giovedì 3 dicembre 2015

La calata dei Tedeschi. 1 parte


La calata dei Tedeschi. 1 parte

- Allora, ragazzi, lunedì 3 febbraio arrivano i Tedeschi - annunciai con sussiego una tranquilla mattina di gennaio alla mia 5 B (a.s. 2013-14).
Alex, un bravo ragazzo piuttosto docile e disponibile che sedeva in prima fila, sussultò, sgranando gli occhi con un lieve spavento.
- Mamma! - esclamò. - La Seconda Guerra Mondiale! -
- Adesso, via, non esageriamo! La guerra è finita da quasi settant'anni, e, nel frattempo, i nostri rapporti coi Tedeschi sono molto migliorati. Si tratta di un gruppo di insegnanti in visita alla nostra scuola. Due di loro verranno ad assistere alla nostra lezione di Italiano alla quarta ora. Quindi, dobbiamo prepararci. -


                          Poster della Germania agl'inizi della I Guerra Mondiale (1914)
 
Difatti, qualche giorno prima, eravamo stati convocati in un gruppetto di insegnanti di ogni materia nella saletta vicina alla presidenza per discutere il da farsi. In sostanza, i visitatori erano alcuni docenti tedeschi di scuola superiore  (mi pare che venissero dalla Baviera), entrati in contatto con una delle nostre insegnanti della scuola (la collega di tedesco) mi sembra nell'ambito del progetto Comenius. Dovevano fermarsi in alcune classi e assistere pacificamente alle nostre lezioni, senza intervenire. Inutile dire che le classi erano state scelte con cura: e credo che io, essendo ancora piuttosto giovane (e, forse, inesperta) dovessi la mia selezione alla mia 5B, una classe piuttosto tranquilla e educata, in cui avevo due ore di lezione proprio tra la quarta e la quinta di quel fatidico lunedì. C'è da aggiungere anche che, dopo anni di Svizzera e di tedesco, potevo pure interagire con gli ospiti.
Il gruppetto riunito nella sala vicina alla presidenza portò avanti la riunione con spirito tipicamente italiano, tra uno scherzo e l'altro e con notevole auto-ironia. Difatti, è risaputo che gl'insegnanti italiani sono di ottima qualità, ma che le strutture, spesso, sono in uno stato pietoso: e anche se il nostro liceo è più che accettabile e di costruzione abbastanza recente, confrontandoci mentalmente con le aule da sogno a disposizione dei nostro colleghi d'Oltralpe, non potevamo che affrontare la questione con molto umorismo. Insomma, noi docenti dovevamo "tamponare" il paesaggio. Due anni fa, ad esempio, non avevamo ancora i proiettori in ogni classe (adesso ci sono e io uso il proiettore in pianta stabile): quindi, io avrei dovuto improvvisare la lezione basandomi esclusivamente sulle mie "abilità retoriche" (ovvero, sulla mia ben nota parlantina), senz'alcun sostegno audio-video.
La parte più divertente riguardava però i bagni per i docenti. Allora, al "Roiti" secondo il mio autorevole parere di esperta di bagni e toilettes in genere, quelli dei ragazzi sono ottimi, quelli invece dei professori lasciano alquanto a desiderare: ce n'è uno in sede molto valido, ma è uno (a parte quello vicino alla segreteria), più qualcun altro sparpagliato tra sede e succursale che, nonostante le cure delle bidelle, è architettonicamente piuttosto indietro. Insomma, i bagni dei professori sono l'ultima cosa a cui si pensa in genere e devo ammettere che il nostro storico rivale, il liceo "Ariosto", ha al confronto dei bagni docenti da copertina di rivista di arredamento. Personalmente, ritengo che la situazione sia più drammatica in succursale, dove abbiamo un bagno al seminterrato, senza  neanche lo specchio (ecco perché la mattina, mentre frotte di studenti sciamano intorno al liceo, uso lo specchietto retrovisore della mia auto per mettermi il rossetto in corsa prima di entrare) e uno al terzo piano, per cui bisogna fare varie rampe di scale. Per dirla come uno dei colleghi di quel giorno, la vista delle nostre toilettes per docenti avrebbe addirittura effetti lassativi (no, la collega in questione si espresse in maniera molto più drastica, che preferisco lasciare qui nella penna - bip bip della censura!); per cui, alla fatidica domanda: "Preside, e se gli ospiti ci chiedono di andare in bagno, noi cosa rispondiamo?", il preside rispose autorevolmente:
- Per le questioni scatologiche, mandateli da me. -
La preparazione della lezione richiedeva una certa cura: dopo aver anticipato l'argomento, ai ragazzi chiesi solo di essere partecipi e di scovare delle domande ("Non lasciatemi monologare come Amleto per un'ora"), di creare un clima adeguato; quindi, al contenuto, dovevo pensarci io. Prevedevo che avremmo finito Pascoli per quell'epoca: ma Pascoli non è soggetto da lezione con velleità propagandistiche. Poesia splendida, ma biografia catastrofica (fa a gara con Manzoni per la quantità di lutti di famiglia: padre, per di più morto ammazzato, madre e tre fratelli; Manzoni due mogli, la madre, una congerie di amici e di figli; vince Manzoni). Ripiegai quindi su Gabriele D'Annunzio.
 
 
 
            Caricatura d'epoca di D'Annunzio che cerca di rianimare la Duse...Chissà perché....

La biografia di D'Annunzio, a saperla interpretare con una buona recitazione, è uno spasso. A parte le poesie, molto belle, le opere letterarie, le imprese belliche e politiche, la conquista di Fiume dopo la I Guerra Mondiale e così via, ancora adesso si disquisisce sul numero di amanti che ha avuto: se si devono contare a decine, centinaia oppure (?) migliaia. Io ho sempre sottolineato, in tutte le mie lezioni su di lui, che proprio non capisco tutte quelle donne che gli correvano dietro: non solo era basso e non proprio bello, ma diffido anche d'istinto dei seduttori che t'inturtian, per dirla alla ferrarese, cioè ti incantano e prendono in giro con un mucchio di belle parole. D'Annunzio era il classico seduttore della peggiore specie: ha "pelato a dovere" non poche delle sue amanti (come Eleonora Duse e Maria Gravina), passando allegramente dall'una all'altra. Del resto, pochi ricordano che il suo vero cognome era il molto poco aulico Rapagnetta (lo chiama così biecamente uno dei protagonisti di Sostiene Pereira di Antonio Tabucchi): D'Annunzio era il cognome dello zio che lasciò una cospicua eredità alla famiglia (prontamente spesa dal padre). Con gusto un po' perfido, talvolta mi sorprendo a pensare che, se avesse mantenuto il cognome originario, sarebbe risultato un po' meno seducente.
Il mio piano prevedeva dunque quanto segue: lezione sulla biografia di Gabriele D'Annunzio, opportunamente "condita" di particolari e aneddoti curiosi (talora piccanti), con buon inquadramento del personaggio e della sua opera: durata, 45-50 minuti; quindi, per festeggiare gli ospiti (e anche per festeggiare noi stessi) negli ultimi 15 minuti, avrei preparato e portato un dolce. Optai per la zuppa inglese. A dire il vero, pensavo di più ai miei allievi che agli ospiti: la mia 5 B di due anni fa, uscita da un periodo difficile, era, a mio avviso, una classe bisognosa di zuccheri e di coccole, per cui colsi l'occasione...per coccolarli. E zuppa inglese fu. (continua).
 
 

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