lunedì 1 gennaio 2018

I misteri di Venezia (1)


I misteri di Venezia (1)

Ecco qui il riassunto di un magnifico documentario francese su Venezia e i suoi misteri, andato in onda nel 2015 per la serie L'ombre d'un doute: ho fatto alcune aggiunte e correzioni io però. Ecco il link al documentario:

https://www.youtube.com/watch?v=Jh_6hCiBNSw&t=61s

Fondata nel V sec. d.C. su Rialto, la maggiore isola della laguna veneta, da fuggiaschi che volevano evitare le devastazioni delle orde barbariche, Venezia vede consolidarsi il suo sistema politico fin dal VII sec. con il doge a suo capo (dal latino dux, "comandante": si trattava di un titolo militare bizantino), il cui potere però è limitato da altre istituzioni. Venezia comincia ad arricchirsi grazie soprattutto al commercio del sale; e, nel IX secolo, avviene un fatto che ne sancisce l'importanza fondamentale. 


Nel giugno 826, due mercanti veneziani, Bruno di Malamocco e Rustico di Torcello, partono alla volta di Alessandria con la segreta missione, da parte del doge Angelo Partecipazio, di riportare a Venezia le reliquie dell'evangelista Marco. Infatti, nel Medioevo, le reliquie conferivano grande importanza a una città o a una chiesa e Venezia aveva bisogno delle sue per sottolineare la sua potenza. I due mercanti riescono (non si sa come) a ottenere le reliquie dai pochi monaci impauriti che le custodivano, quindi le trasportano per Alessandria nascoste sotto della carne di maiale (kanzir, in arabo). Perciò, al momento dei controlli al porto, i doganieri arabi si ritraggono inorriditi e le reliquie partono senza problemi. A mia conoscenza, i due mercanti, invece, avevano adocchiato il pesantissimo sarcofago del santo e, travestiti da Arabi cenciosi, avevano scommesso con il capocantiere che stava smantellando la chiesa di S.Marco, di essere in grado di trasportarlo: poi però avrebbero preso la fuga, sotto il naso del capocantiere....


La nave rientra a Venezia il 31 gennaio 828: ora Venezia può rivaleggiare con Roma e Costantinopoli e godere della protezione di S.Marco, rappresentato dal leone: una vera e propria operazione politica, volta ad esaltare la Serenissima. Subito comincia ad essere costruita una basilica in onore del santo: la cripta dell'attuale S.Marco ospita i resti di quell'edificio e, ancor oggi, nessuno può accedervi (la cripta viene mostrata nel video al minuto 10.00). La basilica però rimane vittima di un terribile incendio nel 976.
Essa viene ricostruita nel 1094: ma, dopo un secolo, non si sa più dove sono finite le reliquie di S.Marco. Allora il doge indice un digiuno generale per 3 giorni; il terzo giorno, un braccio del santo emerge da sotto un blocco di marmo della basilica e le reliquie vengono così ritrovate. Tuttavia, dall'828 i copti d'Egitto reclamano le reliquie di S.Marco; solo nel 1968 papa Paolo VI accettò di "restituirle". In realtà, si trattava di reliquie di contatto, ovvero di un tessuto messo a contatto con la tomba del santo. Al Cairo è in seguito sorta la cattedrale di S.Marco per ospitarle.


