sabato 9 gennaio 2016

"La notte ha cambiato rumore" ("El tiempo entre costuras") di M.Dueňas, 2009.


Una sartina, Sira, allo scoppio della Guerra Civile di Spagna: un atelier, dove lei scorrazza bambina, poi cresce, sotto la sorveglianza della madre, coraggiosa donna sola, e inizia ad apprendere i primi rudimenti del mestiere, quindi a formarsi un gusto ben definito; un fidanzato troppo ammodo, con troppi progetti ispirati a serietà e buon senso; un'improvvisa, sconvolgente passione per il classico sciupafemmine, seduttore fantasioso e codardo, che si volatilizza dopo l'ennesima capriola finanziaria; e poi, Tangeri, Marocco spagnolo, e la sua atmosfera internazionale poco dopo il pronunciamiento di Franco, dove Sira si reinventa un futuro di modista di gran nome: questa è la premessa dell'affascinante romanzo d'esordio della spagnola Maria Dueňas, El tiempo entre costuras, cioè "Il tempo tra le cuciture", tradotto in italiano (chissà perché) La notte ha cambiato rumore, pubblicato nel 2009, tradotto in italiano nel 2010, e divenuto un successo folgorante, da centinaia di migliaia di copie: tanto che l'autrice ha già provveduto a scrivere altri due romanzi, Un amore più forte di me e Un sorriso tra due silenzi, appartenenti sempre al filone del romanzo storico.


