domenica 10 giugno 2018

Fiaba orientale d'amore e misericordia (7)


Fiaba orientale...di amore e misericordia (7)

E' da tanto tempo che non sentiamo più parlare della bella fiaba orientale del principe e della principessa, che l'amore e la misericordia potrebbero unire....Dove sono? Che cosa sussurra su di loro lo sciacquio dolce dei canali, il silenzio delle calli, che cosa bisbigliano i lumi di cristallo che occhieggiano dietro le cortine di broccato della Serenissima?




L'amore e la misericordia si nutrono sempre di verità. Lo capiremo proseguendo nella nostra storia, tra gli splendidi giardini nascosti dalle mura lambite dalle acque indaco di Venezia, le antiche mura su cui si arrampicano rami di edera e profumato gelsomino. E questo, per la principessa, è proprio il momento della verità. Una verità difficile. L'amore vero, del resto, proprio perché vero, non è facile, anzi: infatti, per la nostra principessa, è un momento  triste, molto triste. Perché il suo bel principe non è con lei. Ancora non è con lei. E lei ignora se lo sarà.



Quando scende la sera, violetta e vellutata, che avvolge con la sua foschia leggera le calli brune, lei si siede su di un gradino dalle fondamenta immerse nell'acqua, bagna la mano dentro l'onda lieve e pensa a lui, con nostalgia. Ma non può averlo con sé. In questo momento ha dovuto invece, con una stretta al cuore, allontanarsi da lui. E ha dovuto farlo per amore. Come promessogli, lei non gli aveva più fatto mancare la luce del suo sorriso, anzi: per mesi, lo aveva colmato di messaggi, piccoli doni e lettere affettuosi, riservati, ma colmi di tenerezza. E lui, pur non rispondendo mai esplicitamente, si era rasserenato. La salutava. Le sorrideva. Lei aveva mantenuto per lui uno sguardo ampio, ampio come l'orizzonte sul mare azzurro lontano, al largo della laguna; e l'amore di lei lo aveva veramente rafforzato, piano piano; sembrava così vicino il momento in cui lui avrebbe potuto oltrepassare la barriera che li divideva, la lunga barriera innalzata dai comportamenti dettati dalle sue ferite....Ma appena lei tentò di avvicinarlo un po' di più, lui arretrò ancora. Forse in ansia, forse spaventato, si trincerò nuovamente lontano da lei, come se non la volesse. Addirittura, lei scoprì che lui si recava appositamente nei luoghi frequentati da entrambi quando lei se n'era appena andata. E allora, a malincuore, non sapendo più che cosa fare, lei dovette ritirarsi in silenzio. Pochi giorni dopo la principessa apprese infine che lui era stato promosso, ma aveva dovuto partire per un altro luogo di lavoro: e, stando così le cose, lei si rese conto che con molta difficoltà lo avrebbe rivisto. Si sentì sprofondare il cuore, ma non poteva fare più nulla.



Perché direte voi? Ma non lo amava? E lui non la amava?
Lui, sicuramente, la amava, ormai ne era certa. Tutto il suo accanimento nel celare i propri sentimenti non poteva derivare che dal fatto che essi erano estremamente preziosi e profondi: più preziosi dell'oro e dei gioielli che decoravano i palazzi veneziani. Più lui si celava a lei, più lei si convinceva che lui l'amava profondamente, molto profondamente. Forse l'amava tanto quanto non l'aveva mai amata nessuno. Tuttavia, paradossalmente, il linguaggio esplicito di lui (molto probabilmente una difesa) frapponeva una barriera tra loro. Il suo comportamento le ripeteva da mesi, e ancora, e ancora, e ancora: "Io non ti vedo. Tu non ci sei. Tu non esisti. Anzi, tu non devi esistere". Lui appariva ignorare tutto di lei: messaggi, lettere, gesti di amore e amicizia. Tutto. Non una parola, non un'espressione di scusa, non un grazie. Niente. Il vuoto (a parte qualche occasionale saluto e sorriso). 



In realtà, lui si teneva accuratamente tutto e, lei lo sapeva per certo, leggeva ogni parola di lei avidamente. Ma per lei, che dopo mesi e mesi, più di un anno, questa situazione continuasse così, era amaro, molto amaro. Con tutto quello che aveva sofferto, con tutto quello di cui era stata privata, il cuore le bruciava come una ferita coperta dal sale marino. E anche se sapeva che si trattava solo di una reazione difensiva, questo l'aveva resa profondamente triste. Davanti a lui si sentiva di troppo, un fastidio. E quindi aveva deciso di ritirarsi in silenzio. Nessuno può immaginare quanto faccia male a chi ama profondamente quanto ama lei, di esser sfuggita dall'uomo che ama. E questo, in fin dei conti, è l'atteggiamento che ognuno di noi tiene con Dio (Perdonali, perché non sanno quello che fanno...).

