sabato 11 settembre 2021

La preghiera della Principessa

La preghiera della Principessa

Racconto esemplare, da leggere con molta calma e in un luogo tranquillo, da soli, per meditare e prendere le giuste decisioni. 

Una graziosa stanzetta di giovane donna: tende a ricami, mobili in legno chiaro, tessuti color pastello, fiori e un lumino acceso dinnanzi all’immagine della Vergine. Davanti a Lei, in ginocchio, prega la Principessa, rivolgendoLe di tanto in tanto lo sguardo con amorevole fiducia. La ragazza sta chiedendo aiuto alla dolce Mamma per il suo Principe. Infatti, Lui ha molto bisogno del Suo aiuto. Ha deciso di confidarLe tutto quanto è avvenuto in questi ultimi giorni, così, come una figlia, per chiedere che cosa fare e, soprattutto, per chiederLe di continuare a proteggerlo. E inizia a raccontarLe, affidandole tutto nella preghiera:

“Cara Mamma, tu sai che, fin dall’inizio, un’idea fissa mi ha guidato nei miei rapporti con lui: mantenere il contatto. Certo, ci sono stati anche i momenti in cui non sapevo più cosa fare e ho ceduto; ma poi sono sempre ritornata da lui. E ogni mio ritorno, lo sapevo, in realtà rappresentava un rafforzamento del nostro legame. Difatti, dopo due anni, quando ho capito di che cosa lui soffriva veramente, è emerso che il contatto fedele e amorevole costituiva per lui la terapia migliore.

Questo principio mi ha guidato anche le poche volte che ho visitato la sua parrocchia, nel piccolo villaggio presso le colline dove abitano i suoi. La prima volta sono stata nella sua chiesetta nel novembre 2018: e quel giorno ho deciso di chiedere un colloquio con il suo parroco, che è veramente un santo. In quel colloquio, un mese dopo, lui mi ha detto delle cose chiaramente ispirate dallo Spirito Santo, quindi ho fatto bene. Ma quello stesso primo giorno, mentre io parlavo col parroco, sono sopraggiunti due signori anziani che hanno cominciato a parlare piacevolmente con me. Sottolineo: non sono andata a cercarli io. Loro si sono uniti al gruppo quando ormai avevo finito di chiedere un colloquio al parroco. Mai e poi avrei potuto pensare che uno dei due era il padre del mio Principe (anche perché è molto più basso!).

Ho deciso di tornare in quella chiesetta, così semplice e luminosa, per l’Epifania 2019 e allora, è successa una cosa un po’ particolare, che per delicatezza non ho mai rivelato al mio amato: mi sono fermata a salutare l’altro signore che avevo conosciuto quella volta (il sacrestano, pure un sant’uomo) e  poi è passato suo padre. E mi ha guardato come se fossi un fantasma, quasi con paura e imbarazzo. La cosa mi ha addolorato, ma non per me: mi sono resa conto che il suo atteggiamento nei confronti del figlio e delle sue sofferenze era profondamente irrazionale. Non l’ho mai detto al mio Principe, ripeto, per non farlo sentire a disagio; ma, del resto, era una sfumatura e, forse, mi ero sbagliata. In seguito, a gennaio, ho rivisto il parroco all’abbazia e gli ho riferito di che cosa soffriva il mio Principe, perché ero riuscita finalmente a capirlo; ma poi ho compreso che lui non poteva fare niente per aiutarlo. Non sono tornata più là per più di un anno e mezzo. Infine, sono tornata in quella chiesetta ad agosto dell’anno scorso; e allora, con uno stratagemma, suo padre mi ha incluso in una foto di gruppo. Infine, sono tornata quest’anno, tre volte: sempre perché, dopo avere pregato Te, Mamma cara, sentivo ed ero certa che fosse giusto. Mamma: lo so, forse il mio Principe non sarebbe d’accordo: eppure, io sono sicura che è stata la cosa giusta da fare. Perché era una maniera di rendermi presente e la verità rende liberi”. Il lumino guizza più vivamente sotto l’immagine della Vergine, tanto che Lei sembra sorridere benevolmente. E la Principessa ha bisogno di quel sorriso. Poi riprende a parlarLe  fiduciosamente.

“Mamma cara, il giorno della Tua festa, l’Assunta, io ero all’abbazia, perché ormai per me è una bella tradizione assistere alla S.Messa lì; e quel giorno, si è venuto a sedere accanto a me un signore che poi ho riconosciuto essere sempre il papà del mio Principe. Lui non mi ha detto niente, io neppure, ma non me lo sarei mai aspettato: in una chiesa così grande! Mi sono venute in mente le innumerevoli volte che io incrociavo il mio Principe per strada, con coincidenze incredibili, come se Qualcuno ci ponesse l’uno sulla strada dell’altra. Però, mi è parso strano questo silenzio completo, questo ignorarmi del tutto dopo che lui aveva cominciato a parlarmi tempo prima e io non avevo fatto nulla per mancare nei suoi confronti. Il lunedì dopo sono andata al S.Rosario alla chiesetta: c’era solo qualche signora e, poi, uscendo, è passato in bici il Principe; ma non ho potuto dirgli niente. Lo amo tanto, Mamma: ma apparentemente, non basta, o non serve. Sono tornata due settimane dopo. Però Mamma – e guarda con fiducia alla Vergine, che sembra sorriderle – Tu sai che il mio motivo per tornare a fine agosto era un altro. Sono molto preoccupata per le persone care che hanno subito la v. ed ero tormentata dall’idea che qualcuno dei suoi cari lo fosse; infatti, in tal caso, si rischia, soprattutto durante l’ondata autunnale, il potenziamento della malattia. 

Ora io volevo far passare la serie di consigli che do abitualmente a chi conosco – fare riserva di determinate medicine e di lattoferrina, prendere integratori alimentari di vitamine e di zinco, prevenire ogni infezione virale con fumenti ecc.- proprio per evitare che i v. si ammalino e  possano incorrere nel potenziamento della malattia. Ero preoccupata per loro e la loro salute. Quindi, quella sera mi sono ritrovata a chiacchierare con il sacrestano, in modo spontaneo – del resto, le poche volte che sono andata alla chiesetta, mi sono sempre fermata a salutarlo volentieri perché è davvero amabile – e, dato che ormai siamo abbastanza in confidenza e mi fido di lui, dopo un po’ ho anche ammesso, in tutta riservatezza, che io sono “l’aspirante nuora” del padre del mio Principe, ma che ormai sono un “aspirapolvere”, perché lui è talmente timido che mi scappa via. Ho chiesto a questo gentile signore di tacere e la cosa ed è finita lì. Mamma, perdonami, forse avrei dovuto tacere…ma forse il buon sacrestano lo aveva intuito. Ma vedi…quando ami qualcuno non riesci a starne sempre lontano. Qualcosa ti trasporta sempre da lui e so che anche Tu, seppur in maniera diversa, lo hai vissuto. E fatichi a non parlarne. Quello che ho vissuto, in questi anni, tenendo perennemente nascosto il mio amore dentro di me, impedendomi di viverlo, di parlarne, di esprimerlo come sarebbe giusto, mi ha fatto letteralmente implodere. E ora è peggio che mai, perché non lo vedo più”. La Vergine pare quasi chinare il bel capo verso la Principessa, che ora fissa il tessuto a fiori della sua camera e pare dimentica di tutto e persa in un sogno lontano…Un sogno di amore mai realizzato. Poi riprende, sussurrando.

