mercoledì 27 dicembre 2017

Gratin di pasta e verdura


Gratin di pasta e verdura

Con questa ricetta ho fatto una magniica figura con una cara amica....


Ingredienti (per persona)
100 gr. di pasta
1 patata
1 zucchina
1 cipollina
olio qb.
aglio qb.
1 piccola mozzarella
formaggio parmigiano grattugiato qb
dado vegetale e acqua

Fate bollire per 20 minuti le patate in acqua bollente per ammorbidirle. Preparate un soffritto con olio, le cipolline ripulite e sminuzzate, quindi le zucchine pulite e tagliate a fettine; infine, aggiungete le patate sbucciate e tagliate a pezzi, infine l'acqua finché non copre il tutto e il dado. Lasciate cuocere a fuoco moderato, finché l'acqua non si assorbe. 
Intanto, fate cuocere la pasta in abbondante acqua bollente; quando è pronta, scolatela e unitela alla salsa di verdure e patate, quindi versate in una pirofila imburrata e coprite con le fettine di mozzarella e il  parmigiano. Mettete in forno per 20 - 30 minuti, finché la pasta non è dorata e servite caldo. 
Potete provare ad aggiungere anche altri tipi di verdura alla salsa. 


Gratin of pasta and vegetables

With this recipe, I made a fine figure with a dear friend of mine....

Ingredients (per person)
100 gr. of pasta
1 potato
1 zucchini
1 spring onion
oil to taste
garlic to taste
1 small mozzarella
grated Parmesan cheese to taste
vegetable nut and water

Boil the potatoes in boiling water for 20 minutes to soften them. Prepare a sauté with oil, the cleaned and chopped spring onions, the zucchini, cleaned and cut into slices; finally, add the peeled and chopped potatoes, the nut and the water until it covers the whole. Cook over a moderate heat until the water is absorbed.


Meanwhile, cook the pasta in plenty of boiling water; when it is ready, drain it and add it to the vegetable and potato sauce, then pour it into a buttered oven dish and cover it with the slices of mozzarella and the grated Parmesan cheese. Bake the pasta for 20 to 30 minutes until it is golden;  serve it hot.

You can try to add other types of vegetables to the sauce.


lunedì 25 dicembre 2017

L'Eden a portata di mano


L'Eden a portata di mano


Anni fa, un signore che conoscevo e che aveva ricevuto straordinari doni mistici, diede la sua testimonianza in una trasmissione su di un'emittente privata: e raccontò con semplicità e intensità insieme, che, fin da bambino, parlava con Gesù. Addirittura, raccontava, quando entrava in chiesa, correva ad arrampicarsi fino al tabernacolo, per appoggiarci la guancia. Quando assistetti alla trasmissione, pensai che lo avrebbero preso per matto; invece, ebbi una sorpresa notevole. Infatti, le persone in studio non pensavano minimamente che fosse matto, anzi; però, come disse tra gli altri uno spettatore di mezza età che lo aveva ascoltato attentamente (e rispettosamente), lui non riusciva a crederci per ben altro motivo: perché non era possibile che Dio potesse essere così vicino a ciascuno di noi col Suo Amore. In parole povere, nessuno si pose la questione della veridicità "scientifica" della sua esperienza, tutt'altro; il problema era che quell'Amore divino pareva troppo bello per essere vero.


Nel corso degli anni mi sono resa conto che la spina nel cuore di molte persone è proprio questa: l'Amore di Dio non sembra vero. Siamo talmente abituati a essere un numero tra gli altri (in classe, in ospedale, agli sportelli, davanti allo Stato, spesso persino in famiglia, dove il lavoro frenetico toglie molto tempo allo stare insieme), che fatichiamo persino a concepire che esista davvero Qualcuno che ama soltanto noi, con una tenerezza unica ed irripetibile. Cerchiamo qualcosa del genere quando ci innamoriamo; e poi, non di rado, dopo i primi entusiasmi amorosi sopravviene il grigiore della routine o della delusione, perché l'ardore iniziale sembra essersi spento. Così, l'Amore di Dio non sembra vero.


