Come da promessa, anche se un po' in ritardo, eccomi qui con la terza puntata su come vincere l'ansia. Questa volta affrontiamo il rimuginare: la serie proseguirà, però probabilmente con un altro titolo, dato che, come promesso ai miei buoni vecchi allievi dell'anno scorso, potrei continuare con le tattiche impiegate per la resistenza mentale dalle forze speciali: alcune sono davvero semplici e interessanti!
Il problema dei rimuginamenti vari
Uno degli aspetti più tipici
dell'ansia, sociale o meno, sono i rimuginamenti.
Prima di affrontare la situazione, la persona rimugina, rimugina, rimugina (...)
su quel che deve affrontare in futuro...e, in proporzione, l'ansia cresce. Proprio
tutto questo rimuginare carica, carica, carica l'emotività, come se la
gonfiasse stile pompa da bicicletta. Noi pensiamo di essere ansiosi, mentre
invece ruminiamo troppo: stranamente, è il nostro cervello che è in
sovraccarico!
Secondo alcune ricerche
scientifiche recenti, si è notato che in una coppia in cui uno dei due è
ansioso, la comunicazione diventa più difficile perché l'ansioso è talmente
preso dai suoi rimuginamenti che non presta sufficiente attenzione a quello che
fa o dice l'altro.
Il rimuginare si accompagna al
cosiddetto "automonitoraggio":
l'ansioso si auto-osserva in continuazione ed è estremamente autocosciente di
tutto quello che gli accade, anche di quello che dovrebbe normalmente rimanere
spontaneo; infatti, il suo scopo è di iper-controllare ogni aspetto di sé.
Inevitabilmente però, il suo comportamento, a furia di rimuginare e
auto-controllarsi, diventa esitante, indeciso e poco spontaneo. Ottiene proprio
il contrario di quanto vorrebbe.
Perciò, il rimuginamento va resettato alla radice: va del tutto
evitato, come se si passasse la cimosa sulla lavagna.
Infatti, non serve a niente, anzi è nocivo. In realtà, nella vita quotidiana,
noi rimuginiamo molto poco prima di dire o fare qualcosa e agiamo spontaneamente.
Bisogna quindi che impariamo ad agire e a parlare senza rifletterci prima. Il
mio pubblico di ansiosi sarà preso dalla fifa al solo pensarci: e se ci si
sbaglia? Se si fanno delle gaffes? E
se succede un pasticcio? (ecc. ecc. ecc.). In realtà: lanciamoci! Infatti:
- · L'ansioso è di solito tanto guardingo che è estremamente difficile si comporti in modo inadeguato anche se "si lancia": in realtà, ha molti freni interni, per cui, anche se lasciato libero, indovinerà l'atteggiamento giusto d'istinto.
- · Se fa un errore, pazienza, non è grave. La stragrande maggioranza degli errori (in fin dei conti piccoli) che commettiamo nella vita quotidiana, sono facilmente rimediabili. Molto meglio, in ogni caso, che bloccarsi del tutto.
- · Il rischio dell'errore va assunto comunque, ma rimane un rischio accettabile. Cioè, non succede comunque una catastrofe. Inoltre, se anche commettiamo uno sbaglio, la nostra mente impara immediatamente da esso e aggiusta il tiro per la prossima volta in modo spontaneo (lasciamo fare al nostro cervello il suo mestiere in santa pace....).
- · Se impariamo a "lanciarci", vedremo che, in realtà, le cose vanno decisamente meglio. Infatti, gli altri non percepiranno quello schermo di esitazione che rende il nostro comportamento innaturale e le cose si sistemeranno da sole. Il nostro scopo è difatti un atteggiamento naturalmente armonioso, spontaneo, proprio come quando "guidiamo una bici".
