mercoledì 11 novembre 2015

Terapia d'urto 1: ovvero, regole di base per sopravvivere quando si scrive.

Introduzione

Tutto iniziò in una grigia mattina d'inverno (quando siamo a scuola vediamo parecchie grigie mattine d'inverno e non è detto che siano poetiche): avevo in classe un giovanotto (lo definiremo S.: non è il dottor S. della "Coscienza di Zeno", è semplicemente un mio alunno che preferisco non citare pubblicamente, dato che "si dice il peccato, ma non il peccatore"), il quale scriveva in maniera allucinante. In tutti i sensi. La grafia era così arruffata da essere incomprensibile, ma su quello avevo, a parte le raccomandazioni ed esortazioni, finanche i pessimi voti, ben poco da intervenire: ci sarebbe voluto un campo di rieducazione staliniano allo scopo, ma quelli NON sono i miei metodi.
L'altro problema era proprio l'italiano: da far accapponare la pelle. Oppure, come dissi a lui, "sul tuo italiano scritto, siamo alla catastrofe umanitaria". Perciò, per salvarlo (io amo 'ste operazioni stile Croce Rossa) concepii il qui presente decalogo dell'italiano corretto, ovvero alcune norme proprio di base su come scrivere decentemente: e gl'ingiunsi di appendersele in camera e di rileggersele ogni sera, prima di andare a dormire, nella speranza che gli si infilassero in testa. Era talmente disperato che obbedì e, bisogna ammetterlo, alla fine, i risultati ci furono: ritornò a galla sulla sufficienza. Da allora, la "Terapia d'urto" ha fatto il giro delle mie classi e si è diffusa anche oltre con una certa alacrità, specie in tempo di esami: in periodi in cui si scrive sempre peggio (non solo a scuola, purtroppo) è diventata sempre più indispensabile.
Ecco qui, allora, la mia celeberrima "terapia d'urto": sintetica e, perciò più efficace. E' scandita in ordine logico: prima logica, appunto, e argomentazione, poi sintassi - disposizione della frasi del discorso, per chi lo avesse dimenticato... - , quindi ortografia, lessico ecc. Ne consiglio l'assunzione in quantità industriali specie in casi disperati....
 
Terapia d’urto per l’italiano scritto (da assumere in quantità industriali)
  1. Logica e argomentazione: in Italia esiste la brutta abitudine di “partire per la tangente”, ovvero rispondere tutt’altro rispetto a quanto chiesto. Lo scolaro ansioso (o che non ha studiato) rimpinza le sue risposte con tutto quello che gli capita a tiro, come se dovesse fare un minestrone. Il risultato? Fuori tema. E’ bene quindi rileggere alcune volte, anche nel corso della stesura, titolo o domande proposte, per evitare questo increscioso incidente.
  2. Logica e argomentazione: la scaletta. La scaletta non è solo una lista degli argomenti da svolgere, ma permette di ragionare in modo logico, di capire cosa c‘è prima e cosa viene dopo, quali sono gli argomenti primari e quelli secondari, quali le cause e quali le conseguenze, che cosa è importante e che cosa non lo è. E’ un piano di programmazione del compito ed è obbligatoria, sennò ci si ritrova a saltellare in preda alla pazza gioia da un argomento all’altro come la cavalletta Flip, ci si ripete all’infinito, come se si avesse l’Alzheimer, si dimenticano i soggetti più importanti, sempre come se si avesse l’Alzheimer, ed altri vari orrori.
  3. Logica e argomentazione: bisogna sempre corroborare ogni affermazione generica con un esempio concreto. Es.: se voglio asserire che l’Italia vanta vari navigatori, devo segnalare dei personaggi concreti (Colombo, Vespucci e così via); altrimenti il mio compito, senza prove concrete (le prove non sono necessarie solo nei processi!) rimarrà appeso a una nuvola, come se l’allievo stesse poeticamente...delirando.
  4. Sintassi: scrivere periodi BREVI: scrivere periodi che superano la subordinata di II grado (cioè la subordinata della subordinata) è come correre a 200 kmh su una strada tutta curve: prima o poi si finisce fuoristrada. Non è un caso se in italiano esistono punti e punti e virgola (pause forti); vanno usati. Abbreviare i periodi drasticamente permette di      eliminare più della metà degli errori gravi di un compito.
  5. Sintassi: spesso non si capisce di che cosa lo sventurato allievo stia parlando. Perché? Ha dimenticato di indicare il soggetto. Il soggetto deve essere sempre indicato (è il fulcro della frase!) e può essere omesso solo se è stato esplicitato nella frase prima (non chilometri prima, come leggo spesso). Analoga attenzione deve essere prestata a tutti i pronomi, personali e possessivi (risulta sempre chiaro a chi si riferiscono?).
  6. Sintassi: i pronomi relativi. Es. di errore: “Ieri ho visto per l’ultima volta il maialino di Carlo, che è finito nel forno”. Chi è finito nel forno? Carlo o il maialino? Si spera il maialino. Ogni pronome relativo ha un antecedente, un nome o un pronome che lo introduce nella reggente. Deve precedere immediatamente il pronome relativo, sennò si è oggetti a equivoci. Se l’antecedente è lontano, va ripetuto. Es.: “Ieri ho visto per l’ultima volta il maialino di Carlo, maialino che è finito nel forno”.
  7. Sintassi: subordinate implicite. Gerundi e infiniti possiedono, come soggetto logico, quello della reggente, altrimenti si scriveranno frasi del genere: “Andando a dormire, i nonni leggono una fiaba ai nipoti”. Chi va a dormire?
  8. Ortografia: alcuni errori “ignobili” (apostrofi e h messi a caso, errata grafia di certe parole ecc.) devono essere eliminati. E’ opportuno segnarsi in un promemoria, dopo ogni correzione di un compito, quali sono quelli in cui si incorre più di frequente, per esserne consapevoli: in questa maniera, staremo più attenti la volta successiva e scatterà un “segnale di allarme”al momento giusto. Aggiungo che gli errori di ortografia sono talmente brutti da vedere, che vanno eliminati per primi e rapidamente (il che è abbastanza facile).
  9. Usare il dizionario sempre: il dizionario serve: 1) A correggere la grafia di una parola (ortografia); 2) A controllare se la parola viene impiegata nel suo giusto contesto e con il significato corretto. E’ inutile parlare di “nave” per la barchetta fatiscente di Caronte, pena vederselo incrociare sull’Acheronte con un transatlantico stile “Titanic”...Numerosi errori nei compiti riguardano il lessico usato impropriamente (con effetti tragicomici, come nell’esempio).
  10. In caso di povertà lessicale estrema sarebbe bene approntare una rubrica dove segnare le parole nuove, che si sono imparate a conoscere durante gli studi o altrove. Il dizionario serve anche a questo.
  11. Rileggere, rileggere, rileggere...e ancora rileggere (a volte è necessario rileggere una volta per la sintassi, una per l’ortografia, una per la coerenza del testo ecc. Se cercate di rileggere e correggere tutto insieme, finirete per vederci doppio). Non ci si stanchi mai di rileggersi, se si vuole assimilare quel famoso “orecchio” per il buon italiano, orecchio che pare mancare a certi studenti idealmente sordi come un campanaccio...
  12. Prendere questa lista, appenderla in un luogo invisibile e rileggerla spesso, specie prima delle verifiche scritte. A mali estremi, estremi rimedi...

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