mercoledì 29 giugno 2016

Poesia notturna II - Night poem II



Poesia notturna II

Potessi cullarti
in silenzio,
rasserenando
le tue ciglia stanche;
potessi dirti
che sei al sicuro,
che niente più
ti farà del male,
che il mondo è fuori,
il suo caos lontano,
e la vita si schiude,
ancora,
come un calice di giglio.


Could I cradle you
in silence,
brightening
your weary eye
-
lashes;
could I tell you
you're safe,
that nothing anymore
will hurt you,
that the world is out,
its chaos away,
and life opens

again,
like a lily calyx.



,


sabato 25 giugno 2016

Terapia d'urto 3, per il quizzone


Terapia d'urto 3, "la vendetta della vendetta", ovvero:
come affrontare la III prova di maturità (= quizzone)

Carissimi studenti della Maturità,
dato che qualche consiglio fa sempre bene, eccomi qui con la nuovissima "Terapia d'urto" versione "quizzone". Qui mi occupo soprattutto della tipologia B (2 o 3 domande cui rispondere con una decina di righe in media), la più usata al liceo Roiti, ma, di per sé, questi consigli possono valere anche per altre tipologie. Infatti, il succo della terza prova è sempre lo stesso: rispondere rapidamente (in 3 ore!) in modo sintetico, ma esaustivo a domande attinenti il programma di svariate materie. "Sintetico, ma esaustivo": sembra (ed è) un ossimoro, ed è questa forse la difficoltà principale.
 
 
Dopo avere, nella mia annosa carriera scolastica, corretto varie terze prove di più materie (da sola, o in sottocommissione con altri),  penso di potere mettere la mia esperienza a frutto per chi dovrà affrontare l'esame lunedì. Quindi, nervi saldi (è il  caso di dirlo) e proseguiamo.
1) Sembra banale, ma non lo è: le domande vanno lette con attenzione, per centrarne il significato, la risposta e non prendere fischi per fiaschi. Se vi chiedono cos'è il superuomo di Nietzsche, non dovete rispondere con la distinzione tra apollineo e dionisiaco, Joyce non è la Woolf e così via: l'inveterata abitudine a partire per la tangente di tanti studenti nasce spesso dal fatto che hanno letto le domande superficialmente e con lo spirito meditabondo che vagava per i "verdi pascoli" antistanti il liceo.
2) Evitate introduzioni e conclusioni. Io peroro per anni (ANNI) la questione delle introduzioni e conclusioni, necessarie per ogni saggio o tema che si rispetti e, regolarmente, trovo in classe qualche pecora a pois (non intendo dire nera) che le ignora completamente; poi, si arriva alla terza prova, dove per le introduzioni e conclusioni NON C'È SPAZIO, ed ecco qui che compaiono di botto tutte quelle mancate durante il triennio. Si accumulano come sardine in quelle miserande trenta righe. A questo punto, sono praticamente impossibili da fare, ma tant'è: dev'essere il rimorso e la voglia di riparazione. E anche questo, fa partire per la tangente. L'introduzione qui non è necessaria, perché avete già la domanda immediatamente prima: riprendete quella e basta e avanza.

3) Insomma, la regola d'oro del "quizzone" è: ANDATE DRITTI AL PUNTO. Vi chiedono cos'è l'isomorfismo delle rocce? Spiegatelo subito, fin dalla prima riga. Vi domandano che cos' è lo stream of consciousness di Joyce? Datene subito la definizione. E' perfettamente inutile che vi dilunghiate su altro prima (che so, vulcani o eventuali sofferenze di Joyce a Trieste, poverino). Il buon vecchio Catone diceva: rem tene, verba sequuntur: e aveva ragione. Dovete tenere stretto ed esprimere il cuore del concetto subito.

4) Questo consiglio ha anche e soprattutto una valenza logica: e logica e sintassi sono i veri tranelli del quizzone. A mio modesto avviso, le risposte alla terza prova dovrebbero essere strutturate un po' come i siti web: con le cose più importanti inserite subito in cima, perché sono quelle che il lettore vedrà per prime. Una struttura di questo genere, invece, qui è resa necessaria dal poco spazio che avete a disposizione: vi permette però di economizzare gli sforzi, concentrandovi SUBITO su ciò che è di primaria importanza e, via via, in ordine discendente, su ciò che è necessario, attinente, quindi meno necessario, complementare, eliminando in partenza il superfluo e l'inutile, per cui non ci sarà più spazio. In questa maniera, potrete fornire il massimo delle informazioni utili e indispensabili nel più ridotto spazio possibile.
 
5) Per lo stesso motivo, evitate la tentazione "cipolle e patate": ovvero, di rispondere "un tanto al kilo", imbottendo le vostre dieci righe di tutto quello che vi capita a tiro, sia attinente o meno, riguardo il vostro soggetto, anche alla lontana, neanche doveste preparare un minestrone e ci poteste infilare dentro di tutto. Inutile spiegare cos'è il Satyrikon se vi hanno chiesto Lucano e la Pharsalia, inutile dilungarsi sulla Prima Guerra Mondiale per spiegare la Seconda, altrettanto inutile parlare di Maxwell se vi chiedono Einstein. Come sempre, centrate l'argomento: la bravura non si misura tanto a livello quantitativo, ma qualitativo, sulla base del vostro modo di selezionare ed esprimere con attenzione e cura quanto richiesto.
6) Evitate di sforare. Non è necessario, anzi, può diventare un errore grave, perché è tutto calcolato (come nei film d'azione): i vostri docenti hanno ideato le domande sulla base della lunghezza delle risposte, per cui vi sottopongono dei quesiti da rispondere in 10 righe, non da 30. Ancora una volta: la bravura non si calcola a peso.

