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domenica 31 gennaio 2016
L'oste dell'ultima ora (V.M.Manfredi, 2015)
L'oste dell'ultima ora
Questo racconto lungo è l'ultima fatica, a mia conoscenza, del famoso archeologo scrittore, attivo anche nel cinema e in TV. La vicenda prende lo spunto dal celebre episodio delle "Nozze di Cana" (cfr. Giovanni 2) e si inventa, con la consueta competenza storica, un intreccio sullo sfondo dell'episodio evangelico e un personaggio che potrebbe avervi preso parte. In realtà, questo è il primo libro dedicato alla cultura del vino nei grandi autori e pubblicato da un marchio che lega enogastronomia e attività editoriale, la Wingsbert House, appartenente alla compagnia editoriale Aliberti, per cui il tema è scontato.
Siamo nella Palestina governata dai Romani nei primi decenni dell'era volgare e l'io narrante, di cui ignoriamo il nome fino alla fine, si sposta tra Galilea e Samaria, poi Giudea (le tre zone principali della terra d'Israele), tra varie difficoltà economiche e sociali, in cerca di lavoro e di un'opportunità per costruirsi una vita decente e sbarcare il lunario. Dopo aver tentato vanamente il mestiere di pescatore, approda alla fattoria di un Samaritano, Eleazar, e qui comincia a lavorare nella sua vigna (immagine di grande densità evangelica e biblica). Il protagonista è un Giudeo, quindi egli ha occasione di notare come i Samaritani non siano quei "cani" che tutti descrivono: ne apprezza l'umanità e il buon cuore.
Poi, nello sforzo di consolidare la propria posizione, il protagonista decide di mettersi in proprio e di diventare oste, vendendo il vino acquistato all'ingrosso da Eleazar (si osservi l'incoraggiamento benevolo da parte di quest'ultimo, quasi un padre). E' proprio durante il suo lavoro di oste, che l'io narrante entra in contatto con un gruppo di dodici persone, capeggiate da un singolare profeta dalla voce "chiara e sonora": una voce che gli lascerà in cuore un solco di nostalgia, così come il miracolo cui l'uomo assiste e su cui continuerà a interrogarsi. L'incontro con il "profeta" non gli cambia la vita, ma gli lascia tanti interrogativi....
Il bel racconto è accuratamente costruito: chi, come me, non è digiuno di conoscenze sulla storia antica, specie di età neo-testamentaria, rimane ammirato dalla competenza indiscussa dell'autore, che emerge sottilmente a ogni pagina; viene ricordato persino il massacro del monte Garizim, ordinato da Ponzio Pilato nel 36 d.C. durante una rivolta locale e che gli costò il posto, proprio mentre a Roma moriva l'imperatore Tiberio. Inoltre, è godibilissima l'eleganza della scrittura. La rievocazione del miracolo segue fedelmente il racconto evangelico e non sfocia nell'enfasi: eppure, chi legge forse avrebbe gradito che essa lasciasse nella vicenda una traccia più profonda, che fosse più percepibile la novità di quell'evento fuori del comune, specie nel cuore di chi vi aveva assistito. Qui esso, a dire il vero, pare un poco..."annacquato".
Tuttavia, L'oste dell'ultima ora è un gran bel racconto, raffinato, ben ordito, e forse molto più profondo di quanto appaia di primo acchito: quel titolo, così affascinante, pare alludere a un'altra pagina evangelica che ha a che fare con le vigne, la parabola dei servitori chiamati a lavorare appunto nella vigna (cfr. Matteo 20, 1-6):
Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all'alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna. Accordatosi con loro per un denaro al giorno, li mandò nella sua vigna. Uscito poi verso le nove del mattino, ne vide altri che stavano sulla piazza disoccupati e disse loro: Andate anche voi nella mia vigna; quello che è giusto ve lo darò. Ed essi andarono. Uscì di nuovo verso mezzogiorno e verso le tre e fece altrettanto. Uscito ancora verso le cinque, ne vide altri che se ne stavano là e disse loro: Perché ve ne state qui tutto il giorno oziosi? Gli risposero: Perché nessuno ci ha presi a giornata. Ed egli disse loro: Andate anche voi nella mia vigna.
Forse anche l'oste di questo racconto è stato chiamato all'ultimo momento e, fino alla fine, rimugina quella chiamata rimasta ancora in sospeso; viene da chiedersi infine: risponderà?
P.Veronese, Le nozze di Cana
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