venerdì 1 gennaio 2016

"Lo scopo della politica" di Mario Ballardini


Il saggio qui presentato è stato scritto come verifica finale dal mio allievo di 4O Mario Ballardini al termine di un'unità didattica sulla politica, unità durante la quale abbiamo studiato l'opera di Machiavelli, Cicerone, Guicciardini: il saggio è talmente bene scritto e tocca argomenti talmente importanti che ho deciso di pubblicarlo qui.
I testi da commentare erano:
N.Machiavelli, Il Principe XV
F.Guicciardini, Ricordi XXXII
Ma perché con più ardore tu ti disponga alla difesa dello Stato, tieni in mente questo: a tutti coloro che hanno salvato, aiutato, accresciuto la patria, è assegnata in cielo una sede ben determinata, dove nella beatitudine possano godere di una vita eterna; infatti, a quel Dio supremo che governa il mondo niente di ciò che accade in terra è più gradito di quelle aggregazioni e riunioni di uomini associate nel diritto, che prendono il nome di Stati; i loro governanti e difensori, partiti da qui, a qui ritornano (da Cicerone, De republica VI).
Separare l'economia dalla politica e sottrarre la prima agl'interventi regolatori della seconda comporta la totale perdita di potere della politica, e fa prevedere ben altro che una semplice ridistribuzione del potere nella società (Zygmunt Bauman).
Il vero e retto fine dell'attività politica è il benessere materiale e spirituale della società, in modo che i diritti e i doveri siano da tutti rispettati e tutelati (papa Giovanni Paolo II).
Lo scopo della politica
Machiavelli, Guicciardini, Cicerone, Bauman e papa Giovanni Paolo II; straordinari uomini di epoche e pensieri diversi, ma tutti accomunati da un grande e unico ideale: quella di  una politica finalizzata al bene del cittadino. Per quanto possa sembrare insolita una frase del genere, posso affermare che, tramite la mia piccola esperienza di lettore e "studioso" di alcuni di questi grandi autori, ho potuto constatare che le differenze tra loro sono ovviamente notevoli, ma esistono anche alcuni punti d'incontro.
Ormai, nell'immaginario collettivo, Machiavelli si presenta come un personaggio cinico o addirittura subdolo, capace di non guardare in faccia a nessuno per raggiungere i propri scopi. Ciò è anche supportato dall'uso, ormai quotidiano, del termine "machiavellico". Ma questa, a mio parere, è l'interpretazione più superficiale che si possa dare dell'autore. E' innegabile il fatto che Machiavelli fu il primo ad analizzare la politica in modo scientifico, ma questo non coincide con la separazione della politica dall'etica, come ben spiega Maurizio Viroli nel suo saggio su Machiavelli L'attualità del Principe. Il Principe machiavelliano persegue un obiettivo nobile quale l'unità d'Italia (come ci spiega l'autore nel capitolo XXVI de Il Principe) ed è sostenuto dal volere divino (infatti, in molti passi del trattato, Machiavelli fa riferimento a personaggi biblici come Mosé); per arrivare al suo fine, il Principe necessita di fare il "non bene", ma, in questo caso, i suoi mezzi sono "scusati" e non "giustificati". Solo con l'unità d'Italia e la fine delle lotte intestine, i cittadini possono trovare tranquillità e benessere. E proprio questa è l'utopia di Machiavelli, uno Stato unito e forte, in grado di varare decreti che garantiscano la felicità comune.  
L'unità d'Italia fu un argomento ampiamente trattato e discusso anche da Guicciardini: infatti il suo auspicio era quello di poter un giorno vedere un'Italia unita, libera dai barbari, dalla corruzione e con un governo repubblicano.
Anche Cicerone scrisse a favore dell'unità dei vari Stati nel De republica e, come tutti sappiamo, fu un accanito sostenitore della Repubblica romana, unico mezzo per rendere il cittadino sovrano e libero. Mentre in passato, ad attentare alla felicità e alla libertà dei cittadini erano guerre, occupazioni e assolutismi retti da carnefici, al giorno d'oggi il vero pericolo è rappresentato da un'economia che gradualmente si sta staccando dalla politica, rendendo quest'ultima subordinata rispetto alla prima. Ciò è dimostrato dal fatto che multinazionali e lobby di ogni genere e tipo sono in grado di influenzare le decisioni dei politici nei modi più subdoli.
Qualche giorno fa, mi sono imbattuto in un'intervista di un noto cantante che raccontava, con grande fierezza, di aver partecipato ad un meeting segreto in cui, oltre a lui erano presenti i rappresentanti di alcune tra le più influenti multinazionali al mondo e personaggi dello spettacolo. Spiegava che all'incontro non era presente nemmeno un politico visto che questi, ormai, non sono in grado di esercitare più nessun potere e che le decisioni sulle sorti mondiali sono prese da organi esterni alla politica.
