mercoledì 25 ottobre 2017

Fiaba orientale dell'amore incompreso (I parte)


Fiaba orientale dell'amore incompreso (I parte)


C'era  una volta, tanto tempo fa, in un lontano paese dell'Oriente, un principe. Possedeva tante qualità: era bello, intelligente e, a palazzo, aveva ricevuto una cultura fuori del comune; inoltre, era anche fondamentalmente buono, forse molto buono, e straordinariamente sensibile. Ma non era felice. Per quanto cercasse di fare del suo meglio, di essere sempre irreprensibile, a palazzo non si sentiva a casa sua; del resto, si sa come vanno le cose nei palazzi: intrighi, menzogne, ingiustizie; per cui lui disperava di ricevere un giorno il regno e quanto meritava. Si sentiva rifiutato. Si sentiva incompreso. Non si sentiva amato. E allora, decise di partire.


Viaggiò per numerosi paesi e città, raccolse molte esperienze, radunò intorno a sé persino delle cerchie di amici o persone che lo apprezzavano; ma, la sera, in fin dei conti, era sempre solo. E infelice. Il vuoto lasciatogli dentro dalle esperienze di disamore subite nel palazzo, lo perseguitava. Avrebbe voluto essere sereno come gli altri: ma non ci riusciva. Per di più, nutriva uno straordinario bisogno di amore; e, nei paesi che attraversava, sognava sempre di incontrare la principessa dei suoi sogni: qualcuno da amare e da cui essere riamato. Ma, per uno strano scherzo del destino, ogni volta che cercava di avvicinare una possibile candidata, tutto andava male e, per un verso o per un altro, lei finiva per allontanarsi da lui. Così, continuava a essere tristemente solo. Perciò, si concentrava molto sul lavoro, un lavoro intellettuale che, data la sua buona volontà, gli dava grandi soddisfazioni.


Un giorno, giunse a Venezia (l'ho scelta perché è una città romantica! Un sogno sull'acqua). E qui, finalmente, fece un incontro inatteso: una principessa che sembrava corrispondergli. Anche lei era bella e intelligente; ma, soprattutto, anche lei aveva lasciato il suo paese, perché aveva sperimentato le stesse ingiustizie nel suo palazzo. Lei, finalmente, avrebbe potuto capirlo. E anche lei stava cercando un principe che potesse amarla e da riamare, profondamente: e, ignorava la ragione, ma nessuno aveva ancora mostrato un interesse autentico per lei. Quando la vide, il nostro principe rimase molto colpito e prese spontaneamente a pensarci sempre di più; addirittura, raccoglieva su di lei informazioni in segreto. Non riusciva a credere di avere trovato infine qualcuno che gli potesse corrispondere. Ma, a lei, non diceva nulla. Era molto schivo e, in lui, permaneva la traccia delle delusioni del passato. Quindi, rimase in silenzio. 


Potrei dire che i nostri due principi si intesero al primo sguardo, ma non è così. Infatti, se anche un primo sguardo ci fu (e rivelò a entrambi molto dei sentimenti reciproci), i rapporti fra loro furono subito difficili. Il principe era troppo schivo: si vergognava dei suoi sentimenti, forse perché erano troppo profondi, e cercava di nasconderli alla principessa. Forse aveva anche paura: paura di essere rifiutato ancora. E lei, per quanto ne fosse spontaneamente attratta, spesso e volentieri, di primo acchito, non sapeva come interpretare il suo comportamento. Talora, nelle calli, lui svicolava facendo addirittura finta di non vederla. Però ricordiamolo: anche lei aveva sofferto praticamente lo stesso che aveva sofferto lui. Anche lei, a palazzo, si era sentita vittima di ingiustizie, dimenticata, rifiutata. E, quindi, poco per volta, dopo un primo fraintendimento, per cui lo aveva rimproverato a torto, lei cominciò a capire. 
E il suo amore per lui prese a crescere, senza che se ne rendesse conto. Nutriva profonda stima per le sue qualità e lo ammirava; provava poi infinita tenerezza per lui, perché si rendeva conto di quanto soffrisse e avesse sofferto. Così, discretamente, teneramente, cominciò a incoraggiarlo con dolcezza, per rassicurarlo. Dato che lui la evitava, non le restò altro che servirsi delle sue lettere (ah, che romantiche che erano le lettere! Altri tempi) in cui, rispettosamente, e facendo un profondo sacrificio (perché non ci era abituata e temeva di apparire sfacciata), gli rivelava quanto tenesse a lui. Lettere su pergamena ricamata, profumate e che giungevano a destinazione scivolando sull'acqua dei canali nella gondola di un messaggero segreto...


Dapprincipio, tutto (o quasi) andò bene. Lui pareva felice di incontrarla, le sorrideva e, soprattutto in certi momenti, sembrava avesse trovato finalmente la felicità che cercava. Pareva fidarsi di lei, acquisire nuova sicurezza. Inoltre, pareva profondamente desideroso di uscire dalla sua condizione di sofferenza, di adoperarsi con alacrità per vincerla e venirle incontro. Pareva desideroso di lottare per lei e il suo amore. 
Una volta, in particolare, trovandosi da solo in sua presenza, lui si lasciò andare e la guardò con una gioia, ma una gioia che pareva la promessa di una nuova aurora per entrambi. Sembrava persino diventare più bello. Lei si sforzava di incoraggiarlo sempre più, discretamente, di dimostrargli comprensione, tenerezza: infatti si era resa conto che lui era spiritualmente rinchiuso in una prigione senza amore. Quando lo avvicinava, nutriva l'impressione di scendere in un sotterraneo isolato, buio, freddo. Lui non conosceva l'amore: pareva non sapere che cosa significasse riceverlo. E lei era pronta a darglielo, con grande slancio. Decise di non deluderlo e di fare di tutto per non deluderlo. Faceva le acrobazie per escogitare nuovi sistemi per incoraggiarlo. Si decise a rimanere fedele a quel ragazzo che le aveva sorriso con così tanta gioia, perché lei si sentiva profondamente responsabile della sua felicità.
(continua)


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