mercoledì 20 settembre 2017

Bei momenti a Vienna 2



Bei momenti a Vienna 2

Quando ripenso alla nostra gita a Vienna dello scorso febbraio (con la 5O appena passata alla maturità e la collega Genesia Spoto), non posso che ritornare un'altra volta su quella meraviglia in terra che è la pasticceria Demel. Per me è sempre una grande consolazione andare a Vienna: praticamente, preparo il programma della gita pensando ai dolci in loco e ritmandoci la serie delle visite. L'Hotel Sacher, Demel, che era la pasticceria imperiale, i Krapfen multicolori delle pasticcerie Aida....




La foto è una testimonianza eccellente di un momento di consolazione meritato, ovvero la merenda della seconda sera di gita. Quella è stata una giornata un po' difficile: la collega si era sentita poco bene. E poi, la mattina avevo fatto una figura...Convinta che la guida da noi richiesta per il Museo della Scienza e della Tecnica non fosse mai stata trovata, avevo anticipato la visita coi ragazzi e poi avevamo sciolto le righe della mia squadriglia per il pranzo in centro; ma alle 14.00 mi telefona la guida inferocita... L'agenzia turistica, di Padova, efficiente, efficientissima (anche troppo), aveva comunicato di averla trovata in extremis, con la 150ma email di servizio, una delle tante consegnatemi in merito dalla nostra segretaria Silvia (un fascicolo che sembrava un dossier giudiziario); il risultato è che l'avevo confusa con una molto simile. Anche le prof sbagliano.... Per fortuna abbiamo poi rimediato: e la guida, un signore italiano gentilissimo, ha operato un cambio di programma: giro in centro. Apprezzatissimo dai ragazzi. 

Quindi, quando nel tardo pomeriggio mi sono seduta davanti a questo prodigio, costituito da una cioccolata calda con sfoglia alla crema, sentivo un profondo bisogno di coccole....



Uno dei momenti più intensi della nostra gita è  stata però la visita al campo di lavoro di Mauthausen. E qui, devo ammettere che i ragazzi hanno dato prova di grande maturità. Ma partiamo dal principio. 

La visita del campo era prevista sulla strada del ritorno; e l'autista prevedeva una sosta di un'oretta o poco più. Senonché, la sera prima sentii al telefono la guida, che mi parlò di due ore e mezza! Io non ero mai stata a Mauthausen (la meta era stata proposta da un collega che poi non era venuta); quindi temevo che, contate anche le soste, sforassimo rispetto alle 9 ore scarse permesse all'autista per il ritorno. E se poi avessimo trovato coda (come al solito) al confine....
C'era però un'alternativa: fermarsi invece a Salisburgo (splendida), dove avremmo potuto anche mangiare. Avremmo quindi guadagnato un'ora o più. Ma per prendere la decisione, bisognava agire democraticamente: e la sera, verso le 9.00, fu indetta una democratica assemblea di classe in una delle stanze dei ragazzi. Così, dopo cena, ci ritrovammo nella stanza di Bellu (Alessandro), con gli altri che arrivavano dalle camere vicine in fila indiana e si stipavano sui letti a castello. 



Quell'assemblea rimane il ricordo più sensazionale della gita e rimarrà negli annali del Roiti. A un certo punto, pareva di essere a Montecitorio. Sotto gli occhi allibiti miei e della collega, si scatenò un putiferio da aula parlamentare, mentre alcuni si trasformavano in oratori, a perorare i due partiti: da un lato, Jiro (Giacomo), che, infervorato come Churchill contro il nazismo, insisteva in crescendo sul fatto che visitare Mauthausen era un dovere morale delle giovani generazioni (giusto); dall'altro Ballard (Mario), che, pur rimpiangendo Mauthausen, inclinava per la Realpolitik (nonostante che lui sia un tipo da idealismo stile Che Guevara) e diceva che i tempi erano proibitivi, per cui bisognava optare per Salisburgo; e, in mezzo, tutti gli altri, con una cagnara, ma una cagnara, che dovetti imporre più volte il silenzio per tema che il personale dell'ostello, in modo sbrigativamente austriaco, venisse a buttarci fuori tutti. Ricordo che la discussione infervorò i presenti al gran completo, a tal punto che si pronunciarono in grande stile persino le ragazze, abitualmente silenziose (Giulia e Chiara); Chiara, in particolare, sosteneva la visita al campo di lavoro. A un certo punto, si fece vivo persino Lafo (Nicola, che, per un febbrone, era rimasto a casa) dall'Italia sulla chat di classe di What's App, protestando che non si poteva rinunciare a una visita del genere; e allora, qualcuno (mi pare che fosse Michi, Michele), esasperato lo tolse dalla chat (per la serie: in questa bolgia, ci mancano solo le interferenze dall'Italia!...). 