7) La necessità di una logica ferrea in terza prova pone immediatamente un quesito inevitabile, amletico: ma bisogna fare la mala copia? Malacopia o non malacopia? This is the question.
Come sapete, la terza prova è strutturata con tempistiche degne di Maranello e, non dico che uno debba comportarsi come il team meccanici della Ferrari ai box, ma quasi. Teoricamente, quindi, non ci dovrebbe essere il tempo per la mala copia. Tuttavia, il buon senso mi dice che, in certi casi, può essere indispensabile: soprattutto perché, scrivere subito in bella, sul foglio consegnato, la risposta a una domanda magari complessa, può essere arduo e portare a inevitabili disastri, almeno in prima stesura. Consiglio allora quanto segue. Tenete sempre di riserva un foglio in più, in maniera da scarabocchiarci sopra non dico tutta la risposta, ma, se non avete tempo, almeno la frase o le frasi che vi danno filo da torcere. Un'altra valida alternativa può essere quella di stendere rapidamente una scaletta della risposta e poi di scriverla direttamente in bella una volta che avete riordinato le idee (a quel punto, filerà liscia). Credo anzi che, quella della scaletta, sia un'ottima soluzione intermedia. Potreste anche fare la mala copia di una sola risposta, quella per voi più ostica. Insomma: tenete del materiale a diposizione per preparare una bozza rapida di quelle risposte che dovessero complicarvi la vita.
8) Per rispondere in maniera esaustiva, senza salti logici o buchi incongrui degni dell'Emmental svizzero amato da Topo Gigio (il groviera è senza buchi), consiglio di fare, nella scaletta delle risposte, riferimento alle classiche 6 domande: chi, che cosa, dove, come, quando, perché.



Es. che cos'è il Decadentismo?
Il Decadentismo è un movimento culturale, che riguarda trasversalmente più ambiti artistici; è fiorito nell'ultimo quarto del XIX sec.(quando), in vari paesi europei, ma soprattutto, a partire alla Francia, poi in Italia (dove). Il nome deriva dal concetto di "decadenza", allora molto in voga nelle riflessioni intellettuali e, soprattutto, dalla poesia di P.Verlaine Je suis l'Empire à la fin de la Decadence. Nasce dall'irrazionalismo scaturito come reazione al positivismo e al suo razionalismo scientista (perché); si concentra infatti su tematiche attinenti l'irrazionale e la decadenza della cultura europea e su altre, come la dimensione onirica, l'eros morboso, la donna vista come"femme fatale", cioè come sensuale e pericolosa, l'estetismo, cioè la valorizzazione estrema della bellezza e dell'arte (cosa). I suoi principali esponenti letterari sono Huysmans e Maeterlinck nelle Fiandre e in Francia, D'Annunzio e Fogazzaro in Italia; a livello artistico, possono essere ricordati i pittori Alma-Tadema, Odilon Redon, Franz von Stuck e Gustav Klimt (chi). Lo stile è consuetamente ricco di elementi preziosi e molto ricercato, estetizzante, sia in pittura, che in letteratura, ove il dettato raggiunge una grande eleganza e musicalità (come).

Visto? (questa però non è una domanda da 10 righe).
 


9) Il concetto "andate dritti al punto" vale anche per la sintassi. Sotto stress è più difficile scrivere discorsi fluidi, per cui, di regola, tutte le magagne di sintassi rimaste pudicamente celate in classe o durante la prima prova (occhio non vede, cuore non duole), esplodono in terza e i nodi vengono al pettine. E siccome la sintassi è il punto debole di gran parte dell'attuale generazione, in terza prova precipitano anche i "bravi" con la pessima abitudine di fare discorsi degni della Maratona di New York. Perciò, SINTASSI SEMPLICE, SINTASSI SEMPLICE, SINTASSI SEMPLICE, con frasi brevi, poche subordinate (e non oltre il primo grado) e un concetto per frase. Oltre alla scaletta delle risposte, la formulazione di un'idea sola per periodo vi permetterà anche di concatenare meglio l'argomentazione, evitando l'altro grande spauracchio di queste prove: i salti logici. A proposito: evitate come la peste frasi inutili del genere "a mio avviso", "secondo me", "al giorno d'oggi" ecc.,  che mangiano inutilmente dello spazio utile.
10) Una delle grandi difficoltà del quizzone è il lessico specifico: ogni materia ha il suo e lo studente deve dimostrare di conoscerlo. Riguardo al lessico ho però visto cose che voi umani...Quindi: se avete un dubbio sul significato di una parola (e se avete il vocabolario) controllatelo, altrimenti siate molto cauti e, magari, cercate di aggirare il problema. Non fate gli spavaldi con parole di cui non siete sicuri (mal che vada, provate a chiedere...). Inoltre: come avete visto dall'esempio mio sopra, certi termini (es. estetismo) vanno spiegati e questo a beneficio della logica della risposta.
11) Nei limiti del possibile RILEGGETE. Lo so, il tempo scorre velocemente ed è prezioso: ma cercate comunque di rileggere. Nell'impossibilità di farlo più volte, focalizzatevi sull'argomentazione, la logica e la sintassi (do per scontato che non sussistano problemi ortografici), oppure sui punti più ostici.
 
