mercoledì 27 marzo 2019

La 4M e la 4N...nel "gran Milano"!



La 4M e la 4N...nel "gran Milano"!

Come promesso alla mia 4M, eccomi qui a riferire le vicissitudini – piuttosto divertenti – della nostra gita a Milano, il “gran Milano”, assieme alla 4N: protagonisti 48 ragazzi delle due classi, 24 per parte (purtroppo, contavamo 7 assenti), con le due colleghe, Beatrice e Marilena. Date: 20-22 marzo scorsi. 

                                                                    Lo studio di casa Manzoni

A dire il vero, i pronostici, dapprincipio, non erano per niente favorevoli. Il fatto è che la nostra segreteria, quella che si occupa dell’organizzazione delle gite, quest’anno è collassata per più motivi – influenze, tagli e cambi di organico, problemi amministrativi ecc. ecc. Il risultato è stato che la quinta in partenza oggi stesso per Praga, fino a fine febbraio ignorava ancora se avrebbe trovato un aereo; il gruppo in partenza per Parigi ha dovuto rimanere a casa; e, infine, noi abbiamo avuto il nostro preventivo un mese fa, con un albergo….bellissimo, per carità, ma alla Malpensa. Qualche collega ha osservato ingenuamente che forse potevamo organizzarci per i trasporti con la metro – come se la metro di Milano si estendesse fin quasi in Piemonte e al Lago Maggiore, ho obiettato io (!). L’agenzia però, che si è rivelata efficientissima (nonostante la nostra campanilistica e iniqua diffidenza ferrarese, nei confronti di un'impresa comacchiese), ha trovato un’alternativa in zona Fiera, presso Rho, per cui, alla fine, noi siamo rimasti quasi (quasi) immuni dalle tempeste che spazzavano via gli altri. Lo ricordavo ai miei studenti, di essere grati per quell’angoletto di paradiso che era la nostra gita, rispetto alle burrasche altrui: e mi veniva in mente il poeta latino Lucrezio, che, nel De rerum natura, esaltando la sua filosofia epicurea, guardava sereno dalla spiaggia chi stava affogando in mezzo al mare (mah!).

                                                                       Una sala di Palazzo Morando

Ma i problemi si sono ripresentati, puntuali come l’Agenzia delle Entrate, due giorni prima della partenza. Di 5 accompagnatori, tra titolari e supplenti, che eravamo prima, me ne erano rimasti…2 e mezzo. Se vi chiedete chi era il “mezzo”, ebbene, era Marilena, la collega di Religione, che stava poco bene. Alla fine è partita con noi lo stesso – eroicamente –. Fortunatamente, strada facendo si è sentita sempre meglio: però, vi assicuro che, ancora il giorno prima della partenza, il 19, eravamo al panico. In sala insegnanti, l’abbiamo riempita di consigli a tal punto, che ne vivrà di rendita per i prossimi 10 anni.
Bene, mercoledì 20 marzo, alle 6.45, ci siamo ritrovati in piazza Dante, con l'autista, Giovanni.  Dato che eravamo tutti puntuali, siamo partiti come da programma alle 7.00.  Il viaggio di andata è stato senza storia, così come il pranzo in centro a Milano, zona Cordusio; il primo appuntamento in programma era, alle 14.00, la visita a Casa Manzoni, dietro alla Scala. Il gruppo è stato diviso tra due guide ed è iniziata la visita guidata. 


Manzoni era un abitudinario e agorafobico, quindi stava prevalentemente in casa e viaggiava poco:  le uniche stanze ancora ammobiliate come alla sua epoca sono lo studio, dove riceveva le numerose visite, e la stanza, piuttosto spartana, dove è morto il 22 maggio 1873, entrambe immediatamente trasformate in monumento nazionale.  Forse ignorate che il sior Lisander, come lo chiamavano a Milano, era un accanito consumatore di tabacco. Difatti, nel suo ritratto di Hayez, invece di trovarlo con un libro in mano, stringe con la sinistra l'inconfondibile tabacchiera che portava sempre, ma SEMPRE con sé. E quando la fedele tabacchiera, come ovvio, cadeva e si rompeva, lui spediva il figlio dal su artigiano di fiducia per ordinarne una nuova e identica, con un foglietto contenente una precisa lista di istruzioni. Il resto della casa contiene innumerevoli stampe, specie cicli di illustrazioni dei Promessi sposi: l'ultimo cimelio in vista è il suo ombrello e il suo mantello con cilindro.  Il mantello è stato una piccola delusione; mi ero sempre immaginata Manzoni alto, ma dal mantello era chiaro che fosse piuttosto bassino: poco più di m 1,50.

                                                                F.Hayez, Alessandro Manzoni (1841). 
                                                                    In mano, la tabacchiera. 

La seconda destinazione era un Museo, bellissimo, gratuito e dimenticato, sito nel Quadrilatero della Moda: Palazzo Morando, una dimora aristocratica iniziata nel '500, ma che ha vissuto il suo acme nel '700, sotto la famiglia che gli ha dato il nome. Oggi ospita una ricca collezione di cimeli e opere artistiche sulla storia di Milano e una serie di appartamenti settecenteschi che ho fotografato per voi.  Per esempio: vi si trovano un quadro di Massimo D'Azeglio sulla villa  di Brusuglio, appartenente al suocero, Manzoni appunto, vedute di Milano, delle vie, dei navigli, dei caffè, del Duomo. La parte più affascinante è però quella degli appartamenti settecenteschi, in un delizioso stile rococò, che ho abbondantemente fotografato. Il problema è, come dice mio fratello, che lavora a Milano e lo visita spesso, che il museo non è sufficientemente pubblicizzato e presentato in modo esplicativo ai visitatori. 