                                                              La cripta di S.Marco
Frattanto, il dominio di Venezia continua a crescere: essa occupa così le coste dalmate. La grandezza della città viene celebrata tutti gli anni per l'Ascensione, quando il doge, a bordo del celebre Bucintoro, si reca al largo e getta un anello d'oro in mare per rappresentare il matrimonio tra la città e il mare stesso: è la "Sensa".
Venezia aspira a essere la più importante città del Mediterraneo; è in rivalità quindi con la sua madrepatria, Costantinopoli (si ricordi che Venezia era, nell'Alto Medioevo, territorio bizantino). Il 12 aprile 1204, i crociati avrebbero saccheggiato Costantinopoli proprio su mandato dei Veneziani: infatti, quando era stata organizzata la IV crociata (predicata da Innocenzo III), il doge Enrico Dandolo aveva chiesto per il trasporto dei crociati una somma così alta, che questi si erano trovati in debito ed erano rimasti bloccati al Lido (aggiungo io: erano 85.000 marche imperiali di argento). Allora, il doge avrebbe suggerito che si sdebitassero conquistando per lui una città dalmata (cristiana però): Zara, essenziale per controllare i traffici dell'Adriatico. La spedizione è guidata dal doge stesso, che occupa Zara il 24 novembre 1202. 


La versione dello storico di Venezia A.Zorzi è un po' diversa: in realtà, i Veneziani avevano stipulato con i Crociati un regolare contratto di trasporto e avevano allestito loro stessi una flotta, pagando di tasca loro e trovandosi poi a spendere per i crociati inoperosi al Lido; il problema è che parecchi baroni non si presentarono all'appuntamento a Venezia, per cui la crociata "si sbriciolò", come dicono gli storici, senza che fosse stabilito un vero obiettivo comune (Egitto? Siria?) e senza che i Veneziani fosero pagati delle spese. Enrico Dandolo prese la direzione dell'impresa per salvare il salvabile e trasformò il contratto di trasporto in una compartecipazione totale; ma l'idea di attaccare Zara sarebbe venuta ai crociati stessi, già allettati da Alessio (vedi sotto) e dalle sue promesse. La sosta a Zara, così come la sottomissione di Trieste e Muggia, servivano anche e soprattutto per i rifornimenti: il problema fu che gli abitanti di Zara opposero resistenza e, così come l'idea di sbarcare in Dalmazia venne in corso d'opera, anche l'assedio si presentò come una necessità all'ultimo momento. E Innocenzo III, a causa di questo conflitto tra cristiani, scomunicò i Veneziani (su cui i baroni avevano scaricato la loro responsabilità).


A Zara, intanto, giunge in visita Alessio, l'erede al trono bizantino decaduto, figlio di Isacco Angelo: e questi chiede all'armata di aiutarlo a riconquistare la sovranità promettendo un compenso straordinario e 20.000 soldati in aggiunta per la conquista della Terra Santa (secondo Zorzi, i Veneziani avrebbero semplicemente seguito il volere dei baroni, preoccupati di recuperare le spese). I crociati giungono così nel Bosforo nell'estate 1203 e reinstallano Alessio senza problemi sul trono: in realtà, sottolinea Zorzi, nessuno aspettava Alessio a Bisanzio, per cui i crociati dovettero reinsediarlo con la forza, provocando la xenofobia dei Greci. Tra i militari acquartierati a Bisanzio, per volere del nuovo imperatore Alessio IV, che abbisognava del loro sostegno, e gli abitanti cominciarono a volare scintille; così, Alessio IV prese a dilazionare il pagamento. Secondo il documentario, allora, Dandolo avrebbe scatenato i crociati sulla città. In realtà, il problema era sempre il solito, i crociati avevano bisogno di risorse e, quando Alessio IV fu infine ucciso, dovettero allora riprendere la città (mentre Dandolo cercava di mediare col nuovo sovrano, Alessio V). Si giunse così all'orrore del saccheggio di Costantinopoli, uno dei peggiori della storia del  cristianesimo (anche se qui il cristianesimo c'entra poco): donne violentate, bambini uccisi, crociati che insozzano le chiese intrattenendosi con le prostitute. 