12) Per  nessun motivo usate la cancellina e la matita: invalidano la prova (io lo ripeto per anni....per tutto il quinquennio....).
Infine: non preoccupatevi. Tutto si aggiusta in questo mondo e si può essere felici anche e nonostante la terza prova. In bocca al lupo e bacioni!

giovedì 23 giugno 2016

John's love (from my novel "The children of yesterday")


John's love
This passage, written by me on March 2014, concerns the love by John, the protagonist, for Ada (who is actually a little idealized). I dedicate it to my students, and to everyone who still believes in the "great love".
That morning, after a substantial session of gymnastics in his cell - hundreds of push-ups, squats, sit-ups and anything else - John made a kind of shower using the poor sink available, then he lay on his bed, to read. But, that day, he could not focus. His mind was repeatedly hooked by the thought of the hearing underway, hearing he was interested in for various reasons. Inevitably, his thought slid to Ada and to the admiration he nourished for her for all the effort and dedication she gave evidence of. Well beyond many others. Equally inevitably memories cropped up inducing him to compare her with other women he had met in his past.
When he was younger, John had never needed to court a girl: they spontaneously ran after him, teenagers of his age or a little less, and some even a few years older. The thing had even ended up by almost boring him. His reserved nature, not exactly shy, but slightly introverted and prone to isolate him, much more than it should seem from his sudden outbursts of joy, didn't like the excessive favor some of them showed him; moreover, his inherently sober, almost severe side couldn't tolerate any coquetry. Of course, he had had numerous love stories and, not infrequently, they had begun when he had answered to sweet glances from the girls of his age he crossed: for one of them, when he was less than eighteen years old, he had literally lost his head; but it was short-lived. Not that his feelings had changed rapidly: it was her who had vanished when he had got, yet again, in trouble. Who knows, perhaps discouraged by her parents, perhaps unconvinced herself, perhaps frightened, she had never called him anymore: and he had sought and waited for her in vain. It had happened a few years before he ended up in the death row: and he had often thought of her in that period and later, even when he went out with others or his feelings were petrified in the death-row.
Yet, now he recognized that, even in the most overwhelming passions, those so absolute of his early youth, he had always kept an imperceptible, perennial shade of dissatisfaction; and it was reverberated in that indefinable austerity he evaluated those same girls by. Actually, the reason why, after all, he had trusted women so little when he was free, was deeper. Over the years he had come to understand, or almost understand it. What he didn't tolerate, when yet another girl with a pretty face was maneuvering, not so covertly, to make his acquaintance at a party or in a night-club, even when his male vanity was flattered and he responded willingly, even when he ended the night in bed with one of them, it was the superficiality he found in most of them. Involuntarily, John conformed to the strict criteria absorbed in his family, while having constantly fought against them. Deep down, he fed far more profound needs, perhaps even higher; and the garrulous glee of several girls who ended up among his arms after a party, even after both of them had been drinking, irritated him the next morning, when he woke up with a headache next to one of them, full of bitter discontent. Not infrequently, he also fed the impression that the girl on issue was psychologically myopic and that her attention did not go far beyond his attractive look. Virtually no one of those fleeting encounters had stood the test of time.
With this severity not entirely corresponding to him, John alternated doubts and guilt-feelings though. Sometimes he regretted judging his former girl-friends too harshly and slid in the belief that he was himself the main responsible of those emotional wrecks. Sometimes he thought he had not understood what they needed and accused himself of a kind of superficiality to be demonstrated. Ada preferred to speak of weakness and depression: but he did not know whether he could trust the magnanimity of that judgment, in his opinion directed by love. He forgot, in those moments of self-criticism, that love lives of truth.

Then he had arrived on the death row. The first years, he had received letters from some young women fascinated by him after seeing him on TV or in the newspaper. The media had started to call him "cold eyes" and perversely played on the contrast between his almost angelic appearance, and the brutality of the crime he was accused of and, with no way out, found guilty. Despite the bad description which was offered about him, besides a completely unrealistic one, or maybe tickled just by it, those there had fallen in love with him: and some had written to him, without hesitating to reveal their attraction, an attraction not supported at all by the knowledge of his personality. He had thrown away those papers angrily. Even more than before, when he was used to perceive the interest he aroused among girls while walking through a crowded room, he felt strongly that those silly women didn't seek him, they didn't want him. In their exaggerated sentences he felt, the falsity of an ephemeral and merely external interest. He felt the burden of flattery. Then he preferred to be alone.
The only, true one he had courted and, despite his reserve, doggedly courted, was Ada. His Ada. With her it had been different since the beginning: at first friendship, then understanding, then complicity blossomed, when she had not even seen him yet. What had captivated him at once? The tone of her first letter? The sweetness by which she wrote to him, the smiling understanding she showed him? Her cheerfully crazy humor, by which she revealed she talked by herself all the time, addressing the most unlikely interlocutors, including her soft toys? The care by which she was concerned about his condition and recommended to him that he drank plenty of water or ate as healthy as possible? Or her qualities?

Hell, what kind of woman Ada was! Able to cross the world to come and visit him, to leave her country, her continent, her career, her life to be with him: and then, with such an intelligence! Acute, analytical, implacable: she had torn his case into pieces as perhaps only he had managed. And she was convinced, rationally convinced that he was innocent. Working with her was a genuine pleasure, priceless, because they were complementary: she was analytical and rational, he more concise and intuitive. But he was also attracted by the force of her will, a irony will, unsuspected behind such a sweet face. In her work, she could put in place not completely malleable individuals too.
And finally, looking at her was one of the greatest pleasures of his life, second only to holding her among his arms: John, who had always had a soft spot for brunettes, had collapsed already seeing her first photos, back in the distant autumn 1998; but then, finding her in front of himself, during their first visit, a year and a half later, for a long time he had struggled with himself to not express his feelings at once. He remembered he followed her with his eyes, so graceful and smiling, so sweet and nice, without losing sight of her for a moment. He had seen her blushing repeatedly under the fire of his eyes and, suddenly, when he had whispered something ... Ah! Yup:

- You're much more beautiful than in a photography - her cheeks were suffused with an adorable blush and then she had slightly diverted her look towards the window. That moment had stayed inside him ever since; and, then, he had contemplated her like this, a little sideways, her eyes slightly lowered for a lovely, rare modesty, and he had been tempted to declare her his love there, immediately, at once. Then, he realized she could be embarrassed and he could make her feel uncomfortable: and, for the umpteenth time, he had withheld his feelings. Eventually, though, the next day, he had not been able to anymore.