In fin dei conti è il problema dell'Eden. Troppo bello per essere vero: neanche Adamo ed Eva devono averci creduto troppo, se sono stati ad ascoltare il serpente. Quando sono stati buttati fuori, dall'angelo con la spada fiammeggiante (come mostra, ad esempio, lo splendido affresco di Masaccio nella Cappella Brancacci di Firenze), non è che hanno perso un luogo di delizie: hanno perso il rapporto con quel Dio che "passeggiava alla brezza della sera" e che era disponibile a intrecciare con loro una relazione di Amore inconcepibile. E' quello che l'essere umano ha perso: la fiducia nell'Amore.


La nascita di Gesù Bambino viene a rovesciare proprio questa sfiducia. A pensarci bene, l'Incarnazione è uno di quei dogmi cristiani che rimangono inconcepibili per la normale mente umana (come la Trinità, del resto, o la Passione e Resurrezione, o l'Eucarestia e così via). Un Dio che si fa uomo? Che nasce "al freddo e al gelo", che è povero, che ha bisogno di una mamma umana, che Lei gli cambi i pannolini  che gli dia il latte? Che dei pastori (dei miserabili) vengano a offrirgli qualcosa perché la Sua famiglia è troppo povera? Che viene cacciato da tutti gli alberghi persino di una città piccola e insignificante come Betlemme? Ci immaginiamo Dio così noi?


Penso proprio di no (pensiamo alle chiese barocche in confronto e al loro fasto). Gli antichi dei dell'Olimpo scendevano sulla terra per dare sfogo ai loro capricci (del tutto umani); ma condividere la sorte umana, questo non lo volevano proprio. Gli esseri umani si possono immaginare degli inviati divini, dei saggi, finanche un profeta che parli per Dio: ma un Dio che si fa uomo e che unisce indissolubilmente una natura umana completa alla Sua divina, questo proprio non se lo possono immaginare. Come non si possono immaginare lo spirito di comunione che unisce invece di dividere. Non si possono immaginare Dio che si fa uomo, anzi, bambino: un tenero batuffolo di carne rosea, mite e sorridente, che ispira non sete di potere o dominio, bensì solo tenerezza. E' l'"Emmanuele", il "Dio con noi".


Ci crediamo noi dopo 2.000 anni? Temo di no. Noi siamo quello che crediamo: e il nostro ambiente evidenzia molto chiaramente in che cosa crediamo. Al potere, al denaro, alle armi, alla prepotenza, all'arroganza e così via; siamo troppo diversi da quel tenero batuffolo per potere dire che ci crediamo. Ed è la nostra disgrazia peggiore, perché abbiamo un profondo, spaventoso bisogno di quell'Amore. Quando sono in chiesa sono regolarmente stupefatta perché, in attesa della S.Messa, la gente chiacchiera come niente fosse. Parecchi si comportano come degli estranei rispetto al "Dio nascosto" del tabernacolo, come se la chiesa fosse una normale sala conferenze vuota; sembrano degli estranei rispetto alla presenza di Dio. E non ci trovano nulla di strano. Come è possibile?



Stamane il nostro cappellano diceva che la parola greca per "grazia", charis, ha la stessa radice del francese charme, "fascino". Infatti, Dio affascina col Suo amore. Un amore vicinissimo a noi e disponibile: così vicino e disponibile da farsi Bambino. Secoli di peccati, di male, di sofferenze, di ferite, ci hanno resi come ciechi dinnanzi a questo splendore. L'intelligenza non lo concepisce, l'anima è oscurata e i sentimenti rimangono inerti davanti a questo splendore. Eppure, Gesù Bambino è l'Eden a portata di mano: un Amore, una tenerezza, una gioia inconcepibili a portata di ciascuno di noi, singolarmente, personalmente. Non solo la Sua venuta ha scatenato tantissime conseguenze splendide per noi: pensiamo alla serie eccezionale di iniziative buone, di opere di misericordia, ma anche all'esplosione delle arti e del pensiero umano sulla Sua scia. Egli è però presente anche, se solo gli apriamo la porta, nel nostro cuore: "Io sto alla porta e busso...." (cfr. Ap. 3,20). Che ciascuno di noi gli possa aprirGli la porta del suo cuore. Buon Natale. 