“Lunedì scorso, Mamma, sentendo che era giusto che tornassi – eccome se lo era – sono andata nuovamente al S.Rosario – anche se sono arrivata tardi, perché lo avevano anticipato di mezz’ora. Anche quella sera, il padre del Principe mi evita, mi sogguarda, mi gira intorno a distanza come “il falco”. Io non me ne curo, anche se non avrei niente in contrario a che mi chiedesse qualcosa. Dopo la fine, ho passato comunque una ventina di minuti con il sacrestano e lui, visibilmente preoccupato, a un certo punto mi ha detto di lasciar perdere e che il Padre del Principe gli ha riferito in settimana quanto segue: il Principe avrebbe un’altra ragazza, una tedesca, entrambi i genitori sarebbero molto contenti, addirittura lui gliel’avrebbe portata a casa e presentata. Poi però il sacrestano si è raccomandato che io non rivelassi niente al Principe stesso, il che mi è apparso strano, molto strano”. Il volto della Principessa riflette a questo punto una tristezza profonda. Rimane in silenzio per parecchio tempo, poi riprende, con maggiore slancio.

“Mamma, anche se sono rimasta tranquilla, è inutile che ti dica quanto questo ennesimo colpo mi ha ferito. Mi sono sentita come se il mio stomaco e il cuore se ne fossero discesi in cantina. Ho ringraziato il sacrestano – che, poverino, soffriva per me e non ha nessuna, nessunissima colpa in tutta questa storia, quindi va lasciato in pace – e sono partita, chiedendo spiegazioni al Signore e a Te. Perché, onestamente, sono stufa di essere presa in giro. Prima però di dirTi che cosa credo sia veramente successo, vorrei precisare alcuni punti importanti.


Mamma, io non voglio esaltare quello che ho fatto, perché lo amo molto e, in fin dei conti, credo di avere fatto solo quanto era giusto: amarlo non è un merito. Però è giusto anche aggiungere: nessuno, nessuno può rendersi conto di quanto ho sofferto. Per 4 anni e mezzo ho subito di tutto: sono stata ignorata, rifiutata, evitata, messa da parte, in certi momenti addirittura umiliata e insultata gratuitamente. Proprio a me, che già venivo da un passato post-traumatico, questo trattamento faceva un effetto ancora maggiore che a un altro. Mi bruciava il cuore. Solo di rado ho ricevuto qualche sorriso o parola buona. Se l’ho tollerato, non è perché sono scema; so bene quello che faccio e non sono per nulla masochista. Anzi, data la situazione, Mamma cara, e Tu lo sai molto bene, avrò pensato di lasciarlo perdere e mandarlo a quel paese almeno una cinquantina di volte. Ma Tu sai benissimo, Mamma adorata, perché sono rimasta accanto a lui: perché me lo dicevi Tu. “Non lasciarlo mai”, mi hai detto; e ogni volta che intendevo lasciar perdere, Tu, o qualche santo, come Santa Rita o Padre Pio, mi dicevate di perseverare, di rimanergli accanto e di continuare a pregare. Sempre continuare a pregare. Non ho mai smesso di pregare e di amarlo fedelmente. E poi sono rimasta perché mi rendevo conto, soprattutto, di quanto il mio Principe soffrisse: vedevo che, quando mi mandava via, in realtà il suo comportamento era dettato dalla sofferenza che si portava dentro. E allora sono rimasta. E ho fatto acrobazie per aiutarlo. Ai limiti dell’impossibile. Passando regolarmente per scema, anche se non era vero. Accumulando le brutte figure, anche se mi sarei meritata tutt’altro. Ma non le temevo affatto, perché l’ho sempre amato.


Un’altra cosa, Mamma, molto importante. Il punto di vista maschile, di solito, è che, se lui non mi ha rivelato il suo amore per me, se insomma non mi ha detto niente, lui non ha nessuna responsabilità nei miei confronti. Questo è falso e posso dimostrarlo. La forma spesso non basta, anzi, è direttamente in contrasto con la sostanza. Quando ero piccola, a scuola, presi in prestito un bel libro, che s’intitolava
Il Vangelo della vita: al suo interno, vari capitoli fornivano riflessioni e consigli su aspetti importanti dell’esistenza, come l’autocontrollo, la generosità, l’amore per il prossimo, la rettitudine ecc. Da allora me ne ricordo una frase molto importante: “Se un giovane mostra delle attenzioni nei confronti di una ragazza, suscitando le sue speranze, poi si dilegua, si è comportato in modo sleale nei suoi confronti”. In amore, molto passa attraverso il linguaggio corporeo e le piccole cose: proprio quello che c’era tra noi.  

Ora, il mio Principe, certo a causa del suo trauma, ha sempre avuto nei miei confronti un atteggiamento ambivalente, tra bisogno di amore ed evitamento, se non addirittura rifiuto; ma è bastato che io capissi di che cosa soffriva, perché fosse tutto chiaro: sia che mi cercasse, sia che mi mandasse via, ogni suo atto proveniva dal fatto che io ero molto, ma molto importante per lui; quindi, anche quando mi evitava, ciò derivava dalla paura che aveva di essere rifiutato da me. Tutto, ma proprio tutto nel suo atteggiamento tradiva che lui mi amasse. Lui può anche avermi detto che non poteva stare con me, ma il nocciolo della verità era più profondo: e anche se lui non lo voleva ammettere, la comunicazione tra noi è sempre, sempre stata impostata secondo le esigenze di una relazione tra un uomo e una donna. Per esempio: quando io lasciavo la biblioteca, lui era perfettamente consapevole che io lo avrei atteso ai piedi della scala. Talora, sembrava anzi che lui aspettasse quel momento. Erano dei segni, un linguaggio, che capivamo solo noi: il linguaggio, impercettibile agli altri, dei segni discreti dell’amore.

Mamma, ne sono sicura: per buona parte di questi ultimi anni, lui ha creduto che noi potessimo un giorno coronare il nostro amore. Lui ci ha creduto, altrimenti non ci sarebbe rimasto così male, a marzo, quando, non sapendo più come smuoverlo, ho interrotto le lettere. Lui sperava di guarire. Probabilmente, lo spera e ci crede ancora. Non sono stupida: me ne accorgo. Così come mi accorgo del fatto che lui mi segue, in varia maniera, di nascosto. Quindi, in una situazione del genere, dire che lui non ha responsabilità nei miei confronti solo perché formalmente non mi ha detto nulla di preciso è scorretto. Ma per decidere la questione, per parlarmi sinceramente, sia  che avesse inteso dirmi di sì, che se fosse stato costretto a dirmi di no, avrebbe dovuto essere pienamente sincero con me e ammettere di avere un problema serio. Ma questo non è mai riuscito a farlo”. Lei tace, si rilassa sui calcagni e fissa la Vergine, in alto, sorridente sopra il capo del Suo bambino. Lei comprende. Nessuno ha mai voluto comprendere l’amore della Principessa, forse, calato com’era nei suoi problemi, neanche il Principe: e nessuno, quindi, l’ha presa sul serio. E’ triste, tristissimo, quando le persone non riescono o vogliono vedere la verità…Ed è anche più triste la condizione di chi la vede e, proprio per questo, non viene preso sul serio dagli altri. Una brezza leggera fa ondeggiare lievemente i fiori dinnanzi alla Vergine, quasi malinconicamente. Tutto tace, come in attesa.