For her he had totally put himself into play, he had spent himself, he had bent backwards out of creativity. He had never desired a woman so much as her, and not only because he loved her since years and since years he could't almost touch her, being in the death-row: he was perfectly aware that, if he had met her before, if only he had met her before, he would have done anything for her.

Once he jokingly whispered to her:

- After all, I'm like those sanctimonious daredevils who sow their wild oats for years and then they're those who require the most serious girls; and they appear even the most demanding. - He might have joked, but he told the truth. His relationship with Ada was the highest fulfillment he had reached in his life. Nothing held the comparison.

Meeting Ada meant to return to a completely different conception of love: familiar to him, because not very far from what he had heard from his parents, but different from what he, as a rebel, had experienced since his adolescence. He had been living among teenagers and young people in the late 80s, early 90s, used, in good faith, to be carried away by relationships and to not control them too much, sure it went okay like that.
Ada however, belonged to another world: that of good girls and good boys who still wait for their first wedding night to give themselves to their love. With her, he had learned the true meaning of a value considered by the most out of date, almost an antique or a wreck inducing discomfort: purity. Ada was sexy, according to him terribly sexy: she radiated a sunny sensuality, limpid, worth the most exuberant summer days in the Mediterranean land. She was like he imagined Italy: full of sun, colors, human warmth. Her heart overflew with passion, a compelling, gentle, yet intense passion, able to nourish not one, but one thousand one nights. Yet, beside her, he breathed air of purity. Once she had explained him what she meant by that word:

- Many think of purity as something neurotic, full of fear, as if it consisted of a sum of external and artificial prohibitions; and as if keeping it coincided with avoiding dirt stains, like clothes to be put in the washing machine. But purity is more, much, extraordinarily more than something so petty. Purity means harmony, means primarily selflessness; it means true dedication, it means respect.

                                         

Here, for the first time in many years, with Ada, John had learnt on his skin the light caress of respect, a modest veil covering gently the loved person, the ecstasy of beig loved for the person he was. There was no need for her to tell him, because he was sure about that: she would never agree to end up sleeping with him after a party. And not that she did not wish for it: no woman, his manly instinct suggested to him, had desired him so much as her. During their visits together, her loving look was sliding on his features caressing them tenderly, it slid along his broad shoulders, arms, chest and his whole, tall figure with the sweet rapture of someone contemplating a wonder and who would never leave it. With her, John had understood, in its deepest meaning, why her demeanor would be so different; if she had known him outside, the true, only, great reason to wait for the supreme joy of a night among his arms, would be only one: her love for him.

                             

A few lines of comment to this passage. I can say that its ground comes from true life; anyway, Ada's love is founded in something which can be very well expressed by the poem beneath.

I remember one film by K.Kieslowski, Decalogue 1, where the protagonist, a scientist who has completely forgotten the supernatural side of our life, sees his computer suddenly going crazy: and, on the screen, there is just a sentence: "I'm ready". It is very suggestive and recalling the absolute. The absolute is ready at our door ("I stand at the door, and I knock") with his love; but this love can be also embodied in the love by a woman: a true woman. True love shows true Love: that's what Ada's love says to John.

I'm ready

I'm ready to love you - forever.
I'm ready to support you and to stay by your side:
so that you're not alone anymore.
I'm ready to give you what you need -
- esteem, comprehension, tenderness - and so much more.
I'm ready to adorn a fire-place with you -
and to make your house home.
I'm ready to share your plans and projects -
and to make them progress towards the horizon tiny line.
I'm ready to leave my country and to love yours as my own.
I'm ready to love your dear ones as if they were mine -
- for their own sake and because in them I'd see a spark of you.
I'm ready to heal your wounds, to feel your pain as my own -
- but also, to make you smile and laugh, to let you hope.
I'm ready to share with you the burden of passing years -
- to find a meaning in what is lost, and what we'll never have.
I'm ready to forgive you - and to need your forgiveness.
A woman should be the Paradise of a man - if she is just willing to.
Happyness knocks only once at the door - and now, she is at yours.
Opening to her requires prudence -
- but also the unavoidable crazyness of courage.
Immense is the regret coming from fear:
years of pain, afterwards, never end.
Life is heavy when, only when one says "no" to Love:
the true one, always coming from above.






