martedì 11 agosto 2020

S.Marta e l'amore trasformante

 

S.Marta e l'amore trasformante

Alcuni giorni fa (29 luglio) era S.Marta, molto nota perché, quando aveva Gesù come ospite, protestò che sua sorella Maria, invece di aiutarla, stava ad ascoltare Gesù (cfr. Luca 10,38-42). E’ un episodio che suscita regolarmente una mini-rivolta delle casalinghe, ragion per cui, come ricordavo di recente in un altro post, una studiosa di Nuovo Testamento ha osservato una volta: “Gesù fa parte di quegli uomini che pensano che il pranzo si prepara da solo” (!!!). Mi permetto di dissentire, anche perché Lui aveva un gran rispetto per il lavoro domestico; però temo che chi scriveva così, abbia incontrato parecchi uomini che agivano così. Come ho altresì spiegato, il bonario ammonimento di Gesù si può anche interpretare innanzitutto come cura per gli ospiti (oltre che, ovviamente, come focalizzazione preferenziale su di Lui). Però il giorno di S.Marta non abbiamo ascoltato in chiesa questo brano, bensì quello in cui Marta parla a Gesù prima della resurrezione del fratello Lazzaro. E, come osservava un sacerdote che ho udito ultimamente, in questo episodio sembra lei quella che ha più fede, persino rispetto alla sorella Maria, che, dapprincipio, rimane in casa.

La resurrezione di Lazzaro è il più grande miracolo raccontato dal Nuovo Testamento (Giovanni, 11,1-44): talmente grande che, dopo di esso, il sinedrio decise, secondo Giovanni 12,11, di uccidere Gesù, per timore che i Romani accusassero gl’Israeliti di ribellione. In realtà, c’era dietro l’invidia e la sete di potere: per i storici e dalle fonti è ben chiaro che la morte di Gesù fu voluta dall’élite di governo ebraica dell’epoca, che, come molte altre élites di ogni tempo e luogo, aveva interessi inconfessabili ed era collusa con gl'invasori. Giovanni è considerato l’evangelista storicamente più coscienzioso: difficile del resto “inventare” una cosa del genere a pochi decenni dai fatti, specie tra persone di origine ebraica che provenivano da un ambiente abbastanza ristretto, dove un po’ tutti si conoscevano. Di certo, persino le fonti ebraiche ostili a Gesù (si ricordi che ci sono anche quelle non ostili, come Giuseppe Flavio, Antichità giudaiche 18,5,2,63-64, considerato dagli studiosi fondamentalmente affidabile nonostante qualche rimaneggiamento) lo accusano di magia, proprio perché i suoi prodigi erano fin troppo noti. L’accusa di magia e la sua condanna a morte sono anzi le uniche notizie valide che si possono ricavare dalle fonti rabbiniche, come Sanhedrin 43a.

La resurrezione di Lazzaro è raccontata da una mistica ben nota, Maria Valtorta, che descrisse in numerosi volumi le visioni che aveva avuto della vita di Gesù soprattutto tra 1944 e 1946, in gran parte in piena guerra. Secondo uno dei principali specialisti sul soggetto, don Emilio Zucchini, che viene talvolta a tenere alcune conferenze qui a Ferrara, l’opera della Valtorta è l’unico caso di opera mistica che possiede invariabilmente riscontri oggettivi: per esempio, se lei dice di avere visto una certa cittadina ebraica in un determinato luogo, succede che, magari dopo alcuni decenni, gli scavi archeologici la individuano proprio lì. Da studiosa del soggetto, posso confermare che, leggendola, nel corso degli anni ho fatto parecchi “balzi sulla sedia”, perché lei descrive realtà dell’epoca di cui non poteva assolutamente essere a conoscenza (specie da malata, in quanto era permanentemente allettata, durante la guerra, lo sfollamento ecc. ecc.). E scriveva decine e decine di pagine, riempiendo volumi interi, senza mai fermarsi e correggersi, come Mozart, con una precisione storiografica impressionante. Porto di solito un esempio. Nella scena sul processo di Gesù descritta dalla mistica, il noto dottore della Legge Gamaliele, famoso come il maestro di S.Paolo (Atti 22,3), a un certo punto se ne va, trascinandosi dietro un giovanotto che gli assomiglia e che lui chiama “Simone”. Solo durante il dottorato in Svizzera, mentre cercavo di approcciare le (difficili) fonti rabbiniche, fui indirizzata da un celebre studioso di Vienna a un volume tedesco introduttivo sulle stesse: e qui scoprii che il figlio di Gamaliele si chiamava appunto Simone e che diede vita a una vera e propria dinastia rabbinica (quanti di voi lo sanno?).

