Io confesso
Il sacramento cattolico della confessione, così come l'obbligo del segreto che lo protegge, ha molto affascinato i cineasti nel corso del tempo: lo dimostra l'ultimo film di cui ho postato la recensione, le Confessioni, che cita del resto proprio questo capolavoro di Hitch. Io confesso è un titolo dal molteplice significato, che dipende dal soggetto: può essere il sacerdote che confessa, oppure il criminale che ammette la sua colpa. Ma il film è molto profondo e analizza il motivo della colpa, della sua confessione, del perdono, del sacerdozio e delle incalcolabili conseguenze di tutto questo per la società.
Siamo in Québec, regione francofona e cattolica del Canada. Dopo una serie di inquadrature sulle vie silenziose della città, da una finestra aperta scorgiamo il cadavere di un uomo; per la strada, uno sconosciuto vestito da prete, l'assassino, si allontana. Poco dopo, alla parrocchia di Santa Maria, nella chiesa vuota e silenziosa, il sacrestano, un profugo tedesco, Otto Keller, chiede al giovane padre Micheal Logan di confessarlo: è lui che ha ucciso, durante un tentativo di rapina finito male, l'avvocato Villette. Keller, che, da profugo, è stato accolto dallo stesso padre Logan in parrocchia, si giustifica dicendo che aveva bisogno di soldi: voleva assicurare un futuro migliore alla moglie Alma. Noi non assistiamo alla confessione, quindi non sappiamo se padre Logan lo assolve; di certo, gli consiglia di costituirsi. Ma quando l'ispettore Larrue (interpretato dall'ottimo Karl Malden) inizia le indagini, arriva a sospettare dello stesso padre Logan; infatti, prima della guerra, Micheal Logan era stato fidanzato con Ruth (Anne Baxter), ora sposata con un importante uomo politico, Pierre; e, siccome i due si erano rivisti dopo la guerra, quando Logan non era ancora sacerdote, ma Ruth era già sposata (e non glielo aveva detto), Villette, che lo aveva scoperto, aveva cominciato a ricattare Ruth. Un ottimo movente per l'omicidio: ma padre Logan, che è innocente, non può difendersi, perché dovrebbe rompere il segreto della confessione per puntare il dito contro il vero assassino....
Questo è un altro capolavoro di Hitch: ottima la sceneggiatura, cui lavorarono in parecchi (Hitch, la moglie Alma Reville, William Archibald, George Tabori), la fotografia in bianco e nero, del buon vecchio Robert Burks, la musica, di Dimitri Tiomkin, eccellente l'interpretazione di Anne Baxter.
Ma la pellicola si incentra sulla splendida interpretazione di Montgomery Clift, un grande di Hollywood, perfetto qui nel ruolo del sacerdote: sensibile, discreto, corretto, limpido, fedele ai suoi principi, ma schiacciato dal tormento interiore e dal dilemma provocato dalla gravità delle sue responsabilità (e anche la rappresentazione della canonica con gli altri sacerdoti è genuina). Notate che padre Logan osserva in modo molto fedele il segreto della confessione (Hitch era cattolico e sapeva bene queste cose): non solo non rivela niente della confessione, ma, come dice il codice di diritto canonico, non fa neanche niente in rapporto a quello che ha saputo in confessione. Badate ad esempio a come reagisce quando l'assassino, Keller, lo incalza: tace, non si lascia neppure sfuggire un riferimento alla confessione, come se questa non fosse mai esistita. Ed è giusto che sia così: spesso si ergono delle voci contro il segreto della confessione, ma esso è molto più grave di un qualsiasi segreto professionale; al di là della sua dimensione sacra, il segreto della confessione è un baluardo della coscienza del singolo, là dove lo Stato non ha alcun diritto di entrare (poi gli inquirenti devono fare il loro lavoro, come Larrue qui).