                                                                          Di nuovo Palazzo Morando

Dopo quest'ultima visita, siamo andati in albergo, l'Una Ata Hotel Expo Fiera. Al solo vederlo, siamo rimasti stupiti: sembrava un castello! Non mi perito qui di fargli pubblicità:  nuovissimo, pulitissimo, con un ristorante stellato e cibo ottimo - la colazione a buffet ha lasciato un ricordo indelebile nel mio cuore, specie sul lato dolci e frutta - con camere arredate in toni pastello, eleganti, ma sobrie (si veda sotto la foto della mia), senza dimenticare il personale infinitamente cortese - noi abbiamo legato soprattutto con una signora della reception originaria di Migliarino - , il nostro albergo poteva soddisfare i palati più esigenti. Per me l'imperativo era soprattutto che i miei augusti pargoli si comportassero in modo adeguato a cotanta sistemazione: donde una serie di mirate minacce riportate sul programma e all'indirizzo di chiunque intendesse agire in maniera men che appropriata. 
Va detto che i ragazzi si sono comportati molto bene, come hanno confermato infine anche alla reception; tuttavia, nel mezzo ci sono state alcune traversie non indifferenti. A parte la storia dei formulari di manleva, che è tanto lunga da dover essere dirottata sulla prossima puntata, l'episodio più divertente è avvenuto immediatamente dopo l'arrivo, il mercoledì sera, poco prima di cena. 


Narrerò il fattaccio con tutte le cautele dovute – come ha suggerito la collega Beatrice, rispettando la privacy del protagonista con un pudico NN al posto persino delle sue iniziali (tanto la storia ha già fatto il giro del Roiti entro 24 ore dal ritorno e il protagonista è assurto al grado di una celebrità). Allora, verso le 8.00 stavo uscendo pacificamente dalla mia stanza per recarmi al ristorante, quando mi sono trovata di fronte una scena, a dir poco, surreale. Nel corridoio, a 5-6 metri dalla mia porta, c’era una mezza dozzina di ragazzi della 4M, tra cui uno, una sagoma familiare, abbastanza magrolino e che, sentendo il rumore della porta, è schizzato immediatamente a nascondersi dietro a un compagno; infatti era...ineluttabilmente e inequivocabilmente in mutande. Credo che le sopracciglia mi siano schizzate a loro volta al livello dell’attaccatura dei capelli.
Scorgendo la mia faccia, Giovanni, uno del gruppo, si è affrettato a spiegare con aria rassegnata: “Siamo rimasti chiusi fuori”. E intanto, il malcapitato continuava a nascondersi pudicamente dietro a un compagno. Senonché, si è ritrovato tra due fuochi: infatti, in quello stesso istante, si è aperta dietro di lui la porta di Marilena, che è uscita e se l’è ritrovato davanti in versione integrale. A quel punto, il poveretto non sapeva più dove nascondersi: invece lei si è piegata in due dalle risate.
Ecco, lo so che fotografare minorenni in certe situazioni è reato e mi astengo tassativamente dal farlo: però, vi giuro, la tentazione di immortalare la scena è venuta a tutte e due, tanto che la mano voleva il cellulare, né più né meno di quanto non pruda il dito del pistolero sul grilletto. Tuttavia, mi sono contenuta e, con tutta l’autorità conferitami dal mio ruolo di capogruppo – nonché di coordinatrice della 4M – mi sono avvicinata per prendere il controllo della situazione.
Intanto Giovanni provava mestamente la porta, giusto per capire che era inesorabilmente chiusa (ed NN continuava a nascondersi. Dovere di cronaca m'impone di riferire che le sue mutande erano piuttosto trendy,  a motivi scuri su un fondo di un delicato grigio perla).  


- Dai, Giovanni, vai a prendere un'altra chiave alla reception - ho ordinato io:  l'albergo si serve infatti delle tessere magnetiche per aprire le porte. Ma Giovanni, scuro in volto, come si dice nei romanzi, ha scosso la testa:
- No. Alla reception  a prendere la chiave ci va lui - e ha indicato l'amico "discinto".  Bastava quello per capire cosa era successo: Giovanni, che era vestito normalmente in tuta e maglietta, era uscito per vedere i ragazzi della stanza di fronte, Matteo e Luca M., ma anche altri, come Luca R., Dima, Silvio, lasciando, per forza di cose, la tessera dentro. Poi NN, che doveva fare la doccia, è uscito imprudentemente e la porta gli si è chiusa dietro, mentre la tessera rimaneva dentro. Stamane, NN ha rimbeccato Giovanni: 
- E perché non sei uscito con la chiave? - Al che Giovanni, ancora con aria un po' torva (inusuale in lui: sorride sempre), ha risposto scuotendo la testa:
- Perché se la prendevo, ti lasciavo al buio! - infatti le tessere magnetiche servono anche per accendere la luce in camera.
NN non ci voleva credere.
- La prossima volta, lascialo al buio - gli ho suggerito io. 


Per evitare che ci buttassero fuori tutti per comportamento incongruo, ho cominciato a dare gli ordini del caso.
- Giovanni, stai scherzando? Non vorrai mica mandarlo alla reception in queste condizioni? - lui annuiva, perché avrebbe voluto mandarcelo. - Dai, avete la scusante che avevate una tessera sola: vai giù a prenderne un'altra, monsignor Della Casa - lo chiamo così perché si chiama quasi come il redattore del famoso Galateo e ne ha anche il savoir faire.  - E voi - con i ragazzi della camera di fronte - prendetelo dentro! Sennò qui ci arrestano per atti osceni in luogo pubblico! - a questa ingiunzione, Luca e Matteo, che ancora ridevano, hanno ricoverato NN nella loro stanza e poi l'emergenza è rientrata.  Comunque, quando sono passata dalla reception e ho riferito quel che era successo con un sorriso, il receptionist, un elegante gentiluomo dall'allure internazionale, non ha fatto una piega. 
- Tanto! E' successo anche a delle signore...-  Sicuramente, in un albergo se ne vedono di tutti i colori, non meno che in una scuola. 
Nei giorni successivi, mi sono chiesta più volte a chi assomigliava NN in mutande: e, finalmente, mi si è accesa una lampadina! A Titeuf, il ragazzino delle strisce svizzere! (continua)

domenica 17 marzo 2019

La vita di Gesù...in diretta!



La vita di Gesù...in diretta!

Siamo in Quaresima e voglio condividere con voi una delle opere narrative più belle che siano mai state scritte. Si tratta dell’Evangelo come mi è stato rivelato, ultimo titolo attribuito ai corposi 10 volumi scritti dalla grande mistica Maria Valtorta, nata il 14 marzo 1897 e morta a Firenze il 12 ottobre 1961: questi 10 volumi contengono la descrizione minuziosa delle visioni che la Valtorta aveva sulla vita di Gesù e di Maria, dagli eventi precedenti la nascita di quest’ultima, fino all’Assunzione. La stesura dell’opera va dal 1943 al 1951, ma buona parte di essa è stata scritta in condizioni impossibili durante il 1944, mentre era sfollata a S.Andrea di Compito, presso Capannori (LU), a causa della guerra.