Bene, la Valtorta descrive la resurrezione di Lazzaro in una maniera impressionante. Noi, quando la ascoltiamo dall’ambone durante la Quaresima, ci prestiamo scarsa attenzione e, interiormente, inevitabilmente la “annacquiamo”. Il testo della mistica ci riporta invece alla crudezza di quello che deve essere successo sul serio, in modo impressionante. La resurrezione di Lazzaro avvenne agl’inizi della primavera, poco prima della condanna a morte di Gesù e faceva già caldo. Lazzaro era, come noto, nel sepolcro da quattro giorni, ricoperto di bende e aromi che avrebbero ammazzato anche un gigante: figuriamoci lui che era stato per parecchio tempo in pessima salute (altro dettaglio: quando, nel racconto di Giovanni 19,39 si ricorda che per la sepoltura di Gesù fu portata una mistura di aromi di 100 libbre di mirra e aloe, io amo sottolineare che si tratta di 30 chili di massa appiccicosa: per dare un’idea concreta, 6 fustini di roba collosa…Per l’imbalsamazione non si andava tanto per il sottile). Quando Gesù diede l'ordine di aprire il sepolcro, non gli volevano obbedire: la frase di Marta ("Signore, già da quattro giorni è nel sepolcro...") è un'obiezione. Al momento in cui il sepolcro fu scoperchiato, la Valtorta riferisce che si avvertì un tanfo pestilenziale e nauseabondo – lei percepiva anche gli odori. Del resto, la malattia di Lazzaro, descritta come una specie di cancrena, faceva emanare cattivo odore dalle sue membra già prima. Quando Gesù intimò al morto il suo famoso “Lazzaro, vieni fuori!”, gli astanti videro emergere dal sepolcro un’autentica mummia completamente legata e imbavagliata, dalle cui bende colava putredine. I servi e le sorelle, accorsi per ripulirlo e rivestirlo, dovettero lavare via per decine di minuti grandi quantità di marciume che gli era rimasto addosso ed eseguirono quest’incombenza rimboccandosi tuniche e maniche fino ai gomiti e alle ginocchia per non contaminarsi. La notizia, riferisce poi lei, fece il giro di Gerusalemme e non solo. Il miracolo fu considerato, giustamente, un atto creativo, e non una semplice rianimazione.

Noi dimentichiamo qual è il potere trasformante di Dio e del suo Amore. Il fatto che tanti non credano ai miracoli dei Vangeli, al di là delle discussioni accademiche e dei problemi di fede dei singoli, significa soprattutto che noi non riusciamo a credere che Dio veramente, col Suo Amore, può trasformare la nostra vita, il nostro cuore (rendendolo “di carne”, come dice Ezechiele, 36,26-27), il nostro spirito ed anche la nostra psiche e il nostro corpo. San Giovanni Eudes, grande missionario vissuto tra il 1598 e il 1680 e che predicò per decenni in Normandia, diceva giustamente che la confessione risuscita i morti. E una grande mistica che lui conobbe bene e di cui scrisse la biografia, Maria des Vallées, ingiustamente dimenticata fuori dalla Normandia, vide in una meravigliosa visione il Cristo che trasformava sette fiumi (che rappresentavano i peccati capitali), pieni di sangue e putredine, in acqua luminosa e cristallina. Non solo: è sintomatico che il miracolo della resurrezione di Lazzaro avvenga proprio quando si è ormai persa ogni speranza, quando ormai ogni intervento divino appare impossibile. A quel punto, l'Amore di Dio va al di là delle (misere) attese umane. Un po' come quel che succede nel passo evangelico che abbiamo udito questa domenica, Matteo 14,22-36: i discepoli sono spaventati e si sentono in pericolo di vita, ma non riflettono che Gesù è sempre, anche a distanza, vicino a loro. In pratica, avrebbero dovuto dirsi: "Adesso andiamo a fondo, cominciamo a fare glu glu, ma tanto Lui arriva e ci tira su". Perché, se viene chiamato, arriva sempre. Noi siamo quello che crediamo. La disgrazia più grande della nostra società (e quindi anche la nostra) è che non crede al potere trasformante dell’Amore di Dio.


Per le fonti su Gesù, cfr. Rinaldo Fabris, Gesù il "Nazareno", Brescia, Cittadella ed., 2011.

L'opera della Valtorta è consultabile qui: https://www.scrittivaltorta.altervista.org/per_volume.htm 

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