L'amore di John (dal mio romanzo "I bimbi di ieri")


L'amore di John
Questo brano, che ritengo piuttosto poetico, risale al marzo 2014 e parla dell'amore di John, il protagonista del mio romanzo "I bimbi di ieri", per Ada (che, avverto, è un po' idealizzata). Lo dedico ai miei studenti e a chiunque sognasse ancora il "grande amore".
Quella mattina, dopo una consistente sessione di ginnastica in cella - centinaia di flessioni, push-ups, squats, addominali e quant'altro - John aveva fatto una specie di doccia servendosi del misero lavandino a disposizione, quindi si era sdraiato sul letto, a leggere. Ma, quel giorno, non riusciva a concentrarsi. La mente veniva ripetutamente agganciata dal pensiero dell'udienza in corso, udienza cui si sentiva interessato per vari motivi. Inevitabilmente, il pensiero scivolava su Ada e sull'ammirazione da lui nutrita nei suoi confronti per tutto l'impegno e l'abnegazione di cui ella dava prova. Ben al di là di tanti altri. Altrettanto inevitabilmente, affioravano dei ricordi che inducevano in lui il confronto con altre donne da lui incontrate in passato.
Quando era più giovane, John non aveva mai avuto bisogno di corteggiare una ragazza: gli correvano dietro da sole, adolescenti della sua età o poco meno, e anche qualcuna di qualche anno maggiore. La cosa aveva finito addirittura quasi per annoiarlo. Il suo carattere riservato, non propriamente timido, ma leggermente introverso e tendente a isolarsi, molto più di quanto paresse dai suoi improvvisi scoppi di allegria, non amava le manifestazioni di favore eccessivo che certune gli dimostravano; per di più, il suo lato intrinsecamente sobrio, quasi severo, non tollerava le civetterie. Certo, aveva avuto varie storie e, non di rado, esse avevano avuto inizio quando lui stesso aveva risposto alle occhiate dolci delle coetanee che incrociava: per una, quando era poco meno che diciottenne, aveva perso letteralmente la testa; ma era durata poco. Non che i suoi sentimenti fossero mutati rapidamente: era lei che si era dileguata, quando lui si era cacciato, per l'ennesima volta, nei guai. Chissà, forse dissuasa dai suoi, forse poco convinta ella stessa, forse impaurita, non si era fatta più sentire: e lui l'aveva cercata e attesa invano. Era successo qualche anno prima che finisse nel braccio della morte: e spesso vi aveva ripensato in quel periodo e dopo, anche quando usciva con delle altre o i suoi sentimenti erano rimasti impietriti nel death-row.
Eppure, ora lo riconosceva, anche nel bel mezzo degl'innamoramenti più travolgenti, quelli così totalizzanti della prima giovinezza, in lui era rimasta sempre un'impercettibile, perenne sfumatura di insoddisfazione; ed essa si riverberava in quell'indefinibile austerità con cui valutava quelle stesse ragazze. A dire il vero, il motivo per cui si era, in fin dei conti, fidato abbastanza poco delle donne quando era libero, era più profondo. Nel corso degli anni era giunto a comprenderlo, o quasi. Quello che non tollerava, quando l'ennesima ragazza dal bel viso manovrava, neanche tanto velatamente, per fare la sua conoscenza a una festa o in un night, anche quando la sua vanità maschile ne rimaneva adulata e lui rispondeva di buon grado, anche quando finiva la serata a letto con una di esse, era la superficialità che lui avvertiva nella maggioranza di loro. Involontariamente, John si adeguava ai criteri severi assorbiti in famiglia, pur avendo perennemente lottato contro di essi. Sotto sotto, nutriva esigenze ben più profonde, forse anche più elevate; e la garrula gaiezza di varie ragazze che gli finivano tra le braccia dopo un party, magari dopo che avevano bevuto tutti e due, lo irritava la mattina dopo, quando si svegliava col mal di testa accanto a una di loro, pieno di un'amara scontentezza. Non di rado, nutriva altresì l'impressione che la ragazza in questione fosse psicologicamente miope e che la sua attenzione non andasse molto al di là dell'attrattiva costituita dal suo aspetto. Praticamente nessuno di quegl'incontri fugaci aveva retto alla prova del tempo.
A questa severità non del tutto sua, John alternava però dubbi e sensi di colpa. Talora si rammaricava di giudicare le sue ex in modo troppo rigido e scivolava nella convinzione di essere lui stesso il maggiore responsabile di quei naufragi affettivi. Talora riteneva di non aver capito di cosa loro stesse avessero bisogno e si accusava di una superficialità tutta da dimostrare. Ada preferiva parlare di debolezza e depressione: ma lui non sapeva se fidarsi della magnanimità di quel giudizio, a suo avviso orientato dall'amore. Dimenticava, in quei momenti di autocritica, che l'amore vive di verità.

Poi era arrivato nel braccio della morte. I primi anni, aveva ricevuto delle lettere di alcune giovani donne rimaste affascinate dopo averlo visto in TV o sul giornale. I media avevano preso l'abitudine di definirlo "occhi di ghiaccio": e giocavano perversamente sul contrasto tra il suo aspetto, quasi angelico, e l'efferatezza del delitto di cui era accusato e, senza via di scampo, ritenuto colpevole. Nonostante la pessima descrizione che di lui era stata offerta, d'altronde una descrizione del tutto irrealistica, o forse solleticate proprio per questo, quelle là si erano invaghite di lui: e alcune gli avevano scritto, senza farsi remore a rivelargli la loro attrazione, un'attrazione per nulla sostenuta dalla conoscenza della sua personalità. Aveva gettato quei fogli con rabbia. Ancora più di prima, quando era abituato a percepire l'interesse che suscitava nelle ragazze nel passare attraverso una sala affollata, aveva provato la netta sensazione che quelle sceme non cercassero lui, che non volessero lui. Aveva avvertito, nelle loro frasi esagerate, la falsità di un interesse effimero e meramente esteriore. Aveva avvertito il peso dell'adulazione. Aveva allora preferito rimanere solo.
L'unica, vera che avesse corteggiato e, nonostante la propria riservatezza, accanitamente, era Ada. La sua Ada. Con lei era stato diverso fin dall'inizio: era sbocciata prima l'amicizia, poi l'intesa, la complicità, quando lei non lo aveva neancora mai visto. Cos'era stato ad avvincerlo da subito? Il tono della prima lettera? La dolcezza con cui lei gli scriveva, la sorridente comprensione che gli dimostrava? Il suo humour allegramente pazzerello, con cui lei gli rivelava che parlava da sola di continuo, servendosi degl'interlocutori più improbabili, peluches compresi? La cura con cui si preoccupava delle sue condizioni e gli raccomandava di bere molta acqua o di mangiare il più sano possibile? Oppure le sue qualità?

