domenica 6 dicembre 2015

Viaggio dentro De Chirico. 1 parte


Viaggio dentro De Chirico 1 parte

Ringrazio qui i miei allievi della 4O del Liceo "Roiti" di Ferrara che mi hanno dato l'opportunità di approfondire questo artista affascinante, in occasione della mostra che si tiene al nostro Palazzo dei Diamanti.

Chi ha visto almeno una volta emergere dalla nebbia lattiginosa di un giorno novembrino la potente sagoma del nostro Castello Estense, così imponente e squadrato, forse potrà capire perché Ferrara, la nostra città, sia stata così fondamentale da regalare a Giorgio De Chirico alcuni dei suoi anni di più esaltante creatività. Difatti, quelli che il pittore ha trascorso qui, dal 1915 al 1919, durante la Prima Guerra Mondiale, sono anche quelli centrali nella formazione della sua arte "metafisica". La pittura metafisica inizia propriamente nel 1913, tuttavia qui egli compie i suoi capolavori più noti (uno per tutti: Ercole e Andromaca, del 1917, vedi sotto): e proprio a questo periodo è consacrata la mostra di Palazzo dei Diamanti. 



Forse, la pittura metafisica è iscritta nelle pietre rinascimentali della nostra città, forse è celata nelle forme squadrate del Castello o del Palazzo dei Diamanti, o nelle prospettive dell'"Addizione erculea", il quartiere rinascimentale aggiunto alla città da Ercole I d'Este su progetto di Biagio Rossetti alla fine del Quattrocento: essa pare trasudare dal selciato di Via delle Volte o dalla lunga prospettiva di Corso Ercole I. Ecco perché Ferrara è il punto di partenza ideale di questo viaggio che vi  propongo, in modo un po' alternativo, "dentro" la pittura di De Chirico: proprio "dentro", cioè come se foste dentro ai suoi quadri e poteste guardarvi intorno. Si parte da Ferrara e si arriva....chissà dove, all'infinito. Forse non seguirò un ordine cronologico vero e proprio, forse anzi non seguirò alcun ordine affatto: vi guiderò con me, con l'aiuto di notizie, testimonianze e documenti sull'artista, attraverso la fantasia e la sete di assoluto di questo pittore che, forse come nessun altro, ha sentito la dimensione dell'"oltre".

Partenza: Ferrara

Sostiene il nostro scrittore ferrarese Roberto Pazzi, che Ferrara è l'unico punto geografico in Italia in cui, osservando l'orizzonte, lo sguardo non viene fermato da alcun ostacolo, mare o montagna o collina che sia. E questo offre una sensazione d'infinito, come le grandi pianure russe o americane, in cui lo sguardo può perdersi verso l'orizzonte. Viene in mente l'incipit del libro di Foster Wallace Tennis, tv, trigonometria, tornado (e altre cose divertenti che non farò mai più), in cui lui, che proveniva dalla campagna dell'Illinois, afferma che all'università in Massachusetts prese a interessarsi alla matematica per "un'evocazione catartica della nostalgia di casa": infatti era "cresciuto in mezzo a vettori, rette, rette che intersecano rette, griglie – e, all'altezza dell'orizzonte, le ampie linee curve delle forze della natura, il bizzarro assetto topografico a spirale di un immenso lotto di terra stirata dalle glaciazioni, che si poggia e ruota su placche geologiche". Le pianure senza confini ispirano l'idea dell'infinito: e qui l'infinito è di casa, con il Po che scorre maestoso a nord della città, la pianura e le fantasie di Ariosto, che si potevano protrarre all'infinito con maghi e cavalieri. Ma le pianure ispirano anche un'ineludibile attrazione per la geometria.
Geometria e sogno: con questo binomio si potrebbe riassumere l'arte di De Chirico. La pittura metafisica, che, come dice il nome, mira a ciò che va oltre l'universo fisico, si nutre molto di ciò che sorpassa la razionalità quotidiana, quindi, come il coevo surrealismo, anche di ciò che nasce dall'inconscio e del sogno; d'altronde, il sogno era già molto presente al simbolismo, la grande corrente artistica di fine Ottocento che ha rotto col razionalismo fino ad allora imperante e nelle cui acque bagnano le radici pittura metafisica e surrealismo. E nelle rette infinite che attraversano le pianure c'è posto anche per quello (citavo prima, non a caso, Ariosto, con quella fonte inesauribile di sogni che è il suo poema Orlando furioso), come se a  un estremo si ponesse la razionalissima geometria, che organizza gli spazi in modo rigoroso, all'altro l'evasione fantastica, con i voli sul cavallo alato Ippogrifo. Ferrara, in fin dei conti, è fatta così: e mai come dalla nostra nebbia che, quando inghiotte le nostre strade, pare condurre verso l'infinito, scaturiscono sogni e visioni.