“Infine, un’ultima cosa, forse la più importante di tutte. In questi anni, Mamma cara, la Tua presenza accanto a noi due è stata continua e dovrei scrivere un libro per richiamare tutti i segni che ci hai dato della Tua vicinanza a noi. Tu mi hai detto e fatto capire più volte che volevi io rimanessi con lui. Persino padre A. mi ha detto di portare al mio Principe un regalo da parte Tua. Ebbene, ne sono sicura: questa è la Tua amorevole risposta perché quando lui era piccolo, o anche in seguito, quando si sentiva solo, non amato, rifiutato e gli mancava la tenerezza di un autentico amore materno, Lui si rivolgeva a Te. Io stessa l’ho visto pregare davanti alla Tua immagine, quella della Madonna delle Grazie, con la testa tra le mani, il giorno del Corpus Domini 2018. E Tu, allora, hai mandato me. Ecco perché il legame tra noi è rimasto, nonostante tutto, così solido. E chiunque si schiera contro questo, inevitabilmente, agisce contro di Te, contro il Tuo amore, probabilmente su seduzione dell’avversario, perché Tu vuoi salvare; Tu lo vuoi sano e forte, lo vuoi guarire. Tu dimostri e hai dimostrato un amore costante e indefettibile nei confronti del mio Principe. Grazie. E ora, ti prego, Mamma, di concludere in bene la Tua opera”. 

"Ma adesso, infine, Ti dico quello che penso dell’accaduto. Può essere, in effetti (e io cosa ne so?), che lui si sia trovato un’altra all’estero: mi pare un po’ strano in tempi come questi, in cui spostarsi è diventato molto più difficile, ma può sempre essere. D’altronde, lui si sente tanto male con me, che non capisco come potrebbe interagire tranquillamente con un’altra in una situazione simile. Certo è migliorato, ma ce ne vuole prima di potere presentare una ragazza in famiglia! E che lui, con la sofferenza che prova, sia arrivato a tanto, mi pare sinceramente strano. Lo voglio sottolineare:  lui è un uomo perfettamente normale, sano, ma il trauma lo fa star male a contatto con una ragazza: quindi, stando così le cose, non riesce a controllare una situazione del genere. Quando avrà elaborato il trauma, farà quello che vorrà. Comunque, se è vero, fatto salvo il fatto che non si sarebbe comportato molto lealmente con me (in base a quanto ho detto prima), se lui ha trovato un’altra ed è felice, va bene. Di certo, io non posso più corrergli dietro.


Ma mentre tornavo a casa e pregavo, tutto mi è apparso in una luce nuova. Quindi, secondo me – anche se potrei sbagliare – è più probabile che le cose siano andate così. Suo padre ha capito che io avrei fatto una chiacchierata col sagrestano e he pensato bene, nei giorni seguenti, di riferirgli che suo figlio aveva trovato un’altra (una straniera, cosicché nessuno avrebbe potuto controllare se era vero), ben sapendo che lui me lo avrebbe riferito e per mandarmi via. Difatti, mi ha insospettito molto il fatto che mi venisse chiesto di non dire niente al mio Principe. Perché? Se lui si fosse veramente sistemato, avrebbe anzi piacere che si sapesse. Invece, questa “notizia” si accorda perfettamente al clima di sotterfugio che circonda l’atteggiamento di suo padre. Se questa è la verità, si tratta di un atto gravissimo, tantopiù se (come temo) è avvenuto alle spalle del mio Principe. Tuttavia, questo mi ha fatto capire definitivamente da dove viene la sua sofferenza, per cui Ti ringrazio, Mamma cara, dei risvolti positivi”. La Vergine sembra sorridere ulteriormente e inondare la Principessa della luce d’amore dei suoi occhi. Anche il Santo Bambino le sorride. 

“Tralascio il fatto di come sono stata trattata io: dopo le difficoltà che ti dicevo prima, dopo avere sacrificato di tutto per il mio Principe, sono stata mandata via, se la mia lettura è corretta, come un cibo indigesto. Per anni ho lottato contro il mio legittimo desiderio di farmi una famiglia, di avere dei bambini, di avere accanto finalmente qualcuno che mi amasse. Non so fino a che punto, Mamma cara, i suoi possano immaginare tutto questo, ma se solo ci riflettessero su un attimo, potrebbero comprendere almeno che per me stargli accanto per anni è stato oltremodo difficile, che non ci ho guadagnato praticamente nulla (a parte il fatto di guarire interiormente, ma questo lo avete voluto Tu e Tuo Figlio) e che sono rimasta in modo fedele e costante. Non sono una fissata che lo insegue perché infatuata di lui, del fatto che è bello, che ha una posizione o che è intelligente. Non sono una che si è fatta delle fisime. Ma lasciamo andare tutto quel che riguarda me: del resto, se anche li trovassi nel fosso, lo sai, li raccatterei col cucchiaino. Da Te ho imparato a perdonare.

No, Mamma, quel che mi sconvolge è ben altro. Ormai è evidente: questo è un atteggiamento del tutto irrazionale. Non capiscono neanche qual è la realtà. Si trovano davanti una ragazza buona, di fede, costante, di propositi seri e che, in tutta evidenza, vuole il suo bene; non solo, ma quasi sicuramente possono almeno supporre che io abbia capito di che cosa il figlio soffre, non solo, ma anche che sappia come aiutarlo. Ma tutto questo, per loro, non vale niente. Non si pongono neanche il problema, apparentemente, di quello che può provare il figlio – se lui non sa niente; ma è palese che non lo hanno mai capito -; no, irrazionalmente, per loro l’unica cosa da fare è mandare via questa ragazza “scomoda”. Mandano via una giovane donna che ha fatto di tutto per renderlo felice. A loro non importa che il figlio rimanga vittima dei suoi problemi, che non guarisca, che possa passare il resto della sua vita da solo. Tutto questo non conta. Certo, è pur sempre possibile che lui non mi voglia, o che sia d’accordo a mandarmi via: ma la cosa mi pare un po’ strana. Perché allora non dovrei dirgli niente? Altrimenti, il fatto che lui mi ami, anche questo non conta niente. Che cosa conta per loro, allora? Purtroppo, è evidente. Queste cose succedono nelle famiglie, anche di buone intenzioni, in cui si dà troppa importanza alle apparenze. Guai fare delle  brutte figure! ...Strano. Quante ne ho fatte io perché lo amavo? Quindi, la cosa più drammatica è che per loro, il figlio (il mio Principe), finché ha successo, fa carriera e accosta i potenti di questo mondo, va bene e se ne gloriano anche; ma quando si tratta delle sue sofferenze, queste devono essere nascoste sotto il tappeto: forse per un malinteso intento di protezione; più che altro, per non fare brutta figura. A suo padre gliel’ho letto in faccia.

Già lo subodoravo da anni, perché da vari segnali era evidente: eppure, nutrivo grande stima per il papà del mio Principe, perché lo ritenevo una persona intelligente e di fede. Mi aspettavo che, magari con discrezione, mi chiedesse delle notizie sulla mia esperienza e su come aiutare suo figlio. Invece niente. Tutto il contrario. Sembra che non abbiano neppure fiducia e volontà che lui guarisca. Stando così le cose, hanno allora fiducia in lui? Nelle sue possibilità? Mah. Un genitore che ama veramente suo figlio cerca di lenire in ogni modo la sua sofferenza: se il bambino è nato, che so, con un handicap, si sforza di donargli una vita normale, di fargli capire che è come gli altri, di comprenderlo, di rafforzarlo, di dargli fiducia in se stesso. Qui invece è il contrario: ne stanno facendo una tragedia. E di questa tragedia sovraccaricano il mio Principe.