Miseria, che donna era Ada! Capace di attraversare il mondo per venire a visitarlo, di lasciare il suo paese, il suo continente, la sua carriera, la sua vita per stare con lui: e poi con un'intelligenza! Acuta, analitica, implacabile: aveva fatto a pezzi il suo caso come forse solo lui era riuscito. E si era convinta, razionalmente convinta, che lui fosse innocente. Lavorare con lei era un piacere genuino, impagabile, anche perché erano complementari: analitica e razionale lei, più sintetico e intuitivo lui. Ma di lei lo attirava anche la forza di volontà: una volontà di ferro, insospettabile dietro un viso tanto dolce. Nel suo lavoro, riusciva a mettere a posto anche soggetti non del tutto malleabili.
E, infine, guardarla era uno dei piaceri più grandi della sua vita, secondo solo a tenerla tra le braccia: John, che aveva sempre avuto un debole per le brune, era crollato già al vederne la prima foto, nel lontano autunno 1998; ma poi, al trovarsela davanti durante la prima visita, un anno e mezzo dopo, aveva lottato con se stesso a lungo per non manifestare i propri sentimenti subito. Si ricordava che la seguiva con gli occhi, così aggraziata e sorridente, così dolce e simpatica, senza perderla di vista un attimo. L'aveva vista arrossire più volte sotto il fuoco del proprio sguardo e, a un tratto, quando lui le aveva mormorato qualcosa...Ah! Sì:

- Sei molto più bella che in fotografia - le guance le si erano soffuse di un rossore adorabile e lieve e poi lei aveva distolto un poco lo sguardo in direzione della finestra. Quel momento gli era rimasto dentro da allora; e, allora, l'aveva contemplata così, un poco di profilo, lo sguardo leggermente abbassato per un'incantevole, rara ritrosia e gli era venuta la tentazione di dichiararle il suo amore lì, subito, senz'altro. Poi, si era reso conto che lei poteva provare imbarazzo e che avrebbe potuto metterla a disagio: e, per l'ennesima volta, si era trattenuto. Alla fine, però, il giorno dopo, non c'era riuscito più.
Per lei si era messo in gioco totalmente, si era speso, aveva operato acrobazie di creatività. Non aveva mai desiderato una donna tanto quanto lei e non solo perché l'amava da anni e da anni non poteva quasi toccarla, stando nel death-row: lui era perfettamente consapevole del fatto che, se l'avesse incontrata prima, se solo l'avesse incontrata prima, avrebbe fatto di tutto per averla.

Una volta le aveva sussurrato scherzando:

- In fin dei conti, sono come quegli scavezzacollo bacchettoni che saltano la cavallina per anni e poi sono proprio quelli che esigono le ragazze più serie; e si mostrano pure i più esigenti. - Avrà anche scherzato, ma diceva il vero. La relazione intrecciata con Ada era la realizzazione più alta che avesse raggiunto nel corso della propria vita. Nulla reggeva il confronto.

Incontrare Ada, aveva significato ritornare a una concezione dell'amore completamente diversa: a lui familiare, perché non molto lontana da quanto aveva udito dai genitori, ma differente da quello che, da ribelle, aveva sperimentato lui fin dall'adolescenza. Era vissuto tra gli adolescenti e i giovani dei tardi anni '80, primi anni '90, abituatisi, in buona fede, a lasciarsi trascinare dalle esperienze sentimentali e a non controllarle troppo, sicuri che andasse bene così.
Ada invece, apparteneva a un altro mondo: a quello delle brave ragazze e dei bravi ragazzi che attendono ancora la prima notte di nozze per donarsi al proprio amore. Con lei, lui aveva appreso il vero significato di un valore considerato dai più ormai sorpassato, quasi un'anticaglia o un relitto per cui provare fastidio: la purezza. Ada era sexy, secondo lui tremendamente sexy: da lei sprigionava una sensualità solare, nitida, degna delle più esuberanti giornate estive in terra mediterranea. Lei era come lui si immaginava l'Italia: piena di sole, di colori, di calore umano. Il suo cuore traboccava di passione, una passione trascinante, dolce, eppure intensa, di quelle che alimentano non una, bensì mille e una notte. Eppure, accanto a lei, si respirava aria di purezza. Glielo aveva spiegato lei una volta, che cosa intendeva con quella parola:

- Tanti pensano alla purezza in modo nevrotico, pieno di paura, come se consistesse in una somma di divieti esterni e artificiali; e come se mantenerla coincidesse coll'evitare delle macchie di sporco, alla maniera dei vestiti da mettere in lavatrice. Ma la purezza è molto di più, straordinariamente di più di qualcosa di tanto meschino. La purezza significa armonia, significa soprattutto mancanza di egoismo; significa dedizione vera, significa rispetto.
Ecco: per la prima volta in tanti anni, con Ada John aveva conosciuto sulla propria pelle la carezza lieve del rispetto, di un velo pudico che copre delicatamente chi si ama, dell'estasi di essere amato per la persona che era. Non c'era bisogno che lei glielo dicesse, perché ne era sicuro: non sarebbe mai stata d'accordo a finire a letto con lui dopo un party. E non che lei non lo desiderasse: nessuna, il suo istinto di uomo glielo suggeriva, lo aveva desiderato tanto quanto lei. Durante le loro visite insieme, lo sguardo innamorato di lei scivolava sui lineamenti di lui accarezzandoli dolcemente, scivolava lungo le sue larghe spalle, le braccia, il torace e tutta la sua alta figura con il rapimento dolcissimo di chi contempla una meraviglia e non se ne staccherebbe mai. Con lei John aveva compreso, nel suo significato più profondo, il perché il suo contegno sarebbe stato tanto diverso; se lei lo avesse conosciuto fuori, il vero, unico, grande motivo per attendere la gioia suprema di una notte tra le sue braccia sarebbe stato uno solo: l'amore per lui.

Merenda veloce di frutta e cioccolato (merenda belga)


Merenda veloce di frutta e cioccolato (merenda belga)

Questa è una ricetta golosa, rapida e fresca, adatta per l'estate: l'ho inventata io! L'ho chiamata "merenda belga" per via del cioccolato fondente.


Ingredienti per 2 persone

 
80 gr. di cioccolato fondente
Qualche cucchiaio di latte
125 gr. di ricotta
un cucchiaio di zucchero
2 mele
un poco di succo di limone

Sbucciate le mele, pulitele e tagliatele a fettine; quindi, spruzzatele con il succo di limone, per evitare che anneriscano. Fondete il cioccolato in una pentolina a bagnomaria, aggiungendo un poco di latte; nel frattempo, stemperate la ricotta con lo zucchero. In ogni coppa, mettete a strati la fettine di mela, la ricotta e, infine, versate sopra il cioccolato liquido; lasciate infine in frigorifero prima di servire.



La bellezza della natura e il "locus amoenus" di Francesca Masci


La bellezza della natura e il locus amoenus di Francesca Masci

Eccoci qui con  un altro saggio proveniente dalla mia 3M (oramai 4M): come già per Giuseppe questo è un saggio scritto alcune settimane fa da Francesca Masci e talmente ricco e vario da  meritare la pubblicazione sul blog. Brava Francesca!

Con il termine latino locus amoenus, che letteralmente significa "luogo piacevole", si identifica un giardino che abbia dei confini definiti e nel quale siano presenti elementi ben precisi, come alberi da frutto e ornamentali, fiori, ruscelli e fontane, animali mansueti e inoffensivi. Chi entra in questo luogo si sente avvolto da un'atmosfera di pace, priva di dolore. Tutti i sensi sono coinvolti positivamente e, abbandonandosi ad essi, si viene trasportati in una dimensione fuori dallo spazio e dal tempo reali.


Proprio il distacco dalla realtà, solitamente carica di preoccupazioni, provoca una sensazione di assoluta serenità. Il locus amoenus è l'espressione più significativa della bellezza della natura, poiché privata di ogni suo aspetto oscuro e malvagio. Il giardino delle delizie rimanda anche all'Eden, il Paradiso terrestre della religione cristiana, a cui ci si è ispirati nelle descrizioni e raffigurazioni artistiche. Questo stereotipo è stato spesso oggetto della letteratura di ogni epoca.
Già nel libro VII dell'Odissea, Omero descrive il giardino di Alcinoo, re dei Feaci, come locus amoenus; vi sono infatti presenti "grandi alberi rigogliosi" e "splendidi frutti". Per Ulisse, che vi giunge dopo lunghi anni di effettiva prigionia presso la ninfa Calipso, rappresenta dunque una vera e propria fuga. Il giardino è esente dal passare del tempo: "Mai il loro frutto marcisce o finisce, né in inverno, né in estate: è perenne". Nessuna preoccupazione affligge chi vi entra, non esiste l'inverno e i frutti abbondano.


Successivamente, nel XIV secolo, Boccaccio scrive il Decameron: l'intera opera rappresenta un microcosmo in cui vivono dieci ragazzi per sfuggire al collasso della società che la peste ha provocato a Firenze, e può quindi, nel suo complesso, costituire un locus amoenus. In particolare, nell'introduzione alla terza giornata, la lieta brigata si reca in un giardino circondato da mura e che viene aperto appositamente. La "meravigliosa bellezza" del luogo, come descritta dall'autore, appaga i sensi dei giovani; si avvertono forti profumi che richiamano le spezie d'Oriente, sono variegati i colori e le forme ordinate e piacevoli alla vista, sono altrettanto gradevoli i canti degli uccelli, il tepore del sole e il fresco dell'ombra sulla pelle. I ragazzi, entrando in questo giardino, possono, lasciandosi trasportare dai sensi, dimenticare il male e le sofferenze che caratterizzano la loro realtà.

                                             

La descrizione di questo luogo, con i suoi significati, rimanda facilmente al "Giardino" di Epicuro, nel quale il filosofo greco riteneva fosse possibile trovare la felicità, intesa come assenza di dolore e dei turbamenti che la società e gli affari pubblici arrecano.
Più vicino ai nostri tempi, ma allo stesso modo attinente, ricordo il Giardino dei Finzi-Contini, romanzo di Giorgio Bassani. In questo giardino, che nella versione cinematografica è ambientato nel parco Massari della nostra Ferrara, vive una famiglia ebrea altolocata, nel periodo antecedente la Seconda Guerra Mondiale. La famiglia vive isolata in un mondo fatto di illusioni, senza accorgersi della tragedia che incombe all'esterno.

