motivo era che lui non voleva. Le piangeva il cuore ad ammetterlo: ma anche se lei lo amava tanto e lui la ricambiava, chissà, forse per paura, o per la falsa razionalità di cui era rimasto prigioniero e che lo faceva agire in modo assurdo, lui non voleva mettere in atto quel che serviva per venire da lei. E in mesi e mesi, apparentemente, non aveva mosso un dito per lei. Anzi, così l'aveva ferita profondamente. Ricordiamolo: siamo liberi di scegliere; però nessuno ha il diritto di lasciare che le proprie debolezze feriscano gli altri. Tutti noi abbiamo delle responsabilità. Tuttavia, l'amore è un dono: e siamo liberi di rifiutarlo. Tristemente.

E lei? Incredibile...Lei lo amava ancora. Lo amava moltissimo. Lo amava sempre. E non aveva nessuna intenzione di lasciarlo. Aveva fatto, e non sia inopportuno dirlo, numerosi sacrifici seri per continuare a coltivare il suo amore per lui. Addirittura, aveva finito per trovarsi a un bivio. Lei celava nel cuore un grande, grande desiderio, forse il più grande che avesse mai nutrito nella sua vita assieme a quello di amare. Ma il tempo passava, lui non si faceva esplicitamente avanti e, col tempo, la possibilità di portare a compimento assieme a lui questo grande desiderio svaniva. E questo la feriva atrocemente. Eppure, anche così, preferiva non lasciarlo. Faceva di tutto per salvaguardare anche i suoi sogni, di cui, tempo prima, aveva avuto un accenno dal sorriso di lui, come un baluginio di sole sull'acqua. Era semplicemente così, lo amava veramente tanto: e, quando lo vedeva, sentiva dentro, con serena certezza, che lui era l'uomo che corrispondeva al profondo del suo essere. Per quanto la situazione tra loro la facesse soffrire e la privasse dei suoi sogni, anche di quelli più segreti e cari, lei voleva rimanere con lui. Sapeva che il suo principe agiva così perché aveva molto, troppo sofferto; e in lui la principessa riconosceva l'uomo della sua vita e dei suoi sogni.



Tuttavia, a questo punto, che fare? si chiedeva lei, immergendo tristemente la mano bianca nell'acqua dei canali, accesa dal tramonto. Ecco, l'amore, la misericordia vanno d'accordo con verità e libertà: perciò lei doveva accettare la verità di questa separazione e non intendeva forzarlo. Per quanto lei cercasse di mantenersi estremamente rispettosa e colmarlo di tenerezza fosse tanto bello, continuare a insistere e a inviargli lettere, messaggi, piccoli regali, andava contro le leggi del buon senso, dell'educazione, del rispetto. Forse anche contro le leggi civili (vabbé, in una fiaba non esiste la normativa anti-stalking, ma la nostra principessa è preparata e la conosce comunque!). L'amore rispetta sempre la libertà dell'altro. Era lui che l'allontanava da sé. E perciò, con grande dispiacere, lei che non desiderava altro che carezzarlo e sciogliere le ansie di lui alla musica delle proprie carezze, si era ritirata. Lentamente, ma inesorabilmente. Si era ritirata proprio per amore.



Perciò, a questo punto, perché la situazione si sbloccasse l'apporto di lui era ineludibile. Nessuno poteva fare la sua parte: solo lui. Lei si era ritirata anche per questo. Insistere ancora avrebbe significato mancargli di rispetto, invadere il suo spazio e privarlo del suo spirito d'iniziativa e della sua capacità di azione. Perché lui era perfettamente capace di reagire, lei lo sapeva; e stava a lui fare la sua parte. Ogni tentativo da lei compiuto per avvicinarlo sortiva alcuni effetti positivi, segno che la situazione poteva veramente migliorare, ma trovava un limite ineludibile nel fatto che lui, apparentemente, non si muoveva verso di lei. Qualsiasi azione di lei pareva indisporlo; quindi, lei non avrebbe fatto rigorosamente più nulla. Non messaggi, non lettere, non piccoli doni, nulla. Ora, toccava a lui: se lui voleva, gli lasciava campo libero. Del resto, era un uomo molto virile: e ce la poteva fare. Li strumenti li aveva e aveva imparato a conoscere l'amore di lei. L'alone della sua tenerezza perdurava intorno a lui come un'aura benefica. Perciò, a questo punto, lei poteva solo pregare. Pregare e aspettare.