A sentire queste parole, pronunciate con tanta fierezza, probabilmente Machiavelli, Cicerone e Guicciardini rimarrebbero basiti. Secoli di lotte e rivoluzioni per raggiungere la sovranità popolare e per essere rappresentati da esponenti politici scelti dai cittadini tra i cittadini, per poi sentirci dire che l'economia e la finanza sono i veri detentori del potere e i giudici della nostra sorte.
La strapotenza dell'economia di mercato è anche il motivo per cui la differenza tra governi di sinistra e di destra è minima e quasi impercettibile; lo spazio di manovra che hanno è troppo ristretto perché possiamo percepire i cambiamenti, senza contare il fatto che, in molti casi, sono le stesse lobby, multinazionali o banche a finanziare i partiti. Quindi, a rigor di logica, questi sono propensi a curare gli interessi dei finanziatori, piuttosto che dei cittadini. In questi giorni ne abbiamo avuto un esempio palese, il decreto "salva-banche": piccoli risparmiatori sul lastrico e manager con tasche piene.
Un altro danno enorme che l'"integralismo" economico provoca è quello di entrare a gamba tesa nella nostra cultura e tradizione: ne è l'emblema il Natale che, da sacro giorno si sta trasformando nella celebrazione del consumismo; le comunità del presepe sono scalzate dallo sfavillare dell'albero e Gesù Bambino è sostituito dal Babbo Natale formato Coca-Cola.
Questo è il risultato dell'aver tolto alla politica la possibilità di controllare l'economia: abbiamo creato una società sotto la guida di un unico dio chiamato "denaro". Lo Stato non è quindi più in grado di garantire un benessere comune e le disuguaglianze sociali ed economiche sono in continuo aumento. Quindi, mi trovo in totale accordo con le parole di Bauman: separare l'economia dalla politica è stato un gravissimo errore, probabilmente irreversibile. Ci stiamo allontanando sempre di più dal modello politico sano e onesto tanto ambito e teorizzato dai pensatori del passato, avvicinandoci paradossalmente alla corruzione e al malaffare.
"Il benessere materiale e spirituale della società" appare sempre più irraggiungibile, e questa è la dimostrazione del collasso imminente della politica tradizionale. Studiare e riflettere sui grandi uomini politici sopracitati può sicuramente essere un primo rimedio per uscire dall'oscurantismo politico in cui brancoliamo, anche solamente per ricuperare la nozione di politica e le sue funzioni fondamentali.
Pasolini diceva: "Il coraggio intellettuale della verità e la pratica politica sono due cose inconciliabili in Italia". Nella mia utopia spero che prima o poi possa esistere un punto d'incontro tra politica e verità, anche in Italia.
                                                        Mario Ballardini, classe 4O,  Liceo Scientifico "A.Roiti", Ferrara
Appendice
Il saggio di M.Viroli, L'attualità del Principe può essere letto al link:
Il "cantante" citato da Mario è Lorenzo Cherubini, alias Jovanotti, che il 3 giugno scorso, nel corso di una conferenza tenuta all'Università di Firenze, ha affermato di aver partecipato a un incontro esclusivo, pressoché segreto, tra grandi nomi della finanza e del mondo economico e personaggi noti, per discutere su argomenti di interesse globale. Nel corso del suo intervento, Jovanotti ha asserito che all'incontro mancavano i politici, perché "non servono": anzi, sarebbe giusto che qualcuno si prendesse così la briga di decidere, dato che la politica ormai mira esclusivamente a compiacere gli elettori, finendo così per perdere autorevolezza. Il tema di Mario e le dichiarazioni di Jovanotti (che abbiamo parzialmente ascoltato) hanno suscitato un vivace discussioni in classe.
Tommaso Zecchi, altro allievo della 4O, ha rinvenuto il link con l'intervento per intero, registrato dal sito interno dell'Università:
https://youtu.be/rb_1ego6Ls8 (la conferenza vera e propria comincia al minuto 35).
Le dichiarazioni di Jovanotti hanno suscitato qualche rara discussione, purtroppo molto limitata rispetto alla gravità del tema: è infatti gravissimo che la politica venga svuotata delle proprie finalità e che decisioni globali vengano prese in segreto, da pochi potenti, alle spalle della collettività (noi riteniamo che Jovanotti non abbia inventato niente, tanto più che non si rendeva conto della gravità delle proprie asserzioni).
L'Huffington Post, ad es., ha letteralmente ignorato il problema:
Invece se ne è occupato cursoriamente il Giornale, con un articolo di S.Rame dell'11 giugno:
Ha preso sul serio l'episodio il giornalista A.Socci, che indica come i media siano al servizio di pochi "poteri forti" ben poco democratici:
Un'ottima disamina dell'effetto "obnubilante" avuto dai media a commento di questo episodio, passato praticamente sotto silenzio, ma che rivela invece i pericoli corsi dalla democrazia, sul blog di E.Pennetta:
Ripeto: rimane gravissimo che le decisioni vengano prese in maniera anti-democratica e che la politica sia svuotata del suo senso.

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