La principessa aveva riflettuto molto per capire. Il punto era che, qualsiasi fossero i sentimenti più reconditi del principe, lui non faceva altro che allontanarla da sé. In concreto, per quel che lei osservava, lui agiva esattamente al contrario di quanto era bene per migliorare la propria situazione: continuava a fuggire, così le sue paure si ingigantivano; oppure, cercava di affrontarle con la fretta, senza pazienza, per sradicarle (e così continuavano a crescere). Non voleva l'aiuto di nessuno, neanche di lei: e non si rendeva conto, invece, di essere rimasto solo, prigioniero della falsa razionalità della paura. Tutti i pensieri che riempiono la testa e la ossessionano davanti a un limite o a una forma di paura, non sono razionali: ed è proprio allora, quando uno non capisce più niente, che serve lo sguardo lucido di qualcun altro, qualcuno di affidabile ed esperto, che ritrovi la via nel labirinto in fuga delle calli veneziane e capisca per noi.



Ma lui no, voleva fare da solo. E poi non si accettava. Non accettava i propri limiti. E, come succede sempre, quel che si getta fuori dalla porta, rientra dalla finestra; anzi, diventa una persecuzione. Non è possibile amare se non ci si accetta: perché l'amore, per vivere, ha bisogno della nostra umiltà, come i fiori abbisognano di radici che affondino nella terra. Infine, nonostante l'esistenza di un'ampia scelta di strumenti già rivelatisi efficaci per guarire lei, lui non ne aveva fatto apparentemente (quasi) niente. Invece di pianificare con metodo e tenacia il proprio cammino verso la felicità e verso l'amore, che pure agognava, si era concesso, tutt'al più, dei tentativi estemporanei dettati dall'impulso; tentativi troppo estemporanei per durare. Non le parlava: magari, se le avesse chiesto scusa, o l'avesse ringraziata, si sarebbe sentito meglio (tanto più che lei lo avrebbe trattato con dolcezza); invece niente. Avrebbe potuto trovare decine di modi per inviarle anche solo una parola; nulla. Avrebbe potuto persino risponderle in segreto, in modo anonimo; niente. Perciò, lei aveva provato di tutto (ma veramente di tutto) per avvicinarlo rispettosamente e per aiutarlo, coprendolo di tenerezza: e i tentativi che lei faceva, come quelli di lui, del resto, cominciavano a funzionare, finché lui non gettava la spugna, per via dei suoi pensieri neri. In questo modo, lui l'aveva letteralmente sfinita. Dopo mesi e mesi, lei non sapeva più che fare e si sentiva distrutta. E loro erano ancora divisi. 



Insomma: l'unico motivo per cui la situazione tra loro non era migliorata e non erano già insieme da mesi, come sarebbe stato bello a naturale, non era che le strategie messe in atto non funzionassero, o che lui non fosse capace o che loro non si amassero; l'unico motivo era che lui non voleva. Le piangeva il cuore ad ammetterlo: ma anche se lei lo amava tanto e lui la ricambiava, chissà, forse per paura, o per la falsa razionalità di cui era rimasto prigioniero e che lo faceva agire in modo assurdo, lui non voleva mettere in atto quel che serviva per venire da lei. E in mesi e mesi, apparentemente, non aveva mosso un dito per lei. Anzi, così l'aveva ferita profondamente. Ricordiamolo: siamo liberi di scegliere; però nessuno ha il diritto di lasciare che le proprie debolezze feriscano gli altri. Tutti noi abbiamo delle responsabilità. Tuttavia, l'amore è un dono: e siamo liberi di rifiutarlo. Tristemente.

E lei? Incredibile...Lei lo amava ancora. Lo amava moltissimo. Lo amava sempre. E non aveva nessuna intenzione di lasciarlo. Aveva fatto, e non sia inopportuno dirlo, numerosi sacrifici seri per continuare a coltivare il suo amore per lui. Addirittura, aveva finito per trovarsi a un bivio. Lei celava nel cuore un grande, grande desiderio, forse il più grande che avesse mai nutrito nella sua vita assieme a quello di amare. Ma il tempo passava, lui non si faceva esplicitamente avanti e, col tempo, la possibilità di portare a compimento assieme a lui questo grande desiderio svaniva. E questo la feriva atrocemente. Eppure, anche così, preferiva non lasciarlo. Faceva di tutto per salvaguardare anche i suoi sogni, di cui, tempo prima, aveva avuto un accenno dal sorriso di lui, come un baluginio di sole sull'acqua. Era semplicemente così, lo amava veramente tanto: e, quando lo vedeva, sentiva dentro, con serena certezza, che lui era l'uomo che corrispondeva al profondo del suo essere. Per quanto la situazione tra loro la facesse soffrire e la privasse dei suoi sogni, anche di quelli più segreti e cari, lei voleva rimanere con lui. Sapeva che il suo principe agiva così perché aveva molto, troppo sofferto; e in lui la principessa riconosceva l'uomo della sua vita e dei suoi sogni.