Molte opere d'arte vennero rubate: ad esempio, i quattro cavalli che dominano S.Marco provengono dal circo di Costantinopoli. Anche il tesoro della basilica contiene vari beni razziati a Bisanzio, come la famosa Pala d'oro, conservata dietro l'altar maggiore: una pala d'oro in cui sono incastonate 3.000 pietre preziose. Al minuto 21, viene mostrata una preziossima scatola in smalto, fabbricata per contenere una reliquia della Santa Croce. Dandolo morirà proprio a Bisanzio nel 1205 e il crollo dell'impero romano d'Oriente assicurerà alla sua Venezia il primato commerciale e sui mari. Quanto al saccheggio, è stato un trauma profondo, rimasto tra le chiese d'Occidente e d'Oriente finché, il 28 giugno 2004, Giovanni Paolo II chiede perdono al patriarca di Costantinopoli.
Al minuto 24, viene mostrato l'Arsenale, dove venivano costruite le navi veneziane. Nel 1270 il re di Francia S.Luigi impone la pace a Genova e Venezia in lotta; ma è solo una tregua. Il simbolo migliore dello spirito d'iniziativa di Venezia nel Medioevo è Marco Polo, che vi rientra, vestito in foggia orientale, nel 1295 (secondo la leggenda, al ritorno dei Polo essi avrebbero dovuto soltanto aprire i loro manti per farne cadere pietre preziose in quantità, segno della straordinaria ricchezza acquisita all'estero). I Polo sono mercanti, specializzati nel commercio del preziosissimo pepe: nel 1271 quando Marco ha 17 anni, parte col padre e lo zio e attraversa il Medio Oriente, l'Asia centrale, il deserto di Gobi, per giungere nel 1275 a Kambaluc, odierna Pechino, dove incontra finalmente Kublai Khan. Copito dall'intelligenza del giovane Marco, l'imperatore gli affida la missione di esploratore ed osservatore suo personale per tutta la kilometrica estensione del suo impero. Tornato in Occidente, nel 1296, Marco Polo viene fatto prigioniero dai Genovesi; in carcere, dato che non sa scrivere, egli detta a Rustichello da Pisa, un erudito, le sue memorie, frutto di 20 anni di viaggi appassionanti per le terre dell'Estremo Oriente. Nasce così il Milione: descrizione delle meraviglie d'Oriente, dal sistema postale, ai canali, la seta, la cartamoneta...


                                                   Il testamento autentico di Marco Polo
La sinologa Frances Woods, nel 1995, pubblica un libro in cui contesta la realtà dei viaggi di Marco Polo in Cina: secondo lei, Polo sarebbe arrivato tutt'al più nei pressi del Mar Nero, ma non oltre, perché non ha lasciato traccia di sé negli archivi cinesi. La studiosa, letteralmente messa da parte dalla comunità universitaria, spiega però che Marco Polo, nel Milione, non parla né di bacchette, né di tè, né della Grande Muraglia, né dell'uso di stringere i piedi alle donne; insomma, mancano dall'opera molti aspetti della cultura cinese autentica del 1200. Non solo: la sua descrizione delle navi cinesi è contraddetta dai ritrovamenti dell'archeologia subacquea; ad es., lui descrive delle navi a 5 alberi, quando ne avevano 2. D'altro canto, le fonti cinesi o mongole dell'epoca annoverano Francesi, Tedeschi, Bulgari, ma non Italiani e men che meno Marco Polo.
Si potrebbe dubitare persino della sua esistenza: ma alla Biblioteca Marciana di Venezia è conservato il suo testamento (minuto 32). In latino, datato al 1324, poco prima della morte del personaggio, è stato redatto dal notaio; nulla nel testo conferma il famoso viaggio in Cina: tutt'al più, M.Polo vi rende la libertà a uno schiavo tartaro che aveva portato con sé dall'Oriente. Come avrebbe allora appreso tutte le cose che ha dettato nel Milione? La sinologa F.Woods risponde: dai racconti di altri viaggiatori. E' dello stesso avviso anche il nostro archeologo D.Petrella.