                                                    Foto di Maria Valtorta

Parecchi si avvicinano con scetticismo a degli scritti che accampano un’origine soprannaturale, ma in questo caso siamo davanti a qualcosa di eccezionale, che fa spesso e volentieri letteralmente balzare sulla sedia. La Valtorta era inchiodata al letto per una lunga serie di problemi fisici: aveva un inconsueto dono per la scrittura, aveva frequentato da giovane il liceo classico, ma non era potuta andare all’Università. Di sicuro, da malata e, per di più, durante la guerra, era impossibilitata a documentarsi (tra l’altro, anche prima i suoi movimenti erano piuttosto ristretti, dato che era comandata a bacchetta da una madre manipolatrice – i miei allievi sanno bene di cosa parlo). Oltretutto, per rendere la cosa più ardua, lei non scriveva in ordine gli episodi: passava da un anno all'altro della vita di Gesù, mantenendo l'ordine in una massa infinita di materiale. Ora, un’opera del genere abbisognerebbe, in caso, di anni ed anni di preparazione specialistica per essere stesa: la Valtorta, invece, scriveva molto rapidamente, come ho già detto, in condizioni di estrema precarietà e senza correzioni (come Mozart). Io ho una buona pratica della scrittura e tendo a correggermi poco, perché ho un eloquio piuttosto fluido e veloce: ma, nonostante tutta la mia esperienza di docente di Lettere e tutto il resto, non riesco a scrivere decine di facciate di quaderno, per ore, senza interrompermi e senza correggermi come faceva lei. Ricordo di avere segnalato questa circostanza in una conferenza tenuta a Ferrara qualche anno fa da uno specialista di studi valtortiani e lui confermava.


Ma la cosa che stupisce di più è la precisione storica. La descrizione dei fatti della vita di Gesù e Maria è già di per sé eccezionalmente realistica: tutti i personaggi che circondano il Signore e Sua Madre sono pennellati in modo tridimensionale, ciascuno con un aspetto e carattere ben precisi, per cui si va dall’impulsivo Pietro, a Giovanni, giovane e tendente all’amore mistico, dal saggio e anziano Simone Zelote – uno dei miei preferiti – al simpatico Tommaso, incline al senso dell’humour, dal sofferente Lazzaro – perennemente malato – alla passionale Maria di Magdala e così via. L’esistenza quotidiana è tratteggiata in modo dettagliato, pieno, coerente, tanto che pare di trovarsi nella Palestina del I sec. d.C., con tutte le sue abitudini peculiari e usi specifici – senza l’effetto artificiale prodotto da molti film o opere letterarie che, come si percepisce spesso, non riescono a produrre un senso di immedesimazione nel passato, ma lo trattano come qualcosa d’altro e di estraneo, di artificiale appunto, cui sovrapporre tutte le nostre idiosincrasie e i nostri pregiudizi (avete notato che nei film storici abbondano stracci da ogni parte? Che i tessuti sono piuttosto rozzi? Come se una volta non sapessero tessere….Avete notato che molti orrori del nostro secolo o del XX vengono anticipati al passato per proiezione, un po’ come si fa con i film di fantascienza, in cui i marziani sono per forza cattivi perché noi abbiamo la coscienza sporca?...). L’antichità presentata dalla Valtorta è descritta invece con tutta la naturalezza di chi vive all’interno di una situazione, per cui la Madonna attende alle faccende domestiche, affronta i problemi della giornata, Gesù si occupa delle questioni di tutti i giorni oltre che della predicazione e così via. Il tutto con estrema vivezza e una precisione storica impressionante.


La precisione storica, appunto: ora, l’epoca antica, e quella dei primordi del cristianesimo in particolare, e ancora di più quella di epoca neo-testamentaria, è il mio pane. Per anni, dalla laurea in Filologia Classica, alla Specializzazione in Patristica, al dottorato sempre in Filologia Classica e oltre, mi sono occupata quasi solo di quello. Ebbene, leggendo la Valtorta – il primo volume mi è stato regalato quando avevo appena 16 anni, ma poi ho continuato a leggere pressoché tutto fino ad oggi – ho fatto vari “balzi sulla sedia”. Perché la Valtorta racconta di cose che lei non poteva sapere. Esempio: la cronologia della vita di Gesù, che ha dato non poco filo da torcere agli studiosi. Facendo i calcoli sulla sua base, emerge che Lui è nato nel dicembre del 5 a.C. e che è stato crocifisso il 7 aprile del 30 d.C., per cui è morto esattamente a 33 anni. E tutto torna: ad es., lei cita Seiano come ancora vivo – il ministro di Tiberio sarebbe morto nell’ottobre del 31. 
Oppure: durante il processo notturno di Gesù, il famoso dottore della legge Gamaliele decide di abbandonare la seduta perché la giudica – a ragione – irregolare. Ed esclama, all’indirizzo di un giovane che lo accompagna e che gli assomiglia: “Simone! Andiamo!”. Ebbene, io, solo dopo alcuni anni di dottorato e spulciando la letteratura rabbinica, ho scoperto che il figlio di Gamaliele, capostipite di un’illustre dinastia di dottori della legge, si chiamava proprio Shimon Ha Nasi, “Simone il Principe”. O ancora: nella parte finale dell’opera compare anche S.Paolo, prima della conversione. A parte la brutta figura che fa perché è invelenito contro i cristiani, viene però descritto proprio come anche fisicamente brutto. Ebbene: un ritratto molto simile dell’Apostolo delle Genti compare in scritti apocrifi del II-III sec., sicuramente non accessibili alla Valtorta e che potrebbero avere recuperato notizie autentiche.