La vicenda, dalla Madrid del Primo Dopoguerra, si sposta quindi al Marocco Spagnolo (infine al Portogallo di Salazar), teatro dei primi atti della Guerra Civile e crocevia internazionale di politici, militari, diplomatici, signore del jet-set e (anche) spie: l'autrice ricostruisce con grande accuratezza e dovizia di documentazione (è del resto una docente universitaria) un ambiente di solito rimasto ai margini degl'interessi del grande pubblico, ma anche degli storici di professione, ricreando abilmente il fascino di mete come Tangeri e Tetuan, sospese tra mare, deserto, strette viuzze dei pittoreschi quartieri arabi e sontuose dimore coloniali abitate dagli Europei: con la sua vivace abilità descrittiva, col copioso rifluire di dettagli rivelatori, che ella è maestra nel rilevare, la Dueňas riesce a rendere la pagina viva, palpitante, a ricreare intorno alla mente del lettore un affresco veridico di un territorio altrimenti sconosciuto (e che, come rivela l'autrice stessa, ella ha appreso a conoscere anche da membri della sua famiglia ivi immigrati), in un'epoca cruciale.
Non meno veridiche sono le descrizioni dei personaggi, soprattutto di quelli storici: fra essi primeggia Luis Beigbeder, orientalista, diplomatico e Ministro degli Esteri di Franco, già governatore del Marocco Spagnolo, poi disarcionato dal Caudillo perché sgradito alla politica franchista e troppo vicino agl'Inglesi; e la sua amante, l'inglese Rosalinda Fox, di cui l'autrice capta il fascino leggero, brioso, quasi aereo, così tipico degli anni '30 e simile agli svolazzanti figurini di moda dell'epoca. Ma un po' tutti i personaggi del romanzo appaiono autenticamente vivi: dall'austero e navigato commissario Vasquez, che tira fuori dai guai Sira al suo arrivo a Tangeri, agli amici improbabili che lei si fa nella pensioncina in cui finisce o nel vicinato del suo nuova ateélier, dai nazisti che sbattono i tacchi con perfido sussiego un po' per tutto il romanzo, alle spie inglesi, eleganti e con un pizzico di understatement; fino a Marcus, l'enigmatico inglese di cui, poco per volta, quasi con pudore, Sira si innamora. Bisognerebbe però citare, tra i protagonisti, anche la moda, di cui l'autrice conosce non poco: tra tessuti plissettati di Fortuny e shantung, l'alta sartoria compare qui al  meglio, come forma di arte e serio lavoro, in cui regolarmente trova rifugio Sira.
Ecco, forse un poco meno afferrabile mi è parsa la psicologia della protagonista, che sembra quasi diluita dall'impiego della prima persona come io narrante: Sira, l'ingenua sartina che si fa ingannare dal seduttore e poi, allo stremo delle forze, con l'aiuto di alcuni amici, si reinventa come modista, appare una personalità fluttuante, troppo oscillante tra estremi diversi, talora dai contorni un po' vaghi. Sembra quasi che venga definita più dagli eventi esterni che descrive e da cui si lascia assorbire, dalle pressioni altrui, che da caratteristiche interne proprie (tra queste, anzi, emerge soprattutto la paura). In effetti, al di là dei toni da classico ed elegante feuilleton, il romanzo pone anche degl'interrogativi cospicui, che non si riassumono esclusivamente nella lotta, scontata, contro i "cattivi" nazisti: questioni come la fedeltà a se stessi e a ciò che più conta, al proprio paese, il rapporto tra autenticità e menzogna (Sira si sente spesso al centro di un'impostura), la serietà nel lavoro, l'eleganza più vera, il coraggio. Forse, anzi, sono proprio questi i valori che, al termine della lettura, isolerei come il lascito più genuino di questo libro: coraggio ed eleganza, nel senso più alto del termine. Sira, questa personalità apparentemente fragile e che, all'inizio, pare non avere nulla di speciale, anzi essere più spinta ad agire e a subire, che protagonista della propria vita, impara a far suoi proprio coraggio ed eleganza, virtù che le vengono quasi imposte dalle circostanze: ma, grazie ad esse, infine scopre se stessa ed arriva a maturare e ad autodeterminarsi (chi leggerà il libro vedrà come).
Un ultimo aspetto che ho gradito moltissimo vorrei segnalare: la sensibilità dell'autrice nell'evitare i consueti luoghi comuni. Un romanzo con al centro una donna, oggi, ci casca di continuo: uomini inesorabilmente cattivi, sfruttatori, donne tanto virili, quanto inverosimili, la perpetua denuncia di ogni genere di male, vero o presunto, e, soprattutto, l'indulgere morboso allo scandalo, al sesso a tutti i costi, oppure il rovistare insistito e quasi perverso negli aspetti più bui dell'esistenza. Niente di tutto questo nella Dueňas. Le storie d'amore del romanzo sono narrate con tatto e buon gusto, quasi con pudore; il male esiste, viene stigmatizzato, ma l'autrice non ci insiste sopra con una specie di voyeurismo; soprattutto, la consistenza umana dei suoi personaggi ci ricorda che al mondo esistono tante persone buone, magari un po' disastrate, ma fondamentalmente oneste.
Il romanzo è pieno di persone autenticamente buone e descritte senza melensaggini. Ne vorrei ricordare due. Una è Candelaria, la robusta e spicciativa contrabbandiera cui appartiene la pensione in cui finisce Sira all'inizio del romanzo: dietro al tratto brusco e sbrigativo, ai modi da popolana, si indovina una gran brava donna. L'altro è il padre di Sira, appartenente a una famiglia di ceto elevato e che, contrariamente agli stereotipi, non ha né ingannato, né si è approfittato della mamma di Sira, anzi: l'ha amata davvero, ha fatto del suo  meglio per sposarla, per poi doversi arrendere davanti alle pretese della famiglia e alla cocciutaggine della donna stessa. Padrone di fabbrica travolto dalle proteste operaie, ma che sempre ha cercato di proteggere i suoi operai, serio, responsabile, pur coi suoi limiti, cittadino preoccupato per il proprio paese e, poco per volta, padre sempre più attento, Gonzalo viene caratterizzato con finezza, ben al di là degli stereotipi cui obbedisce di solito la rappresentazione di ricchi, padroni e borghesi. Ricollego queste qualità all'empatia e all'onestà intellettuale dell'autrice, che, attraverso le pagine del romanzo, rivela una profonda  umanità. Questo, assieme allo stile estremamente vivace e scorrevolissimo, mi permettono di consigliare La notte ha cambiato rumore come una gradevolissima, costruttiva lettura, che si divora tutto d'un fiato.
 

        Una scena dello sceneggiato Il tempo del coraggio e dell'amore, basato sul romanzo nel 2013 e andato in onda in Italia, sulle reti Mediaset, nel 2014.

Ringrazio la mia amica e collega Giorgia per avermi consigliato questa bella lettura.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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