domenica 19 giugno 2016

Momenti di gloria - Chariots of fire, Hugh Hudson, 1981


Momenti di gloria

Prima di parlare del recentissimo The Race, è bene ritornare a un grande classico del cinema sportivo, Momenti di gloria, forse ormai un po' indietro nel tempo, ma meritatamente celeberrimo. Il film vinse ben 4 Oscar (Migliore Film Straniero, Migliore Sceneggiatura, poi Migliori Costumi, alla nostra Milena Canonero - tanto per capire: la nostra costumista ha vinto l'Oscar ben 4 volte, anche l'anno scorso, senza contare 9 nominations - e infine, Miglior Colonna Sonora Originale, al greco Vangelis) ed è diventato famoso anche per la sua musica, che il mio piccolo pubblico avrà sentito decine di volte nelle pubblicità Barilla e altrove e che è diventato un tormentone per le Olimpiadi di Londra del 2012.

Il film racconta la vera storia delle Olimpiadi di Parigi del 1924, che furono dominate dai corridori britannici: tra loro, emergono Harold Abrahams, di origine ebraica, e Eric Liddell, scozzese e missionario di fervente fede presbiteriana. Il titolo originale inglese deriva da un inno ecclesiale, Jerusalem, che attinge all'episodio di Elia, portato in cielo da un carro di fuoco. Il motivo ritorna poi in una poesia di William Blake e simboleggia il fatto che così correvano i campioni di allora: "come carri di fuoco" (ma bisogna sentire il testo inglese per capirlo).

La storia, a parte alcuni dettagli, è molto fedele a quella originale: lo sceneggiatore, Colin Welland, fece delle ricerche accurate e si basò sulle vere lettere di Aubrey Montague per narrare la vicenda - Aubrey è proprio l'atleta che viene presentato nel film come il narratore, mentre scrive quelle lettere. La stessa cerimonia di commemorazione di Abrahams presentata in apertura avvenne veramente - agl'inizi della produzione del film. Solo il terzo protagonista, Lord Lindsay (quello che si allena a fare le corse a ostacoli con i bicchieri di champagne) è inventato, ma sostituisce dei veri atleti aristocratici, Douglas Lowe, che non volle essere coinvolto nel progetto, e David Burghley, non attivo nel 1924. Infine, l'episodio più noto del film, quando Liddell si rifiuta di correre di domenica, avvenne in maniera leggermente diversa: Liddell lo sapeva da un po' e optò per il cambio di gara  prima di arrivare a Parigi; tuttavia, la sua decisione di non correre "nel giorno del Signore" è reale, fu su tutti i giornali - e venne lodata da parecchi, per esempio, dal Papa! La vicenda mette in scena tanti campioni delle Olimpiadi del '24: oltre a quelli inglesi sopracitati, anche gli Americani Charlie Paddock e Jackson Scholz (che, non a caso, sono citati anche in The Race).


Quando ero a scuola, la mia insegnante ci spiegò che i produttori intendevano realizzare un film che ridesse ai giovani voglia di sognare e fare progetti, di avere grandi ideali, dato che, secondo gli ultimi sondaggi (di allora), nel Regno Unito essi erano piuttosto demotivati. E il film si concentra proprio sui grandi ideali. Harold Abrahams, Ebreo, vittima di un razzismo subdolo e strisciante, decide di eccellere in una Gran Bretagna che è "anglo-sassone e cristiana": e,  per far questo, studia la notte per diventare un grande avvocato e si allena di giorno per vincere la medaglia d'oro. In questo magnifico dittico, accanto a lui, così ostinato e pugnace, troviamo Eric Liddell: di fermi principi, ma sereno, corre perché sa di avere dei talenti da sfruttare e perché sente "Dio compiaciuto" quando è in gara. Quando capisce che lo sport gli sta chiedendo di tradire la sua coscienza, rifiuta di andare avanti, ma, paradossalmente, proprio questa scelta lo porta a una strepitosa vittoria. I due personaggi sono interpretati magnificamente da Ben Cross e Ian Charleson; accanto a loro, troviamo alcuni "mostri sacri" del teatro e cinema britannico, come sir John Gielgud (il rettore del Trinity College di Cambridge) e Ian Holm (l'allenatore Sam Mussabini).