Potrei andare avanti per un bel pezzo: e ricordare come l’opera citi e presenti varie volte gli Esseni, già descritti da Giuseppe Flavio e Plinio il Vecchio, ma che sono diventati più noti principalmente dopo il ritrovamento delle pergamene di Qumran, avvenuto nel 1947 – quindi comunque dopo la stesura di vari passi scritti su di essi dalla Valtorta -; tuttavia, i documenti divennero disponibili con la pubblicazione, ritardata per vari motivi – specialmente beghe tra gli studiosi – solo negli anni ’60. Oppure potrei rimandare alle molteplici descrizioni, straordinarie, di Gerusalemme antica, del Tempio, della Torre Antonia, delle innumerevoli città e cittadine della Palestina; uno studioso ha osservato che i tragitti descritti nell’Evangelo come mi è stato rivelato sono di una coerenza impressionante con la regione palestinese di allora. Altro esempio: un fariseo incontra Gesù a Tiberiade e lo rimprovera per questo; Gesù risponde: “E allora, tu perché vi sei?”. Ben pochi sanno che Tiberiade era impura non solo perché città pagana, ma anche perché era stata costruita in onore di Tiberio sopra un cimitero…


Quindi, ritengo quest’opera molto affidabile. Lo è anche dal punto di vista teologico: spesso raggiunge vette altissime nella concezione dell’Amore e della Misericordia di Dio. Corrisponde a un’intelligenza superiore, al di sopra delle nostre possibilità. Ma la cosa più bella è che leggerla fa straordinariamente bene al cuore. Rasserena, pacifica, illumina dentro. Leggerla è un po’ come girare per la Palestina con Gesù stesso: io ho lavorato in pastorale, ma ho imparato la pastorale già prima, così. È un’opera che rende migliori e che insegna l’amore, che dona la pace interiore. Dopo averla letta per anni, è il regalo più bello e costruttivo che potrei fare a una persona cui voglio bene. Perciò, qui sotto inserisco il link con cui la parrocchia di Spilimbergo rinvia alla pubblicazione completa online dei 10 volumi, capitolo per capitolo, in PDF. Sono sicura che vi appassionerà. Quindi, buona lettura!
(ADF)



mercoledì 13 marzo 2019

Delizia di frutta e cioccolato - Délice with fruit and chocolate



Delizia di frutta e cioccolato

Ingredienti 
Pasta
75 gr. Farina
50 gr. Zucchero 
50 gr. Burro 
50 gr. Cioccolato bianco 
1 uovo
Qualche cucchiaio di latte
Un poco di lievito 

Sciroppo 
4 cucchiai di marmellata (a piacere)
2 cucchiai di liquore Amaretto 


Frutta
2 mele
Lamponi qb 

Sbucciate e pulite le mele, poi tagliatele a fettine e disponetele in una pirofila. Sopra mettete i lamponi lavati. Preparate lo sciroppo diluendo la marmellata con il liquore per qualche minuto a fuoco basso, quindi versatelo sulla frutta. Infine sciogliete cioccolato e burro nel latte e mescolate questa crema con farina,zucchero e l'uovo, infine aggiungete il lievito. Versate la pasta sulla frutta e infornate per 45 minuti a 180 gradi, ma dato che c'è molto liquido potrebbe essere necessario più tempo. Il dolce può essere servito con panna o una crema di cioccolato. Veramente delizioso. ...

Délice with fruit and chocolate

Ingredients 
Dough 
75 gr. Floor
50 gr. Sugar 
50 gr. Butter
50 gr. White chocolate 
1 egg
Some spoons of Milk
A little baking powder


Syrup 
4 spoons of Jam (the taste you prefer)
2 spoons of liqueur Amaretto 

Fruit 
2 Apples
Raspberries at taste

Clean and cut the apples in slices , then put them in a baking dish. Clean and put the raspberries on the apples. Prepare the syrup, diluting the jam with the liqueur on moderate fire, then pour it on the fruit. At last, melt the chocolate and butter in a little milk and mix it with the flour, sugar and the egg, then add the baking powder. Pour the dough on the fruit, then ut in oven at 180 degrees for 45 minutes , but more time might be necessary as the dessert has much liquid. The dessert can be served with cream or chocolate and it is really delicious. ..


Notturno parigino - Nocturne parisien




Notturno parigino

Sulle scale di Montmartre
Scendi a passi lenti,
giovane straniero, e pensi,
sotto la corolla dorata
di un lampione antico.
Passi riecheggiano sul selciato
e portano non si sa dove. 
Lei è lontana, col suo sorriso,
ma per te illumina la notte parigina.  


Sulle scale di Montmartre,
ondeggia il profumo dei fiori,
giovane straniero, delle azalee
e dei rami di ciliegio sui cancelli.
Finestre misteriose si spengono
Con una domanda tra l'edera.
Dolce è il profumo dell’assenza,
del desiderio, della nostalgia d’amore,
che si leva nel silenzio
delle fatiche umane.


Per le scale di Montmartre
Tu sali, o giovane straniero
Alla vetta bianca del Sacro Cuore.
Veglia il lumicino immemore
sotto la volta buia, e senti
che pure lei, altrove, è nella penombra
silenziosa, e veglia, e prega
e porta nel suo cuore il tuo.


 Nocturne parisien

Sur les escaliers de Montmartre
Tu descends lentement,
jeune étranger, et tu penses,
sous la corolle d'or
d'un ancien réverbère.
Des pas résonnent sur le trottoir,
Et on ne sait pas où ils mènent.
Elle est loin, avec son sourire,
mais elle illumine pour toi 
la nuit parisienne.


 Sur les escaliers de Montmartre,
le parfum des fleurs ondoie,
jeune étranger, des azalées
et des branches de cerisier sur les grilles.
Des fenêtres mystérieuses s'éteignent
Avec une question entre la lierre.
Il est doux le parfum de l'absence,
du désir, de la nostalgie de l'amour,
qui se lève dans le silence
de la fatigue humaine.


Par les escaliers de Montmartre
Tu montes, jeune étranger
Au sommet blanc du Sacré Cœur.
La faible lumière veille oublieuse
sous la voûte sombre, et tu sens
qu'elle aussi est ailleurs, dans l'ombre
silencieuse: elle veille et prie
et porte le tien dans son coeur. (ADF)


sabato 2 marzo 2019

Venediger Marchen der Liebe un der Barmherzigkeit 13



Venediger Märchen der Liebe un der Barmherzigkeit 13

Barmherziger Jesus, bitte hilf mir, die Seiten von mir anzunehmen, die ich noch nicht annehmen konnte, weil sie meine Bedürfnisse und eine geheime Weisheit enthalten ...