E allora, anche se non voglio giudicarli e sto solo ai comportamenti che ho notato, è evidente che, se lui soffre così tanto, è colpa loro. Solo loro. Non lo hanno mai compreso in partenza nella sua natura di giovane plus-dotato, più intelligente, ma anche più sensibile e incline alla sofferenza degli altri; e man mano che i suoi problemi montavano, gli hanno rovesciato addosso una valanga di sentimenti negativi: lo hanno rifiutato per quello che era, lo hanno indotto a provare dolore, senso di colpa per quel che era o diceva, per i sintomi che mostrava, ma anche per i suoi sentimenti, per le sue vulnerabilità, per quando si innamorava…Sono certa che lui cerca di nascondere loro il più possibile i suoi sentimenti. La fobia, la paura di essere visto, non deriva da me, ma dai suoi. Così gli stanno praticamente proibendo di innamorarsi e di vivere il suo amore: gli stanno proibendo di essere se stesso. Sono sicura che lui non si sente neanche in diritto di manifestare i propri sentimenti a casa; che lui di se stesso può rivelare solo quel che vogliono loro; soprattutto, sono certa che a casa sono frequenti le scenate, i ricatti affettivi (“ se non fai quel che voglio io, non mi vuoi bene”), le bugie, le colpevolizzazioni. In una parola: qui c’è una forte componente di manipolazione relazionale. E questo, Mamma, sta distruggendo il mio Principe. Il mio Ciccio! – e tace per un attimo. La Vergine pare ascoltare con il suo sguardo dolce e comprensivo, ora divenuto persino più caldo e dolce. Poi la ragazza riprende:

“Ora capisco tutto. Vedi, Mamma cara, in fin dei conti la sua affezione post-traumatica, qualunque essa fosse, mi preoccupava solo in parte: si poteva curare e si può guarire. Anzi, sicuramente lui, nel corso di questi ultimi anni, è migliorato. Il problema, invece, era un altro, ben peggiore. Non sono quasi mai riuscita – tranne forse qualche volta – a indurlo a prendersi cura di se stesso. Sembrava che lui potesse accettare solo alcune forme di terapia, in cui faceva da sé, di nascosto. Capisco che lui si sentisse male vicino a me, ovvio; ma che lui rigettasse ogni forma di comunicazione con me, anche la più elementare e anodina – come scrivermi o rispondere al telefono -, che lui rifiutasse di andare da un terapeuta, persino di dedicare tempo alla preghiera, così fondamentale, o tempo a se stesso...Tutto questo per me era incomprensibile. Era come se lui dovesse nascondere ogni suo problema sotto il tappeto. Guai parlarne! Guai accennarvi! Tutto ciò doveva sparire. Tabù. E con i problemi, però, spariva (letteralmente) anche lui. Lo hanno fatto provare imbarazzo e disagio per se stesso. Eppure, lui ha tentato disperatamente di guadagnarsi l’amore dei suoi: in particolare di suo padre. Vedendo che il suo successo lavorativo lo compiaceva, si è lanciato su questa strada a corpo morto, ben oltre il necessario. Ecco anche perché lui lavora così tanto e non si ferma mai: questa è l’unica maniera che sente di avere a disposizione per catalizzare l’attenzione positiva dei suoi. La fascinazione per le autorità, l’ammirazione per i potenti…Sembrava sempre che lui fosse in cerca di una figura paterna. E, al tempo stesso, gli mancava tremendamente l’amore materno. Povero il mio Ciccio…Sono sicura che ha cercato in tutti i modi di compiacerli. Tutti. Mentre i suoi fratelli si sono dati alla fuga, lui è l’unico che ritorna regolarmente a casa. La sua rettitudine, il senso di debito verso di loro, fa sì che lui si senta in dovere di essere sempre a disposizione. Eppure, ciò  che lui fa non basta mai…Mamma, sono arrivati al punto di agire contro di Te e le Tue grazie...


Qui percepivo il nocciolo duro della resistenza. Questo mi ha reso la vita impossibile e questo mi ha fatto soffrire enormemente, perché mi sono trovata contro un muro, mentre il mio Principe sembrava un prigioniero, cui fosse stato proibito persino di parlare. Mi ricordava la fiaba in cui una serva prende il sopravvento su di una Principessa durante il viaggio verso il paese lontano dove lei dovrebbe sposarsi col figlio del re; la serva la obbliga a scambiare abiti e ruolo con lei, quindi le impone di non parlare di questo ad anima viva. A mio avviso, un giuramento del genere è illegittimo, ma la Principessa, buona, lo mantiene; finché il re comprende e la libera dicendole di rivelare tutto alle pietre dei muri di una stanza chiusa. E lui allora ascolta e apprende la verità.

Allora, Mamma, il nocciolo del problema non è tanto quello post-traumatico, bensì che i suoi hanno imposto al mio Principe un diktat, secondo cui il suo problema era tabù e doveva rimanere sotto il tappeto. Perciò lui aveva ricevuto l’ordine implicito di tacere e di non manifestare la sua sofferenza. Raramente lo avrà fatto, magari col confidente sbagliato, e dopo sarà stato peggio. Inoltre, lui deve avere vissuto un profondo stato di confusione: teso tra la necessità di rispettarli e amarli e quella di salvaguardarsi, non avrà capito più che cosa era giusto fare. Ovviamente, il loro atteggiamento è dettato dall’irrazionalità che scaturisce da forme di egoismo: quindi, non è detto che loro lo abbiano fatto del tutto consapevolmente. Non credo che gli abbiano detto di tacere in modo esplicito. E’ più probabile che questo ordine glielo abbiano trasmesso con il loro modo di vivere: mediante sguardi, discorsi, comportamenti, azioni, che, giorno dopo giorno, gli hanno fatto capire: “Taci. Non dire niente di te, perché quel che dirai di te, non è bene accetto. Nessuno deve sapere all’esterno quello che sei. Tu devi fare solo bella figura. Il resto, guai a parlarne”. In altri momenti, potrebbero averlo forzato in senso opposto: “fai così, fai colà…Si può sapere perché non combini niente?” e così via. Quel che conta sono le apparenze e queste devono essere ineccepibili. Dico così, Mamma, perché so per esperienza che queste cose succedono davvero in molte famiglie e provocano indicibili sofferenze: se è la verità, il mio Principe la riconoscerà. 

Ora Mamma, questo è quel che penso sia successo, anche se potrei sbagliare. E’ pur sempre possibile che lui lo sappia e che sia d’accordo con una visione del genere; ma mi sembrerebbe strano, considerata la sua rettitudine, che ho sempre amato tanto. Io spero tanto che Tu, co il Tuo amore, gli ispiri quel che è giusto fare, per liberarsi. Vedi Mamma, se li dovessi fronteggiare io, saprei bene come ribattere, in modo fermo e assertivo; ma io sono esterna alla situazione e lui poi ne sconterebbe le conseguenze. Del resto, è perfettamente possibile che lui, impulsivo e retto com’è, provi la tentazione di affrontarli direttamente e di dirgliene quattro. Mamma, trattienilo! Sarebbe 10 volte peggio e perderebbe le ultime possibilità di liberarsi! Lui esce da ogni discussione o lite sentendosi come uno straccio e ancora più avviluppato dai legami del senso di colpa e del disagio nei confronti di se stesso. Infatti, un genitore possiede un ascendente fortissimo su di un figlio: quindi, d’istinto, durante una lite vince sempre lui (specie se tende alla manipolazione), perché sente dove colpire per vincere. A questo si aggiungano colpevolizzazioni e ricatti affettivi. No, il mio Principe, Mamma cara, ha bisogno di mantenere la discrezione e rimanere tranquillo. Fare finta di niente. Quando siamo circondati da persone che praticano la manipolazione, anche solo in parte, ogni informazione che gli diamo di noi ci mette in loro balia. No.

