martedì 20 settembre 2016

La gloriosa 4O...in gita! (II parte)


II puntata

Errata corrige: Giacomo, al suo ritorno dagli States, ha specificato che il suo soprannome non è "Gila", ma, in modo più anglofono e aderente al suo cognome, "Jiro".

Nota: nella versione inglese, i soprannomi di Veronica, Tommaso (Guado) e Nicola (Mastro), vengono rispettivamente tradotti come "True, Ford e Master"....


A proposito di Celeghini, posso narrare, a mo' di digressione, anche alcuni aneddoti. Qualche anno fa, in quella che oggi è la nuova 4O, quando riferii che i Celti avevano invaso la Pianura Padana e che noi abbiamo ancora sangue celtico, i ragazzi mi chiesero: "Ma come erano i Celti? A chi assomigliavano?". A dire il vero, qualche faccia "celtica" in classe ce l'ho e io stessa ho quelle origini (per parte di padre), ma non sono così rappresentativa; poi, all'improvviso, mi si è accesa una lampadina in testa: "Sapete chi assomiglia ai Celti, ragazzi? Celeghini!". L'anno scorso,la prof.Raffa Zanella, che è l'anima del liceo sportivo, ha avuto una delle sue innumerevoli (e inconsulte) idee: un corso di tango. Ebbene, è andata dietro per tutto un venerdì mattina, perché voleva che io mi iscrivessi al corso del pomeriggio e facessi coppia con Andrea (che, manco a dirlo, era oberato di lavoro). Si vedeva lontano un miglio che, secondo lei, avremmo fatto figura (aveva intenzioni pubblicitarie per il liceo sportivo?). Ma quel venerdì mattina, io avevo un'emicrania in crescita, quindi le ho detto francamente di mandare a casa Andrea, che aveva il suo bel da fare (purin!), tanto sarei andata a casa anch'io ("Il tango! Questa poi! Con l'emicrania!").


Adesso che sapete chi è Celego, secondo flash-back: perché ero in ritardo? Quella mattina ero proprio contenta: mi ero alzata presto ed ero riuscita a fare un mucchio di cose. Il treno partiva alle 7.51, quindi avevo tutto il tempo. Tuttavia, qualcosa in me deve avere sbagliato i calcoli (come spesso avviene). Sta di fatto che, alle 7.28, mentre stavo TRANQUILLAMENTE finendo di risciacquarmi i denti, qualcosa dentro di me ha protestato violentemente: "Annarita, si può sapere che cosa ci fai ancora qui a lavarti i denti??? Il treno parte fra 20 minuti!!!".

Tralascio le scene seguenti, perché fanno parte degli stralci più ignominiosi della mia biografia. Basti immaginare che ho sputato fuori tutta l'acqua d'un colpo, mi sono precipitata a prendere la borsa, per fortuna già pronta, ho afferrato le chiavi della macchina, quindi mi sono catapultata (il termine è adeguato e persino riduttivo) fuori da casa con le chiavi in mano e sono corsa verso la mia fida Polpetta. Con una partenza degna del circuito di Monza sono sfrecciata fuori dal parcheggio (strettissimo) di via Pomposa, ho affrontato la strada, mi sono trovata davanti, su Corso Giovecca, il camioncino dei surgelati che andava a passo di lumaca e non ne voleva sapere di accelerare, né di spostarsi, ho affrontato il rettilineo che doveva portarmi alla stazione ansimando d'angoscia a ogni semaforo (nota a pie' di pagina: quella mattina li ho beccati, tutti, ma proprio TUTTI rossi!) e, ancora di più, ho provato angoscia quando mi sono posta la domanda cruciale: "Ma quando arrivo alla stazione, DOVE PARCHEGGIO IN TEMPI RECORD???".


E qui interviene la Provvidenza manzoniana, che protegge anche le prof più sprovvedute. Perché la prospettiva di trovare un parcheggio una mattina di dicembre accanto alla stazione era talmente terrificante, che, "non mi vergogno a dirlo" (come osservò il "Prigioniero di Zenda") "elevai un pensiero" verso il cielo. E, proprio quando ho passato l'ultimo semaforo, mi ha soccorso l'ispirazione provvidenziale: infilarsi in volata nello spiazzo vuoto del parco sotto il grattacielo. Detto fatto: con questa scena di parcheggio d'emergenza e la corsa verso la stazione, ci ricolleghiamo a quella iniziale nell'atrio. Colta in flagrante reato di ritardo da Celego non ho potuto far altro che ammettere quanto sopra; poi abbiamo cominciato a guardarci intorno per contarci tutti. C'era anche l'altra collega, Silvia, una persona dolcissima, come ho scoperto quel giorno; e, ovviamente, anche se ero arrivata in folle ritardo, mancava ancora qualcuno.

Dopo di me ha fatto la sua tradizionale comparsa Orla (ma il suo ritardo è pura routine, un classico di tutti i tempi, e va messo in conto in partenza), ma ne mancava ancora uno: Zek, detto anche Zachi, oppure "il profeta" a causa, vuoi dell'atteggiamento (solitamente, ma non proprio sempre) serio, vuoi della barba (che ricorda vagamente la moda talebana). Siccome è di solito piuttosto preciso, ci guardavamo intorno preoccupati perché, a quel punto (7.47), temevamo seriamente di non vederlo più arrivare e che perdesse il treno. Il ritardo di Zek ha conferito nuove sfumature thriller a questa vicenda, che già ne prevede abbastanza per causa mia.



Dopo averci esortato a raggiungere il binario, Celego è rimasto ad aspettarlo nell'atrio della stazione, mentre noi migravamo ordinatamente verso la banchina: ma "il profeta" proprio non compariva (neanche fosse il Mahdi...). Eppure, gli ultimi contatti telefonici lo davano nelle vicinanze della stazione...Infine, proprio mentre il collega, rassegnato, saliva sul vagone accanto a me (e, da buon ultimo, con effetto scenico notevole, era ancora aggrappato alla maniglia della porta), io mi spenzolavo fuori a controllare un'ultima volta ed eravamo ormai tutti su, abbiamo intravvisto "in lontananza", Zek: sagoma arancione, che "fluttuava all'orizzonte" e correva verso di noi, agitando le braccia disperatamente verso di noi e avanzando ormai stentatamente e con gli ultimi aneliti di fiato rimasto, dal sottopassaggio. Anche questa era proprio una scena da film: mi ricordava vagamente Frank Sinatra all'inseguimento del treno che dovrebbe portarlo verso la libertà nell'ultima scena de Il colonnello von Ryan. Se non altro, Zek era visibilissimo: difatti, come accennato, indossava la sua giacca a vento arancio. Questo ci ha permesso di avvistarlo alla svelta, come fanno negli USA i poliziotti coi detenuti in fuga: ma quando è salito sul treno col fiatone, Michi gli ha più prosaicamente chiesto....se lo avevano assunto alle autostrade. (continua)

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