Der Frühling kam endlich nach Venedig wieder! Der Himmel war klar, besonders am Abend; die Sonne schien auf die Marmore der Piazza San Marco und funkelte auf den Kanälen. Die ersten Blumen dufteten von den Balkonen. Es war der Frühling des Prinzen und der Prinzessin und ihrer Liebe. Sie bereitete ihr Haus vor, um einen sicheren und komfortablen Ort zu schaffen, wohin sie ihn willkommen konnte und das er in seinem Herzen hielt, obwolh er - wie jetzt - fern bleiben musste. Sie putzte und schmückte ihre kleine Wohnung mit den schönsten Sachen: abends zündete sie das Feuer an und bereitete Süßigkeiten und Delikatessen zu; sie verzierte ihre Wohnung mit Blumen, Kissen und weichen Stoffen; sie hatte gute Bücher in den Regalen, volle interessanter Dinge und wertvolle Gegenstände.


Eines Tages würde ihr geliebter Prinz kommen und sich mit dem Kopf auf ihrem Schoß vor dem Feuer ausruhen, während sie sanft sein Haar streichelte, ihn mit Zärtlichkeit erfüllte und süße Wörter in sein Ohr flüsterte. Neben ihnen würde es Tassen von heißer Schokolade und Kekse geben. Obwohl sie jetzt keine Zeit zusammen verbringen konnten, blieb ihr Ziel, in Sicherheit zusammen zu sein, und ihre Liebe in Gelassenheit zu leben. Das wurde nur verschoben, aber es wäre passiert. Jetzt wollte die Prinzessin, die Gelassenheit des Prinzen bewahren und sehr diskret sein. Wenn sie ihn jedoch gekreuzt hätte, wäre sie, ohne ihn anzuschauen, von einem breiten Lächeln erleuchtet worden. Er konnte sicher sein, dass dieses Lächeln, ein Liebelächeln, nur für ihn sein würde.


Jetzt brauchte die starke Seite des Fürsten ihre Aufmerksamkeit, denn sie musste verstanden, akzeptiert und „verfeinert“ werden, um ihre wichtige Aufgabe am besten durchzuführen. In einer posttraumatischen Bewussteinsfragmentierung gibt es immer eine Seite -, die die Prinzessin „den Verteidiger“ nannte - die die Aggressivität, Wut und Strenge der Person empfängt; leider sehen oft negativ Familien und unsere Gesellschaft solche Fühlungen. In der Tat sind sie Formen von Kraft und Ausdauer, unbedingt notwendig: nur brauchen sie "verfeinert" zu werden, damit wir sie richtig ausdrücken. Die Prinzessin begann darüber nachzudenken, was passiert war, als der „Verteidiger“, die aggressive Seite des Prinzen, Anfang genommen hatte. Sie war wirklich neugierig, weil die Geschichten des Leidens ein großes menschliches Reichtum, Energie und den Wunsch nach Erlösung enthalten. Sie bildete sich dann eine Geschichte ein, auf den Grund davon, was er von dem Prinzen wusste: war alles so passiert?


Es war einmal eine kleine Stadt in der Ebene: dort, in einem bescheidenen, aber gepflegten Haus wurde an einem Wintertag ein Kind geboren, der nachher ein wunderbarer Prinz wurde. Alle liebten ihn, und er wurde hübsch und intelligent, sehr intelligent: so intelligent, dass andere manchmal Schwierigkeiten hatten, ihn zu verstehen. Nun, als er ein Junge wurde und seine Eltern viele Probleme hatten, sogar gesundheitliche Probleme, erlebte er eine Reihe von schweren Traumata; egal was passiert war: ohnehim wurde er mehrmals sehr schlecht behandelt. Der kleine Prinz fühlte sich allein und verlassen, und niemand erkannte, dass er Hilfe brauchte. Dann, unbewusst, eine Seite seines Charakters, die stärkste und widerstandsfähige, konzentrierte sich darauf, die Verteidigung zu organisieren.


Wie kann man sich ohne Hilfe verteidigen? Von der Familie, von Freunden, von der Gemeinde kam keine Hilfe, oder sie schienen jedenfalls nicht stark genug; so, instinktiv schaute die defensive Seite des kleinen Prinzen in die Vergangenheit an. Ein paar Jahrzehnte vor seiner Geburt, während des Krieges, hatten die deutschen Soldaten die Ebene erreicht; und wie in vielen anderen Orten nach einem Partisanenangriff, machten sie eine gewalttätige Vergeltungsmaßnahme und töteten mehrere Menschen. Unter den Opfern befanden sich auch einige Verwandten des kleinen Prinzen. Nun fühlen alle Opfer, zusammen mit der Angst, eine Faszination nach der Stärke ihrer Angreifer: das ist völlig normal. Unbewusst hatte die defensive Seite des kleinen Prinzen einen geniale Idee: hier war die Lösung! Um sich zu verteidigen, brauchte die defensive Seite so hart sein wie die Deutscher. Alle fühlten Angst davor, eben seine eigene Angreifer. Und so wurde der Verteidiger geboren.


Es mag unverständlich erscheinen, aber es war eine völlig logische Entscheidung, tatsächlich gesund und erfolgreich. Der Verteidiger konnte natürlich nicht einer dieser Deutscher sein - vielleicht glaubte er unbewusst daran, weil das Unbewusste nicht zwischen äußerer und innerer Realität unterscheiden kann: erkennt der Verteidiger, zum Beispiel, dass er Jahrzehnte nach dem Krieg geboren wird? Erkennt er, dass er ... auf Italienisch spricht - und auf Deutch mit einem italienischem Akzent? -
Der Verteidiger nahm ohnehin die Deutscher als Vorbild. Die Entscheidung war jedoch erfolgreich, weil der Verteidiger den Fürsten auf die positiven Werte der deutschen Kultur drängte: Kraft, Energie, Strenge, Rationalität, Liebe zur Arbeit, Kampffähigkeit, Integrität, Pflichtgefühl. Unter diesem Einfluss reagierte der Prinz ganz wohl. Er katalysierte seine Kraft, um seine Schwierigkeiten allein zu kämpfen; und so hatte der Prinz im Laufe der Jahre so viel gelernt und gearbeitet, er hatte eine außergewöhnliche Karriere aufgebildet und die Spitze erreicht: er hatte vollkommen Deutsch gelernt und nach Deutschland wurde er mit großer Herzlichkeit und Sympathie empfangen, geschätzt und bewundert. Jetzt kann er mit mächtigen und wichtigen Leuten aus der ganzen Welt mitzusprechen. Der Verteidiger verdiente deshalb dafür echten Dank.