Tuttavia, a questo punto, che fare? si chiedeva lei, immergendo tristemente la mano bianca nell'acqua dei canali, accesa dal tramonto. Ecco, l'amore, la misericordia vanno d'accordo con verità e libertà: perciò lei doveva accettare la verità di questa separazione e non intendeva forzarlo. Per quanto lei cercasse di mantenersi estremamente rispettosa e colmarlo di tenerezza fosse tanto bello, continuare a insistere e a inviargli lettere, messaggi, piccoli regali, andava contro le leggi del buon senso, dell'educazione, del rispetto. Forse anche contro le leggi civili (vabbé, in una fiaba non esiste la normativa anti-stalking, ma la nostra principessa è preparata e la conosce comunque!). L'amore rispetta sempre la libertà dell'altro. Era lui che l'allontanava da sé. E perciò, con grande dispiacere, lei che non desiderava altro che carezzarlo e sciogliere le ansie di lui alla musica delle proprie carezze, si era ritirata. Lentamente, ma inesorabilmente. Si era ritirata proprio per amore.



Perciò, a questo punto, perché la situazione si sbloccasse l'apporto di lui era ineludibile. Nessuno poteva fare la sua parte: solo lui. Lei si era ritirata anche per questo. Insistere ancora avrebbe significato mancargli di rispetto, invadere il suo spazio e privarlo del suo spirito d'iniziativa e della sua capacità di azione. Perché lui era perfettamente capace di reagire, lei lo sapeva; e stava a lui fare la sua parte. Ogni tentativo da lei compiuto per avvicinarlo sortiva alcuni effetti positivi, segno che la situazione poteva veramente migliorare, ma trovava un limite ineludibile nel fatto che lui, apparentemente, non si muoveva verso di lei. Qualsiasi azione di lei pareva indisporlo; quindi, lei non avrebbe fatto rigorosamente più nulla. Non messaggi, non lettere, non piccoli doni, nulla. Ora, toccava a lui: se lui voleva, gli lasciava campo libero. Del resto, era un uomo molto virile: e ce la poteva fare. Li strumenti li aveva e aveva imparato a conoscere l'amore di lei. L'alone della sua tenerezza perdurava intorno a lui come un'aura benefica. Perciò, a questo punto, lei poteva solo pregare. Pregare e aspettare.



Tuttavia, c'era anche la possibilità che lui rimanesse ancora immobile. Allora, proprio quando la principessa era talmente triste e scoraggiata da avere ormai intenzione di mollare tutto, ecco una voce misteriosa, la voce di Qualcuno molto importante, sussurrarle nel silenzio: "Non lasciarlo. Ti ama. Ha bisogno di te. L'amore non è facile...Capisco i tuoi dubbi, ma non lasciarlo. Abbi fede". Questo era solo uno dei tanti segni che, nel corso di quella storia d'amore così ardua, l'avevano incoraggiata a perseverare, come un lumicino accesosi all'improvviso su di una via buia: e quel lumicino le diceva con certezza che il suo principe sarebbe guarito e che il loro amore avrebbe vinto. L'amore fa miracoli. L'amore vince tutto, anche la morte. Ed il momento della fede e dell'amore è proprio quello in cui pare che la morte abbia vinto e il buio sembra completo. 



Allora, fissando il cielo veneziano sempre più azzurro all'imbrunire, la principessa sospirò e decise di avere fiducia: in Chi le sussurrava così e anche nel suo principe, che avrebbe trovato le forze e la volontà di tornare. Decise di avere fiducia e di continuare ad amarlo, anche se aveva paura di cedere e anche se amarlo ormai si riduceva a pregare e ad aspettare in silenzio. Decise di avere fiducia nell'amore e nella bellezza che l'amore sa creare, proprio come accade a Venezia. Decise di non lasciarlo e di aspettare: aspettare che, tra i palazzi silenti e le mura antiche, adorne di glicini, facessero ritorno le rondini, col loro garrulo grido, e che lui ricomparisse, all'angolo della strada, solo per lei. 




Quanto lo amava! Talora la principessa sognava che una magia la trasportasse fino al balcone di lui e dentro la stanza, dove il suo principe dormiva: si sarebbe avvicinata piano piano, senza far rumore, per non svegliarlo, e si sarebbe seduta accanto a lui, per vegliare il suo sonno e carezzarlo lievemente sui capelli, o posargli un bacio sulla fronte. E lui, nel sonno, avrebbe avvertito l'onda benefica del suo amore; e poi, all'alba, lei sarebbe svanita tra i primi raggi di sole. Altre volte, sognava che ogni difficoltà tra loro fosse terminata e che lui potesse dormire tranquillo tra le braccia di lei, col capo reclinato sul suo petto; e lei gli avrebbe baciato lievemente le lunghe ciglia e i capelli. Sognava di sorridergli e accarezzarlo, con la leggerezza con cui i gabbiani sfiorano l'acqua, la rugiada imperla il muschio sui muri e la brezza marina fa oscillare i fiori sui balconi della Serenissima. Le rose nascoste dei giardini veneziani attendono che il sogno d'amore della principessa si avveri, così come il cuore di Dio attende ognuno di noi per qualcosa di ancora più bello. (continua)

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