Tuttavia, c'era anche la possibilità che lui rimanesse ancora immobile. Allora, proprio quando la principessa era talmente triste e scoraggiata da avere ormai intenzione di mollare tutto, ecco una voce misteriosa, la voce di Qualcuno molto importante, sussurrarle nel silenzio: "Non lasciarlo. Ti ama. Ha bisogno di te. L'amore non è facile...Capisco i tuoi dubbi, ma non lasciarlo. Abbi fede". Questo era solo uno dei tanti segni che, nel corso di quella storia d'amore così ardua, l'avevano incoraggiata a perseverare, come un lumicino accesosi all'improvviso su di una via buia: e quel lumicino le diceva con certezza che il suo principe sarebbe guarito e che il loro amore avrebbe vinto. L'amore fa miracoli. L'amore vince tutto, anche la morte. Ed il momento della fede e dell'amore è proprio quello in cui pare che la morte abbia vinto e il buio sembra completo. 



Allora, fissando il cielo veneziano sempre più azzurro all'imbrunire, la principessa sospirò e decise di avere fiducia: in Chi le sussurrava così e anche nel suo principe, che avrebbe trovato le forze e la volontà di tornare. Decise di avere fiducia e di continuare ad amarlo, anche se aveva paura di cedere e anche se amarlo ormai si riduceva a pregare e ad aspettare in silenzio. Decise di avere fiducia nell'amore e nella bellezza che l'amore sa creare, proprio come accade a Venezia. Decise di non lasciarlo e di aspettare: aspettare che, tra i palazzi silenti e le mura antiche, adorne di glicini, facessero ritorno le rondini, col loro garrulo grido, e che lui ricomparisse, all'angolo della strada, solo per lei. 




Quanto lo amava! Talora la principessa sognava che una magia la trasportasse fino al balcone di lui e dentro la stanza, dove il suo principe dormiva: si sarebbe avvicinata piano piano, senza far rumore, per non svegliarlo, e si sarebbe seduta accanto a lui, per vegliare il suo sonno e carezzarlo lievemente sui capelli, o posargli un bacio sulla fronte. E lui, nel sonno, avrebbe avvertito l'onda benefica del suo amore; e poi, all'alba, lei sarebbe svanita tra i primi raggi di sole. Altre volte, sognava che ogni difficoltà tra loro fosse terminata e che lui potesse dormire tranquillo tra le braccia di lei, col capo reclinato sul suo petto; e lei gli avrebbe baciato lievemente le lunghe ciglia e i capelli. Sognava di sorridergli e accarezzarlo, con la leggerezza con cui i gabbiani sfiorano l'acqua, la rugiada imperla il muschio sui muri e la brezza marina fa oscillare i fiori sui balconi della Serenissima. Le rose nascoste dei giardini veneziani attendono che il sogno d'amore della principessa si avveri, così come il cuore di Dio attende ognuno di noi per qualcosa di ancora più bello. (continua)

venerdì 8 giugno 2018

Ultime nuove dalla 4M


Ultime nuove dalla 4M

Vi ricordate la 4M? Quella classe tanto simpatica, che parlava di "scolapasta" per i corteggiatori imbranati e si era attrezzata per inviare in proposito un valido sussidio a chi ne avesse bisogno? (Cioè Iacopo B: "Ci penso io prof!"). Vi chiederete: ma dove sono finiti?