Der Verteidiger funktionierte wie eine Verteidigungsmauer, wie ein guter General, der seine Truppen in einer Reihe hält. Leider gab es jedoch auch schwierige Implikationen. Diese instinktive Entscheidung wurde im Lande des Prinzen und unter seinen Lieben missverstanden. Er lebte es mit einem tiefen Schuldgefühl und großem Leid, weil die anderen die Opfer weiterhin beweinten und ihn daher mit Missbilligung sahen. Und er dachte intim, dass er sich den Feinden angeschlossen hatte ... Immer mehr blieb er allein und begann zu glauben, dass er "schlecht" war. Der Verteidiger auch dachte, er sei schlecht, und die Persönlichkeit des Prinzen begann ihn und sich selbst abzulehnen. Selbst die jüngste Seite des Fürsten, die mildeste und zärtlichste, hatte Angst vor dem Verteidiger und vor seinen zu strengen Manieren, vor seiner sehr scharfen Kritik. Und der Verteidiger tolerierte die junge Seite nicht: er bestrafte sie hart. Deshalb litt der Prinz unter einem starken inneren Konflikt.


In Wirklichkeit sind die Bösen normalerweise schwach und der Prinz (und der Verteidiger) haben große Stärke gezeigt. Güte ist eine Form von Stärke: man braucht viel Kraft, um gut zu sein, um gegen das Böse zu kämpfen, um den Menschen zu helfen. Der Prinz schaute auf das Beste der deutschen Kultur an: auf die alten Ritter des heiligen Deutschland, diejenigen, die die Schwachen verteidigten; auf die wichtige Männer wie Klaus Maria Von Stauffenberg, der praktisch allein gegen die Nazis kämpfte, und wie John Raabe, der in Nanjing Zehntausende Chinesen vor dem japanischen Völkermord rettete. Stattdessen hatten die Deutscher, die die Bevölkerung im Land des Prinzen abgeschlachtet hatten, aus Angst und Feigheit gehandelt: sie hatten sich gegen die unbewaffnete Bevölkerung gerächt, weil es zu einfach war. Diese hatten die Werte des Heiligen Deutschland verfälscht. Wenn die "guten" Deutscher da gewesen wären, hätten diese mit Kavallerie gegen die Angreifer reagiert, aber die wehrlose Bevölkerung geschützt. Stattdessen war der Verteidiger, gerade weil er die Situation gerettet hatte, gut: stark und gut.

                                                 
                                                          Jesus auf dem See, von Ivan Aizanovsky

Ende des kleinen Märchens. Kann das wahr sein? Vielleicht. Natürlich ist die Prinzessin sehr neugierig auf den Verteidiger und seine Verdienste, aber auch auf die gesamte Persönlichkeit des Prinzen. Sie empfindet Respekt für alle seine Seiten, Liebe, Dankbarkeit und bittet um Vergebung, weil sie sie nicht zuerst verstanden hat. Aber ihre Perspektive erweitert werden muss. Zum Beispiel kann die scharfe Kritik und Methode des Verteidigers den Fürsten schwächen und seinen inneren Konflikt, insbesondere mit der jüngeren Seite, komplizieren. Und der Verteidiger will das nicht, oder? Natürlich will die gesamte Persönlichkeit des Prinzen mit seinen Seiten nur Sicherheit. Sogar der Jugendliche drückt etwas Wichtiges aus: das Bedürfnis nach etwas Entspannung und Zärtlichkeit (wir werden es später besser sehen). Unter diesen Bedürfnissen ist es gut, ein gesundes Gleichgewicht zu finden. Es gibt auch andere Methoden, um diese gegensätzlichen Bedürfnisse in Einklang zu bringen: zum Beispiel kann der Prinz sich als innere, geistliche Ressource einen schönen, warmen und bequemen Ort einbilden, so wie es die Prinzessin für ihn tut. Dieser Ort kann den Jungen trösten, ohne dass die Strenge des Verteidigers übermäßig schwerwiegend wird.
Um von seinem inneren Konflikt zu heilen, kann der Prinz außerdem zu dem barmherzigen Jesus beten:

Barmherziger Jesus, bitte hilf mir, die Seiten von mir anzunehmen, die ich noch nicht annehmen konnte, weil sie meine Bedürfnisse und eine geheime Weisheit enthalten ..

O Gesù Misericordioso, Ti prego, aiutami ad accettare i miei lati che non ho ancora potuto accettare, perché contengono le mie esigenze e una saggezza nascosta...

Dann wird er von Jesus selbst umarmt und akzeptiert fühlen wie nie zuvor.


Kann der Prinz die Wirkung zuerst seines Widerstands und dann der Annahme in seinem Körper spüren? Der Widerstand könnte zum Beispiel durch einige versteifte Gliedmaßen erscheinen, beispielsweise den Hals, den Rücken; in einem Kältegefühl; in der Taubheit einiger Körperteile, die fast "vergessen" aussehen. Wenn man dagegen akzeptiert wird, beginnt das Blut überall besser zu fließen und der Körper wird von einer wohltuenden Wärme durchdrungen. Für die Prinzessin hat der Prinz einen schönen, athletischen und kräftigen Körper, den sie tief mit Küssen und Liebkosungen abdecken möchte. Sie möchte ihn in ihren Armen halten und Küsse auf ihr Haar legen, sein blondes Haar wie reifer Weizen; auf seinen schönen braunen Augen mit langen Wimpern; auf seinem entzückenden Grübchen am Kinn; auf den Hals, den Rücken, entlang die Wirbelsäule - eine Kette von Küssen entlang seine Wirbelsäule - und dann viele Liebkosungen auf seine weiße Haut, auf den Rücken, an den Armen, auf die Brust. Schließlich möchte sie Küsse dort ablegen, wo er das Herz hat: er könnte dann die Wärme ihrer Hände und Lippen auf seiner Haut spüren...