                                                          Enrico III di Francia
La fortuna della Serenissima dipendeva dalla stabilità delle sue istituzioni, che, in un'epoca di assolutismi, garantivano quasi una distinzione moderna di poteri (esecutivo, destinato al Collegio; legislativo, al Senato; infine il Consiglio dei 10, nato nel 1310, cui spettava il giudiziario; ma c'erano, aggiungo io, anche altre istituzioni, come il Maggior Consiglio o le Quarantie). Venezia cnquista la terraferma, allargando il suo territorio nel Veneto; ma già nel 1500 comincia il declino, specie a causa della scoperta dell'America e del conseguente spostamento dei traffici commerciali. Il 7 ottobre 1571, durante la battaglia di Lepanto contro i Turchi, Venezia vince, ma perde buona parte della sua flotta. Allora, nel luglio 1574, quando arriva in città il nuovo re di Francia Enrico III, figlio di Caterina de'Medici, la visita possiede un valore propagandistico enorme. Ordine tassativo del doge: mostrare il massimo fasto possibile per stupire il proprio vicino francese. Addirittura, vengono fatte rientrare tutte le imbarcazioni che erano fuori, per fare degno corteggio al sovrano.
Il 30 maggio 1574 era morto Carlo IX, fratello maggiore del nuovo re; Enrico si trovava invece in Polonia, dove aveva acquisito il trono, ma la madre gli ingiunse di tornare da Cracovia. Il giovane re, il 17 luglio, fa sosta comunque a Venezia, dove rimane per 10 giorni. Centinaia di giovani vengono messi al suo servizio; il 18 luglio, il Bucintoro lo porta assieme al doge a S.Nicola del Lido, dove nientedimeno che Palladio ha eretto un arco trionfale in suo onore. Il re risiede al Palazzo Foscari: dal balcone, può ammirare i maestri vetrai di Murano che soffiano il vetro forgiando delle meraviglie solo per lui; segue una regata organizzata apposta. A Palazzo Ducale viene organizzato un banchetto di 3.000 coperti; la sera i fuochi d'artificio accendono il cielo. Ogni giorno il re assiste a una sorpresa nuova e gli viene fatto visitare addirittura l'Arsenale, dove gli operai costruiscono una nave al suo cospetto mentre lui fa colazione! 


                                                     Veronica Franco, poetessa e cortigiana
Ma il re è affascinato anche da ben altro: al Palazzo Foscari chiede una cappella e un'uscita segreta per assentarsi la notte (e può tornare anche alle 11 del mattino): senza dubbio, va a godersi la vita notturna della città, che è celebre per le sue cortigiane. Queste presenze sono dovute al fatto che Venezia è un porto (13.000 prostitute per 200.000 abitanti); tuttavia, esiste anche una prostituzione di lusso, di livello aristocratico, con cortigiane che amano l'arte e la letteratura e che son dette "cortigiane oneste". Al minuto 41, il video mostra l'elenco di queste cortigiane oneste, che porta, alla sezione 204, il nome di Veronica Franco; il registro riporta anche il nome di sua madre, Paola Franco. I sonetti dedicati dalla Franco al re di Francia mostrano che lei ne ricevette una forte impressione e lo descrive come un amante eccezionale (e dire che un malinteso storico descriveva Enrico III come omosessuale...). Enrico III ripartì il 27 luglio per la Francia.
Il Cinquecento, anche se è l'inizio della decadenza di Venezia, vede anche il massimo fulgore delle sue arti: Tintoretto, Tiziano, Veronese rivaleggiano coi loro colori; Tiziano però muore di peste nel 1575, anno di una grande pestilenza. Una nuova peste, quella celebre del 1630, induce il doge a pronunciare un voto: erigere una basilica in onore della Madonna se allontanerà il flagello da Venezia. E, difatti, nasce così S.Maria della Salute, opera di Baldassarre Longhena, terminata nel 1680 e costruita su più di un milione di pali in legno. 


