lunedì 2 aprile 2018

La Passione (1)


La Passione (1)

Il 7 aprile del 30 d.C., su di un'altura situata fuori dalla porta occidentale di Gerusalemme, il Golgotha, avvenne un'esecuzione fuori dell'ordinario, di un Uomo, umile, ma fuori dell'ordinario. Conosciamo quella data perché è l'unica entro il periodo di governatorato di Ponzio Pilato in Giudea (26-36 d.C.), a parte il 33, in cui la Pasqua sia caduta di sabato, come riferisce Giovanni (il 33 appare un po' troppo spostato verso la fine del governo di Pilato). In queste puntate del mio blog riferirò i dati storici sulla Passione di Gesù, come sfondo per la meditazione sulla Pasqua.  

Abbiamo varie fonti in merito. Innanzitutto, i 4 Vangeli: anche se il loro scopo è teologico, cioè parlare di Dio, la loro base è storica; infatti, la predicazione evangelica non avrebbe valore senza una solida base storica, è fatta di storia. Del resto, l'archeologia ha fornito loro varie conferme. I Vangeli sono stati scritti pochi decenni dopo i fatti: Marco per la comunità cristiana di Roma, intorno al 60 d.C., Matteo evidentemente in ambiente ebraico, tra 70 ed 80 d.C., mentre Luca da un cristiano di origine gentile, un Greco, per dei Greci, più o meno alla stessa epoca. Si capisce anche che Luca non è testimone diretto dei fatti, ma, come del resto afferma lui stesso nel suo proemio, si è fatto raccontare gli eventi stessi da testimoni. Infine Giovanni, il più arduo a livello teologico e il più tardivo, redatto intorno al 90, appare tuttavia quello che, più degli altri, riporta dettagli storici di prima mano: risale a un testimone oculare e proviene da un ambito giudaico. Dettagli sulla Passione sono riportati anche nel resto del Nuovo Testamento, per esempio nelle epistole di S.Paolo, mentre molto poco contano gli scritti esclusi dal canone, i cosiddetti apocrifi, con l'eccezione di uno, degl'inizi del II secolo, il cosiddetto Vangelo di Pietro, che riprende in gran parte la struttura dei Vangeli canonici.


A proposito: spesso i media ci favoleggiano sopra, ma gli apocrifi sono invariabilmente più tardivi, spesso anche molto più tardivi dei Vangeli; soprattutto, parecchi di quelli collocabili tra II e III d.C., sono pieni di speculazioni esoteriche gnostiche su fantomatici enti spirituali e, quindi, ben lontani da ogni narrazione storica; quelli dal IV secolo in poi sono invece fortemente leggendari. In proposito, vorrei ricordare un aneddoto. Alcuni anni fa, quando ancora abitavo in Svizzera, la veglia di Natale fui invitata a cena assieme al parroco da una parrocchiana della comunità in cui lavoravo come assistente pastorale. Durante la cena, il figlio maggiore della padrona di casa, un giovanotto sulla ventina, cominciò a pontificare che la Chiesa aveva nascosto gli apocrifi per celare chissà quali segreti, ecc. ecc. ecc. Io, che assistevo regolarmente alle riunioni dell'AELAC (Association pour l'étude de la Littérature Apocryphe Chrétienne, il gruppo di studio internazionale sugli apocrifi), lo lasciai dire, poi intervenni: "Scusa, ma li hai mai letti?" Evidentemente, no. "Bene, ripresi, in certi apocrifi c'è scritto, ad esempio, che Gesù, da bambino, fulminava e faceva morire gli altri bambini che giocavano con Lui, perché avevano osato offenderlo con qualche dispettuccio". Il giovanotto tacque di colpo e abbandonò l'argomento. In definitiva, gli apocrifi sono testi molto interessanti, ma raramente appartengono al genere letterario storico-narrativo e sono perciò affidabili a livello di cronaca.


                                                  Il Monte degli Ulivi con la relativa chiesa
Oltre a queste fonti, esistono però anche alcuni riferimenti alla Passione in autori non cristiani: lo storico romano Tacito (Annales 15,44) cita Cristo e la sua morte per ordine di Pilato in margine alla persecuzione dei cristiani da parte di Nerone; poi anche Flavio Giuseppe, lo storico ebraico dell'epoca della rivolta del 70, parla di Gesù in Antichità giudaiche, 18,3,3,63-64, il cosiddetto Testimonium flavianum, che contiene qualche rimaneggiamento cristiano. Tralascio invece qui le fonti provenienti dal Talmud, più tardive, a parte il trattato Sanhedrin 6,1 che riferisce la morte di Gesù in modo molto diverso, ma incompatibile con l'incontrovertibile giudizio romano attestato da più fonti: si parla di lapidazione e impiccagione, dopo una divulgazione della sentenza durata 40 giorni! Tuttavia, il Talmud conferma che Gesù fu ucciso la Parasceve, il giorno di preparazione della Pasqua. Infine, e soprattutto, abbiamo una marea di dati archeologici. Bisogna ricordare, in particolare, che molto luoghi venerati in Terra Santa sono stati recintati già alla fine del I o inizi del II secolo, quando ancora le  persone sapevano con precisione che cos'erano, quindi furono isolati perché sottoposti a venerazione dai pellegrini: la datazione può essere ricavata dall'analisi epigrafica dei graffiti che i pellegrini ci lasciavano sopra. Ecco quindi come è stata isolata la grotta che rientrava  nell'abitazione della Madonna a Nazareth, così come la zona del Santo Sepolcro e del Golgotha, oggi compresi nella basilica. Ma ora veniamo al racconto vero e proprio della Passione, a partire dal momento in cui Gesù, accompagnato dai Dodici, lascia il Cenacolo (quasi sicuramente collocato nella zona a SE della città), per attraversare il Cedron, il torrente che circonda la rocca, ed avviarsi verso il Monte degli Ulivi.