Piuttosto, lui ha bisogno di riflettere, pregare e agire con prudenza per il suo bene.  Quando si sarà rafforzato e sarà guarito, potrà affrontarli, in modo calmo e assertivo, e ristabilire la verità. A quel punto, loro si sentiranno più deboli di lui. Bisogna infatti ricordare che il loro atteggiamento nasce da una profonda mancanza di autostima. Possono sembrare forti, ma se si comportano così, con bugie e sotterfugi, non lo sono, anzi: probabilmente, la loro mancanza di autostima è ben più drammatica di quella del Principe (provocata, del resto, da loro). Proprio per questo motivo, loro non cambieranno e non ammetteranno mai di avere torto. Mai. Ormai sono anziani e si sono fossilizzati nelle loro idee. Su questo il Principe può metterci una pietra sopra: né gli daranno mai il riconoscimento di cui ha bisogno. Riconoscerlo e accettarlo, per il Principe, fa parte del cammino di guarigione. Ma lui può accettarlo solo se sa che, offrendolo a Te, Mamma, può convertire questo dolore immane in qualcosa di utile. Inoltre, lui può pregare perché tu tagli i legami malsani che ha con i suoi familiari. Sto parlando dei legami malsani: l’affetto filiale è un’altra cosa. Quando in una famiglia c’è un’atmosfera malsana dal punto di vista psicologico, si creano dei legami che imprigionano i suoi membri. Pregare per esserne liberato, significa già decidere interiormente di non essere più soggiogato a quella forma di menzogna e decidere per il bene, la verità e la guarigione. Per guarire, è indispensabile prendere spiritualmente e moralmente le distanze dagli errori e dai peccati dei propri genitori.

Mamma cara, Vergine santissima, Tu che mi hai sempre amato come un figlio, oggi offro a Te ed a Tuo Figlio i legami malsani che mi legano ai miei, affinché Voi possiate spezzarli e liberarmi da ogni male. Al tempo stesso, desidero dedicarVi tutto il mio dolore, perché possiate fare del bene agli altri. Vi amo ed abbiate misericordia di me.

Sicuramente, si renderà conto di migliorare. Infine, lui ha bisogno di prendere le giuste decisioni per la sua vita. Vuole essere libero e felice, oppure no? Quando i genitori, con i loro atteggiamenti sbagliati, ci stanno distruggendo o ci fanno comunque del male – il che capita spesso, purtroppo -, è giusto continuare a rispettarli, ma, al tempo stesso, tenerli alla giusta distanza in modo da non esserne condizionati. Distanza di sicurezza. Perciò, ad esempio, lui dovrebbe passare il meno tempo possibile dai suoi e non dirgli niente dell’accaduto. Inoltre, avrebbe bisogno di pregare molto e di rivedere i suoi comportamenti invocando la protezione e l’ispirazione dello Spirito Santo: che cosa lo danneggia effettivamente e che cosa lo aiuta? Una volta eleminati i pregiudizi generati dai cattivi legami con i diktat familiari, che cosa lo può far stare meglio e che cosa no? Ma ci vuole comunque tanta preghiera. E io, sono sempre qui, a sua disposizione. Ma non credo di potere, al momento, continuare a mandargli poesie e coccole. Come faccio in questa situazione di scarsa trasparenza? Non so cosa fare. Io vorrei continuare, anche perché la  sua guarigione, secondo me, è ormai molto vicina: e sicuramente, se ha bisogno per il lavoro di una connessione stabile, la mia casa resta a sua disposizione. Ma non so cosa fare. Sta a lui prendere le decisioni giuste, secondo verità e secondo quanto gli suggerisce lo Spirito. Ricordando, Mamma santa, quel che è la verità della Scrittura: L’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà alla donna…Questa è la via per essere veramente uomini: prendere responsabilmente in mano la propria vita e fare ciò che è giusto”.

La Principessa ha concluso la sua preghiera: e ora attende. Guarda con fiducia al volto della Vergine, che sorride più ampiamente, come se nei suoi occhi riflettesse tutto l’amore che prova per entrambi. Il lieve chiarore del lumino pare portare una promessa di gioia nella stanza silenziosa. Gli occhi della Principessa brillano di amore per Lei, ma anche, in modo diverso, per il suo Principe. 

sabato 28 agosto 2021

Notturno d'amore in Oriente



Notturno d'amore in Oriente 3

Più grandi scintillano le stelle
tra i rami antichi dell'olivo,
aroma di vaniglia si diffonde,
e nell'aria, inebriante, puro osmanto.
Ninfee ondeggiano sull'acqua,
vaghe, immemori, lasciando
la memoria in un dolce abbandono.


Leggere una nuvola di aranci,

impalpabile, aleggia sul giardino;
sfuggente un sogno di  candore
aleggia sopra i miei pensieri.
Stilla la sorgente sopra il muschio,
stillano mughetti tra le rocce; 
sciacquio d'onde inargentate
scivola incorporeo tra le dita,
eco di un canto di segreto, 
di un desiderio, profondo, terso,
di un Eden da dividere con te. 


Love night in the East

Bigger stars sparkle

among the ancient olive branches,
a vanilla aroma spreads,
and in the air, inebriating, pure osman.
Water lilies sway on the water,
vague, oblivious, leaving
memory in a gentle abandonment.


A light cloud of orange trees,
impalpable, hangs on the garden;
an elusive dream of candor
hangs over my thoughts.
The spring drips above the moss,
lilacs drip among the rocks;
the lapping of silver waves
gently slips between my fingers,
echo of a song of secret,
of a desire, deep, clear,
of an Eden to share with you (adf).




venerdì 16 luglio 2021

La barriera

La barriera

Quando era giovane tra 1586 e 1587, Francesco di Sales, futuro santo vescovo di Ginevra allora ancora laico, entrò in crisi, una crisi nera. All’epoca si stava diffondendo, specie nelle zone tra Alpi e Svizzera, il calvinismo, che crede nella predestinazione: e lui era tormentato dalla paura di essere predestinato alla dannazione. E’ possibile che parecchi fossero allora atterriti da quest’idea: di certo, era allora diffusa un’immagine abbastanza terrificante di Dio, un Dio giustiziere e vendicatore, non proprio conciliabile con la misericordia. Tra il dicembre 1586 e il gennaio 1587, Francesco fu così tormentato dalla paura di meritarsi l'inferno. Giunse al culmine della crisi quando, un giorno di gennaio, entrò nella chiesa domenicana parigina di Saint-Etienne-des-Grès. Qui pregò la Madonna, ma, soprattutto, fece un atto di affidamento all’amore di Dio: decise che, qualsiasi fosse stato il destino che Dio gli avrebbe concesso, egli si sarebbe abbandonato al suo amore. Fu la soluzione: dopo questo atto di affidamento – per certi versi incomprensibile, dato che lui, in quel momento, aveva perso la fiducia nell’amore di Dio – Francesco ritrovò la pace e fu libero. La paura svanì come delle nubi al sole: da quel momento in poi, la vocazione di Francesco di Sales fu la mansuetudine, la dolcezza, l’amore, il che gli permise di dare inizio a una spiritualità che andava d’accordo con la vita quotidiana, specie dei laici; una spiritualità fatta di piccole cose e fiduciosa nell'amore di Dio, rivelatosi come Padre.


L’aspetto straordinario di quest’esperienza è che Francesco decise di fare affidamento su Dio e sul suo amore anche se, in quel momento, ne era lontano mille miglia. A posteriori, può apparire evidente che il Signore non lo avrebbe mai destinato alla dannazione: ma quando uno ci si trova in mezzo, la paura impedisce di ragionare in modo sensato. In realtà, avere a che fare con Dio spesso fa forzatamente riemergere le nostre paure più riposte e ataviche, non meno di quanto ciò succeda con le persone che ci sono più care. Nel rapporto con Dio riviviamo spesso la paura della violenza (da qui nasce l’idea di un Dio terribile), della mancanza di rispetto, dell’arbitrio, dell’incomprensione; soprattutto, sperimentiamo la paura dell’abbandono. È qualcosa che molti di noi si portano dietro fin dall’infanzia, da quella prima esperienza dimenticata dell’abbandono che ci porta a temere per la nostra vita, per la nostra incolumità. In realtà, ognuno di noi si porta dentro quella paura: ed essa rappresenta per noi una sorta di barriera, oltre la quale ci sforziamo inutilmente di passare. Ma essa ci ripugna e ci terrorizza: perché passare quella barriera sembra morire. Anzi, è una forma di morte. E molte cose ce la richiamano.


