mercoledì 27 settembre 2017

La bellezza trascorsa. Foscolo e l'idea di bellezza dall'Ottocento a oggi.1



La bellezza trascorsa. Foscolo e l'idea di bellezza dall'Ottocento a oggi.

Nell'agosto 1812. Ugo Foscolo è a Firenze, nella splendida villa di Bellosguardo (la cui torre era stata proprietà di Guido Cavalcanti), circondata dalle amene colline del paesaggio toscano. Qui comincia seriamente a lavorare al suo poemetto Le Grazie, che celebra la bellezza in varie epoche: l'antica Grecia, il Rinascimento, l'età contemporanea. Tuttavia, nell'età contemporanea, le Grazie non hanno più posto: violenza e sangue dilagano ovunque (si stavano consumando allora, dopo la catastrofica ritirata di Russia, le ultime vicissitudini dell'impero napoleonico, che sarebbe poi collassato dopo la battaglia di Lipsia, nell'ottobre 1813). Ecco allora Pallade trasportare le Grazie nell'isola di Atlantide (non a caso, mitica e al di fuori del tempo e delle umane miserie) e rivestirle del famoso velo, descritto nel brano che Foscolo compose solo nel 1822 in Inghilterra. Quivi Pallade si rifugia quando:

Onde, qualvolta per desio di stragi
si fan guerra i mortali, e alla divina
libertà danno impuri ostie di sangue; 
o danno a prezzo anima e brandi all'ire
di tiranni stranieri, o a fera impresa
seguon avido re che ad innocenti
popoli appresta ceppi e lutto a'suoi....



Di certo, mentre Foscolo scriveva i suoi versi circondato dallo splendido paesaggio di Bellosguardo, per lui le Grazie rappresentavano l'armonia e la bellezza, l'arte e la poesia, una risposta ai mali della storia: da loro trae origine la civiltà in tutte le sue forme. Dice il poeta nell'incipit di loro:

nate il dì che a'mortali

beltà ingegno virtù concesse Giove.

Questo concetto si ispirava alla Scienza nuova di G.B.Vico: per il filosofo napoletano, infatti, "il fine della poesia" è "d'addomesticare la ferocia del volgo, del quale sono maestri i poeti" (cfr. 3,1); la poesia è imitazione della natura, ma anche la "prima sapienza dei popoli", tanto che Orfeo ebbe la capacità di addomesticare i "barbari" (si veda l'introduzione della Scienza nuova); perciò la poesia è alle origini delle arti e della civiltà (cfr. 1,51).

Ma i valori civilizzatori delle Grazie sono fragili: la bellezza può, sotto l'impulso del male, essere spazzata via a ogni momento. De Sanctis definì del resto il poemetto "l'ultimo fiore del classicismo italiano".



L'idea che la bellezza consoli, si ritrovava già nell'ode All'amica risanata, dedicata nel 1803 ad Antonietta Fagnani Arese:

...E in te beltà rivive,
l'aurea beltate ond'ebbero
ristoro unico a'mali
le nate a vaneggiar menti mortali. 

La bellezza e l'armonia si sono manifestate soprattutto nell'arte classica: e, come sappiamo, la purezza e l'equilibrio rappresentati da quest'ultima venivano considerati, a fine Settecento, un miraggio ormai perduto. Forse non era un caso: nel medesimo periodo, la Rivoluzione industriale stava sfidando sempre di più il senso tradizionale del bello, riempiendo le città inglesi di operai stracciati, fango e fuliggine. E, del resto, il poemetto che intendeva ambiziosamente condensare nel volo lirico la storia della civiltà, rimase incompiuto: forse anche perché lo stesso Foscolo si rese conto che una poesia del genere (didattica e allegorica), nella società borghese di inizio Ottocento, non era più attuale. Ferroni parla di una "bellezza perfetta e luminosa...posta in una lontananza inafferrabile".



Però lo stato frammentario dell'opera la rende molto suggestiva e accresce la magia dei suoi versi; come osserva sempre Ferroni, forse, se il poemetto fosse stato completato, sarebbe diventato troppo retorico. Del resto, la poesia greca stessa, che Foscolo aspira a imitare, ci è rimasta in labili frammenti.

Nelle foto: vedute di Bellosguardo, delle Tre Grazie e della Venere di Canova.
Bibliografia: G.Ferroni, Storia della letteratura italiana. Ottocento.
E.Cappellini - M.Sada, Il sogno e l'immaginario. 4.
G.B.Vico, Scienza nuova. 

mercoledì 20 settembre 2017

Bei momenti a Vienna 2



Bei momenti a Vienna 2

Quando ripenso alla nostra gita a Vienna dello scorso febbraio (con la 5O appena passata alla maturità e la collega Genesia Spoto), non posso che ritornare un'altra volta su quella meraviglia in terra che è la pasticceria Demel. Per me è sempre una grande consolazione andare a Vienna: praticamente, preparo il programma della gita pensando ai dolci in loco e ritmandoci la serie delle visite. L'Hotel Sacher, Demel, che era la pasticceria imperiale, i Krapfen multicolori delle pasticcerie Aida....