Se dovessi spiegare a un non cattolico che cos'è un sacerdote, probabilmente gli mostrerei Io confesso: perché la profondità dell'interpretazione di Clift deriva dal fatto che qui padre Logan diventa una figura Christi, cioè un'immagine del Cristo. Il vero sacerdote si accolla i pesi degli altri, come Gesù. In alcune scene compare il Crocifisso oppure l'immagine del padre che vaga è sovrapposta a quelle della Via Crucis: come tanti innocenti nel corso della storia, padre Logan rivive sulla sua pelle le sofferenze del Cristo. Da questo punto di vista, alcuni punti del film sono impressionanti. Il silenzio di padre Micheal davanti ai suoi accusatori ricorda il passo di Isaia, 53,6-7 normalmente applicato alla passione (e citato, non a caso, all'inizio di The Passion di M.Gibson):
Noi tutti eravamo sperduti come un gregge,
ognuno di noi seguiva la sua strada;
il Signore fece ricadere su di lui
l'iniquità di noi tutti.
Maltrattato, si lasciò umiliare
e non aprì la sua bocca;
era come agnello condotto al macello,
come pecora muta di fronte ai suoi tosatori,
e non aprì la sua bocca.
Quando padre Logan, accusato da tutti, si trova solo e indifeso in mezzo alla folla, che intende linciarlo, non può non venire in mente quello che successe al Cristo durante la Via Crucis: i condannati a morte erano messi alla berlina in mezzo al popolo prima dell'esecuzione ed erano fatti oggetto dei peggiori insulti e maltrattamenti. La mattina della crocifissione, il Cristo fu sottoposto a vessazioni inimmaginabili (è una delle parti del Nuovo Testamento che ho studiato di più): e quando uscì The Passion, questo film fece scandalo perché era realistico. Analogamente, la scena di padre Micheal solo in mezzo alla folla è terrificante.
Se avete in classe la mia Omonima, la prof.sa Donatella Magri, di Storia dell'Arte (di cui sono onorata di essere amica), la sentirete forse parlare del filosofo Réné Girard. Ebbene, Girard ha fondato il suo pensiero sul tema del capro espiatorio: ovvero, ogni società cerca un capro espiatorio su cui rovesciare le colpe di tutti. In realtà, sarebbe bene e salutare che ognuno riconoscesse le proprie: ma pochi arrivano a questa maturità. E allora, succede che la società va avanti perché alcuni (spesso i migliori) si caricano dei pesi degli altri, proprio come padre Logan. Ecco perché saper chiedere perdono è uno straordinario passo avanti, una liberazione (come vedrete nel film): e mi ricordo di aver più volte sentito dire, dai detenuti, che la confessione per loro era un eccezionale sollievo. All'opposto, come vedrete, l'assassino continua a dare la colpa a tutti, tranne che assumersi la sua.
Per inciso: il teatro (a differenza del cinema, che pure è magnifico) è liturgia, ha un che di sacro, che gli deriva dalle sue radici: da un lato, il grande teatro greco classico, dall'altro le rappresentazioni sacre medievali. Ma la rappresentazione scenica per eccellenza è la Passione. Ve ne potete rendere conto per Pasqua, alla lettura del Passio, quando in chiesa scende un silenzio totale. E questa è una delle ragioni dell'impressionante profondità di questo film.
I confess
The Catholic sacrament of confession, as well as the obligation to secrecy that protects it, has fascinated filmmakers over time, as demonstrated by the last film whose review I posted, the Confessions, which quotes precisely this masterpiece by Hitch. I confess is a title of multiple meaning, which depends on the subject: it can be the priest who confesses, or the criminal who admits his guilt. But the film is very deep and analyzes the themes of fault, confession, forgiveness, priesthood and the incalculable consequences of all this for society.
We are in Quebec, the French-speaking and Catholic region of Canada. After a series of shots on the silent streets of the city, from an open window we see the corpse of a man; on the street, a stranger dressed as a priest, the murderer, walks away. Shortly after, in the parish of Saint Mary, in the empty and silent church, the sacristan, a German refugee, Otto Keller, asks young father Michael Logan for a confession: he has killed lawyer Villette during an attempted robbery gone bad. Keller, who, as a refugee, was welcomed by same father Logan in the parish, justifies himself by saying that he needed money: he wanted to ensure a better future to his wife Alma. We dont' see the confession, so we do not know if father Logan absolves him; certainly, he advises him to go to the police. But when inspector Larrue (played by excellent Karl Malden) starts investigating, he comes to suspect just father Logan; in fact, before the war, Michael Logan was engaged to Ruth (Anne Baxter), now married to a prominent politician, Pierre; and since the two met again after the war, when Logan was not yet a priest, but Ruth was already married (and she had not told him), Villette, who had discovered them, had started blackmailing Ruth. A good motive for murder: but father Logan, who is innocent, can not defend himself, otherwise he should break the seal of confession to point to the real murderer ....