giovedì 7 dicembre 2017

Poesia dell'amore silenzioso II


Poesia dell'amore silenzioso II



Una sera d'inverno, in mezzo al gelo,
quando il vento spazza via la brina,
se tu fossi da solo per la strada,
estenuato dal freddo dello studio
e degli impegni, vorrei che approdassi 
a casa mia, al fuoco allegro e scoppiettante
del mio focolare. Fette di torta 
casalinga, una densa cioccolata 
in tazza da tenere tra le mani



per scaldarsi e biscotti, buoni e dolci 
biscotti con aroma di vaniglia
ti darei, mentre siamo sul tappeto,
davanti al caminetto, a chiacchierare. 
E poi una carezza, lunga e tenera,
sulla tua guancia, che non ne riceve;
le tue mani tra le mie ti prenderei,
per darti il mio tepore ed il riposo
di un dolce sorriso, di un bacio dolce
sulle dita, sulle tue lunghe ciglia,
il tuo sguardo di cerbiatto fiducioso
in cerca del calore di un abbraccio.



Poem of the silent love II (to ADF)

One winter evening, when it is so cold,
when the wind clears the frost off,
if you were alone on the street,
exhausted by your study and commitments, 
I would like you could reach
my house, the cheerful and crackling fire
of my hearth. Slices of a cake
made at home, a thick chocolate
in a cup to warm up your hands,



and cookies, good and sweet
cookies with vanilla flavor,
I'd give you while we're on the carpet,
in front of the fireplace, chatting.
And then a caress, long and tender,
on your cheek, which has no habit to it;
among mine, I would take your hands,
to give you my warmth and the rest
of a sweet smile, a sweet kiss
on your fingers, on your long eyelashes,
your confident fawn look
looking for the warmth of a hug.


sabato 2 dicembre 2017

Vincere l'ansia, fobie e paure varie (2 puntata)



Vincere l'ansia, fobie e paure varie (2 puntata)

L'ansia, specie nella sua versione sociale, dipende dall'apprendimento, cioè si impara (si dice che è un "comportamento acquisito"). Di solito, le cose vanno così: una persona che già presenta geneticamente un carattere molto sensibile (normalmente un timido) vive da bambino o adolescente, di solito in famiglia, ma anche a scuola, tutta una serie di situazioni che lo stressano e gli insegnano a temere in maniera esagerata uno o più eventi specifici. Non voglio qui essere scortese con la categoria "genitori", ma ho notato che molti ansiosi hanno appreso l'ansia in casa: da genitori iper-protettivi, per esempio, ansiosi loro stessi, o autoritari ecc. ecc. Nessuno è perfetto, men che meno i nostri familiari: è giusto accettare le loro imperfezioni e l'importante è trovare una soluzione. Dopo la famiglia, che ha insegnato all'ansioso a tirarsi indietro e ad avere paura più del necessario, di solito sono intervenuti dei fatti abbastanza traumatici che hanno rafforzato questa situazione (ad es., qualche episodio di bullismo o anche qualcosa di meno grave). In sostanza, gli ansiosi imparano (erroneamente) che "non sono capaci" in certe situazioni e a essere timidi per ottenere approvazione sociale.


Se l'ansia dipende dall'apprendimento, da qui discende una conseguenza straordinaria: non siamo condannati ad essere ansiosi a vita, possiamo imparare a controllare la nostra ansia!