- · Alcuni terapeuti consigliano addirittura di "osare il ridicolo", cioè di azzardarci ad andare oltre ai nostri limiti e paure, verso quello che, secondo noi, potrebbe farci rischiare la brutta figura. Ben presto ci renderemo conto che non succede niente di grave, ma che era solo la nostra ansia a ingigantire la situazione.
Questo è molto tranqullizzante.....
Insomma,
arriva un momento che ognuno di noi dovrebbe "stufarsi" delle proprie ansie e paure e mandarle tranquillamente a quel paese. Ho detto
in precedenza che la paura può guidarci verso quello che è importante per noi: sì,
ma quando esagera, diventa un elemento di disturbo. Per resettare i nostri
pensieri negativi o ansiogeni, allora, il metodo migliore non è prenderli di
petto, con virulenza (non fanno che peggiorare), bensì, semplicemente,
accettarli e poi lasciarli perdere, con indifferenza. Chi è che comanda dentro
di noi?
E'
un sistema che ho già divulgato nel mio blog in un'altra pagina: i pensieri
negativi nascono in origine con funzione protettiva, ma poi diventano
un'autentica palla al piede. Quando si presentano, è molto utile affrontarli
così: "Va bene, caro, tu dici che devo avere paura in questa situazione e
pensi di dirlo per il mio bene; ma io non sono d'accordo e faccio diversamente. Bye-bye".
Volete vedere che la fifa se ne va? (Come le zanzare della pubblicità del Raid...No, il mio pubblico non
può ricordarsela, era dell'epoca di Carosello; anzi, no, quelle zanzare
rimanevano stecchite...).
Ecco
perché, ad esempio, funziona molto bene anche il sistema di spostare l'attenzione. Ad esempio, sono
all'interrogazione e invece di macerarmi le meningi in modo autolesionista a
pensare che tanto non ricorderò niente, eccomi qui a concentrarmi su quanto è
orribile il maglioncino della prof (di
certo non i miei, sto parlando di altre materie...). Chissà perché, la paura
svanisce. Poi, dopo alcuni minuti, se ne è andata da sola. Fine.
Vorrei
attirare l'attenzione del mio gentile pubblico anche su un altro dettaglio. La paura
(o ansia, o fifa, come volete chiamarla) è legata spesso a dei presupposti assurdi: siccome, invariabilmente, all'ansioso hanno invaso
tutto il suo spazio nel suo punto debole, ecco che lui / lei pretende da se stesso l'impossibile, per cui finisce per
rimuginare, pretendere da se stesso cose assurde e bloccarsi. Per farvi capire,
faccio un esempio, desunto dall'esperienza di una persona che conoscevo.
Allora,
questa ragazza aveva la fobia dei bagni pubblici: le era venuta perché temeva
sempre di non fare abbastanza alla svelta in bagno dato che a casa sua non le
lasciavano la privacy di cui aveva bisogno (c'era sempre qualcuno a rompere le
scatole fuori della porta, in parole povere). Quindi, lei aveva sviluppato
l'idea assurda che avrebbe dovuto andare alla toilette pubblica con tempistiche
degne di Speedy Gonzales o di Flash Gordon. A furia di invaderle il campo,
l'avevano implicitamente convinta che lei non fosse capace di usare la toilette
pubblica come tutti. Quando ha cominciato ad applicare i suoi esercizi di
esposizione, poco per volta si è resa conto che pretendeva da se stessa
troppo: in fin dei conti, gli altri si
prendevano il tempo che volevano in bagno, anche alcuni minuti. E' arrivato quindi il momento che è
riuscita a dirsi: "Ma io me ne infischio, anche se c'è la coda fuori della
porta. Io mi prendo il mio tempo!". Detto, fatto: usando poi lo
stratagemma di spostare l'attenzione, è riuscita ad azzerare i suoi
rimuginamenti e a battere la sua fobia. Vittoria! Quindi, potete vincere alla
stessa maniera anche voi.
(continua, probabilmente con altro titolo)
Nessun commento:
Posta un commento