                                                        La Venere di Urbino, di Tiziano
Ma spostiamoci all'inverno 1636, nel ghetto ebraico, durante la festa di Purim (il carnevale ebraico): a mezzogiorno, le porte del ghetto vengono chiuse senza preavviso dagli sbirri, che cercano il ladro che ha rapinato a un ricco patrizio veneto ben 70.000 ducati, una somma enorme. Tutte le case sono perquisite, ma il fatto denuncia l'atmosfera di diffidenza di cui gli Ebrei sono circondati, persino in  una delle poche città d'Occidente che li accoglie. Perché? Al minuto 46 potrete vedere uno straordinario Al Pacino che interpreta Shylock, l'ebreo del Mercante di Venezia: il punto è che la Serenissima ha bisogno di finanziatori come i banchieri ebrei; e così questi vengono installati nel "Ghetto", prima zona ebraica delimitata con quel nome, dal veneziano per "fonderia". Il ghetto era nella zona di Cannaregio, nel Nord della città: al minuto 47 potete vedere il decreto originale del 1516 redatto per la sua istituzione. Prima gli Ebrei erano sparsi per la città, ma vi potevano risiedere solo per 15 giorni; dal 1516 poterono soffermarsi più a lungo, ma solo rimanendo nel ghetto per non "contaminare" i fedeli cattolici, come dice il documento (...). Le porte del ghetto sono chiuse la notte e le guardie lo sorvegliano a spese degli Ebrei stessi. Essi devono inoltre portare un cappello giallo distintivo, il loro cimitero è separato e situato al Lido, inoltre possono esercitare solo i mestieri di rigattiere e prestatore. Nonostante le condizioni draconiane, gli Ebrei affluiscono in gran numero a Venezia, ma, siccome non possono uscire dal ghetto, ecco allora sorgervi case altissime, fino a 8-9 piani. Da 700, installati nel "ghetto novo", gli Ebrei dilagano poi nel "ghetto vecchio" e poi nel "nuovissimo" fino a raggiungere la cifra di 4.000. Entro il '700, gli Ebrei veneziani avranno pagato alla Serenissima ben 800.000 ducati, una cifra enorme, per risiedervi, seppur in condizioni discrete, di certo migliori che altrove.


                                                                    Il cafè Florian

Nel '700 Venezia si mantiene neutrale, perché sta declinando enormemente; ma diventa la capitale dei divertimenti. Al minuto 51 potete vedere il presentatore dentro il Caffè Florian (lui dice che è stato aperto nel 1720, ma la data autentica è il 1725; voglio ricordare anche il Lavena, 1750, e il Quadri, 1775). Il documentario ci presenta poi la figura dell'ambasciatore francese a Venezia nel 1752, l'abbé de Bernis (François-Joachim-Pierre de Bernis), che risiedeva in un superbo palazzo a Cannaregio. Destinato a diventare cardinale e primo ministro, protetto dalla marchesa di Pompadour (la potentissima favorita di Luigi XV), verrà soprannominato il "cardinale dei piaceri", tanto era esteta e amante del lusso, della buona tavola, che imbandiva sovente con cibi raffinati, in onore di tutti gli ospiti di riguardo che passavano per Venezia. Grazie alla marchesa, lui, un letterato privo di esperienza diplomatica diventò ambasciatore a Venezia, ma era deciso a fare un ottimo lavoro per motivi di carriera; difatti, ottenne la stima dei governanti veneti, mentre a Versailles si erano dimenticati di lui. Il suo nome è associato a quello di Giacomo Casanova: all'epoca, tra "casini", sale da gioco, feste e carnevale (che durava 6 mesi), a Venezia ci si divertiva in continuazione e le maschere permettevano l'anonimato. E' Casanova che riferisce di essere stato spiato da Bernis mentre era con la sua amante e di avere partecipato con l'ambasciatore a delle serate non proprio pie: ovviamente, poi Bernis diede di se stesso un ritratto ben più casto. 
Ma su Casanova e la sua celeberrima fuga dai piombi, dobbiamo aspettare la seconda parte...(continua). 

Cfr. A.Zorzi, La Repubblica del Leone, 1980 (2)

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