La recitazione è impeccabile, scenografie e costumi sono di alta qualità (alcune immagini sembrano quadri d'epoca), la regia da  manuale (e pensare che Hudson faceva soprattutto documentari e pubblicità...); la musica poi è memorabile. Non è un caso se Momenti di gloria è stato valutato uno dei miglior film britannici mai prodotti. Soprattutto, riesce a trasmettere l'entusiasmo delle gare e delle grandi imprese: indimenticabile la scena in cui Liddell opera una rimonta strabiliante dopo essere stato gettato fuori dalla pista a tradimento. Un film che dà veramente la voglia di offrire il meglio di sé.

Chariots of fire

Before talking about the recent The Race, it is better to return to a classic sports movie, Chariots of Fire, perhaps now a bit "old", but deservedly very famous. The film won no less than 4 Oscars (Best Foreign Film, Best Screenplay, and Best Costume Design, to our Milena Canonero - just to understand: our costume designer won the Academy Award 4 times, even last year, not counting nine nominations - and finally, Best Original Score, to the Greek Vangelis) and was celebrated for its music, that my little audience will have heard dozens of times in the advertising for Barilla and elsewhere and that has become a catchphrase for the London 2012 Olympics.

 
                                                  
The film tells the true story of the Paris Olympics of 1924, which were dominated by British riders: among them, Harold Abrahams, of Jewish origin, and Eric Liddell, the Scottish missionary characterize by a fervent Presbyterian faith. The original English title comes from a church hymn, Jerusalem, which refers to the episode of Elijah flying into heaven by a chariot of fire. The sentence returns in a poem by William Blake and symbolizes the fact that those Champions ran like that: like "chariots of fire" (but you have to hear the English text to understand it).
The story, aside from a few details, is very faithful to the original one: screenwriter Colin Welland, made a careful study and resorted to the actual letters by Aubrey Montague - Aubrey is just the athlete presented in the film as the narrator, while writing those same letters. The same ceremony for Abrahams at the opening, really happened - while the film was produced. Only the third main character, Lord Lindsay (the one who runs with champagne glasses on the obstacles) is invented, but he replaces real aristocratic athletes, Douglas Lowe, who would not be involved in the project, and David Burghley, not running in 1924. Finally, the best known episode of the film, when Liddell refuses to run on Sunday, happened a little differently: Liddell knew it since a while and opted for the race change before arriving in Paris; however, his decision not to run on "the Lord's day" is real, it was in all the newspapers - and he was praised by many, for example, by the Pope!
The story depicts many champions of the '24 Olympics: in addition to the above mentioned British ones, even the Americans Charlie Paddock and Jackson Scholz (who, not coincidentally, are also mentioned in The Race).

                                     

When I was in school, my teacher explained to us that the producers wanted to make a film so that young people could wish to dream and make plans, to have great ideals: in fact, according to the latest polls (back then), in the UK they were rather unmotivated. And the film really focusses on high ideals. Harold Abrahams, a Jew, victim of devious and insidious racism, decides to excel in a Britain that is "Anglo-Saxon and Christian"; and, to achieve this, he studies at night to become a great lawyer and is training on day to win the gold medal. In this magnificent diptych, next to him, so stubborn and pugnacious, we find Eric Liddell: firm abut his principles, but calm, he runs because he knows he has a talent to be exploited, and he feels "God pleased ", when he takes part in the race. When he realizes that sport is asking him to betray his own conscience, he refuses to go forward; but, paradoxically, this choice leads him to a resounding victory. The two characters are beautifully played by Ben Cross and Ian Charleson; next to them, we find some great actors of the British theater and cinema, as Sir John Gielgud (the Master of Trinity College, Cambridge) and Ian Holm (coach Sam Mussabini).
The acting is impeccable, sets and costumes are of high quality (some images look like period paintings), the director did a perfect job (and think that Hudson mostly directed documentaries and commercials ...); then the music is memorable. It is no coincidence that Chariots of Fire has been rated one of the best British films ever made. Above all, it can convey the excitement of the races: the unforgettable scene happens when Liddell makes a stunning comeback after being thrown off the track by treachery. A film which is really inspirational and pushes to give the best of ourselves.

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