A dire il vero, certe mattine me lo chiedo anch'io. Perché vedete, sarà merito della "buona scuola" o della società, dei mutamenti meteorologici o della crisi economica, ma ormai fare scuola in un liceo è diventato piuttosto acrobatico. E sono tante, ma così tante le attività che si accumulano in un anno scolastico, e non sempre per "colpa" di noi insegnanti, che certe mattine (no, settimane) è difficile trovare i ragazzi in classe. Tra alternanza, open days all'Università (a mia conoscenza, solo quelle anime sante di Giuri a Rovigo lo organizzano il pomeriggio, che il cielo li benedica: ma nessuno dei nostri va a Giuri a Rovigo, quindi...), esami di ammissione, stages,  gite, scambi culturali, attività extra-scolastiche varie ecc. ecc. ecc., il secondo quadrimestre è passato in un baleno e sono saltate settimane intere. Poi, i simpatici ragazzi della 4M sono volonterosi e studiano, facendo i salti mortali per recuperare; però, alla fine, hanno le vertigini pure loro...Comunque, scoprirete il nostro intenso calendario dal seguito.

                                                     Il Mese di febbraio al nostro Museo di S.Romano
                                                             Notate le salsicce appese

Prima sono giunti i Lampedusani. A dire il vero, sono arrivati in punta di piedi e si sono fermati solo un sabato (sarebbe stato carino averli per più tempo): una classe di Liceo Scientifico di Lampedusa, la cui docente di Matematica è in contatto con la nostra, la Cri (ma chi, dalle Alpi alle Piramidi, dal Manzanarre al Reno, non conosce la Cri? Ha contatti, come vedrete, persino al MIT di Boston...). Tre baldi giovani della 4M, Nicola, Iacopo G e Gabriele si sono offerti come guide per un giretto con loro nel nostro superbo centro cittadino. Ho raccolto un po' di materiale e gliel'ho passato, quindi ho dato loro appuntamento il sabato mattina di marzo previsto a Parco Massari, per rivedere le informazioni insieme e preparare la visita in attesa che gli amici di Lampedusa arrivassero. A dire il vero, a un certo punto pensavamo di doverli andare a cercare per nave: a furia di giri in quel di Ravenna, avevano accumulato del ritardo. Li abbiamo infine trovati all'ombra di uno dei cedri del parco e, dopo le presentazioni, il giro è partito.


Piazza Ariostea, Cella del Tasso a S.Anna, Castello, Duomo, Via delle Volte: i miei ragazzi avevano preparato un percorso classico nel centro di Ferrara. Mentre Nicola e Iacopo espletavano la loro funzione con garbo e scioltezza, quando serviva un jolly...entrava in funzione Gabriele. E così, a Piazza Ariostea è toccato a lui raccontare la storia della statua che dà il nome alla piazza stessa: di per sé è una commedia, ma Gabriele l'ha resa ancora più comica. Dovete sapere che, tra gli stravolgimenti indotti dalla Rivoluzione Francese e dai vari contraccolpi politici successivi, a ogni momento cambiava la statua in cima all'obelisco al centro della piazza e il nome della stessa. Prima sono arrivati i rivoluzionari ed ecco erigere la dea Ragione; poi sono arrivati gli Austriaci ed è toccato all'imperatore d'Asburgo; poi sono tornati i Francesi, con Napoleone, ed ecco innalzata la statua dello stesso; poi, in età della Restaurazione, è stata la volta del papa...