This is another masterpiece by Hitch: excellent screenplay, prepared by several people (Hitch, his wife Alma Reville, William Archibald, George Tabori), photography in black and white by good old Robert Burks, music by Dimitri Tiomkin, an excellent performance by Anne Baxter.
But the film focuses on the beautiful portrayal of father Logan by Montgomery Clift, a great Hollywood actor, perfect here in the role of a priest: sensitive, discreet, correct, limpid, true to his principles, but crushed by inner torment and the dilemma caused by the gravity of his responsibility (and the representation of the rectory with other priests is genuine too). Note that Father Logan looks so very true to the secret of confession (Hitch was a Catholic and knew such things): he does not only reveals anything of the confession, but, as the code of canon law says, he does even nothing in relation to that confession. Mind, for example, how he reacts when the murderer, Keller, urges him: he remains silent, he does not even hint to that confession, as if it had never existed. And rightly: some voices often burst against the seal of the confessional, but it is much more serious than any professional secrecy; beyond its sacred dimension, the seal of the confessional is a bastion of the individual conscience, where the State has no right to interfere (then the investigators must do their job, as Larrue does here).
If I had to explain to a non-Catholic who is a priest, probably I would show him I confess: the depth of Clift's interpretation comes from the fact that here father Logan becomes a figura Christi, that is, an image of Christ. The true priest bears the burdens of others, like Jesus. In some scenes you see the Crucifix or the image of the father who wanders against those of the Way of the Cross: like many innocent people throughout history, Father Logan lives on his skin Christ's sufferings. From this point of view, some scenes of the film are impressive. The silence of Father Michael before his accusers recalls the passage in Isaiah, 53.6 -7, normally applied to the Passion (and quoted, not surprisingly, at the beginning of The Passion by M.Gibson):
We had all gone astray like sheep,
each of us has turned to his own way;
the Lord has laid on him
the iniquity of us all.
He was oppressed, and was afflicted
and he opened not his mouth;
like a lamb led to the slaughter,
like a sheep dumb before its shearers,
and he opened not his mouth.
When father Logan, accused by all, is alone and helpless amid the crowd, who is going to lynch him, I can not help but recall what happened to Christ during the Way of the Cross: those sentenced to death were put to shame among the people before their execution and were subdued to the worst insults and mistreatment. On the morning of his crucifixion, Christ was subjected to unimaginable harassment (this is one of the parts of the New Testament I studied the most): and when it came out, The Passion caused a scandal because it was realistic. Similarly, the scene of father Micheal alone in the middle of the crowd is terrifying.
If you have in class my namesake, Art History prof.Donatella Magri (whose friend I am honored to be), perhaps you will hear her mentioning philosopher René Girard. Well, Girard founded his thought on the theme of the scapegoat: that is, any society looks for a scapegoat on which it downloads the faults of all. In fact, it would be good and healthy that everyone recognizes his own: but few come to this maturity. And then, society goes on because a few (often the best ones) are overloaded by the burdens of the others, just like father Logan does. That's why asking for forgiveness is an extraordinary step forward, a relief (as you will see in the film); and I remember, several times I heard from inmates that confession was a great relief to them. Conversely, as you will see, the murderer continues to blame everyone but himself.
Incidentally: theater (as opposed to cinema, which is also great) is liturgy, has something sacred, which derives from its roots: on the one hand, the classical Greek theater, on the other the medieval mystery plays. But the scenic representation par excellence is the Passion. You can realize it on Easter, during the reading of the Passion, when the church is immersed in an impressive, total silence. And this is the main reason of the impressive depth of this film.
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domenica 4 settembre 2016
Io confesso (I confess, A.Hitchcock, 1953)
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