Il metodo cognitivo comportamentale

Sull'apprendimento è basato il metodo più usato nella cura dell'ansia e fobia sociale, quello cognitivo-comportamentale: funziona se applicato correttamente e con costanza. Il termine sembra astruso, ma si tratta in realtà solo di allenamento progressivo ad esporsi alle situazioni stressanti, con i cosiddetti esercizi di esposizione. In sostanza:


1) Bisogna stabilire una scaletta, in ordine gerarchico, delle situazioni che ci creano ansia, dalle più tranquille a quelle che ci scatenano la fifa massima. Privilegiamo soprattutto quelle più frequenti, quelle che evitiamo di più e quelle più direttamente connesse al vostro obiettivo (per es., se volete apprendere a parlare in pubblico, tutte le situazioni che ci hanno a che fare, come lezioni,  interrogazioni, conferenze, alzare la mano e porre una domanda davanti a  un gruppo ecc.).
2) Quando la nostra scaletta è pronta, cominciamo ad allenarci ad affrontare queste situazioni in ordine crescente, il che ci permette di seguire  i nostri ritmi.
3) Prima di ogni esercizio applichiamo la nostra tecnica di rilassamento per distenderci e controllare le nostre emozioni durante l'esercizio. Il problema di molti ansiosi è proprio questo: si sentono in balia delle loro emozioni e non sanno come affrontarle. In questo caso, il rilassamento e il fatto di partire ordinatamente dalle situazioni più facili è la soluzione.
4) L'esposizione deve essere progressiva, graduale e senza fretta. Quando l'ansia si è almeno dimezzata, l'esercizio è riuscito. Passeremo al prossimo gradino quando ci renderemo conto che padroneggiamo a sufficienza la situazione di quello precedente.
5) Gli esercizi di esposizione vanno ripetuti con costanza: almeno 4 volte la settimana per le situazioni di maggiore durata (non lamentatevi che non riuscite a migliorare se rimanete al di sotto di questa soglia!). Invece, se avete a che fare con una situazione di breve durata (ad es., chiedere  un'informazione per la strada) potete ripeterla tante volte con varie persone diverse.
Esempio: per un allievo con problemi di ansia prima delle interrogazioni, un buon metodo potrebbe essere mettersi d'accordo con l'insegnante e farsi porre delle domande singole più volte nel corso della settimana, invece che un'interrogazione unica di mezz'ora.
6) In questa maniera, il vostro cervello apprenderà poco per volta delle nuove esperienze positive, che controbilanceranno quelle negative pregresse, interrompendo il circolo  vizioso.
7) Non solo: imparerete anche che gli altri non si accorgono della vostra ansia; e che se avete qualche reazione anche fisica (come arrossire, avere la tremarella, un certo affanno ecc.), non è poi così terribile. In generale, si tratta solo di prenderci la mano.


NB: Le ricerche scientifiche dimostrano che l'ansia, in ogni caso, cala da sé dopo poco tempo (l'adrenalina non riesce a durare per molto!). Quindi, non preoccupatevi, lanciatevi comunque, il vostro stesso corpo vi aiuterà più di quanto pensate: se accettate la vostra ansia, finirà per andarsene da sola.

Tutti i problemi che hanno a che fare con la paura si affrontano così. Una mia amica, ad esempio, sta vincendo in questo modo le vertigini e la paura delle altezze. Io, invece, sto imparando a nuotare e ho, naturalmente, paura dell'acqua: non riesco neancora a stare a galla da sola, ma vedo che sto prendendo progressivamente confidenza, per cui adesso riesco a fare delle cose (come una vasca nuotando in stile dorso e col mio istruttore che mi regge appena) che prima non riuscivo assolutamente a fare. So che mi ci vorrà del tempo, ma, poco per volta, la paura se ne andrà. Ci vuole molta costanza e molta pazienza con noi stessi, ma mai demordere.