Alla fine, dopo il congresso di Vienna, il cardinal legato osservò che era meglio assestarsi su di un letterato, per tema di cambiare ancora. "Facciamo ridere i polli, cambiando in continuazione; mettiamoci Ariosto e non pensiamoci più", questo il senso del suo discorso. E così fu e la piazza divenne Piazza Ariostea. Quanto a Gabriele, arrivato alla curva di Napoleone, ci informa del fatto che una scultura era stata dedicata anche a "Napoleone d'Asburgo". Lo guardo sbalordita. "Gabriele, ma dove siete arrivati con Franco?" (il collega di Storia). Ci erano già arrivati, ma lui doveva metterci del suo. Si sa che Napoleone sognava di entrare nella dinastia più esclusiva di Europa...
Quanto al resto del giro, è andato benissimo, ma Gabriele raccontava la sua storia con la verve di Gatto Silvestro (...). Un fenomeno. Impossibile da rendere per iscritto. Specie la conclusione, quando ha ricordato che Via delle Volte era la strada delle case di tolleranza (vero: lo conferma anche Bassani) e che, magari, i suoi ascoltatori non vedevano l'ora che lui finisse...(ricordo però, per dovere di cronaca, che quel pomeriggio c'era la partita della SPAL. E lui, ma anche gli altri, volevano andare a vederla).


                                                             Panorama finlandese
Passano alcuni giorni, arriva aprile ed è la volta dei Finlandesi, con cui intraprendiamo ogni due anni lo scambio culturale. Parecchi dei miei sono impegnati a scortarli. Una mattina di inizi aprile mi ritrovo alcuni di loro in classe, alla seconda ora, perché partecipino alla mia lezione sull'Illuminismo (in questo caso, rigorosamente in Inglese). Mentre sono lanciatissima a spiegare la razionalità e i limiti della ragione, ben rappresentati anche da alcune opere d'arte (tanto che mostro, in parallelo, delle immagini di Goya e Piranesi, uno dei miei preferiti), uno dei giovanotti in fondo, quello simpatico ed estroverso con un nome impronunciabile, alza la mano per intervenire. Io gli do la parola e lui se ne esce così:
- Sei bellissimo!
Si noti il maschile. Io, invece, presa alla sprovvista nel bel mezzo della mia accanita riflessione sull'Illuminismo, me ne rimango immobile come un baccalà. Mi volto perplessa verso i miei studenti Italiani.
- Ragazzi...ma con chi ce l'ha?
- Con Lei, prof!!
In effetti, qualcuno (il solito Gabriele?) si era affannato ad insegnargli alcune frasi italiane, specie dei complimenti; e lui si era affrettato (molto cortesemente) ad impiegarle nei miei confronti. Spianai la faccia in un sorrisone stupito:
- Grazie!
E lui tutto contento. Effetti dell'amicizia tra i popoli e degli scambi culturali...


Infine, ecco i Bostoniani. Non è il titolo di uno dei romanzi di Henry James, si tratta della squadra del MIT di Boston giunta qui per una feconda collaborazione in Fisica con le classi della nostra Cri. Lunga serie di esperimenti e di sparizioni dalla classe (alcuni di quelli cooptati per dare una mano negli esperimenti, per forza di cose, me li vedevo passare per le scale anti-incendio davanti alle finestre; con il risultato che, per spiegare, ho dovuto far abbassare le saracinesche: cominciava a girarmi la testa). Però, in ciascuna di queste attività, questi ragazzi di 4M sono stati magnifici e si sono sempre fatti notare in maniera molto positiva. Temevo che potessero subire un rallentamento nella fase finale dell'anno scolastico: e, invece, dopo un ovvio calo, si sono ripresi alla grande alla fine (con tanti sforzi), tanto che il loro ultimo compito è andato davvero bene. Sono l'unica classe che ha trattato la questione galileiana con il giusto chiaroscuro e che ha capito le sue contraddizioni. Tra l'altro, proprio durante l'ultimo compito, Sergio d'un tratto mi chiede: "Prof, qual è il sinonimo della parola "sinonimo"?".


