mercoledì 5 agosto 2020

L'arte di ricevere...I puntata



L'arte di ricevere...I puntata

Comincia oggi, con la prima, spero, di numerose puntate, la mia "rubrichetta" su come ricevere ospiti a casa nostra. Perché ho deciso di dedicarmi a questo argomento? Perché, prima di tutto, questo blog si intitola Il focolare di Annarita, per cui il soggetto è d'obbligo: tanto più che sul mio blog "infuriano" le ricette (le cui foto, difatti, costelleranno queste pagine). Quindi, non potevo fare a meno di dedicare qualche riflessione anche all'antica, nobile arte del ricevere. 
In secondo luogo (però, si potrebbe aggiungere, last, but not least, l'ultimo argomento è comunque molto rilevante), in un'epoca in cui spadroneggiano i social media e le persone vivono sempre di più i rapporti umani in maniera virtuale, cioè, in sostanza, non li vivono, dedicare una rubrica delle mie pagine di cucina e del mio blog all'arte di ricevere è un prezioso aiuto per ritrovare il gusto della vicinanza e dell'amicizia, dello stare insieme. Del resto, dato che io amo molto ricevere, anche se pochissime persone per volta, l'argomento qui non poteva mancare. 
Di che cosa mi avvarrò? A parte il mio gusto personale, farò ricorso sia alla mia esperienza, diretta e indiretta, sia alle mie letture. Quindi, lanciamoci nel soggetto, che promette di essere affascinante, specie se trattato con humour e simpatia. Oggi partiamo dal cuore di ogni soirée: la conversazione.


L'arte di conversare - Al centro l'invitato

Tutti ricorderanno il tono sconsolato con cui la famosa S.Marta chiedeva l'intervento di Gesù perché la sorella Maria "l'ha lasciata sola nei molti servizi"; e Gesù, come noto, rispose: "Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose...", ribadendo infine che Maria si era scelta "la parte migliore", che non le sarebbe stata tolta (Luca 10,38-42). Alcuni anni fa, mi capitò di leggere in un libro di una ricercatrice (donna dunque) di Nuovo Testamento, la seguente battuta: "Gesù fa parte di quegli uomini che pensano che il pranzo si prepari da solo" (!!!). Non credo che intendesse essere irriverente: una battuta del genere fa venire in mente solo una libera moltiplicazione di cose da fare in cucina, in condizioni proibitive e senza nessuno che ci aiuti. E' vero che il suddetto brano evangelico suscita contestazioni perenni tra le casalinghe, del tipo: "Vorrei vedere io chi va a preparare il pranzo...", ai danni, in specie, della povera Maria. In epoca di inviti, poi, le accuse alle "Marie" di turno, da parte delle "Marte" ai fornelli, fioccano. 


In realtà, però, rovesciamo il nostro punto di vista e osserviamo meglio: in fin dei conti, non invitiamo delle persone a casa, specie degli amici, per stare con loro? Quindi: le frasi di cui sopra sono un memento per chi invece trascura questa parte importantissima del ricevere, la conversazione con i nostri ospiti. Ci sentiamo tutti a disagio se, quando siamo invitati in casa d'altri, veniamo "abbandonati" in salotto, perché tutti, specie la padrona di casa, hanno troppo da fare per passare un po' di tempo con noi. Ho notato talvolta che il desiderio esagerato di fare bella figura e di sfoggiare chissà quali portate o preparativi, induceva certe padrone di casa a dimenticare proprio gl'invitati...Ecco perché ho inserito la conversazione al primo posto tra le puntate della mia piccola rubrica. Far sentire il proprio invitato come una persona molto importante, circondarlo di attenzioni è il primo obiettivo di una buona padrona di casa (formulo tutto al femminile per brevità e perché il ricevere è un'arte tipicamente femminile, ma in realtà la questione riguarda anche gli uomini). In fin dei conti, invitiamo qualcuno perché vogliamo donargli qualcosa, o, meglio, vogliamo donargli noi stessi: se ci lasciamo prendere eccessivamente dal nostro successo personale, dimentichiamo lo scopo stesso del nostro invito, o meglio, il nostro ospite. Questo il senso del garbato rimprovero a S.Marta. 


L'arte di conversare e di intrattenere gli ospiti è antica: nella nostra Europa ha sicuramente raggiunto il suo acme nel Seicento francese, quando, come ricorda Benedetta Craveri nel suo bel libro La civiltà della conversazione, si coltivava in modo appassionato il gusto per la discussione brillante e intelligente, condita di spirito e di eleganza. Però, quell'arte della conversazione era più antica e risaliva sicuramente almeno alle corti rinascimentali italiane: lo può ben ricordare chi ha amato gli straordinari libri di Maria Bellonci su Isabella Gonzaga e Lucrezia Borgia. L'età moderna e contemporanea ha moltiplicato i salotti, specie intorno a dame colte ed eleganti: nel nostro piccolo possiamo prenderne spunto per abbellire, almeno un poco, la nostra esistenza e quella degli altri. Anzi: credo che recuperare o migliorare quest'arte, così italiana del resto, potrebbe reintrodurre nella nostra vita civile e sociale, anche tra noi di ceto non eccelso, una gentilezza e una dolcezza che rischiano, sempre di più, di appassire. 


