giovedì 26 ottobre 2017

Fiaba orientale dell'amore incompreso (II parte)


Fiaba orientale dell'amore incompreso (II parte)



Ma ben presto, incomprensibilmente, le cose cominciarono ad andare male. Innanzitutto, lui lavorava troppo: sembrava volesse riempire il suo vuoto affettivo a furia di lavorare. Lavorava come uno schiavo, si sfiniva al lavoro: dormiva poco, spesso mangiava di corsa, senza accordarsi il tempo necessario; e, inutile aggiungerlo, in tutta questa frenesia per il lavoro, non aveva tempo per lei. Non aveva tempo per il suo amore. Poi, lei, avendole sperimentate, riconobbe in lui le tipiche reazioni di chi ha subito rifiuti e ingiustizie: ai rifiuti, lui reagiva occupando meno spazio possibile e fuggendo; alle ingiustizie reagiva irrigidendosi e divenendo spietato con se stesso. E, di converso, spietato anche con lei. 



Il principe prese infatti a trattarla come trattava se stesso: dapprincipio, la ignorava, o era freddo, distaccato; poi, prese a usarle delle vere e proprie sgarberie. Non capiva neanche lui perché lo facesse, anzi, sensibile com'era, ne era contrariato, si sentiva orribilmente, ma tant'era: ora le toglieva il saluto; ora, la evitava o rifiutava i suoi atti di dolcezza; ora, evitava di parlarle e, beninteso, non rispondeva mai alle sue lettere piene di tenerezza. E quando lei gli chiedeva delle spiegazioni (perché lei era dotata di notevole franchezza e non mentiva mai), lui le rispondeva con dei pretesti o delle bugie vere e proprie. Certo, lui si sentiva profondamente in colpa e non si riconosceva più; ma, in generale, il suo atteggiamento con lei era duro, arido, a tratti persino crudele. Non sembrava più lui: con lei, pareva indossare una maschera, come se un'altra persona (chi lo aveva fatto soffrire?) si fosse sovrapposta alla sua personalità.



Alcune amiche della principessa presero a consigliarle di lasciarlo perdere: quel principe straniero era così complicato...così strano...così duro, anche. Lei non ci guadagnava niente con lui e lui non la meritava. Ma lei insisteva a preoccuparsene, perché lo comprendeva sempre di più; meditava nel proprio cuore tutti i suoi atti, con amore, e vi leggeva il logico risultato e le meccaniche di difesa di chi non è stato amato: la fuggiva perché aveva paura di essere rifiutato ancora; si irrigidiva e pretendeva troppo da se stesso perché temeva di essere vittima di ingiustizie ancora. Inoltre, lui aveva un'idea terribilmente bassa e irrealistica di sé, come se non meritasse niente. Lei sapeva che non era vero, che lui meritava molto. Pregava che lui guarisse, che migliorasse: perché si rendeva conto che, con quello stile di vita crudele, il suo principe, così pieno di qualità, si stava rovinando. Rischiava la vita e rischiava l'anima. Era (incursione da un'altra fiaba!) come il piccolo Kay, rapito dalla Regina delle Nevi e i cui occhi e cuore erano stati pietrificati dai frammenti acuminati dello specchio magico infranto della Regina: non riusciva più a riconoscere la sua amica Gerda, che gli voleva tanto bene.




E la principessa sopportava, sopportava. Non per masochismo: sopportava perché si rendeva conto della situazione del suo principe e lo capiva. Tuttavia, continuava a sorridergli con amore: così reagiva alle sue sgarberie, al suo cipiglio, al suo atteggiamento duro. Sperava che la sua tenerezza sciogliesse infine il ghiaccio da cui lui era imprigionato e facesse pervenire un raggio di sole nella prigione in cui lui era rinchiuso. Perché lui, lei lo sentiva, veniva da un vero inferno. 
Ma ecco che un giorno, lui giunse con lei all'affronto estremo: calpestando i sentimenti di lei (e anche i propri, che era abituato a non ascoltare e a reprimere ferocemente) e avvalendosi della maggiore disinvoltura raggiunta nelle ultime settimane, prese a frequentare un'altra donna. E a ostentare di frequentarla davanti alla principessa. Lei, incredula, li vide passeggiare insieme, tra le calli, alla brezza veneziana.




Perché? C'era forse rabbia nel suo atto? Riversava su di lei l'aggressività che non aveva potuto sfogare su chi lo aveva ferito? O voleva forse dimenticare la principessa? Oppure allontanarla da sé, come se lui non la meritasse? O anche schermarsi contro il rifiuto che lui riteneva infine ineludibile? Nessuno lo sa. Ma, qualunque fosse il motivo, l'atto era incredibile e, da parte di qualcuno abitualmente così sensibile e buono, davvero spregevole: perché lui, per soprammercato, si era servito del miglioramento indotto non solo dal proprio impegno, ma anche dalla sorridente comprensione della principessa PER FERIRLA. ATROCEMENTE. Si era avvicinato a lei, per poi illuderla e giocare con i suoi sentimenti. Le aveva inferto quelle stesse ferite di rifiuto e ingiustizia che tanti, lui lo sapeva, le avevano già inferto e che lui stesso aveva sofferto. Aveva calpestato lei e il suo amore. Proprio lui che tanto aveva desiderato un amore così. 



La principessa si sentì molto male e per quasi tre giorni stentò a mangiare. Infine, decise di chiedergli, com'era giusto, delle spiegazioni. Ma lui, codardamente, le rispose con delle menzogne; incomprensibilmente, accampò come scusa una "coerenza" che non dava senso (forse che preferiva essere coerente con il mondo di durezza da cui era fuggito?); e poi la lasciò in fretta. Davanti alle sue confidenti, lei fece la figura della stupida, dell'illusa, di quella che aveva visto quel che non c'era; le fu detto, con scarsa considerazione, che era tanto desiderosa di amore, da essersi immaginata tutto. E lui, il suo principe, aveva avvallato questa ingiustizia. Sofferse, proprio dal principe, quel che lui aveva sofferto, ingiustizia e rifiuto. E quel che lei aveva tante volte sofferto, ingiustamente, prima di incontrarlo. Di tanto amore, le era rimasto in mano soltanto un mucchio di cenere.
(continua)


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