domenica 4 marzo 2018

Focus positivo!



Focus positivo!

Quanto è importante, nelle difficoltà, focalizzarsi sul positivo, sul mezzo bicchiere pieno? Per es., siamo al secondo quadrimestre e ormai è chiaro che alcuni ragazzi possono essere a rischio bocciatura. Come affrontare questa difficoltà, apparentemente insormontabile? Focalizzarsi sul positivo, concentrarsi sulle possibilità di riuscita è il primo passo da fare per vincere le difficoltà: ed è fondamentale. Vediamo ora una serie di consigli e osservazioni (con esempi).

  • Buona parte delle nostre difficoltà non sono né bianche, né nere, ma di una sfumatura intermedia, diciamo grigio andante. Cosa significa? Che ci sono possibilità di sconfitta, ma anche (magari in minoranza) possibilità di vittoria. Nella vita quotidiana, sono rare le situazioni senza speranza. Quindi c'è sempre un margine per cui possiamo provare a migliorare e darci da fare. Concentrarci su quello aumenta concretamente le nostre chances
  • Ovviamente, dopo avere deciso di focalizzarmi sul positivo, mi servono altre due cose: gli strumenti per vincere e la costanza per lavorarci su  (uno studente dovrà mettersi a studiare regolarmente, ad esempio). Se  mi concentro sulle possibilità positive, mi aumentano la forza e il coraggio di combattere per farcela e metterò più facilmente in atto gli strumenti per affrontare il problema. La focalizzazione positiva mi permette di coltivare la mia motivazione
  • Da notare anche che molte situazioni migliorano, ma lentamente (la natura ha sempre tempi lenti, ma stabili, come quando crescono gli alberi). Ecco perché è così importante la costanza: ed ecco perché è assurdo che certi ragazzi pensino di migliorare tutto d'un colpo: bisogna darsi il tempo per farlo (almeno qualche mese).
  • Concentrarsi sul positivo non significa fare gli illusi e ignorare ingenuamente i problemi, anzi: proprio perché prendo sul serio i miei problemi, mi concentro su come superarli e sulla possibilità di farcela. Altrimenti, ci resto dentro. Ad es.: se so che rischio la bocciatura perché ho 5-6 materie insufficienti, mi focalizzo su quello che posso rimediare per rialzare le mie chances. Può essere molto difficile in certi momenti, ma la costanza sulla focalizzazione positiva è ineludibile per la salvezza: sennò, mi mancherà la motivazione per andare avanti, finanche per partire.
  • Diceva Nietszche che "se guardi l'abisso, l'abisso ti guarda a sua volta". Il negativo è come un buco nero: ti risucchia. Se io mi dico: "Tanto, non posso farci niente" e mi arresto al negativo, la mia prospettiva resta senza alternative e mi condanno da sola alla disfatta. Mi tiro la zappa sui piedi. 
  • Concentrarsi sul negativo è una grossa tentazione per due motivi: primo, così almeno abbiamo una sicurezza (il disastro); secondo, possiamo fare le vittime e rimanere al fondo della nostra cunetta piena zeppa di lacrime. Ma così non si va da nessuna parte. 
  • Il mondo appartiene a chi sa prendersi dei rischi. Mi spiace, ma la ricetta magica per essere sicuri al 100% di farcela non esiste. E forse è anche un bene: quando siamo troppo sicuri di noi, perdiamo l'umiltà, diventiamo strafottenti e ci viene la mania di controllo. Ci fa bene non essere in grado di controllare tutto. 
  • Bisogna quindi accettare che possiamo farcela, ma che esistono anche delle possibilità negative (in proporzione a seconda dei casi). Posso sforzarmi finché voglio, ma la possibilità di bocciatura rimane. Tuttavia, anche le sconfitte successive a un sano sforzo, per quanto dure da accettare, portano sempre qualche risultato positivo: invariabilmente, ci trovano maturati. La prossima volta, sarà più facile. 

