sabato 11 novembre 2017

La manipolazione e la monaca di Monza


La manipolazione e la monaca di Monza

La storia della monaca di Monza (capp.9-10 dei Promessi sposi) è forse il vertice della spietata analisi che Manzoni consacra al potere e ai suoi abusi. Calvino difatti sosteneva che I promessi sposi sono il romanzo "dei rapporti di forza": e mai come in questi capitoli, la violenza si fa strada nella vita delle persone, in tutte le sue forme. Passerò allora in rassegna la vicenda della monaca alla luce delle caratteristiche della manipolazione relazionale (per cui rinvio ai miei post precedenti, che la illustrano adeguatamente).


                                                   La Signora di Monza, di G.Molteni (1847)
Comunicazione e menzogna

Per  motivi di chiarezza, preferisco partire dalla comunicazione. I manipolatori, lo sappiamo, mentiscono e a oltranza. Nel nostro caso, il manipolatore è chiaramente il padre della disgraziata Gertrude, che invece è la vittima; ma anche la vittima, come vedremo, impara a mentire dal suo carnefice. Del resto, la corretta comunicazione con gli altri o con l'esterno può saltare in varie maniere. Vediamo come.


C'è innanzitutto la menzogna di partenza: a Gertrude viene imposta una vocazione che non è sua, per motivi di denaro (il padre, per via del maggiorascato, deve preservare il patrimonio per il primogenito e destina al convento tutti i figli cadetti). Ed ecco allora che, sulla base di quella menzogna iniziale, la piccola viene sottoposta fin dai primi anni di vita a un vero e proprio lavaggio del cervello: le viene imposto "un nome che risvegliasse immediatamente l'idea del chiostro e che fosse portato da una santa di alti natali"; gioca con "bambole vestite da monaca", poi con "santini"; viene lodata esclusivamente con la frase "che  madre badessa!"; a ogni pie' sospinto le viene ricordato che deve mantenere un comportamento adeguato a quello di una monaca; e cosi via.

Della menzogna divengono complici anche molte suore del monastero dove la bambina viene collocata: liete della potente protezione del principe padre, esse si danno da fare per adescare Gertrude con "chicche e carezze senza fine" e un'adulazione continua che non può che essere bugiarda. Tutte bugie che, almeno nella mente di Gertrude crollano al confronto con la realtà, cioè la vita sontuosa prospettata alle sue compagne di collegio, che si aspettano di sposarsi e vivere nel mondo tra "nozze, pranzi, conversazioni, festini".


Gertrude è, fondamentalmente, sola. La  violenza isola e la menzogna non fa di meno, dato che di solito procedono a braccetto. En passant ci viene fatto notare che il primogenito è l'unico figlio rimasto in casa del principe: e, a fronte del compatto trio padre - madre - figlio primogenito, per tutta la storia la ragazza appare come un'esclusa, una paria. D'altronde, i suoi rapporti con le compagne di collegio sono altalenanti, tra dispetti e una forma di amicizia "apparente e passeggiera", quando poi, sentendosi sola, la ragazza va a mendicare il favore delle altre ragazze. Al tempo stesso, Gertrude si rinchiude in un mondo di fantasie tutto suo, uno "splendido ritiro" dove "si rifugiava dagli oggetti presenti": anche questo è sintomo di scarsa comunicazione efficace con l'esterno. Le vittime di un'educazione oppressiva si rifugiano di regola in un mondo di fantasia alternativo.


Ma il culmine della menzogna viene toccato quando la povera Gertrude cerca di palesare al padre la sua volontà di non rimanere nel chiostro. Sull'argomento, non ci sarà mai chiarezza, mai una discussione esplicita tra loro: Gertrude, su consiglio di una compagna (che poi la sbeffeggia perché la ragazza ha già inviato la supplica al vicario delle monache), indirizza una lettera al padre (chiaramente, non riesce ad affrontare il soggetto direttamente); poi la badessa, complice del genitore, si limita ad accennare con lei alla "gran collera del principe", senza spiegare oltre. L'accenno, ovviamente, riempie la fanciulla di paura. Fumi di indegno mistero offuscano il soggetto, che non verrà mai trattato direttamente, a viso aperto, secondo verità. 
E quando la figlia si ritrova a casa, dove dovrebbe trascorrere un periodo di vacanza per capire se è destinata al mondo o no, viene completamente isolata; si aspetta delle imposizioni o delle moine, ma non succede nulla di tutto questo; semplicemente, i familiari "la riguardavano come una rea, come un'indegna; un anatema misterioso pareva che pesasse sopra di lei, e la segregasse dalla famiglia". Ancora una volta la isolano ed evitano ad arte di affrontare il problema. Il tema del chiostro le viene solo accennato e, in modo ricattatorio, indicato indirettamente come il mezzo per recuperare l'amore della famiglia; del resto, la ragazza vive segregata in casa e viene ancora più segregata quando, per mancanza di affetto, si innamora di un paggio che è stato gentile con lei, cosicché ella cerca di inviargli una lettera. Quando il ragazzo viene licenziato, il  principe mente sia sul motivo per cui lo ha scacciato, sia per giustificare la continua assenza della ragazza, che viene data per malata.


Menzogna, isolamento, solitudine: tutto questo provoca in Gertrude una gran confusione, che la spinge a provare un senso di colpa eccessivo  per il suo, presunto, "fallo", a vedere il  monastero come un'ancora di salvezza, a provare nostalgia per un affetto familiare che non è affetto. Per questo, cede alle mire del padre: si noti come Gertrude è immersa in una tal mancanza di verità, che crede uno sbaglio quel che non lo è e chiede perdono per una colpa inesistente; la menzogna crea sempre confusione e lei finisce per vedere la realtà attraverso la lente deformante del castello di bugie erettole intorno dal padre. Difatti, quando lei scrive al padre per chiedergli perdono e lo incontra, lui, mentendo, afferma che ora lui non può più farle sposare nessuno, perché lei è venuta meno al  proprio onore (???); e basta che la ragazza intercali il discorso con un vago "sì", perché lui lo rigiri come il segno di un assenso che non esiste.


                                                   La Monaca di F.Hayez


Da questo momento in poi, per la povera Gertrude la vita sarà una valanga di menzogne: col vicario delle monache e poi in occasione di tutti i gradini che la porteranno al noviziato e alla monacazione forzata; quindi, nella losca storia con Egidio. L'ultima menzogna coincide con la terra che ricopre la sventurata conversa, Caterina di Meda, uccisa da Egidio perché avrebbe potuto svelare la tresca. Ma tra le tante menzogne registrate nella triste storia della monaca di Monza, la più impressionante è, a mio avviso, la scena d'indegno teatro che avviene tra il principe e la madre superiora quando Gertrude pronuncia infine la sua richiesta ufficiale di vestire l'abito: la badessa deve "avvertire i genitori....che se, per caso....forzassero la volontà della figlia, incorrerebbero nella scomunica". I due interlocutori mantengono una cortesia di facciata, quindi si separano con malcelato imbarazzo. Mette conto ricordare che, davanti a Dio, questi due erano già colpiti dal fulmine della scomunica?

1 commento:

  1. Conosci la versione in 10 minuti dei Promessi Sposi fatta dagli Oblivion?
    Sono bravissimi! E notevole è la loro parafrasi del voto fatto da Lucia... :-)
    Questo è il link.

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