La foto è una testimonianza eccellente di un momento di consolazione meritato, ovvero la merenda della seconda sera di gita. Quella è stata una giornata un po' difficile: la collega si era sentita poco bene. E poi, la mattina avevo fatto una figura...Convinta che la guida da noi richiesta per il Museo della Scienza e della Tecnica non fosse mai stata trovata, avevo anticipato la visita coi ragazzi e poi avevamo sciolto le righe della mia squadriglia per il pranzo in centro; ma alle 14.00 mi telefona la guida inferocita... L'agenzia turistica, di Padova, efficiente, efficientissima (anche troppo), aveva comunicato di averla trovata in extremis, con la 150ma email di servizio, una delle tante consegnatemi in merito dalla nostra segretaria Silvia (un fascicolo che sembrava un dossier giudiziario); il risultato è che l'avevo confusa con una molto simile. Anche le prof sbagliano.... Per fortuna abbiamo poi rimediato: e la guida, un signore italiano gentilissimo, ha operato un cambio di programma: giro in centro. Apprezzatissimo dai ragazzi. 

Quindi, quando nel tardo pomeriggio mi sono seduta davanti a questo prodigio, costituito da una cioccolata calda con sfoglia alla crema, sentivo un profondo bisogno di coccole....



Uno dei momenti più intensi della nostra gita è  stata però la visita al campo di lavoro di Mauthausen. E qui, devo ammettere che i ragazzi hanno dato prova di grande maturità. Ma partiamo dal principio. 

La visita del campo era prevista sulla strada del ritorno; e l'autista prevedeva una sosta di un'oretta o poco più. Senonché, la sera prima sentii al telefono la guida, che mi parlò di due ore e mezza! Io non ero mai stata a Mauthausen (la meta era stata proposta da un collega che poi non era venuta); quindi temevo che, contate anche le soste, sforassimo rispetto alle 9 ore scarse permesse all'autista per il ritorno. E se poi avessimo trovato coda (come al solito) al confine....
C'era però un'alternativa: fermarsi invece a Salisburgo (splendida), dove avremmo potuto anche mangiare. Avremmo quindi guadagnato un'ora o più. Ma per prendere la decisione, bisognava agire democraticamente: e la sera, verso le 9.00, fu indetta una democratica assemblea di classe in una delle stanze dei ragazzi. Così, dopo cena, ci ritrovammo nella stanza di Bellu (Alessandro), con gli altri che arrivavano dalle camere vicine in fila indiana e si stipavano sui letti a castello. 



Quell'assemblea rimane il ricordo più sensazionale della gita e rimarrà negli annali del Roiti. A un certo punto, pareva di essere a Montecitorio. Sotto gli occhi allibiti miei e della collega, si scatenò un putiferio da aula parlamentare, mentre alcuni si trasformavano in oratori, a perorare i due partiti: da un lato, Jiro (Giacomo), che, infervorato come Churchill contro il nazismo, insisteva in crescendo sul fatto che visitare Mauthausen era un dovere morale delle giovani generazioni (giusto); dall'altro Ballard (Mario), che, pur rimpiangendo Mauthausen, inclinava per la Realpolitik (nonostante che lui sia un tipo da idealismo stile Che Guevara) e diceva che i tempi erano proibitivi, per cui bisognava optare per Salisburgo; e, in mezzo, tutti gli altri, con una cagnara, ma una cagnara, che dovetti imporre più volte il silenzio per tema che il personale dell'ostello, in modo sbrigativamente austriaco, venisse a buttarci fuori tutti. Ricordo che la discussione infervorò i presenti al gran completo, a tal punto che si pronunciarono in grande stile persino le ragazze, abitualmente silenziose (Giulia e Chiara); Chiara, in particolare, sosteneva la visita al campo di lavoro. A un certo punto, si fece vivo persino Lafo (Nicola, che, per un febbrone, era rimasto a casa) dall'Italia sulla chat di classe di What's App, protestando che non si poteva rinunciare a una visita del genere; e allora, qualcuno (mi pare che fosse Michi, Michele), esasperato lo tolse dalla chat (per la serie: in questa bolgia, ci mancano solo le interferenze dall'Italia!...). 