Eppure, ognuno di noi, prima o poi, nel corso della sua esistenza, è chiamato inevitabilmente a oltrepassare quella barriera. E’ una necessità della vita stessa: altrimenti, rimaniamo paralizzati di qua, nel terrore. Confusamente, spesso percepiamo che di là c’è la vita, la risurrezione; eppure, non ne abbiamo né le forze, né il coraggio. Come fare allora? Arriva il momento in cui bisogna imparare a “buttare il cuore oltre l’ostacolo” per non rimanere a vegetare di qua, impossibilitati a vivere e a crescere. Però, l’aiuto ideale è proprio la fiducia nell’amore di Dio. A Francesco di Sales poteva apparire assurdo fidarsi di un Dio che poteva predestinare all’inferno; eppure, la fiducia in lui ha vinto, tanto che poi ha capito che l’unica realtà era il Suo amore. Di là dalla sua barriera era impossibile che ci fosse la dannazione, bensì c’era solo l’amore del Padre; tanto che a posteriori, sono le sue paure che paiono assurde. 


L’amore di Dio, però, non ci lascia mai soli. Davanti alla “barriera” troviamo di solito un “traghettatore”, qualcuno che ci accompagna e sventa per noi i pericoli. Nella Divina Commedia, Dante è preso spesso da delle crisi di autentica fifa (mi perdoni il sommo poeta se mi esprimo così); tuttavia, c’è Virgilio che pensa a tutto e, quando non basta lui, chiama qualche angelo in soccorso contro i diavoli (come all’esterno della città di Dite, canto IX dell’Inferno). Virgilio è mandato da Beatrice, che è inviata dalla Madonna e da S.Lucia, che sono inviate da Dio: quindi, anche nel fondo dell’Inferno, Dante non rischia proprio nulla. Sono rimasta spesso affascinata dal film Stalker di A.Tarkovskij, in cui il  protagonista ha il compito di accompagnare dei viaggiatori attraverso una zona radioattiva, verso la “Zona”, un luogo incantato dove possono realizzarsi tutti i desideri. Lui è un traghettatore e porta gli altri verso la felicità. In parole povere, per realizzare i propri sogni bisogna saper rischiare: ma l’amore di Dio ci accompagna sempre.


Prima o poi, tutti noi siamo chiamati ad affrontare le nostre paure e la nostra particolare versione della “barriera”. Può essere una nostra difficoltà al lavoro o nella vita, oppure una persona che ci nuoce o il ricordo di un trauma o un limite personale. Abbiamo bisogno di imparare (con le garanzie possibili) a rischiare: tanto, dall'altra parte, c'è la luce e ci sono due braccia amorose che si attendono. 

Lieber mein Prinz, meine Liebe,

hier bin ich mit einer kleinen Nachricht für dich. Ich glaube, ich verstehe jetzt - etwas sagt mir, dass ich dich an die Hand nehmen muss, um dein Trauma zu verarbeiten. Okay, geht's. Was dem Herrn mit Liebe dargebracht wird, wird es heilen, so werden wir dies tun, bis wir alles ausgearbeitet haben! Und dann wirst du geheilt. Ich bin sicher, du hast schon Verbesserungen feststellen können.


Also, schöne Liebe, heute Abend möchte ich mit dir über den Verteidiger mitsprechen. Ich weiß sehr gut, es ist dir jedes Mal sehr peinlich, wenn diese Seite von dir redet und du es vielleicht nicht ertragen kannst. Nun, wisse das, da ich dich liebe und ich dich so sehr liebe, aber liebe ich auch diese Seite von dir so sehr. Sie ist einfach die am meisten verletzte und versteifte Seite von dir und sie braucht wie du viel Liebe und viel Verständnis, damit sie lernen kann, sicher zu fühlen.

Jetzt bieten wir sie dem Herrn an, damit sie sich sicher fühlen kann. Wiederhole mit mir: Signore, io ti offro la parte più profonda, ferita e difensiva di me perché possa servirti e amarti. Ti offro tutto il dolore e l'imbarazzo che mi ha involontariamente arrecato, perché so che queste sofferenze e difficoltà potranno diventare un tesoro nelle Tue mani e aiutare tante persone. So che tu poi raggiungere e aiutare col Tuo Amore anche questa parte di me, perché possa vivere in armonia con tutto me stesso. Te la affido perché sia al sicuro. Ti amo, Signore. Grazie del Tuo Amore. 


sabato 10 luglio 2021

Charlotte autunnale

Charlotte autunnale

Nonostante il nome, questo è anche un ottimo dolce per l'estate, veloce da preparare e molto gustoso...Una delizia.

Ingredienti

Savoiardi qb.

Ripieno
Una mela
Alcuni cucchiai di amaretto
Un cucchiaio di zucchero
Acqua qb


Crema pasticcera senza uova
Un cucchiaio di zucchero
due cucchiai di fecola (o di farina)
450 gr. di latte
aroma di vaniglia

Preparate uno sciroppo con alcuni cucchiai di amaretto, un cucchiaio di zucchero e una tazza d'acqua, quindi imbevete i savoiardi in questo sciroppo e rivestite una ciotola di savoiardi imbevuti. 
Preparate quindi la parte di ripieno alla mela: pulite e tagliate a fettine le mele, quindi mescolatele con qualche cucchiaio di amaretto e un cucchiaio di zucchero per formare una pastella, che verserete sul fondo della charlotte. Infine, preparate la crema pasticcera senza uova: mescolate zucchero e farina, quindi un po' di latte, l'aroma di vaniglia, infine aggiungete poco per volta il latte rimanente e, sempre mescolando, mettete su fuoco moderato finché non si condensa; infine, lasciate raffreddare un poco e versate nella ciotola della charlotte. Riponete in frigo e servite fredda. Devo ammettere che molto difficilmente starà in piedi, ma allo stomaco importerà poco!


Lieber Prinz, Sei stark und mutig, wir schaffen es diesmal! Bald werde ich dieses Dessert nur für dich zubereiten! Ein Kuss

lunedì 14 giugno 2021

"La primavera hitleriana", di Eugenio Montale


La primavera hitleriana di Eugenio Montale

La Primavera hitleriana di Eugenio Montale è una lirica decisamente difficile, appartenente alla raccolta più ardua del poeta, La bufera e altro (1956): si tratta dell'opera in cui lo stile di Montale raggiunge il vertice della concentrazione e dell'ermetismo, addensando una serie di metafore e analogie di non sempre facile comprensione. Il titolo fa riferimento alla visita di Hitler a Firenze del maggio 1938, occasione che si rivelò in seguito esiziale per l'Italia, dato che spianò la strada all'alleanza militare e politica tra fascismo e Terzo Reich; come osservavano giustamente i miei studenti che hanno presentato in classe la lirica dopo averci svolto una ricerca sopra (Simone, Matteo e Leonardo), il titolo può essere inteso anche come un ossimoro, perché il nazismo è sicuramente agli antipodi di una realtà attraente e dolce come la primavera (in particolare, quella primavera, nella splendida Firenze dai ricordi rinascimentali). Il testo è suddiviso in lasse di versi liberi e fu concluso nel 1946, quando ormai era chiaro quanto letale fosse stato l'invasamento per il nazionalsocialismo. 


