giovedì 30 novembre 2017

Questioni amorose in 4M


Questioni amorose in 4M

La letteratura dà spazio a molte riflessioni: e quelle sull'amore fanno la parte del leone. Inevitabilmente, nelle mie classi queste riflessioni assumono spesso dei risvolti piuttosto divertenti grazie alla spontaneità impagabile dei miei ragazzi. Dato che l'attuale 4M è una classe "tenerona", che si distingue per l'appunto per spontaneità e simpatia, ecco qua alcune chicche.


Alcune settimane fa, spiegazione sul petrarchismo. Assieme al petrarchismo bisogna ricordare il suo fondatore, Pietro Bembo, il nobile letterato veneziano che propose Petrarca a modello della lirica italiana: e, a questo punto, non si può non ricordare che Bembo fece una trasferta a Ferrara nel 1497-98 (quando conobbe Ariosto) e poi nel 1500-1501...per motivi amorosi. 
Bembo era un giovanotto di belle speranze e di grande cultura: e, come raccontavo ai ragazzi, affascinò una giovane vedova, anche lei di famiglia patrizia veneziana, Maria Savorgnan. All'epoca, molte vedove di alto lignaggio venivano "incaprettate" dal testamento del marito, che imponeva loro di non risposarsi pena la perdita dell'eredità: e poi ci pensavano gli altri parenti a montare la guardia. Successe anche ad Alessandra Benucci, l'amata di Ariosto: difatti, loro si sposarono in segreto. Ebbene, Maria Savorgnan diede inizio, con grande intraprendenza, a un corteggiamento segreto e serrato all'indirizzo di Bembo, inviandogli tanto di sonetti (a quel punto, qualcuno dei ragazzi ha osservato che sarebbe molto bello ricevere delle poesie da una ragazza! Può essere un'idea, in effetti). Bembo rispose coi suoi e, poco per volta, nacque una storia d'amore appassionato. 


                                                        Ritratto di P.Bembo di Tiziano

Però, a dire il vero, Bembo era un po'...freddino. Il fatto è che aveva fifa. Il cognato di Maria, Trifone (un nome, un programma) si aggirava intorno come un condor, meglio, un avvoltoio, e ben presto si accorse che qualcosa non quadrava: però non riuscì mai a scoprire chi era il giovanotto che la cameriera riusciva abilmente a contrabbandare di notte nella camera della sua padrona. Successe quindi che, essendo Pietro un amico di famiglia (per di più, si occupava dell'educazione dei figli di Maria), Trifone si sfogava regolarmente con lui. Immaginatevi la scena; Trifone (con accento veneziano): "Quella disgraziata! Sta rovinando l'onore della famiglia! Ma io VORREI TANTO SAPERE CHI E' LUI!". Appunto: e Pietro Bembo si metteva a fissare inspiegabilmente il soffitto. 
Andò a finire che Trifone spedì la cognata qui da noi, a fare da damigella alla corte di Eleonora d'Aragona: e Pietro dietro. Ma, alla fine, dopo due anni circa, la storia d'amore finì. Perchè? Ecco, Maria si rese conto che Pietro non le corrispondeva con altrettanto ardore. Rimangono comunque i sonetti che si sono scambiati a testimonianza della passione. 


Ebbene, a chiusura del  mio racconto, Ilaria, una bravissima ragazza della mia ex-parrocchia, ha osservato ridendo dal fondo: "Allora prof, Pietro Bembo era uno scolapasta!"
Strabuzzo gli occhi. "Ilaria, cosa hai detto?"
"Che Bembo era uno scolapasta".
"Che vuol dire?"
"Vede, prof, quando un ragazzo...non combina nulla, io e le mie amiche diciamo che è...uno scolapasta".
"Perché?" Io ero  piuttosto incuriosita da quella nuova definizione. 
"Perché uno scolapasta ha i buchi e l'acqua se ne va tutta via".
"Ma resta dentro la pasta" ha osservato uno dei ragazzi (mi pare Francesco A.)
A quel punto, ben conoscendo il problema, ho chiosato io: "Mi sa che, a quel punto, se n'è andata anche la pasta...che è ormai dentro al piatto".
Quindi è ufficiale: Bembo era...uno scolapasta. 


A dire il vero, la questione degli "scolapasta" è piuttosto annosa a Ferrara. In qualsiasi esercizio pubblico o commerciale mi trovi, dalla scuola all'università, dalla piadineria alle parrucchiere, con una decisa preponderanza di queste ultime, saltano fuori sempre gli stessi argomenti:
1) Ferrara è un mortorio;
2) Gli uomini ferraresi non prendono alcuna iniziativa di corteggiamento (e non si capisce come ci si debba comportare con loro).
La mia amica della piadineria lo dice in continuazione e sua mamma aggiunge: "Come fai, sbagli". Ora, se queste sono le considerazioni di qualcuno che lavora comunque in  un negozio, vi immaginate che cosa devo dire io, che sono perennemente circondata da adolescenti e (dolcissime) vecchiette della parrocchia?