Qui Gesù raggiunge un giardino chiamato Gethsemani, cioè "frantoio": era un luogo dove amava pregare. Il pellegrinaggio pasquale era un obbligo per ogni devoto Israelita, ragion per cui la città moltiplicava il  numero dei suoi abitanti durante le feste: ma non si poteva lasciarne il periplo durante le celebrazioni. Gesù sapeva che lo cercavano, ma non volle venire meno al suo dovere di pio Ebreo; e così rimase nelle vicinanze (le colline circostanti la città erano comprese nel periplo) e fu catturato. Il Monte degli Ulivi, che circonda Gerusalemme sul lato nord-orientale, trae il nome proprio dagli ulivi che lo coprivano e lo ricoprono ancor oggi: ma non sono più gli stessi. Durante il tremendo assedio del 70 a opera dei Romani, questi ultimi, per motivi di sicurezza, disboscarono tutta l'area per miglia e miglia intorno alla città. Qui Gesù si ritirò in un angolo di pace per pregare.


Quando pensiamo alle sofferenze della Passione, la nostra attenzione è attratta dalla flagellazione, dalla croce, dalle torture: quasi nessuno pensa a quello che ha provato quella notte Gesù, da solo nel giardino, con gli Apostoli che continuavano ad appisolarsi e apparivano più ottusi che mai, tanto da non capire l'evidente sofferenza del loro Maestro; quasi nessuno pensa che Gesù ha sofferto qualcosa di estremamente angoscioso, qualcosa di molto vicino alla morte (cfr. Mt. 26,36-46; Mc. 14,32-42; Lc. 22,39-46; Gv. 18,1, ma anche Ebrei 5,7, che riferisce come Gesù pregò "con forti grida e lacrime"). Gesù sapeva quello che sarebbe successo. Luca, secondo la tradizione un medico, ci ricorda un dettaglio impressionante: Gesù sudava sangue (Lc.22,44), fenomeno definito in medicina come ematoidrosi e dovuto alla rottura di capillari, il cui sangue viene poi convogliato nelle ghiandole sudoripare. Il fenomeno, rarissimo, fu tuttavia osservato anche da Aristotele, Leonardo da Vinci e anche di recente lo è stato in un caso italiano registrato al Pronto Soccorso di Firenze su di una ragazza. La condizione precipita per causa dello stress: e, quella notte, lo stress cui fu sottoposto Gesù, dovette essere immane. Il sudore, del resto, presenta Gesù come una sorta di atleta in lotta: in lotta con il male. "La mia anima è triste fino alla morte", dice ai discepoli (Mc. 14,33).


                                               La croce di Claudio Parmeggiani

Egli vede con estrema chiarezza l'intera  marea sporca del male, tutto il potere della menzogna e della superbia, tutta l'astuzia e l'atrocità del male, che si mette la maschera della vita e serve continuamente la distruzione dell'essere, la deturpazione e l'annientamento della vita, osserva papa Ratzinger. Mentre Gesù prega faccia a terra (la posizione dell'estremo abbandono a Dio) e osserva, davanti a sé, la sagoma del Tempio di Gerusalemme stagliarsi ai raggi della luna (che è piena a Pasqua), deve avere percepito il peso del male che lo circondava: così prega "che il calice passi": "Ma non ciò che Io voglio, bensì ciò che vuoi Tu" (Mt. 26,39). E non ha del tutto torto Mel Gibson, il regista che nel suo The Passion, inserisce un serpente, immagine del demonio, nel Gethsemani, tanto che Gesù, infine, lo schiaccia col calcagno: è un rinvio al testo di Genesi 3,14-15 in cui si preannuncia la lotta infinita tra il serpente e la stirpe della donna, l'umanità; ma si pensi anche a Luca 4,13, in cui l'evangelista osserva, al termine delle tentazioni, che il diavolo sarebbe tornato "al tempo fissato". Eppure, nell'angoscia di quest'ora suprema, Gesù, secondo Marco, si rivolge a Dio col termine confidenziale "Abbà", "Papà": nessuno lo avrebbe fatto alla sua epoca (Mc. 14,36).

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