Folta la nuvola bianca delle falene impazzite
turbina intorno agli scialbi fanali e sulle spallette,
stende a terra una coltre su cui scricchia
come su zucchero il piede; l'estate imminente sprigiona
ora il gelo notturno che capiva
nelle cave segrete della stagione morta,
negli orti che da Maiano scavalcano a questi renai. 


La prima lassa esordisce con un'anastrofe che ricorda certi incipit leopardiani (Folta la nuvola bianca, come Dolce e chiara è la notte e senza vento): i primi versi presentano i lungarni, con la loro popolazione di falene bianche, riunite in una nuvola (metafora) intorno ai lampioni delle "spallette"; le farfalline muoiono a ripetizione, tanto da costituire una sorta di tappeto sul terreno, che scricchiola come lo zucchero (similitudine). Qualcuno ha individuato in queste "falene" i volantini di carta che imperversavano durante la visita del Fuehrer; in ogni caso, le "falene impazzite" che muoiono perché si bruciano al contatto con i lampioni da cui sono inesorabilmente attratte, fanno pensare alla folla in delirio per i dittatori e attratta, nella più piena incoscienza e follia, dalla morte che essi portano. Quanto alla similitudine dello zucchero, questo è un elemento amato da Montale: esso ritorna in alcune similitudini anche ne La bufera (brucia ancora/ una grana di zucchero nel guscio/ delle tue palpebre), forse anche perché il suono duro della doppia c rinvia a quelle "rime petrose" dantesche cui il nostro poeta sembra essersi ispirato spesso per sottolineare la durezza di certe situazioni tipiche del Novecento. Del resto, qui lo zucchero assume un valore ambiguo. 


I versi proseguono affermando che l'estate lascia emergere paradossalmente il freddo che era contenuto (capiva ha qui un significato intransitivo) nelle buie cantine dell'inverno: il gelo non mi sembra casuale e mi fa pensare a quello che domina Cocito, al fondo dell'Inferno dantesco. In sostanza, questa estate, profanata dalla visita del Fuehrer, lascia emergere quanto di peggio era finora nascosto nel segreto delle coscienze umane: le cave segrete della stagione morta fa rabbrividire, perché evoca tutto un mondo oscuro, buio e contrassegnato dal gelo di morte, celato nelle anime delle persone in tempi "normali", ma pronto a esplodere all'occasione. Quel gelo, stranamente e contraddittoriamente, abitava anche negli orti (cioè nei giardini) che da Maiano scavalcano a questi renai:  i giardini di Maiano (amena località presso Fiesole, quindi uno dei punti più paradisiaci della collina fiorentina) potrebbero evocare i paesaggi più dolci della città, qualcosa di molto lontano da quel gelo: e invece, inequivocabilmente, anch'essi se ne fanno ricetto, essi che scavalcano a questi renai, cioè raggiungono la sabbia delle rive dell'Arno. Si noti l'uso intransitivo del verbo scavalcare, secondo modalità che forzano il lessico proprie della poesia espressionista (per esempio, di Clemente Rebora). Quindi, neanche l'armonia paradisiaca del vertice della cultura di Firenze basta più davanti alla catastrofe umana incombente: e non è possibile non percepire una nota amara nei renai, la sabbia accumulata presso il fiume. Ricordiamo che i fiumi e l'acqua in Montale di solito non manifestano un significato positivo: l'Arno è lo stesso che anni dopo avrebbe sommerso i ricordi di Montale e di sua moglie nella splendida L'alluvione ha sommerso il pack dei mobili di Satura (Xenia 2,14). 


Da poco sul  corso è passato a volo un messo infernale
tra un alalà di scherani, un golfo mistico acceso
e pavesato di croci a uncino l'ha preso e inghiottito,
si sono chiuse le vetrine, povere
e inoffensive benché armate anch'esse
di cannoni e giocattoli di guerra, 
ha sprangato il beccaio che infiorava
di bacche il muso dei capretti uccisi,
la sagra dei miti carnefici che ancora ignorano il sangue
s'è tramutata in un sozzo trescone d'ali schiantate,
di larve sulle golene, e l'acqua seguita a rodere
le sponde e più nessuno è incolpevole.  


Nella seconda lassa viene evocata più direttamente la visita di Hitler: è descritto come un messo infernale appena passato sulla via principale e i versi si attardano a descrivere efficacemente l'atmosfera esaltata di queste messe in scena, con l'auto del dittatore che sfreccia tra gli scherani, cioè, con  un'efficace metafora, tra i sicari, i nazisti e fascisti al suo soldo; essi innalzano le loro ovazioni (i famosi alalà di memoria fascista) e formano, con la loro folla, una sorta di golfo mistico acceso, cioè l'immagine del dittatore viene risucchiata in un mare di bandiere con la svastica e di folla presa da una sorta di delirio mistico (si noti la forte analogia del golfo o anche l'ipallage di mistico, aggettivo che non si riferisce tanto al golfo, quanto al delirio e all'invasamento di queste folle, già pronte a uccidere per il dittatore). 


E' un giorno di festa, quindi i negozi sono chiusi e così anche le vetrine; con un ossimoro, Montale osserva che esse sono povere / e inoffensive benché armate anch'esse: nella quotidianità dei negozi più banali (la macelleria, la giocattoleria) compaiono già i sintomi di una violenza montante, perché i giocattoli esposti sono spesso armi in piccolo; oppure, ancora più tremenda è l'immagine della macelleria (significativamente definita con il termine beccaio decisamente più dispregiativo) che espone i capretti decorati con bacche di ginepro. Forse è un'analogia un po' lontana, però mi viene in mente quella norma ebraica secondo cui non è lecito bollire agnelli e capretti nel latte, perché non è giusto bollire un piccolo nel latte della madre; questa norma che denota una squisita sensibilità può far comprendere, all'opposto, quanto sia feroce l'immagine di miti capretti uccisi ed esposti senza alcuna remora. 


Poi alcuni versi terrificanti: la sagra dei miti carnefici che ancora ignorano il sangue...Quello che fa rabbrividire è quell'ancora. Il fortissimo ossimoro miti carnefici fa  pensare che la massa di gente semplice e per lo più ignara non si è ancora macchiata le mani di sangue, ma è ben pronta (per ignoranza, per ferocia, per dabbenaggine, per meccanismo del capro espiatorio ecc.) a farlo. Già sagra possiede un significato negativo qui, che declassa la festa in un'atmosfera di crassa trivialità; poi essa diventa con un'altra metafora un sozzo trescone, cioè un'immonda tregenda, crudele e volgare. Ritorna l'immagine iniziale delle falene che si schiantano al suolo, ora rappresentate dalla metonimia delle ali spezzate o dalle larve che vegetano nei pressi della riva del fiume. E poi:
...e l'acqua seguita a rodere
le sponde e più nessuno è incolpevole.
L'acqua in Montale è di solito negativa: per esempio in Mediterraneo, il poemetto suddiviso in 9 parti degli Ossi di seppia, il mare rappresenta la violenza della vita. Se qui il fiume corrode le rive, ciò non dice niente di buono. L'acqua continua la sua opera distruttiva: e più nessuno è incolpevole (terribile litote, non a caso formulazione del tutto negativa), perché ormai tutti sono coinvolti in quell'atmosfera da tregenda evocata sopra e scatenata dall'arrivo del messo infernale; tutti partecipano, tutti festeggiano, tutti paiono del tutto dimentichi e ciechi a fronte dell'orrore che si avvicina. Non siamo lontani dalla denuncia allibita di Hannah Arendt contro la "banalità del male", all'epoca del processo Eichmann. Del resto, tutte le epoche (anche la nostra, come dimostra la mancanza di logica e razionalità esplosa negli ultimi tempi) sono pronte per questi assurdi autodafé. 