Ricordo ancora gli occhi sgranati della collega Spoto; io stessa mi sentivo piuttosto allibita; infine, passammo ai voti (noi due rimanemmo inequivocabilmente neutrali). Manco a dirlo: i ragazzi erano 17, quindi avemmo 8 voti per Mauthausen, 8 per Salisburgo e...1 astenuto. No, un'astenuta: Ari-Bru (Arianna). Qui, da parte dei due partiti, scattarono tutti i tentativi di persuasione (nonché corruzione e minaccia) possibili e immaginabili: e ricordo ancora lo sguardo atterrito di Arianna, che non avrebbe mai pensato di trovarsi al centro di una baraonda del genere; e si stringeva a braccia incrociate contro la testiera di uno dei letti e, all'ingiunzione dei suoi compagni: "Vota anche tu!" reagiva scuotendo energicamente la testa con l'aria di chi pensa: "Ma non ci penso nemmeno! Fossi matta!". Allora gli altri si volsero verso di noi chiedendoci di votare a nostra volta; cosa che declinammo fermamente. Alla fine, esasperata dalla veemente discussione, decisi di spedirli tutti a letto (erano ormai le 10.00 e stavamo rischiando davvero il trasloco al locale commissariato della Oesterreichische Polizei: avrei poi trovato le parole in tedesco per spiegare agli allibiti poliziotti che cosa era successo?): "Adesso basta! Mi avete stufato tutti quanti! A letto! Raus!" (il tedesco fa più effetto in certe circostanze). Così, ce li vedemmo sfilare davanti mogi mogi e improvvisamente quieti, in fila indiana, per tornare nelle loro stanze. Mi ricordo in particolare il volto mogio di Guare, detto anche 99 (Tommaso).




Seguì però un incontro al vertice delle due prof: e Genesia, giustamente, mi fece notare quanto i ragazzi fossero delusi all'idea di non visitare il campo di lavoro. Così, la mattina, dopo aver consultato l'autista, ci dirigemmo a Mauthausen. Premetto che tre giorni di gita e l'assemblea parlamentare dovevano avere sfinito la mia squadriglia: la mattina dopo, in pullmann, si udiva un silenzio tombale (interrotto forse, negli estremi recessi del pullmann, da qualche sommesso ronfare: si noti la foto sotto, che, del resto, rispetta rigorosamente la privacy). Verso le 10.00, scendemmo al Lager, in un'atmosfera intirizzita da fredde ventate. 
Fu una visita straordinaria, dura, ma intensissima: e la guida, davvero eccezionale, fece meditare i ragazzi sull'assurdità di quel luogo, in cui le SS avevano un campo da calcio dove giocavano dopo aver torturato i prigionieri per tutta la giornata; dove i cani sbranavano gl'internati a capriccio dei carcerieri; e dove non c'erano Ebrei, ma prigionieri di ogni paese d'Europa, vittime ricordate da una selva di monumenti funerari fuori dalle mura del campo. Molti gl'Italiani. I ragazzi avevano ragione: un'occasione educativa così non si può perdere. E loro hanno deciso per il meglio. Quel giorno capii che io e i miei colleghi non avevamo lavorato invano, anzi, tutt'altro: durante i 5 anni passati con noi, i nostri studenti hanno assorbito volonterosamente dei valori genuini. In quella gita, la 5O al gran completo ci ha dato una profonda soddisfazione. 



                           Scorcio della 5O stramazzata in pullmann sulla strada per Mauthausen

domenica 17 settembre 2017

Sabbioneta


Sabbioneta

Ricordo di esserci arrivata una sera d'estate, in cui  transitavo nei dintorni di Mantova: Sabbioneta, un piccolo miracolo rinascimentale, situato nel bel mezzo della Pianura Padana per volere di Vespasiano Gonzaga Colonna, tra 1554 e 1591. Chissà perché, questa cittadina, nata come una fortezza, ma destinata ad essere una delle più belle città ideali vagheggiate nel Rinascimento, mi ricorda molto l'antica Vineta: la città fantasma del Baltico, che, come racconta Selma Lagerlof, risorge dalle acque ogni cento anni a causa di un'antica maledizione.


Ma questa città non scompare, anzi: nel 2008 è diventata sito UNESCO. Nata da una rocca situata in un luogo strategico e crocevia commerciale importante, Sabbioneta ha la pianta a stella tipica di una fortezza, un po'come Ferrara; le sue mura in mattoni rossi corrispondono all'architettura militare cinquecentesca e si ergono poderose nella pianura cantata da Virgilio, il suo "paesagio dell'anima", dolce e malinconico insieme, tra Po e Oglio. Sotto il suo fondatore, Vespasiano Gonzaga, Sabbioneta divenne la capitale di  un minuscolo ducato, uno dei tanti "Staterelli padani" che costellavano il Nord d'Italia, nei pressi di altri due di essi, il ducato di Mantova e il ducato di Parma. Qui viveva anche una numerosa comunità ebraica (c'è ancora la Sinagoga) con una stamperia. 