Mai spaventarsi per gli alti e bassi
Proprio perché la paura è una brutta bestia, ci saranno, nel corso della vostra terapia di addestramento, degli alti e dei bassi. Anche questo va accettato, perché è normale. Per esempio, alla terza lezione di nuoto io avevo più fifa che alla prima e colavo a picco miseramente. Ma l'ho accettato: mi sono detta che, sicuramente, sarei migliorata la volta successiva e così è stato. Del resto, che ci siano degli alti e dei bassi è in realtà qualcosa di positivo: infatti, tutte le volte che risalite, imparate che la vostra ansia si può vincere con maggiore facilità. Alla fine, risalire diventerà per voi un'abitudine. Proprio per questo, attenzione ai facili entusiasmi (ci si può smontare troppo alla svelta) e agli altrettanto facili scoraggiamenti. Tutti noi abbiamo esperienza di qualcosa che, con difficoltà, alla fine siamo riusciti a imparare: e voi potete imparare a gestire e vincere la vostra ansia.

Facciamo un esempio (divertente e surreale) di scaletta di esercizi di esposizione. Immaginate di soffrire di aracnofobia (paura dei ragni), però avete la fortuna di fare la conoscenza di un ragnetto, simpatico e carino, che si offre volontario per aiutarvi nei vostri esercizi di esposizione. Ecco la scaletta che ne potrebbe risultare:
  • 1.       Sorridere e salutare il ragno.
  • 2.       Chiedere  un'informazione al ragno.
  • 3.       Accettare di incrociare un ragno che non conoscete (non quello simpatico o carino).
  • 4.       Fare una chiacchierata di 10 minuti col ragnetto (magari sul tempo metereologico).
  • 5.       Aumentare il tempo di chiacchiera con il ragno.
  • 6.       Caffè col ragnetto.
  • 7.       Esporsi di più con un ragno sconosciuto.
  • 8.       Serata al cinema col ragnetto (a vedere Spiderman!)
  • 9.       Gita a Venezia col ragnetto.
  • 10   Festa finale per avvenuta guarigione a casa Ragni.


Evitamento
Questo è il vero mostro da abbattere; in effetti, evitare le situazioni temute può apportare un sollievo temporaneo, ma poi si crea un circolo vizioso, perché più si evita, più si eviterebbe e si perdono progressivamente le capacità sociali. Per esempio, quella  mia amica di prima, evitando, evitando, è arrivata al punto che non riusciva più a dare esami. E' quindi essenziale "prendere l'abitudine quotidiana di affrontare invece che di evitare le cose" che provocano ansia. Insisto: quotidiana. Conosco una coppia giovanissima in cui lei soffre di ansia sociale, lui è innamoratissimo e cerca di farle la corte fra i vari evitamenti di lei. Ebbene, lei dovrebbe applicare regolarmente i suoi esercizi di esposizione e lui (santo subito!) regola la sua agenda per incontrarla il più possibile: ma lei, che pure è innamorata, invece di attaccarsi a lui come una patella allo scoglio, per la fifa si accontenta di incontrarlo "quando capita"! Mi piacerebbe dirle: tesoro mio bello, ma uno, paziente così, dove mai lo ritrovi??? Quindi, datti da fare. 


Bisogna evitare l'evitamento con costanza in tutte le forme possibili. Infatti, è necessario evitare pure quella che potremmo considerare l'"evasione parziale": ad esempio, vado a una festa e, apparentemente cerco così di affrontare la mia ansia, poi però alla festa me ne resto muta in un angolo.  La ragazza di cui sopra sta facendo un'evasione parziale, quindi rischia di non migliorare mai. Ripeto: bisogna "evitare l'evitamento" in ogni maniera possibile e smascherare i pretesti con cui copriamo l'evitamento (ad esempio: "Non ho tempo!...")