Tutto per nulla, dunque? - e le candele
romane, a San Giovanni, che sbiancavano lente
l'orizzonte, ed i pegni e i lunghi addii
forti come un battesimo nella lugubre attesa
dell'orda (ma una gemma rigò l'aria stillando
sui ghiacci e le riviere dei tuoi lidi
gli angeli di Tobia, i sette, la semina
dell'avvenire) e gli eliotropi nati
dalle tue mani - tutto arso e succhiato
da un polline che stride come il fuoco
e ha punte di sinibbio..

All'esordio della nuova lassa, il  poeta si pone allora una domanda angosciata: tutto per nulla? Cioè, tutto ciò che di bello e valido lui ha vissuto, non conta niente davanti a questi orrori? A questo punto, Montale rievoca una sera ben diversa che lui aveva passato con Clizia, la sua donna - angelo: ricorda i fuochi d'artificio (le candele romane) della festa del patrono fiorentino, S.Giovanni Battista (24 giugno), una data molto amata a Firenze; quei fuochi sbiancavano... /l'orizzonte (anche qui il verbo viene impiegato con una forzatura, applicato a oggetti e non a visi e, per di più, con un senso transitivo che di solito non ha). Montale ricorda anche i pegni, sicuramente d'amore, i lunghi addii, tutto l'immaginario amoroso che lui ha sicuramente vissuto nella breve estate del 1933 in cui incontrò la donna ispiratrice di Clizia, la famosa Irma Brandeis. Con lei visse una storia d'amore molto intensa e, purtroppo, breve. I lunghi addii, paradossalmente, esprimevano tanto amore da apparire (metafora o analogia molto azzardata) quasi un battesimo, un inizio, una consacrazione (mentre la catastrofe e l'orda, cioè i malvagi, incombevano). 


Nella parentesi il poeta inserisce l'immagine, molto bella, di una stella cadente - una gemma rigò l'aria, si noti la preziosa metafora - , che stilla (altro verbo usato in modo un po' atipico), cioè porta sui lidi, sulle sponde dove si trova Clizia, una serie di segni positivi: Montale fa riferimento ai sette angeli di Tobia, quando in realtà Tobia, nell'omonimo libro della Bibbia, era stato accompagnato dall'arcangelo Raffaele, uno però dei sette arcangeli che stanno sempre di fronte al trono dell'Altissimo. Con un'altra metafora tutto ciò è definito semina dell'avvenire: poi il poeta menziona i girasoli, che rinviano al senhal, il nome rivelatore di Clizia, e al mito omonimo. Clizia, che amava il Sole e che poi ne fu abbandonata...Clizia che, secondo quanto racconta Ovidio, si ammalò d'amore perché il Sole la ignorava e digiuna si nutriva solo di rugiada e di lacrime, vivendo solo in attesa del passaggio del dio....Clizia che infine si trasformò in girasole, per poter contemplare sempre il volto dell'amato... (cfr. Metamorfosi 6,256-70). 


Forse vale la pena segnalare che questi versi sottintendono la forza salvifica dell'amore: il riferimento a Tobia tradisce il ricordo della storia del protagonista di questo libretto biblico, che partì per la Media e, accompagnato dall'arcangelo Raffaele, fu aiutato in molte maniere e consigliato di sposare Sara; quest'ultima, lontana appartenente alla sua stessa schiatta, non riusciva mai a sposarsi, perché il diavolo ammazzava tutti i suoi promessi (evidentemente, ben poco meritevoli). Solo l'amore puro di Tobia la salvò dalla vergogna e dalla solitudine. Di converso, Clizia è l'immagine dell'amata che si strugge e immola per amore: ma la sua storia immette quasi una sfumatura triste nel motivo dell'amore salvifico, perché lei si consuma senza che il Sole veramente la ricambi. Forse la Clizia montaliana è anche immagine del fallimento dell'amore, dell'amore incompreso: è noto che Montale non le rivelò dapprima di avere già intessuto una relazione con Mosca, Drusilla Tanzi, per poi barcamenarsi in modo deludente tra le due, finché Irma Brandeis non poté più visitare l'Italia a causa delle leggi razziali del 1938 e lo lasciò. Montale lo sapeva bene, Clizia era immagine anche dell'amore che non era stato accolto, né compreso come si meritava: nel senso, ami così tanto, dai tutta te stessa, e poi tutto questo non conta niente...


                    Oh la piagata 
primavera è pur festa se raggela
in morte questa morte! Guarda ancora
in alto, Clizia, è la tua sorte, tu
che il non mutato amor mutata serbi,
fino a che il cieco sole che in te porti
si abbacini nell'Altro e si distrugga
in Lui, per tutti. Forse le sirene, i rintocchi
che salutano i mostri nella sera
della loro tregenda, si confondono già
col suono che slegato dal cielo, scende, vince - 
col respiro di un'alba che domani per tutti
si riaffacci, bianca, ma senz'ali
di raccapriccio ai greti arsi del sud...

La primavera è detta piagata (ipallage: le piaghe sono sicuramente quelle degli uomini), ma diventa, metaforicamente, una festa, perché raggela in morte questa morte: abbiamo visto che il gelo è immagine montaliana e dantesca, ma questa volta il gelo, paradossalmente, grazie all'amore di Clizia diventa "morte per la morte" (sarebbe un poliptoto). Clizia, nonostante l'incomprensione, può ancora guardare in alto speranzosamente, perché lei custodisce dentro di sé, nonostante i mutamenti cui la vita l'ha obbligata, il non mutato amor: sono sempre più convinta che la strofa precedente riveli una sfumatura di incomprensione per l'amore di Clizia, ma proprio questa incomprensione fa sì che la fedeltà di lei risalti ulteriormente: l'amore vero non viene mai meno. Anzi: Clizia non è solo girasole, lei porta in sé il Sole (e ricordiamo che nelle Scritture e nella tradizione cristiana, il Sole rappresenta Dio), cioè è "cristofora", portatrice di Cristo. 


Quel sole è, con un ossimoro (l'ennesimo) cieco, nel senso che è abbacinante, oppure che risente della sofferenza e della cecità degli esseri umani intorno a Clizia; ma quel sole è destinato a disciogliersi e fondersi in quello di Dio (la maiuscola è esplicita), in estremo sacrificio per gli altri. Clizia, così, portatrice di Dio e di tutto ciò che di bello esiste, si immola per tutti. E negli ultimi versi, Montale si abbandona alla speranza che le acclamazioni e i suoni di giubilo (sirene, rintocchi) intonati in onore del messo infernale, dei mostri nella sera, si perdano invece tra suoni di tutt'altro genere. A mio avviso, qui Montale fa riferimento al rintocco soave della campana che nel mito antico della danza macabra disperdeva i demoni del sabba ai primi chiarori dell'alba. La sinestesia vede l'alba "respirare": è come se tornasse la vita. Domani quest'alba di speranza tornerà per tutti, ai greti arsi del sud, cioè per le rive che la canicola ha disseccato col suo calore torrido (altra metafora di spietatezza). Senz'ali di raccapriccio, cioè senza resti di crudeltà o efferatezza, arriverà l'aurora: si noti come le ali vengano qui citate ancora e rinviino alle falene vittime dell'atmosfera di esaltazione dittatoriale descritta sopra. Al termine di questa poesia, si affaccia così un'alba nuova di speranza. 

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