Vi racconto qualche piccolo esempio. Alcuni anni fa, ero in vacanza per il I dell'anno in Svizzera assieme a un'amica. Siamo andate a visitare Montreux, graziosissima città sul Lago Lemano. A un certo punto il GPS (della mia amica) ha cominciato a fare i capricci e mentre io stavo cercando disperatamente l'accesso all'autostrada, mi ha spedito su di una viuzza di campagna stretta, ghiacciata, in salita, con nebbia, in una fredda sera d'inverno. A un certo punto fa la mia amica: "Guarda laggiù! Il lago!" Cioè, alla nostra destra si apriva la china che, varie decine di metri più sotto, arrivava al lago. E io pronta: "No, non voglio guardare!". Mi sono detta: "Annarita, se ti lasci prendere dalla paura, qui è la fine, per te e per lei". Quindi, HO RESETTATO L'IMMAGINE DELLO STRAPIOMBO e sono andata avanti mantenendo la calma. Difatti, ne siamo uscite intere, sia io che lei. E' un po' come per S.Pietro quando voleva raggiungere Gesù camminando sulle acque: finché fissava Lui, camminava sull'acqua, appena ha guardato in giù, ha cominciato a colare a picco.

Altri due esempi, più vicini alla vita degli studenti. Anni fa dovevo affrontare l'esame di Storia Romana, ma avevo poco tempo ancora a disposizione: non mi era chiaro se fosse sufficiente. Decisi però che potevo farcela E CONTINUAI A STUDIARE NON PENSANDOCI PIU'. Così, senza che perdessi tempo in lamentele, il mio lavoro proseguì spedito e arrivai in fondo in tempo.
Analogamente due classi allo stesso livello, alla fine dell'anno scolastico ebbero rendimenti nettamente diversi: quelli che erano stati ripresi regolarmente come se fossero dei buoni a nulla erano tracollati, mentre quelli incoraggiati e lodati come se fossero ottimi studenti, conclusero l'anno con successo. La prospettiva è importante.


Noi siamo quello che crediamo. Perché? Perché quello che crediamo costituisce il nostro fondamento. Oggi la nostra società crede principalmente al denaro e se ne vedono i risultati. Forme di religiosità dure, che dipingevano Dio come un giustiziere (si pensi al giansenismo o anche all'antropologia riformata, notoriamente pessimista, o anche a certe versioni autoritarie del cattolicesimo e ortodossia) hanno fatto sì che, adesso, meno persone nella nostra Europa sono disposte ad avvicinare un Dio che è, invece, amore. Noi siamo quello che crediamo. Se crediamo alla disfatta, precipiteremo. Se crediamo al bene, alla speranza, all'amore, miglioreremo: andremo su. 

Esiste un caso, però, molto frequente, in cui credere nella positività può essere davvero difficile. Si tratta del PTSD complesso ovvero Sindrome da Stress Post-traumatico complesso; succede alle persone che hanno subito non un solo evento traumatico (che so, un incidente aereo), ma una lunga serie di episodi traumatici che li hanno scavati come la proverbiale goccia (no, di più): abusi prolungati, specie in famiglia, violenza di coppia, situazioni di sequestro, schiavitù, campo di concentramento, bullismo, sette ecc. Uno dei sintomi tipici del PTSD complesso è la disperazione: uno non riesce  più a prendere l'iniziativa, si vergogna, prova senso di colpa e una lunga serie di sentimenti negativi che lo paralizzano. L'aggressore sembra inoltre onnipotente. Insomma, la persona in questa situazione si sente oppressa da un orizzonte negativo senza speranza. Peggio: a furia di subire, si porta "il leone (cioè gli abusi) dentro"; e fatica a liberarsene.


Allora, il focus positivo è fondamentale anche qui, ma parte dalla consapevolezza che la disperazione è indotta dalla situazione ed è un sintomo: oltre le nubi il sole c'è. In queste situazioni serve aiuto e un grosso aiuto può essere dato da una sana relazione affettiva (di ogni genere: anche con colleghi, amici ecc.) che ridona senso di sicurezza e fiducia (healing relationship). Poi è bene fare riferimento a un terapeuta e a vari approcci (il nemico si sconfigge meglio se attaccato da più parti). Però, più che mai, alle persone in questa situazione (ci sono passata) si può dire: potete farcela. Bisogna sforzarsi di mantenere una prospettiva di speranza, sennò si va a fondo. Tenere la testa fuori dall'acqua! Ripeto: oltre le nubi il sole c'è.

Nessun commento:

Posta un commento