Vorschlag

In einigen Tagen muss vielleicht unser Prinz nach Paris fahren. Vielleicht hat er keine Zeit: aber in der Nähe seines Arbeitsplatzes gibt es einen sehr schönen Ort, das Romantikmuseum (Musée de la Vie Romantique, hier in einigen Fotos). Wenn er es besuchte, könnte der Prinz bereits erleben, dass die Prinzessin mit ihm schöne Momente und Erinnerungen mitteilen möchte, die seine kleine innere Welt bereichern und seinen Geist trösten können. Das Museum war das Haus des romantischen Malers Ary Schaffer und hat ein schönes Garten mit Glyzinien. Hier spielte Chopin und kam auf Besuch Eugène Delacroix, George Sand, Franz Liszt, Gioacchino Rossini, Dickens, Turgenev etz. Das Museum befindet sich in Rue Chaptal 16 und ist täglich außer Montags von 10 bis 18 Uhr geöffnet. Wenn der Prinz keine Zeit hat, kann er einen virtuellen Besuch hier machen. Es ist ein sehr romantischer Ort...

http://www.museevieromantique.paris.fr/fr/votre-visite


L'epopea della 5O - 2 (la vendetta...)



L'epopea della 5O - 2 (la vendetta...)

Continuano le peripezie della classe che, dopo 5 anni, ho definito "la mia chiocciata"...


Il titolo include il "2 - la vendetta", perché le peripezie dei vari FF di turno non sono finite: possiamo ora passare al secondo anno di quella che sarebbe poi diventata la 5 O. Questa è la volta di FFF (di nuovo, niente a che fare con le Ferrovie: giuro che queste sono le sue iniziali), che mi fece passare una serie di brutti quarti d’ora tra primo e secondo quadrimestre. La vicenda è complessa e rivede alla ribalta il preside ed altri personaggi di primo piano. E' una vera telenovela: ma andiamo per ordine. 
Durante le vacanze di Natale, stavo pacificamente rimettendo a posto le scartoffie scolastiche, mentre mio fratello Samuele, di ritorno per le feste da Firenze, era impegnato in camera sua. I compiti del primo quadrimestre costituivano una pila, sottolineo, già in ordine perfetto; dovevo solo aggiungere gli ultimi per registrarne i voti. Nel ricontrollare il plico del secondo compito di Italiano di 2 O, da poco concluso, mi rendo conto che, orrore!, manca quello di FFF. Ricontrollo e ripasso al setaccio tutto l'involto, foglio dopo foglio: niente, svanito, desaparecido. A quel punto, comincio freneticamente a ricontrollare tutta la pila più volte e non posso far altro che rendermi conto del fatto che è tutta in ordine (si trattava di decine di compiti, di più classi): plico dopo plico, ognuno comprende il totale di tutti i compiti, in ordine alfabetico, compiti che sfoglio e controllo uno per uno….Finché non arrivo alla prima verifica della 2 O, quella di ottobre: e qui, nuova sorpresa! Anche qui manca il compito di FFF!


Sembra una maledizione. A quel punto, cominciano a venirmi dei sospetti, anzi, delle certezze, e inizio a perdere la pazienza. La scena era esilarante: mentre io inveivo in soggiorno per i fatti miei, perché a quel punto l'assenza di soli due compiti dello stesso studente non poteva essere casuale, mio fratello, ridendo, faceva il commento dalla stanza vicina. Sembravamo la Gialappa's Band (avete presente quelli che fanno la telecronaca ridicola sopra la partita? Ecco, quello).
Io: - Ma è mai possibile? Due verifiche sparite! Dello stesso alunno! Solo quelle due tra trecento compiti! Se le è portate a casa!
E mio fratello, dall'altra stanza: - Se le inventano proprio tutte! Non si può mai stare tranquilli! Chissà dove le ha nascoste! I giovani di oggi! - e via dicendo. 
Premetto una cosa: mio fratello, che oggi è docente di Storia dell'Arte e della Moda in un istituto universitario privato di Milano, conosce a menadito la sua materia, ma al liceo classico era affetto da "lazzaronite acuta", per cui, per quanto intelligente, se la cavava per il rotto della cuffia e non si ammazzava esattamente sui libri (in sostanza, con lui, come oggi ammette lui stesso molto modestamente, ho rifatto il liceo per la seconda volta). Ebbene, i suoi commenti erano piuttosto significativi perché non venivano dalla docente inferocita che si trova davanti l'ennesimo esempio di infingardaggine umana concretizzatosi nei suoi studenti, bensì da uno redento da quella stessa infingardaggine e quindi ben addentro ai suoi meccanismi: insomma, mio fratello era uno "sfangato", per cui il suo stupore davanti all'accaduto mi faceva riflettere. 


Continuai a cercare freneticamente per tutte le vacanze, ma non c'era verso: i due compiti incriminati non erano a casa mia. E neanche in macchina o nel cassetto della scuola. Non c'era altra spiegazione:  FFF li aveva fatti scomparire. Dove? Tremai al pensiero che fossero finiti nella spazzatura. A dire il vero, però, la cosa non faceva molto senso: infatti, se il secondo compito era invero insufficiente, per il primo aveva preso un 6 e mezzo. Perché far dileguare anche un voto positivo? Sembrava più un effetto di negligenza che di malizia. Comunque, il primo problema era che non avevo fatto in tempo a segnare gli ultimi voti sul registro elettronico (il compito risaliva a poco prima di Natale) ed ora ne mancava uno: ero praticamente sicura di avere affibbiato un 5 al soggetto in questione, ma esitavo a trascriverlo, per cui, al mio ritorno dalle vacanze, chiesi consiglio alle colleghe.
- Fai un controllo generale degli ultimi voti - mi consigliò Patrizia, di Scienze. - Chiami i ragazzi uno per uno e gli ripeti il voto dell'ultimo compito per una verifica, digli così. In questa maniera, puoi trascrivere i voti in sicurezza.- 