Le presentazioni

Bene, dopo queste riflessioni introduttive, concretamente, come fare conversazione? Quali regole seguire o quali spunti coltivare? Il primo passo indispensabile per instaurare un clima piacevole tra i vostri ospiti, è proprio l'ABC dell'ospitalità: le presentazioni. Vanno fatte con attenzione e sensibilità, allo scopo di indicare discretamente le potenzialità di contatto da sviluppare. Infatti, non dobbiamo limitarci a un asciutto: "Mario Rossi, prego - Giuseppe Verdi", bensì reperire tra gl'interlocutori quelle affinità (o sfumature di affinità) che potrebbero creare dei ponti tra loro e alludervi con brevi, abili tocchi, tali da rappresentare un invito all'approfondimento. Per esempio: "Mario Rossi: ci siamo conosciuti a teatro durante la Traviata...e Lei, sig.Verdi, che si appassiona di opera lirica!...". Per un momento, sulla scia dei cognomi, mi sono lasciata trascinare a un quadretto surreale, però veramente delle buone presentazioni possono fornire l'assist giusto per avviare tra i vostri invitati una conversazione molto piacevole e prolungata. 


Altra abilità di una buona padrona di casa: allestire il tavolo avvicinando persone che possono trovarsi bene insieme. E' anche una squisita forma di attenzione per i nostri amici. Ad esempio, ricordo con molto piacere e genuina gratitudine il fatto che la mia amica Jennifer, in occasione del suo matrimonio due anni fa, al  pranzo di nozze mi avesse appositamente fatta sedere a tavola accanto a un'altra ragazza, Gessica, con cui poi ho stretto effettivamente amicizia. Può sembrare qualcosa di scontato, ma sono queste piccole attenzioni che determinano il successo di una cena o di una serata. Proprio esse fanno la differenza e parlano (come nel caso di Jennifer per me) di considerazione e affetto per i nostri cari.

A proposito: le sedie

Dato che ci sono, un'altra idea, apparentemente banale e scontata, ma che viene ricordata, non a caso, nei testi sull'argomento: in casa ci devono essere tante sedie quanti sono gl'invitati. Che nessuno sia costretto a sprofondare nel puff davanti al sofà o a improvvisare un sedile sul balcone tra i vasi di geranio. In caso di necessità, le sedie si possono anche prendere in prestito - per esempio, in parrocchia o nella vostra associazione preferita -, specie quelle pieghevoli, ideali per i ricevimenti in giardino. Non solo non dobbiamo obbligare nessuno a rimanere in piedi, o a sedersi in maniera scomoda, ma non è neanche piacevole che i padroni di casa si diano all'ultimo momento alle ben note acrobazie e ricerche improbabili, volte a radunare le sedie necessarie dalle varie parti della casa. Si preparano prima e si dispone lo spazio in maniera che le persone si possano muovere in maniera agevole, senza inciampare o fare salti rocamboleschi. Oppure, preferite terminare la serata al Pronto Soccorso di Cona, perché qualcuno è inciampato rovinosamente nel tappeto? (Sono ore di fila, vi avverto...).


Lo scopo principale della padrona di casa

Vedremo poi nel dettaglio gli argomenti migliori per una serata insieme; però prima, in conclusione della puntata di oggi, vorrei riportare quello che era, per una delle maggiori dame della Roma del Dopoguerra, lo scopo principale di una vera padrona di casa. "Devi fare in modo che i tuoi ospiti non solo stiano bene, ma si chiedano se e quando potranno ritornare": questo, più o meno, avrebbe insegnato alla famosa Maria Angiolillo, la regina dei salotti romani, l'"Arcipapessa" Isabelle Colonna, nata Sursock, colei che nella Roma papalina, tra Seconda Guerra Mondiale e Secondo Dopoguerra, invitava a Palazzo Colonna alla sua tavola, adorna di tovaglie in pizzo valencienne, principi, diplomatici e cardinali. 
Una piccola nota storica: Isabelle Colonna, discendente di una potentissima famiglia di banchieri libanesi e di cultura francese, sposò il principe Marcantonio Colonna, della più tradizionale "nobiltà nera", per divenire poi, col suo salotto, uno dei fari, se non il faro per eccellenza, del bel mondo romano. Fece anche di tutto per creare dei problemi ai nazisti durante l'occupazione, tanto che Himmler la chiamava (pare), "quinta colonna" (...). Mi sono letta e riletta con piacere la biografia di Maria Angiolillo (B.Vespa - C. Morvillo, La signora dei segreti, 2017) che la cita e non sono sempre d'accordo con il loro modo di procedere: troppo formale, anche per quei livelli. Mi direte: ma chi sei tu per criticare persone di quel rango? Uso il mio senso critico. L'atteggiamento di base di entrambe era ispirato a un signorile distacco, cui io, fondamentalmente, non credo, come spiegherò meglio nelle prossime puntate. Tuttavia, sullo scopo principale di un ricevimento avevano ragione da vendere. E' vero: una padrona di casa deve prefiggersi come scopo di far stare i suoi ospiti così bene, che essi saranno ansiosi di ritornare. Perciò, ritengo che la conversazione con loro debba orientarsi soprattutto verso il bello, in tutte le sue forme; ed essere condita, anche e soprattutto, da una buona dose di humour. 
(continua)


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