Consiglio fondamentale: molte persone mettono in atto la strategia cognitivo-comportamentale, ma poi si arenano, perché aspettano di sentirsi bene per addestrarsi. Sbagliato: se uno aspetta di sentirsi a suo agio, finirà per aspettare per sempre. Dato allora che la "paura è un'amica", è giusto imparare ad affrontarla un poco per volta, non impuntarci a farla sparire, bensì allenarsi comunque: "Concentrati nel cambiare le tue azioni, non le tue emozioni" dice www.fobiasociale.org. Infatti, se noi mettiamo in atto i comportamenti giusti, le emozioni, poco per volta, seguiranno. Quindi: accettiamo la paura, impariamo a controllarla con le tecniche di rilassamento di cui sopra, ma poi addestriamoci comunque e solo allora la paura perderà la sua presa su di noi. Poco per volta la paura sparirà (è la cosiddetta "desensibilizzazione progressiva").
(continua

Vincere l'ansia, fobie e paure varie (1 puntata)


Vincere l'ansia, fobie e paure varie

Tra gli studenti (e non solo) ansia e fobie varie stanno diventando un'epidemia; sempre più spesso, ad esempio, so di ragazzi che tremano a un'interrogazione. Di ansia ho sofferto anch'io ed è un problema che conosco bene. Qui riunisco una specie di programma per vincerla (ma i casi più seri sono di competenza di uno specialista, mi raccomando), basato sulla mia esperienza, varie letture e aggiornato con le ultime informazioni da me raccolte recentissimamente: fra esse, il testo di un formatore di www.fobiasociale.org che ha sofferto lui stesso di fobia sociale e ha sperimentato le sue acquisizioni su se stesso (con successo pieno in tempi rapidi, appena qualche  mese).


In generale, tutti i disturbi collegati con la paura sono difficili da gestire e il numero delle fobie è praticamente infinito: da quella dei ragni a quella del numero 8 (giuro!). Qui però, per ovvi motivi, mi focalizzo sulla paura ingenerata da situazioni sociali, dal contatto con gli altri. Una persona su due teme lo sguardo altrui o di prendere la parola in pubblico: è una proporzione enorme! Vediamo ora nel dettaglio le manifestazioni di questa paura.

Trac: inserisco qui il termine francese perché mi sembra espressivo, ma è la nostra banale "fifa". A tutti noi capita di essere in ansia prima di un avvenimento importante: un colloquio di lavoro, un esame, un appuntamento ecc. Si tratta di qualcosa di episodico e che non disturba la nostra vita quotidiana: fin qui, tutto nella norma.


Timidezza: Sicuramente, l'ansia riguarda soprattutto i timidi, cioè coloro che sono caratterialmente più sensibili: la  maggiore sensibilità, congenita, dona loro delle reazioni un poco maggiori che negli altri. La timidezza si associa facilmente a sentimenti di paura e vergogna. Un timido teme di più gli ambienti ignoti,  mentre si sente a suo agio in quelli familiari; se poi la situazione è giudicata importante dal soggetto (esempio: interrogazione), l'ansia cresce.
In generale, a livello sociale i timidi temono:
1) Le performance (esami, colloqui di lavoro, conferenze);
2) di rivelarsi, di presentarsi per quello che sono;
3) di affermarsi e difendere i propri diritti;
4) lo sguardo altrui.

Ansia sociale: il problema nasce quando la "fifa" diventa eccessiva. Allora si fa fatica a essere  spontanei e tutto diventa difficile e pesante. Si ha spesso l'impressione che stiamo dicendo delle sciocchezze e abbiamo paura di dire delle cose inutili o insipide. Il senso di disagio può crescere a tal punto da avere delle conseguenze fisiche: traspirazione, pallore o, al contrario, rossore, sudore, tachicardia, palpitazioni, respirazione accelerata, tremarella, tensione muscolare, mal di pancia (io l'ho avuto per anni), nausea ecc. ecc. Un timido spesso teme che questi sintomi diventino visibili agli altri e, così, di "rivelarsi" (ma, di solito, gli altri non se ne accorgono neanche...). L'effetto finale è l'inibizione: la persona non riesce a fare quello che vorrebbe, che si tratti di chiacchierare piacevolmente o rispondere a delle domande di lavoro o di studio o corteggiare una ragazza; si sente incapace di compiere l'azione di cui è richiesta e che è normale per gli altri.  Si arriva all'angoscia.