Ricordo ancora gli occhi sgranati della collega Spoto; io stessa mi sentivo piuttosto allibita; infine, passammo ai voti (noi due rimanemmo inequivocabilmente neutrali). Manco a dirlo: i ragazzi erano 17, quindi avemmo 8 voti per Mauthausen, 8 per Salisburgo e...1 astenuto. No, un'astenuta: Ari-Bru (Arianna). Qui, da parte dei due partiti, scattarono tutti i tentativi di persuasione (nonché corruzione e minaccia) possibili e immaginabili: e ricordo ancora lo sguardo atterrito di Arianna, che non avrebbe mai pensato di trovarsi al centro di una baraonda del genere; e si stringeva a braccia incrociate contro la testiera di uno dei letti e, all'ingiunzione dei suoi compagni: "Vota anche tu!" reagiva scuotendo energicamente la testa con l'aria di chi pensa: "Ma non ci penso nemmeno! Fossi matta!". Allora gli altri si volsero verso di noi chiedendoci di votare a nostra volta; cosa che declinammo fermamente. Alla fine, esasperata dalla veemente discussione, decisi di spedirli tutti a letto (erano ormai le 10.00 e stavamo rischiando davvero il trasloco al locale commissariato della Oesterreichische Polizei: avrei poi trovato le parole in tedesco per spiegare agli allibiti poliziotti che cosa era successo?): "Adesso basta! Mi avete stufato tutti quanti! A letto! Raus!" (il tedesco fa più effetto in certe circostanze). Così, ce li vedemmo sfilare davanti mogi mogi e improvvisamente quieti, in fila indiana, per tornare nelle loro stanze. Mi ricordo in particolare il volto mogio di Guare, detto anche 99 (Tommaso).




Seguì però un incontro al vertice delle due prof: e Genesia, giustamente, mi fece notare quanto i ragazzi fossero delusi all'idea di non visitare il campo di lavoro. Così, la mattina, dopo aver consultato l'autista, ci dirigemmo a Mauthausen. Premetto che tre giorni di gita e l'assemblea parlamentare dovevano avere sfinito la mia squadriglia: la mattina dopo, in pullmann, si udiva un silenzio tombale (interrotto forse, negli estremi recessi del pullmann, da qualche sommesso ronfare: si noti la foto sotto, che, del resto, rispetta rigorosamente la privacy). Verso le 10.00, scendemmo al Lager, in un'atmosfera intirizzita da fredde ventate. 
Fu una visita straordinaria, dura, ma intensissima: e la guida, davvero eccezionale, fece meditare i ragazzi sull'assurdità di quel luogo, in cui le SS avevano un campo da calcio dove giocavano dopo aver torturato i prigionieri per tutta la giornata; dove i cani sbranavano gl'internati a capriccio dei carcerieri; e dove non c'erano Ebrei, ma prigionieri di ogni paese d'Europa, vittime ricordate da una selva di monumenti funerari fuori dalle mura del campo. Molti gl'Italiani. I ragazzi avevano ragione: un'occasione educativa così non si può perdere. E loro hanno deciso per il meglio. Quel giorno capii che io e i miei colleghi non avevamo lavorato invano, anzi, tutt'altro: durante i 5 anni passati con noi, i nostri studenti hanno assorbito volonterosamente dei valori genuini. In quella gita, la 5O al gran completo ci ha dato una profonda soddisfazione. 



                           Scorcio della 5O stramazzata in pullmann sulla strada per Mauthausen

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