sabato 21 novembre 2015

Dante, il grande amore e la storia di Paolo e Francesca 4 parte



Dante, il grande amore e la storia di Paolo e Francesca 4 parte

La storia d'amore di Paolo e Francesca può porre questioni filosofiche ed esistenziali? Penso proprio di sì.

Dante rimane profondamente commosso davanti alla loro tragedia, in quanto sa che sarebbe potuto succedere anche a lui; anzi, lo ammette pubblicamente, dato che nel Purgatorio si sottomette alle medesima pena dei lussuriosi, passa attraverso il fuoco. Ma rimane avvinto soprattutto perché Paolo e Francesca rappresentano idealmente il nostro desiderio d'Amore assoluto. Un Amore concretizzato nella vita umana, quella di quaggiù, ma agganciato all'assoluto. A Dio.


                                              Paolo e Francesca, Ary Scheffer, 1855


Il percorso poetico ed umano di Dante, dalla Vita  nova, dedicata a Beatrice appena morta, fino alla Commedia, è anche filosofico e teologico, volto a ritrovare il senso della vita attraverso l'amore. Beatrice rimane punto di riferimento per andare a Dio (è perciò celebre come "donna- angelo"), Beatrice lo ispira dopo la sua morte, Beatrice lo introduce in Paradiso e poi lo guida fino alla visione di Dio. Dopo la morte della donna amata, fin dal 1290, Dante si consola attraverso lo studio della filosofia, attraverso la via umana della sapienza, sempre però meditando questioni relative all'amore e alla nobiltà d'animo indissolubilmente legata ad esso; l'amore diviene così strada verso il perfezionamento morale, verso l'innalzamento di sé, e deve condurre Dante, dal male, rappresentato dalla "selva oscura", dove egli si  perde all'inizio del poema, alla purificazione, attraverso i tre regni dell'oltretomba, fino alla visione beatifica di Dio. Dio che è amore (l'amor che move il sole e l'altre stelle, come il poeta afferma nell'ultimo verso del poema, Par.33,145), nei termini di S.Tommaso d'Aquino, sommo Bene, somma Bontà, somma Verità, somma Bellezza.

                                                  George F.Watts, Paolo e Francesca

Dante quindi pone in modo esemplare le questioni fondamentali dell'esistenza: quella dell'amore, del desiderio che ne proviamo, dell'etica, del nostro perfezionamento interiore, della nostra aspirazione al Bene assoluto. La sua risposta, da cristiano di vari secoli fa, è però adamantina: l'amore, correttamente vissuto, porta a Dio e Dio è il Bene assoluto, che dona la somma felicità (appunto, somma bontà, somma verità, somma bellezza). Perciò egli spiega, nella sua lettera a Cangrande Della Scala, il suo mecenate signore di Verona, che egli ha scritto la Divina Commedia per riportare gli esseri umani alla conversione, quindi a Dio e così alla vera felicità (l'obiettivo della Commedia e di questa cantica - il Paradiso - consiste nell'allontanare i viventi, durante la loro esistenza, dallo stato di miseria spirituale, per condurli alla salvezza, afferma il poeta nell'epistola).


                                          G.Previati, Paolo e Francesca (Ferrara, 1901)


E qui sopraggiunge forse una prima spiegazione dell'incongruenza apparente: ma perché due amanti così nobili sono finiti all'Inferno? La morale dantesca più ovvia è che, perso il collegamento con Dio, unica fonte del vero Amore, anche quello così nobile di Paolo e Francesca traligna e diviene idolatria, condanna: persino il legame eterno dei due amanti può trasformarsi allora in una prigione (ogni forma di idolatria diviene ossessione e poi prigione: e così si potrebbe anche intendere il loro legame eterno...).
Eppure...Eppure, c'è qualcosa che non quadra, qualcosa cui il poeta, abituato alla sua società di allora, non ha fatto attenzione. Paolo e Francesca, in fin dei conti, ci paiono anche vittime: vittime di  un assassinio, attuato dal marito di lei, ma vittime anche di ostacoli innaturali e costrizioni, che li hanno privati della loro libertà, della possibilità di lasciar sbocciare la propria personalità: si tratti di certi, malintesi obblighi sociali o del matrimonio combinato, per noi oggi inconcepibile e che, molto diffuso tra i ceti alti, risultava spesso una costrizione intollerabile, non di rado la rovina dell'esistenza di chi lo contraeva. Ecco allora che l'insegnamento di Dante può allargarsi, abbracciare anche la nostra epoca e avvertire: quell'amore che porta all'assoluto può corrompersi, divenire perdizione, quando prevale l'egoismo: nostro o altrui. L'amore perde la sua natura quando perde di vista il suo obiettivo: l'Amore, cioè Dio, unico principio di ogni bellezza.

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