domenica 17 marzo 2024

Napoleone secondo Manzoni e Tolstoj (di Matteo Caravita, 4L)

 

Napoleone secondo alcuni grandi scrittori moderni: Manzoni e Tolstoj (di Matteo Caravita, 4L)

Il testo seguente è una sintesi scritta dal mio allievo Matteo Caravita a seguito di un lavoro di gruppo in cui la mia classe 4L doveva analizzare alcuni testi letterari in rapporto a temi come la figura dell'eroe. Il gruppo di Matteo si occupava proprio di questo soggetto e lui ha analizzato come il personaggio "eroico" di Napoleone, tanto osannato (ed anche vituperato) durante l'Ottocento, sia stato delineato da due scrittori tra i più grandi del secolo: Alessandro Manzoni, nella sua ode 5 maggio, e Lev Tolstoj nel romanzo Guerra e pace, di cui abbiamo letto vari brani in contemporanea alla visione dello sceneggiato italiano del 2006. Personaggio controverso, ancor oggi oggetto di dispute (si pensi solo al film appena uscito ed opera di Ridley Scott), Napoleone ha suscitato opinioni e sentimenti contrastanti, dividendo in morte come in vita. Le riflessioni di Matteo erano così centrate che si è meritato la pubblicazione sul mio blog. Buona lettura. 


Analizzando l'immagine che Manzoni offre di Napoleone e il ritratto negativo che Tolstoj ne dipinge, ho rilevato che entrambi hanno punti di vista validi seppur opposti su Napoleone, punti di vista che riflettono le loro prospettive culturali, storiche e personali. 

Manzoni compone il 5 maggio, ode dedicata a Napoleone, che l'autore apprezzava fin da giovane. La visione di Manzoni potrebbe avere subito il fascino di Napoleone per diverse ragioni. Napoleone innanzitutto ha avuto un impatto significativo sulla storia europea e mondiale e anche su quella militare e politica del suo tempo; per queste ragioni Manzoni lo vede come un personaggio eccezionale e degno di studio. Inoltre, il suo carattere carismatico e le sue abilità di leader hanno influenzato profondamente il corso degli eventi. Manzoni potrebbe aver quindi trovato affascinanti alcuni aspetti di Napoleone come figura storica e protagonista di questi eventi a tal punto da iniziare addirittura a vederlo come esempio e guida. 


La forte fede in Dio di Manzoni gli permette di trasformare la morte di Napoleone in una morte cristiana. Infine, Napoleone Bonaparte, secondo Manzoni, è l'archetipo cioè l'esempio dell'eroe romantico: l'uomo che, per quanto imbevuto di cultura illuminista è partecipe dei valori della Rivoluzione francese, ma può aprirsi anche a quelli della fede cristiana. 

Tolstoj, al contrario, offre un quadro negativo di Napoleone; le ragioni per cui l'autore offre un ritratto negativo di Napoleone all'interno di Guerra e pace potrebbero essere varie e complesse, ma vi sono alcuni particolari fattori che possono essere considerati: 

•la morale, alla quale Tolstoj teneva molto; 

•l’analisi critica del potere, da parte dell’autore russo;

•il punto di vista storico e personale di Tolstoj, che dipingeva Napoleone come un invasore senza scrupoli ed un tiranno assoluto. 


Studiando questi due scrittori, sono riuscito però a trovare un punto in comune tra queste due visioni completamente opposte, cioè Tolstoj critica Napoleone come condottiero all'interno della sua opera, mentre Manzoni lo idolatra per le sue gesta; il punto di incontro sta nel finale del 5 maggio, dove vediamo che Manzoni fa morire Napoleone di una morte cristiana e quindi intende far capire che la vera grandezza dell'uomo non sta nelle grandi conquiste o nei beni terreni, ma nell'umiltà e nella comprensione del proprio posto nell'universo; esattamente i valori che mancano a Napoleone all'interno di Guerra e pace e per cui viene criticato tanto da Tolstoj.  


Qualche breve aggiunta. Nel corso della storia, a partire dall'antichità greca, la letteratura europea ha favoleggiato sulla figura dell'eroe, che la mitologia ellenica presentava come figlio di un dio e di una donna mortale. L'immaginario eroico è stato poi arricchito dalla tragedia attica, che sussiste solo grazie all'eroe al suo centro, anche se la sua figura viene progressivamente messa in crisi da Sofocle ed Euripide; ma è con Alessandro Magno, re macedone e comandante invitto durante le sue favolose conquiste in Oriente, che la statura eroica del grande condottiero trova la propria consacrazione, divenendo così anche un punto di riferimento politico per la costruzione dell'immagine dei futuri imperatori romani. Difatti, Alessandro Magno coniuga in sé l'eroismo delle sue imprese, l'eccezionalità delle proprie conquiste e la divinizzazione, tipica degli antichi regni orientali: un esempio poi recuperato e rielaborato dai grandi generali e imperatori romani. 


Nel mondo europeo cristianizzato, la figura eroica - a parte la nascita del tutto peculiare dell'immagine del santo - diventa oggetto di una certa diffidenza, perché si avverte il pericolo che essa degradi verso l'orgoglio; e difatti è eroica la statura dei personaggi di tragedie classiche francesi come quelle di Corneille, ispirate ai valori sia antichi, che nobiliari e che dell'aristocrazia esaltano l'alterigia. Anche nel mondo moderno la tragedia non può vivere senza figure eroiche, ma Manzoni mantiene un rapporto ambivalente con esse: le sue tragedie, come l'Adelchi, in sostanza, le svuotano (come dico spesso ai miei studenti, Manzoni è riuscito nell'improba fatica di ammazzare la tragedia, proponendo degli eroi sconfitti o passivi), eppure egli continua a percepirne il fascino. Napoleone, salito dalla mediocrità della nobiltà di provincia al rango di grande generale prima, poi di capo di Stato e infine di imperatore - un imperatore che aveva conquistato mezza Europa - è stata forse l'ultima grande figura eroica della nostra letteratura europea.   


Difatti, l'eroismo suscita oggigiorno (purtroppo, verrebbe da dire) una certa diffidenza, anche perché l'esperienza storica ne ha presentato le contraddizioni e debolezze. Napoleone, con le sue eccezionali imprese, ha dato involontariamente occasione a una letteratura ottocentesca vastissima, ora di elogio - si pensi, oltre a Manzoni, all'ode Lui di Victor Hugo - ora di esecrazione, come mostrano molti romantici tedeschi che lo paragonano a una specie di orco. Manzoni e Tolstoj hanno risolto alla loro maniera la contraddizione tra grandezza ed esiti ferali della sua azione: Manzoni lo ha fatto inchinare alla croce (al disonor del Golgota, come afferma lui, riscattandolo), mentre Tolstoj ha spinto il suo bisturi fino in fondo in un'analisi spietata del grande uomo, che è anche un tiranno capriccioso e un ego smisurato, considerato dai Russi nientemeno che l'anticristo. Eppure....Manzoni ci ha azzeccato. Se Tolstoj, nel suo spassionato, implacabile realismo, aveva ragione da vendere, Manzoni ha indovinato, perché Napoleone, in punto di morte, si è davvero riavvicinato alla fede. In conclusione, l'eroe vero deve avere grandi ideali ed essere integro. 

Molto interessante la meditazione presentata dal card. Giacomo Biffi in occasione del bicentenario della morte di Napoleone, il 5 maggio 2021: 

Napoleone Bonaparte e la fede. Vinto anche da Dio, https://www.avvenire.it/agora/pagine/napoleone-vinto-anche-da-dio


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