lunedì 24 agosto 2020

Capri, la bellezza che sorge dal mare...

Capri, la bellezza che sorge dal mare...

Capri, regina di roccia,
nel tuo vestito
color amaranto e giglio
vissi sviluppando
la felicità e il dolore, la vigna
piena
di splendenti grappoli
che conquistai sulla terra,
il tremulo tesoro
di fragranza e di chioma,
lampada zenitale, rosa allargata,
favo del mio pianeta.


Sbarcai d'inverno. 
Il suo abito di zaffiro
l'isola conservava ai suoi piedi,
e nuda sorgeva nel suo vapore
di cattedrale marina. 
Era di pietra la sua bellezza.
In ogni frammento della sua pelle
rinverdiva
la primavera pura
che nascondeva nelle fenditure
il suo tesoro....


Questi versi sognanti costituiscono l'esordio di una vera e propria ode che Pablo Neruda dedicò all'isola di Capri, Chioma di Capri, durante il suo soggiorno qui, tra il 1952 e il 1953 e poi pubblicata  nella raccolta L'uva e il vento, edita nel 1954. Il poeta, comunista, si era rifugiato in Italia a causa di contrasti col governo cileno e qui aveva scoperto innumerevoli meraviglie, finché non era approdato a Napoli e, infine, a Capri; si innamorò di questa splendida isola e qui ebbe anche la gioia di sapere che la sua amata Matilde era rimasta incinta. 
E' straordinario come quest'isola, che davvero sembra sorgere dalle onde azzurre del Mediterraneo come, nel mito antico, la dea Afrodite, comunichi una profonda, solare voglia di vivere. Credo che pochi luoghi sappiano coniugare in maniera altrettanto magica bellezza naturale, paesaggio e architettura pittoreschi, sole, cielo, mare, arte, cultura e persino il meglio delle vetrine! Approfitto di questa pagina per condividere alcune impressioni dopo la visita di oggi, pagina che costellerò delle mie fotografie. 


Capri è veramente un piccolo mondo a sé. E' un incanto semplice, che nasce dalle sue stradine tortuose, orlate di ville e villette dal candore immacolato, sommerse da un verde lussureggiante, da chiome di buganvillee, glicini, oleandri, villette immancabilmente annunciate da piastrelle colorate che ne indicano il titolo, magari accompagnato da un motto. Qui ne presento due, una più caratteristica, l'altra più "devota" - si ricordi che siamo in terra di marittimi e la devozione è letteralmente l'ultima spiaggia quando il mare fa paura...Ma molti portoncini sono dei piccoli capolavori. Per esempio, osservate quello, rallegrato da meloni gialli e pomodori datterini appesi ad asciugare, ma doverosamente adorno della sua piastrella - non si legge molto bene, ma il motto è Capri, l'isola dei sogni...Ogni scorcio è un piccolo capolavoro. 


Molte di queste ville sono, inoltre, interessanti anche a livello architettonico. I muri di pietra, i graticci di canne che proteggono i terrazzi, le ringhiere in ferro battuto, i colori pastello trasformano ogni angolo in un preannuncio di un piccolo Eden insulare. E, tra uno scorcio e l'altro, si aprono panorami mozzafiato. 
Dopo una lunga, tortuosa salita a piedi attraverso le viuzze che si dipanano come fili di un magico labirinto tra i moli della Marina Grande e la celebre piazzetta, sono finalmente arrivata a quest'ultima. L'atmosfera qui è la consueta, allegra caciara - un po' meno internazionale, forse, dato che, con le restrizioni in corso, ho notato che molti turisti hanno un accento campano e, quindi, si sono orientati verso il "turismo di prossimità". Ma non mancano gli stranieri, specie anglosassoni. Il distanziamento sociale è un pio auspicio, comunque quasi tutti indossano la mascherina (o almeno ci provano, col caldo che fa). 