Io ho provato anche a trovare una causa "sociologica", culturale, storica di questo scempio, ma tant'è: non si sa. Sempre secondo le "statistiche" sciorinate dalla parrucchiera (sabato sono andata a farmi tagliare i capelli), questo è un problema tipicamente ferrarese: dall'altra parte del Po, i Veneti cercano ancora di fare un corteggiamento dignitoso (almeno ci provano), i Meridionali poi, non se ne parli (alle volte, esagerano nell'altro senso), ma i Ferraresi, proprio, sembrano, come dico io, delle lumache sgonfie: veramente, spirito d'iniziativa, saltami addosso, e in anni che abito qui, mi sono sentita spesso praticamente trasparente. Eppure, una generazione fa le cose dovevano andare diversamente: il "mitico" bibliotecario di Giurisprudenza, Lucio, una volta mi fa sorridendo: "Chissà quanti filarini hai tu!". "Mah, Lucio, veramente...". E l'ho guardato sgranando un po' gli occhi.


"Eh, prof, non ci sono più i principi di una volta!" hanno sentenziato filosoficamente i miei studenti di 4M sabato mattina, quando siamo andati a visitare il centro di Ferrara. E' stata una mattinata splendida: visita alla casa di Ariosto, poi al Duomo e infine al Museo della Cattedrale. Quel giorno, anche se ero un po' stanca per la settimana, non vedevo l'ora di uscire con loro, perché sono davvero buoni e con loro si sta tanto bene. In quel momento, avevamo appena finito la visita al Museo di S.Romano e stavamo indugiando davanti alla Cattedrale. L'osservazione sui "principi di una volta" proveniva da Ilaria, ancora lei, e da Iacopo B. 
"Sa prof che Iacopo ha "importunato" la sorella di *?" (un altro mio allievo più grande, il cui nome è meglio lasciare nella penna). In realtà, Iacopo è un bravissimo ragazzo e non importuna proprio nessuno: ma mi hanno raccontato tutta la storia ed era piuttosto divertente. La ragazzina in questione è del biennio, ma un amico di  Iacopo, di  terza, molto, ma molto timido, nutriva dell'interesse per lei: solo che non si azzardava a fare il primo passo. Così Iacopo ha fatto da "ambasciatore".


"Be'? E da quand'è che fai il "pronubo"?
"Allora, raccontava Iacopo, abbiamo pensato che un "grande di quarta" avrebbe fatto più effetto e l'ho chiamata io".
"E com'è andata?"
"Pensi, lei faceva resistenza!".
"Sai com'è - ho sentenziato io, pensando a quella sagoma di fratello che si ritrova - con i modelli che ha in casa, c'è da capirla".
"Però, sono stato bravo: sono riuscito a farle firmare il contratto!"
"Contratto?"
"Volevo dire: ha preso l'impegno di uscire col nostro gruppo. Ce l'ho fatta!"
La morale è che possiamo sperare nelle giovani generazioni: e il sorriso allegro di Iacopo è impagabile, quando dice, indicando se stesso: "Prof, ci penso io". Bisognerebbe impiegarlo per dei corsi di aggiornamento da impartire ai suoi congeneri più vecchi.


A proposito di questioni amorose in 4M, bisogna però ricordare le origini: ovvero, la versione locale della storia di Paolo e Francesca (un must, divenuto epico). Il protagonista è un simpatico giovanotto di cui non rivelerò qui il nome (tanto tutti lo sanno).
Fine del secondo giro di interrogazioni del primo quadrimestre, poco prima della fine di gennaio. Manca solo il nostro, cui chiedo Inferno 5,127-32, il celebre brano che prelude al fatidico bacio di Paolo e Francesca:

Noi  leggiavamo un giono per diletto
di Lancialotto come amor lo strinse; 
soli eravamo e sanza alcun sospetto. 

Per  più fiate li occhi ci sospinse
quella lettura, e scolorocci il viso;
ma solo un punto fu quel che ci vinse. 


"Dai,  parafrasa il testo", lo invito; e lui esordisce con molto impegno: 
"Francesca parla e racconta: io e Paolo stavamo leggendo un giorno il romanzo su Lancillotto, da soli; e, mentre leggevamo, ci guardavamo in viso, siamo impalliditi e poi - una breve pausa - ....MANNAGGIA!!!"
Esplosione di risate per tutta la classe (mi ricordo ancora il sorrisone di Emilia sull'argomento). Come ha parafrasato in seguito il buon Lucio, cui ho raccontato l'aneddoto: "E poi, è successo  l'irreparabile". In effetti. Mentre rido anch'io di gusto, osservo: 
"Siamo sicuri che Francesca abbia detto così? In fin dei conti, Paolo era detto "il Bello"!"
Chissà cosa direbbe il buon vecchio Dante...In fin dei conti, pure lui ha origini ferraresi (ma di certo non era uno scolapasta). Di sicuro, da lassù, ride anche lui. 

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