A parte alcune belle chiese (S.Rocco, l'Assunta, l'Incoronata, del Carmine), Sabbioneta è sede principalmente di alcuni fastosi palazzi: il Palazzo Ducale, dove Vespasiano morì e dove è conservata una curiosa collezione di state equestri dei Gonzaga in legno; il Palazzo Giardino, una specie di "delizia"; la Galleria Antica o Corridor Grande, nata per ospitare la collezione di marmi del duca; e soprattutto, il Teatro all'Antica o Olimpico, eretto da Vincenzo Scamozzi nel 1588-90 sul modello dell'omonimo progettato a Vicenza da Palladio e terminato dallo stesso Scamozzi: ma mentre quello era ristrutturato, questo è il primo teatro moderno stabile originale appositamente costruito. Il teatro è moderno anche per alcune particolarità: ad esempio, ci sono i camerini! Sopra la cavea, si erge un raffinatissimo peristilio corinzio con affreschi sui Cesari, statue di dei e busti. Una volta, il palcoscenico sfoggiava una scena lignea simile a quella di Vicenza e di cui resta il progetto di Scamozzi (agli Uffizi); essa mostrava una città. Ora, la scena è stata ricostruita nel 1996 e mostra Sabbioneta come città ideale; il teatro è ancora in funzione. 


Un sogno di città ideale che si può vedere sorgere lentamente dal mare ondulato dei campi della nostra Pianura e cipuò riportare indietro nel tempo, all'epoca aurea dei Gonzaga, celebrata nelle pagine sontuose di Maria Bellonci; ecco perché vale la pena visitare questo autentico gioiello. 


venerdì 8 settembre 2017

Poesia notturna 20 - Night poem 20



Poesia notturna 20

Profumo di cannella
nell'aria silenziosa,
una candela oscilla
vicino a libri rari;
balugina d'argento
la coppa delle rose
e più dolce è il frusciare
del raso dei cuscini.
La notte di una casa
avvolge come un manto,
una carezza calda,
uno scintillio nel buio.


Night Poem XX

Cinnamon perfume
in the silent air,
a candle swings
near rare books;
the cup of roses
shines like silver
and sweeter is the rustling
of satin pillows.
The night of a home
wraps like a blanket,
a warm caress,
a glitter in the dark.




sabato 2 settembre 2017

Amore in Oriente - Love in the East - Liebe im Osten



Amore in Oriente

Un giorno, dopo il lungo viaggio,
nel rosso infuocato appariranno
ondeggianti le torri e i minareti
della favolosa città d'Oriente.
Mari di dune avrò varcato,
perché sabbia e deserto è una vita
senza il tuo amore.
Stringendo gli occhi per mirare
l'orizzonte, pregusterò, bruciando 
dalla sete, la gioia di vederti. 



Ma ecco il sogno, il miraggio
accogliermi sulla soglia
della nostra casa: a ondate
profumo d'aranci e gelsomini,
il chioccolio della fontana
nel giardino e, finalmente, 
il tuo sorriso,
luce tra le calde luci della sera. 



Love in the East

One day, after my long journey,
swaying in the fiery red
the towers and minarets
of the fabulous, Eastern city will appear.
A sea of dunes I will have passed,
because sand and desert is a life
without your love.
Half-closing my eyes to aim
at the horizon, I will look forward, 
burning out of thirst, to the joy of seeing you.



But here's the dream, the mirage
welcoming me on the threshold
of our home: wavesof orange and jasmine scent,
the gurgling of the fountain
in our garden and, finally,
your smile,
light in the warm evening lights.



Liebe im Osten

Eines Tages, nach der langen Reise,
im feurigen Rot werden
schwankende Türme und Minarette erscheinen,
die Türme der fabelhaften Stadt des Ostens.
Ich werde über das Meer der Dünen 
gegangen haben,
weil Sand und Wüste ein Leben
ohne deine Liebe ist.
Meine Augen halbschliessend, 
auf den Horizont zu zielen, 
aus Durst brennend,
werde ich schon die Freude fühlen, 
dich zu sehen.



Aber hier ist der Traum, die Luftspiegelung,
der mich an der Schwelle 
von unserem Haus begrüßt : Wellen
von Orangen- und Jasminduft,
das Gurgeln des Brunnens
im unseren Garten und endlich,
dein Lächeln,
Licht unter den warmen Abendlichter.