Io sudavo a più non posso e le varie misurazioni di temperatura sul traghetto e in albergo mi avevano edotto quanto al fatto che la mia temperatura stava precipitando a picco - 35,3, poi addirittura 35 -: inutile dire che mi sentivo piuttosto deboluccia. Ho colto allora l'occasione al volo per "consolarmi" con qualche pasticcino della tradizione partenopea. Nella celebrazione della bellezza locale, i dolci rivestono un ruolo primario e questa foto fa onore a uno dei bar prossimi a piazzetta Umberto I. 


Dopo questa sana pubblicità e dato che, nel frattempo, le mie energie erano risalite, ho deciso di andare a visitare uno dei luoghi più suggestivi, "mitici" di Capri: Villa Lysis, la dimora fatta erigere nel 1905 dal conte Fersen. Prima però faccio una breve digressione, poiché essa si trova poco al di sotto di un'altra villa, forse ancora più celebre e da me visitata anni fa: Villa Iovis, dove, più di 2000 anni fa visse e morì l'imperatore Tiberio (deceduto nel 36 d.C.). Ricordo ancora i giganteschi serbatoi d'acqua in muratura e i resti, davvero ciclopici, di quella che doveva essere una villa imponente, arroccata su di uno sperone roccioso in vista del mare. Dicono che da quelle rupi Tiberio abbia fatto precipitare più di un personaggio scomodo o vittima della sua diffidenza: di certo, come disse qualcuno una volta (non ricordo chi): "Si ritira nelle isole chi ha fatto naufragio sul continente". In effetti, Tiberio aveva un carattere molto difficile e diffidente, non si sentiva mai al sicuro, aveva passato anni nascosto a Rodi, tanto da rischiare di cadere in disgrazia presso il patrigno Augusto, per poi fuggire da Roma quando già era imperatore e ritirarsi a Capri. 


Da qui, nell'ottobre del 31, inviò la fatidica lettera al Senato, con la quale comunicava a distanza al nobile consesso di eliminare il suo prefetto del pretorio, e fino ad allora favorito, Seiano. Immaginatevi l'effetto terrorizzante di un ordine del genere, emanato da un assente che, però, ha nelle sue mani l'esercito, la guardia del pretorio ecc. Nel giro di un giorno (il 18 ottobre) Seiano, che intendeva forse fare le scarpe a Tiberio, fece una pessima fine. Anni fa dedicai uno studio alla personalità di questo imperatore e diagnosticai che tutto induceva a credere fosse affetto da una forma di paranoia (la paranoia di Kretschmer). Presentai lo studio a una conferenza a Vilnius, Lituania, con cui l'università di Friburgo all'epoca collaborava: mi spiace per i miei lettori, ma l'intervento (redatto in francese), fu poi tradotto in lituano, per cui non so quanti lo leggeranno. In ogni caso, ricordo il bel complimento di un archeologo della Sorbona, secondo cui il mio Tiberio "pareva vivo": mi consigliò di redigere una vera e propria biografia. Prima o poi, forse, completerò il lavoro. 


Tiberio ha lasciato dietro di sé un ricordo sinistro, di nefandezze e crudeltà, in parte enfatizzate da biografi come Svetonio, ma, temo, non troppo. Anche il conte Fersen si rifugiò in quel luogo lontano da tutto per sfuggire a una terribile condanna emanata dalla giustizia francese - corruzione di minore - e lasciò intorno alla sua villa un'aura di scandalo con una vita piuttosto dissoluta: basti pensare che la villa possiede anche una "camera dell'oppio", di cui Fersen era assiduo consumatore. Fu proprio l'uso di stupefacenti misti ad alcool che lo portò alla morte, probabilmente voluta, nel 1923. Lo sguardo dei suoi ritratti fotografici rivela la pesantezza interiore del dandy raffinatissimo, ma che non ha mai trovato un senso definitivo alla propria esistenza, la tristezza profonda di chi si trascina dietro qualcosa di irrisolto. Tuttavia, la villa pare scrollarsi di dosso tutto questo. Si tratta di una piccola, elegante costruzione che unisce lo stile neoclassico ai mosaici dorati cari alla Secessione Viennese, le ceramiche a greche alle ringhiere in stile liberty. Un connubio davvero felice. Il Comune di Capri ne è venuto in possesso nel 2015 e, per il momento, ha fatto restaurare la struttura: le sale sono in gran parte vuote o ospitano un mobilio ridotto all'essenziale. 