La geometria domina in questo quadro Le muse inquietanti, del 1910-20, ripetuto poi nel 1960 e risalente al periodo ferrarese. Qui si vede una spianata, attraversata da linee che convergono verso un punto di fuga, come guide di piastrelle di un'immaginaria piazza rinascimentale strutturata secondo la più rigorosa prospettiva quattrocentesca: la piazza è per metà in ombra e, intorno al punto di fuga, si erge la costruzione perfettamente geometrica, quasi un parallelepipedo circondato da torri, del Castello. A destra un palazzo in ombra con un accenno di loggiato e una statua, a sinistra, strana interferenza moderna, le ciminiere di una fabbrica. In primo piano, due strane statue, a metà tra la colonna dorica e il marmo greco arcaico, con oggetti che sembrano solidi geometrici: sono due muse, ma sembrano due manichini (per questo sono "inquietanti"), come dire che l'ispirazione artistica, oggi, non è cosa lineare e serena, ma che si muove tra realtà diverse, tra tradizione e inquietudine moderna; e molte di queste realtà sfuggono all'artista.
Al ferrarese con lo sguardo allenato non sarà sfuggito che questa sembra la versione metafisica della piazza antistante il castello e l'inizio di Viale Cavour: come se l'artista avesse visto il nostro centro trasfigurato da una sua visione medianica. C'è persino la ciminiera (i Ferraresi penseranno di sicuro al complesso industriale di Ferrara Nord). E' come se la geometria cittadina fosse stata vista in sogno, appunto (o in un incubo?). Ma da dove nasce questa visione?

De Chirico prima di Ferrara

Pochi artisti come De Chirico pongono così tanto il viaggio al centro della propria vita: una vita intensa, fatta di incontri, contatti con i personaggi più diversi, soggiorni in luoghi splendidi ed evocativi, o dinamici e stimolanti, tra la Grecia, la Germania, magnifiche città italiane come Firenze, Roma e Ferrara, e Parigi. Coltissimo, poliglotta (il pittore parlava il greco, l'italiano, il tedesco, il francese e anche altre lingue), sempre in movimento tra gl'influssi e gli stimoli più vari, De Chirico riassunse in sé un'esperienza umana invidiabile, paragonabile all'atmosfera frizzante della Parigi degli anni '20 (quella magistralmente rappresentata da W.Allen in Midnight in Paris).

Giuseppe Maria Alberto Giorgio De Chirico era nato il 10 luglio del 1888 in Grecia, per essere precisi in Tessaglia, a Volos (ci ritorneremo) da padre ingegnere palermitano, Evaristo, attivo nella progettazione delle ferrovie locali, e madre genovese, di famiglia aristocratica; quando il padre morì, nel 1905, la famiglia (comprendente anche altri fratelli, tra cui Andrea, noto poi come Alberto Savinio, poeta e scrittore) si trasferì a Monaco di Baviera, dove il giovane, dopo avere frequentato il Politecnico di Atene, proseguì gli studi all'Accademia. Lui riferisce di avere studiato per gran parte dell'adolescenza con precettori privati, da autodidatta; ma ad Atene prima, a Monaco poi, egli fece l'incontro con la grande arte. Il nostro viaggio prosegue allora per una nuova tappa: Monaco di Baviera e...l'Isola dei morti.

2 commenti:

  1. De Chirico, tuttavia, non è mai arrivato al fronte, per fortuna... E' stato protetto dall'amicone De Pisis pertanto è finito in clinica psichiatrica a Aguscello, ora sede del Centro Studi Città del Ragazzo.

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    1. Sì, lo sapevo, non è mai stato al fronte, anche perché sennò non ne sarebbe più tornato...Ho scritto da qualche parte il contrario? Era ricoverato nell'istituto Villa del Seminario, quella che è oggi appunto la Città del Ragazzo: poteva persino dipingere, perché il direttore credeva giusto lasciare liberi i pazienti di dedicarsi alle loro passioni...Lui e Carrà qui hanno dipinto tantissimo (c'era anche Carrà ricoverato qui)...

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