Questa è una di quelle domande che vi spiazzano anche dopo anni di insegnamento. Già: qual è il sinonimo di "sinonimo"? "Parola equivalente" sentenzia Ilaria dal fondo. I miei geni...La classe, del resto, annovera anche dei geni "calcistici". Una mattina, mentre entro in classe appena finita la ricreazione, per poco non vengo centrata in pieno da una pallottola di carta che Elia, con una rovesciata degna di Pelé, intendeva spedire con una carambola dentro al cestino della carta. In effetti, l'ha centrato, ma un altro po' e centrava anche me...Considerato che l'azione non presentava alcunché di pericoloso, ho chiuso un occhio; però, tutto mi dice che questi ragazzi sono nati per grandi cose...Tesori :)


Buone vacanze a tutti!

giovedì 7 giugno 2018

Alcune idee utili per affrontare paure e difficoltà e migliorare




Come migliorare quando ci si sente impantanati in un problema, specie interiore?

Quando si tratta di vita interiore, qualsiasi sia la questione (da una dieta per motivi di salute, a un difetto di carattere, da una forma di ansia o paura a un disturbo qualsiasi), sono molto utili alcuni principi di base:
·       Anche se ognuno di noi è libero di vivere come preferisce, tuttavia ha delle responsabilità verso di sé e verso gli altri; ed è giusto che ognuno di noi si ricordi che le nostre lacune possono far soffrire sia noi stessi che gli altri (es.: se non limo il mio carattere, posso offendere qualcuno).


·       Per progredire ognuno di noi si trova per forza di cose ad affrontare le proprie paure e difficoltà: e più si fuggono, più s’ingigantiscono.
·     Al tempo stesso, la paura s’ingigantisce quando si scende al suo livello, la si affronta di petto e si cerca di scacciarla a tutti i costi; è molto meglio accettarla (es.: è un po’ come con gli adolescenti: se si scende al loro livello e si litiga con loro, diventa impossibile gestirli. Risulta molto più utile una serena fermezza).


·           Poi è meglio affrontare la paura o le difficoltà un poco per volta (divide et impera), a piccoli passi (es. mi è successo così per la paura di sprofondare in piscina: poco per volta, se ne è andata e ora mi diverto ad imparare a nuotare! = principio dei piccoli passi).
·             Infine la paura, un limite, una difficoltà qualsiasi si affronta solo da una posizione di forza, “dal di sopra” (che la forza venga data dall’aiuto di un professionista, di un amico o più, dal dialogo, da gratificazioni, dalla preghiera ecc. = principio dell’alleanza).


·        Perciò è impossibile migliorare rimanendo del tutto da soli, specie quando si parte da una posizione di debolezza: sarebbe come pretendere di vivere senza inspirare l’aria (es. nessuno si può operare da solo = principio dell’alleanza).
·        Evitare di soffermarsi sui pensieri negativi: non servono a niente e indeboliscono. Molto più utile l’ottimismo, che è una forza.
·        È impossibile migliorare di corsa. Per migliorare ci vuole tanta, ma tanta pazienza (anche perché è perfettamente naturale qualche arretramento occasionale = principio dei piccoli passi).


·           Non esiste la bacchetta magica: ogni difficoltà si risolve con la costanza, la fatica, investendoci energie e con una molteplicità di aiuti che spostano progressivamente l’ago della bilancia in senso positivo (di nuovo = principio dell’alleanza).
·        Serve organizzazione, sistematicità, costanza e determinazione, tanta, ma tanta tenacia e determinazione.
·        Non esiste un “salvatore”: tuttavia, le difficoltà si risolvono solo in dialogo con altre persone (scelte, beninteso, accuratamente e affidabili), perché questo dà energia e apporti continui (anche quando questi apporti sono parziali: di nuovo = principio dell’alleanza).


·        Tuttavia, senza la volontà e l’impegno del singolo, non si va da nessuna parte. Diceva S.Agostino: Il Dio che ti ha creato senza di te, non può salvarti senza di te.

"Tutto concorre al bene di coloro che amano Dio" (Rom. 8,28)