E così feci. Al  momento del controllo, FFF mi confermò ingenuamente che aveva preso 5; anche questo, non deponeva esattamente per l'"intrigo internazionale". A questo punto però, il nuovo problema era che le verifiche sono comunque dei documenti ufficiali, per cui la loro scomparsa deve essere denunciata. Decisi di chiedere consiglio al preside, ma nel frattempo, la situazione si complicò ancora. 
Infatti, come se non bastasse, alcuni giorni dopo il ritorno dalle vacanze, in perfetta buona fede mi si presentò al ricevimento il papà del malcapitato, con la richiesta di potere visionare e fotocopiare gli ultimi compiti insufficienti di Italiano affinché il figlio potesse esercitarsi meglio a correggere i propri errori. Vi assicuro che la motivazione era quella: i genitori di FFF erano degnissime persone, sapevano che il figlio non rendeva un granché a Italiano scritto e dietro quella richiesta non c'era assolutamente alcuna volontà, che so, di polemizzare o di mettermi in difficoltà. Però a me, data la situazione, vennero i sudori freddi e i brividi lungo la spina dorsale: infatti, mi mancava la "pistola fumante", ovvero la prova definitiva che i compiti li aveva fatti scomparire la loro progenie. Che fare? Accusare il figlio senza la prova definitiva mi pareva avventato, ammettere che i compiti erano scomparsi, imprudente. A quel punto, salvai la situazione in corner con quello che dai colleghi fu in seguito giudicato un autentico colpo di genio. 


- Guardi, forse è meglio se presenta in segreteria la richiesta per il compito di Storia: l'ultimo è stato un disastro e mi sembra molto più rappresentativo degli errori che Suo figlio deve correggere...
In effetti, Storia è una materia più difficile, richiede una logica stringata, per cui chi è deboluccio in Italiano scritto, precipita a Storia; il padre, ignaro, accettò il consiglio di buon grado, passò in segreteria la richiesta per il compito di Storia, io lo consegnai senza problemi...e continuai a cercare gli altri due. Infine, mi arresi e andai dal preside. 
Mi ricordo ancora mentre ero seduta davanti alla sua scrivania tra le bandiere e sotto lo sguardo benevolo del presidente della Repubblica. Riferii per filo e per segno. Quando arrivai in fondo, il preside tirò un sospiro: uno di quei sospiri profondi che vi chiariscono immediatamente perché, come dice lui, gli è rimasta una "folta capigliatura" per ragioni di servizio. 
- FFF? Ancora lui? - Ovviamente, non aveva dimenticato la storia del romanzo osé. 
Lo fissai perplessa, senza osare favellare. 
- Senti, fai così - sentenziò. - Chiedigli i compiti indietro, tanto li ha portati via lui, ma a botta ferma, senza tentennare. E digli che li porti alla svelta, sennò sono guai. -


Seguii l'ottimo consiglio. Nel frattempo, era ormai arrivato febbraio, erano già passati gli scrutini - durante i quali avevo informato i colleghi di fare attenzione, perché, con tutta evidenza, FFF faceva sparire le verifiche - e quindi, all'uscita da una lezione, bloccai il nostro fuori dall'aula. 
- Allora? Quand' è che mi riporti i compiti di Italiano?
- I compiti di Italiano??? -
Inutile dirlo, il giovanotto cadde dalle nuvole con un tonfo sonoro. Sembrava che, al riguardo, la sua consapevolezza riemergesse da lontani abissi insondabili e dal sottoscala al di sotto del fondo della cantina. 
- Sì, i compiti di Italiano! Te li sei portati a casa! Quando li riporti??? -. Lui biascicò qualche mezza promessa, qualche mezza scusa, ammise di averli portati via inavvertitamente e poi scivolò via. Almeno aveva ammesso: ma dovetti tornare alla carica più volte: e inutilmente. Il giovanotto pareva piuttosto svagato e non del tutto consapevole di dove le due disgraziate verifiche fossero effettivamente finite. La sua consapevolezza, in merito, continuava a passeggiare beatamente tra le nuvole. Ripetei la richiesta altre volte, ma alla fine, arrivarono i colloqui coi genitori di inizio aprile. Quella sera primaverile, mi ricordo, si presentarono alternativamente entrambi i genitori del succitato. A quel punto, non potevo più aspettare, ma non avevo neanche gli estremi per mettergli una nota, perché mi ero resa conto di trovarmi davanti a una colossale sbadataggine: quindi, infine, rivelai tutto a sua mamma.


- Non si preoccupi! - esclamò lei - non li ha buttati via! Il fatto è che mio figlio infila in cartella di tutto, razzola su tutto quello che gli capita a tiro, ma non butta via niente. Quindi i compiti devono essere ancora da qualche parte in camera sua. Non si preoccupi, li troveremo. -
Difatti, credo che nel fine - settimana - il colloquio era avvenuto di venerdì - a casa di FFF si siano dati a degli scavi archeologici, che al confronto, quelli di Amedeo Maiuri a Pompei erano solo un pallido abbozzo. Difatti, il lunedì mattina, mentre, si badi, stavo spiegando in un'altra classe - dopo aver passato ben due ore in 2 O - sentii bussare ed entrò FFF, rapido e leggero come una libellula. Biascicò un mezzo saluto, lasciò qualcosa sulla cattedra e poi - swiiisch! - filò via senza aggiungere altro. Onestamente, non avevo capito nulla. Ma quando guardai sulla cattedra, che cosa vidi? I due compiti ritornati dal mondo dell'aldilà! 


I suoi dovevano avere perso tutto il sabato e la domenica per farglieli ripescare. Ecco, vedete, anche i professori di buona volontà - non so se appartengo alla categoria, ma mi sforzo di fare del mio meglio - dicevo, anche i professori di buona volontà sono pur sempre dei professori: e quindi, hanno un lato "carogna". Capii al volo che il giovanotto aveva preferito rendere i compiti desaparecidos alla chetichella in una classe diversa dalla sua per non rivelare le sue scappatelle urbi et orbi: ma rivelare il tutto, per l'appunto, urbi et orbi era per me una tentazione troppo forte. Tanto, del resto, tutto è bene quel che finisce bene. Per cui, la mattina dopo, poco prima di iniziare la spiegazione, mi piazzai con un largo sorriso davanti al suo banco - al centro dell'aula - e gli chiesi:
- Allora? Quanti scavi archeologici avete fatto, tu e i tuoi, in camera tua per ritrovare i compiti che ti eri portato a casa??? - Vi potete immaginare le risate della classe. 
Inutile dire che tutta questa arzigogolata telenovela con le sue peripezie finì tra le vicende storiche della 5 O. Veramente, nella vita di scuola bisogna essere pronti a tutto: come il Barone Rosso... (continua