Man man che la paura cresce, la persona si sente sempre più inibita, finché arriva all'"evitamento": per alleviare la propria angoscia, comincia a evitare la situazione temuta. Succede così che certi studenti (pur non volendo "fare fuoco") comincino a evitare l'interrogazione temuta, perché sono convinti che non ce la faranno mai a superarla. Si parla così di "ansia sociale" quando la paura cresce a un punto tale da bloccare l'azione dell'individuo in una parte della sua vita quotidiana, nei contatti con altre persone e da impedirgli di realizzare "importanti obiettivi personali".
L'ansia sociale, difatti, è messa in moto dalla paura di essere giudicati negativamente e, quindi, rifiutati. Ci si sente meno capaci degli altri, inadeguati. Un altro sintomo tipico è il rimuginamento: più uno ha paura di quella situazione e più ci si scervella sopra. Ma, rimuginando a più non posso, la paura cresce. Si crea allora un circolo vizioso per cui,  più si desidera riuscire in una situazione, più se ne ha paura, più ci si rimugina sopra e...più si fallisce e la si evita. Proprio la paura della disapprovazione finisce per innescare il fallimento che suscita la disapprovazione!
In definitiva, quello che gli ansiosi temono di più è la disapprovazione sociale. L'approvazione sociale, all'epoca delle caverne (ma anche dopo), significava vivere: chi era solo, rischiava la pelle. Ancor oggi, far parte del gruppo è fondamentale per il nostro equilibrio, quindi l'ansioso vive il terrore di essere rifiutato.


Fobia sociale: è una forma più seria e specifica di ansia sociale, specifica cioè per una certa situazione o più. Ci sono persone che hanno la fobia di parlare in pubblico, la fobia delle interrogazioni scolastiche, delle scadenze o di certe situazioni lavorative, di usare la toilette pubblica, di mangiare al ristorante, di approcciare una persona del sesso opposto ecc. ecc. ecc. E' molto frequente e tocca tra il 3 e l'8 % della popolazione (a me sembra in aumento...).

Un esempio. Anni fa avevo una cara amica all'Università di Firenze, una bravissima ragazza, brillante e molto sensibile, ma terribilmente esigente con se stessa e perfezionista. Desiderava ardentemente riuscire negli studi: così, poco per volta, gli esami sono diventati per lei un incubo. Si presentava agli appelli, ma era presa da un'angoscia tale che, poco prima di essere chiamata, fuggiva: era convinta di non farcela, lei che aveva cominciato la sua carriera studentesca con un 30 e lode in Letteratura Greca! Più si andava avanti, più lei era angosciata e più evitava gli esami. Alla fine, ha toccato il fondo: la sola idea di presentarsi all'esame le ingenerava crisi di panico. La sua carriera studentesca si stava bloccando. Poi ha cominciato a riprendersi: e un giorno mi ha detto che la svolta è avvenuta quando, dopo l'ennesimo esame cui rinunciava, io l'ho tranquillizzata dicendo che non importava, perché avrebbe potuto riprendersi un'altra volta. Difatti, ha ripreso, poco per volta, a dare esami: magari con voti più bassi, ma ha ripreso. Ricordate: a tutto c'è rimedio.


COME RIMEDIARE?

Qui vi propongo, sulla base della mia esperienza e di quanto ho studiato, il percorso classico per guarire dall'ansia sociale:
  • ·        Sul breve periodo servono tecniche di rilassamento e la terapia cognitivo-comportamentale.
  • ·        Sul lungo periodo, bisogna però lavorare su se stessi per imparare ad accettarsi e ad avere una  migliore autostima.
  • ·     Bisogna cambiare anche mentalità e assumerne una pù positiva e realistica, che non dipenda dall'opinione altrui, ma riconosca il nostro profondo valore.
  • ·      In vari casi, bisogna anche lavorare su ferite precedenti, di varia entità, che creano spesso il terreno della fobia sociale: traumi da rifiuto, ad esempio, o da abbandono, vissuti in famiglia, abusi o simili.
  • ·Nei casi più gravi, insisto, è necessario un terapeuta specializzato.
  • Scendiamo ora nel dettaglio.