Chissà dove sono finiti i magnifici pezzi che adornavano la villa all'epoca del suo padrone? Come dicevo alla volontaria che accoglie i turisti, ci vorrebbe un mecenate che li ritrovasse. Dandy e poeta, il conte Fersen discendeva da un ramo della stessa famiglia che aveva dato nel Settecento i natali al famoso amante di Maria Antonietta. La sete di bellezza e di solitudine lo hanno spinto fin qui, gli hanno fatto amare l'arte e la cultura; ma quando si arriva a Villa Lysis (così chiamata dal nome di uno dei personaggi del Simposio di Platone), si arriva in una Capri molto diversa da quella di Piazzetta Umberto I. E' un po' come la meta di un pellegrinaggio. Le stradine che vi conducono sono insolitamente vuote e silenziose, rispetto ad altre  parti dell'isola; la natura è al  massimo del suo splendore, ogni scorcio suggerisce quiete, luce, armonia. Camminare verso Villa Lysis è stata un'esperienza meravigliosa di per sé, grazie a cui mi sono imbevuta della luce del sole, della freschezza dell'ombra dei tanti cespugli fioriti, dell'azzurro del cielo. Infine, quando sono arrivata alla villa vera e propria, circondata dal magnifico giardino della Gloriette (si veda la prima foto), mi si sono aperti dinnanzi paesaggi indimenticabili. 


Qualsiasi sia stato il destino del suo proprietario, nella purezza delle sue linee e nell'incanto della natura che la circonda, pare che questa villa aiuti a riconciliarsi con se stessi. 
Si dice che chi contempla il tramonto del sole nel cielo di Capri dall'alto dello splendido belvedere di Villa Lysis, potrebbe avere la fortuna di scorgere un particolare riflesso verde nei raggi del sole che declina: e questo privilegio confermerebbe al fortunato che potrà cambiare in meglio la sua esistenza. Questa la leggenda: però è straordinario che Capri riesca a inculcare la voglia e la gioia di vivere. Persino i lussuosi negozi di via Roma e via Camarelle, si armonizzano magicamente con l'insieme: laddove le sontuose vetrine di Bulgari, Cavalli e Prada appaiono non di rado un'imposizione nei centri storici di alcune nostre città d'arte (penso ad esempio a Firenze e all'effetto patinato, non genuino, che le conferiscono), a Capri, invece, s'intonano al resto. Forse perché l'isola è divenuta una meta delle élites europee durante la Belle Epoque e lo stile liberty si è sposato felicemente con l'atmosfera solare e mediterranea delle viuzze capresi; però, è anche vero che qui abbondano molti negozi di pregiate produzioni locali, dalle ceramiche adorne dei caratteristici limoni, ai tipici abiti bianchi di pizzo, dai coralli, ai miei profumi preferiti, i Carthusia, la cui tradizione risale all'arte antica dei certosini e al loro giardino dei semplici. Qui tutto è talmente bello...Anche senza acquistare, già ammirare le vetrine è un regalo per l'anima. 


Concludo, citando una poesia che il nipote di Pablo Neruda, Rodolfo Reyes, ha voluto dedicare qualche anno fa (aprile 2017) all'isola amata da suo nonno. Cito soltanto alcuni versi: s'intitola Capri, isola bella. 

La fragranza dei fiori
profuma ogni angolo delle tue stradine,
che sono sospese come rondini rocciose,
e ogni colore, cambia con la pioggia,
permettendo al sole di impreziosire di rubino
le tue acque verde smeraldo, formando
un amalgama di pietre preziose (...)


Oh!...Isola capricciosa dell'Eden, staccata dal Paradiso,
che la Madre Roccia ha consentito di lasciare
Alle cure dei suoi tre faraglioni guerrieri, 
e a cantare dell'incanto delle sue sirene. 

Ti ricorderò per sempre,
in ogni goccia di pioggia,
in ogni profumo di fiori
all'alba della mia primavera,
Capri, isola dell'amore. 


Le poesie di Neruda e di suo nipote Reyes in links locali:

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