 

                                                                     Parco Massari, Ferrara

Altro spunto dalla letteratura del passato: "Poi che lasciar gli avviluppati calli, in lieto aspetto il bel giardin s'aperse", chiasmo con il quale si apre la IX ottava del XVI canto della Gerusalemme liberata di Torquato Tasso; il brano contrappone fortemente il giardino, che per la descrizione è identificabile come un luogo di delizie, e le vie contorte che lo circondano, pertanto il surreale al reale. L'origine magica di quel giardino sottolinea ulteriormente questa interpretazione; esso è stato infatti creato da una maga pagana.
Dunque, il locus amoenus, presente in tutte le forme artistiche e nell'immaginario comune, è un luogo metafisico, nel quale realtà ed irrealtà si confondono, generando un rifugio per l'uomo che vi ritrova la propria condizione originaria, purificata dal male.


mercoledì 22 giugno 2016

Una sera a Parigi di Nicolas Barreau (2010)


Una sera a Parigi

Alain è proprietario di un piccolo cinema, il Cinema Paradis, sulla Rive Gauche di Parigi. Lo ha rilevato (il nome rimanda direttamente a Nuovo Cinema Paradiso, di G.Tornatore) da suo zio Bernard, appassionato di cinema d'essai e da cui ha appreso la passione per i film. Non a caso, da piccolo ha trascorso ore e ore accanto a lui durante le proiezioni - imparando molto sulla storia della Settima Arte. Ma il cinema di qualità oggi non va per la maggiore e il piccolo Paradis lotta per sopravvivere, insidiato com'è dai mostruosi multisala dove si ingurgitano tonnellate di pop-corn.


Il mercoledì sera, il giovane proietta dei classici film d'amore, per la serie Les amours du Paradis. E proprio il mercoledì sera, comincia a notare un'affascinante, timida fanciulla, dai capelli color caramello e vestita di un cappotto rosso, che si siede sempre alla fila 17 - chissà perché. Per quattro mesi esita a rivolgerle la parola, infine, a primavera, decide di invitarla a cena: e nasce così una coinvolgente storia d'amore. Ma, dopo il primo appuntamento, Alain ha un'altra spiazzante sorpresa: trova fuori dal suo cinema il famoso regista Allan Wood (maglione, pantaloni di velluto a coste, occhiali squadrati, passione per Parigi: avrete riconosciuto Woody Allen), assieme alla diva di origine francese Solène Avril, che intendono girare un film romantico, Ricordando Parigi, proprio al piccolo, grazioso cinema Paradis. Il progetto proietta d'improvviso Alain sulla  ribalta culturale di Parigi; ma, proprio allora, la fanciulla dal cappotto rosso, Mélanie, scompare e Alain, che non ha il suo numero di telefono ed altre coordinate, dispera di ritrovarla. La ricerca della donna della sua vita, tra alti e bassi, momenti tristi e umoristici, continua tra vari colpi di scena, finché non succede l'inimmaginabile...


Ho "sgraffignato" questo libro dalla sala professori (l'avevo già notato in libreria e intendevo leggerlo) e, di certo, ce lo riporterò tra qualche giorno; mi è piaciuto e posso annotarne vari meriti. Innanzitutto, è molto grazioso, gradevole, curato, bene scritto; possiede il tono lieve di una fiaba, una bella fiaba d'amore, ambientata in una città splendida. Si legge con piacere e, caso raro oggi, pur essendo un romanzo d'intrattenimento, non è stupido, anzi, convoglia comunque delle idee: la passione per il cinema, la fiducia nei sentimenti più autentici, la voglia di cose belle. E' poi piuttosto divertente e ricco di un humor lieve, quasi delicato.

Detto questo, però, non bisogna cascarci a occhi chiusi. Mi ha insospettito subito il fatto che il titolo originale fosse in tedesco (Ein Abendes in Paris): del resto, Parigi è descritta con il tono incantato e idealizzato di chi non ci abita (provate a fare il confronto con Simenon e Modiano e vi renderete conto della differenza). I locali e gli angoli descritti nel libro sono autentici, ma sono quelli normalmente elencati tra le attrazioni della città, dal Caffè Flora, al Bar Hemingway. La storia d'amore è fiabesca, dolce, ma non ha niente di profondo, i film menzionati nel libro sono dei classici, ma spesso popolari, non sempre propriamente d'essai, e, tutto sommato, vengono citati in modo "decorativo", non proprio con la prospettiva profonda di chi si intende davvero di cinema; la storia è piena di clichés, sapientemente costruita con colpi di scena e altro, ma, al di là del suo romanticismo, non offre nessun significato trascendentale. Ecco, il romanticismo: non lo troverete mai in un Francese. Questo è il libro scritto da un Tedesco.


Non solo: se andate a fare un giretto su Internet, scoprirete che, secondo voci piuttosto attendibili, l'autore, Nicolas Barreau, non esiste. E' un autore costruito a tavolino e il libro è stato altrettanto costruito da qualche sapiente ghostwriter della casa editrice tedesca che lo ha lanciato. Difatti, del prodotto "costruito", ha tutto: l'abilità artigianale, i luoghi comuni, il tono medio, che deve accontentare qualsiasi palato, sia a livello di contenuti che di stile. Insomma, è un'operazione commerciale che segue il genere del romanzo d'amore e vi aggiunge alcuni tratti cari al pubblico di oggi, come l'amore per i piaceri della vita, dal vino, al cibo, al cinema. Almeno, è un'operazione commerciale ben fatta e seria. Una lettura ideale da fare sotto l'ombrellone.