La paura è un'amica
Quando abbiamo paura, cerchiamo in tutti i modi di eliminarla: ma così dimentichiamo che la paura è un'emozione primordiale, che esiste da sempre perché possiamo difenderci dai pericoli. Il problema è quando è in eccesso. E' molto più costruttivo invece vedere nella paura un'amica: la paura infatti ci segnala quello che è importante per noi. Avete mai visto un giovanotto profondamente innamorato che non si senta agitato davanti alla ragazza dei suoi sogni? Quindi, eliminare la paura è impossibile e sarebbe anche disumano: l'importante è padroneggiarla. Secondo un pensiero molto bello che ho trovato in www.fobiasociale.org, è proprio la nostra paura che ci può guidare verso i nostri desideri e che ci permette di fiorire a livello personale: "Ogni volta che provi paura, sai che stai cercando quanto vuoi veramente e stai crescendo come persona".

Lavorare sulle emozioni
L'ansia è profondamente legata al nostro vissuto emotivo. Le emozioni sono reazioni automatiche: nel caso del soggetto ansioso, vive delle reazioni negative (paura, ansia, senso di vergogna, magari a anche collera o tristezza) davanti a un evento che non è così stressante per qualcun altro. Un primo passo però è quello di accettare le nostre emozioni ed esprimerle, a noi stessi e a qualcuno di cui ci fidiamo. Sennò restano sempre tappate dentro e diventano esplosive! Non c'è niente di male nelle emozioni. Se provate delle emozioni negative davanti a qualcosa che non è stressante per gli altri, avrete sicuramente i vostri buoni motivi: sono reazioni normali ad avvenimenti che vi ricordano un cumulo di esperienze stressanti, che hanno marcato la vostra memoria. Più cercate di reprimerle, più aumentano. Invece, accettatele ed accettatevi: chiunque, al vostro posto, avrebbe potuto trovarsi nella medesima situazione, perché, evidentemente, la vostra ansia è frutto delle vostre esperienze.


Tecniche di rilassamento
La prima cosa di cui bisogna fornirsi per combattere l'ansia è qualche buona tecnica di rilassamento, specie basata sulla respirazione, cui si possa ricorrere nelle emergenze e da imparare a tal punto che diventi abituale. Non basta a risolvere il problema, dato che questo richiede un approccio  più ampio: ma è una risorsa d'emergenza in caso di bisogno, specie per padroneggiare le vostre emozioni. Strano, ma non ci pensiamo mai: a parecchi ragazzi, una tecnica di rilassamento sarebbe immensamente utile, prima di un'interrogazione, ad esempio. Non è  il caso che ne discuta io qui, ma esistono vari sistemi per rilassarsi, di solito focalizzati sulla respirazione: per esempio, in varie carceri statunitensi esistono programmi per insegnare ai detenuti a controllare la collera mediante tecniche di rilassamento fondate sulla respirazione; tutti confermano che ne ricavano un gran beneficio. E se il rilassamento funziona su qualcuno che, altrimenti, torcerebbe il collo a un altro...

Esempio di tecnica di rilassamento con la respirazione.
  • ·         Inspirate profondamente (con naso o bocca, non importa) fino a gonfiare l'addome.
  • ·         Fate una pausa.
  • ·         Espirate tranquillamente.
  • ·         Ripetete tre volte.
Come vedete, è molto semplice. Concentrarsi sulla respirazione ha un effetto calmante e ci ossigena meglio in un momento, quello ansioso, in cui ne abbiamo bisogno di più.
(continua)