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venerdì 12 gennaio 2018
A caccia dei re Magi 1
L'adorazione dei Magi di Gentile da Fabriano
A caccia dei re Magi 1
Siamo abituati a vederli nel presepe, vestiti di colori sgargianti e accompagnati dai cammelli, e a chiamarli Baldassarre, Melchiorre e Gaspare; il poderoso duomo di Colonia, la chiesa di S.Bartolomeo di Brugherio e la basilica di S.Eustorgio a Milano vantano addirittura di possederne le reliquie. Sono i re Magi, protagonisti di una delle più affascinanti pagine dei Vangeli (Matteo, 2,1-12), ritenuta però spesso, anche da cristiani praticanti, una splendida fiaba, magari di significato teologico, ma nulla più. Certo, è vero che la tradizione ci ha ricamato parecchio: i celebri nomi dei re Magi derivano da una traduzione latina di un testo greco del VI sec., gli Excerpta Latini Barbari. Ma il testo evangelico è un'altra cosa.
Ricordo innanzitutto un principio di base: i Vangeli sono racconti storici, a scopo teologico, certo, cioè volti a parlare di Dio, ma la base è storica. Nel suo incipit, ad esempio, Luca sottolinea l'accurata ricerca da lui compiuta per stendere il suo Vangelo, mentre Giovanni è integralmente costruito come una testimonianza processuale. Matteo, di cui parleremo qui, è invece redatto per l'ambiente ebraico intorno agli 70-80: in questo caso, evidentemente, era particolarmente necessario essere precisi, dato che testimoni delle vicende narrate erano ancora in circolazione. Del resto, quando si va ad analizzare il contesto storico dei Vangeli, si trovano sempre delle conferme affascinanti. Almeno un nocciolo storico c'è.
L'adorazione dei Magi di A.Duerer
Ho spesso trovato irritante la sufficienza con cui l'uomo contemporaneo guarda ai racconti antichi: come se precisione e affidabilità non potessero esistere allora. Ma non succede solo ai Vangeli: Schliemann scoprì le rovine di Troia a un'epoca in cui vari illustri studiosi liquidavano i poemi omerici come semplici racconti di fantasia. Un po' come succede quando la polizia ignora le telefonate della vecchietta sul suo vicino inquietante, per poi scoprire una dozzina di scheletri nella cantina del suddetto vicino. Nel caso del racconto dei re Magi, spesso classificato riduttivamente come simbolico o favoloso, esistono elementi (alcuni li ho scoperti io recentissimamente) per ritenerlo storico o, comunque, realistico e verosimile. Vediamo ora perché.
Una premessa: come alcuni di voi si ricorderanno, Gesù è, bizzarramente, nato "avanti Cristo", cioè nel 6-5 a.C.: tutta colpa dell'errore di Dionigi il Piccolo, un monaco del V-VI sec. d.C. che, basandosi sulle Olimpiadi, calcolò l'anno di nascita di Gesù e si sbagliò di qualche anno: infatti, Erode era morto nel 4 a.C., per cui qualcosa non torna. Partiamo ora dal significato della parola "magi", in greco magoi: fin dallo storico greco Erodoto o dal tragediografo Eschilo (V a.C.), esso designa i sacerdoti persiani, dediti particolarmente all'astrologia (notate che, fino alla Rivoluzione Scientifica e a Galileo, non c'era distinzione tra astrologia e astronomia). Sono quindi dei personaggi legati al culto mazdaico, cioè alla religione fondata da Zarathustra (detto da noi anche Zoroastro) nel VI sec. a.C. Nel mondo mediterraneo erano ben noti: ad esempio, il re armeno Tiridate inviò un'ambasceria di magi all'imperatore Nerone nel 66 d.C. Vero è che il mondo greco-romano li confondeva spesso con i Caldei, cioè gli astrologi babilonesi, e con gli astrologi tout court; e alcuni studiosi preferiscono effettivamente un retroterra dato dall'astrologia babilonese per il nostro brano evangelico. Si noti però una cosa: il termine magoi aveva preso però progessivamente un significato negativo, di "mago, pratico di magia, ciarlatano": la magia è rigorosamente messa al bando da tutti gli scritti del Nuovo Testamento. Stupisce quindi che Matteo abbia recuperato dei Magi in senso positivo. Già questo è, a mio avviso, segno di un nocciolo storico ineludibile.
Questo però ci riporta al secolare problema discusso dagli astronomi: ma qual era la stella che i Magi seguivano?
I Magi nel mosaico di S.Apollinare in Classe
Non era una cometa (per quanto parli di una cometa il grande commentatore cristiano Origene, del III d.C.), anche perché le comete, nell'antichità, erano ritenute portare disgrazia: del resto, non è stata ancora identificata una cometa il cui ciclo e periodo di passaggio vicino alla Terra corrisponda all'epoca della nascita di Gesù. Una tesi corrente è che il racconto rifletta la profezia di Numeri 24, 17, pronunciata dal profeta straniero Balaam: "Una stella sorgerà da Giacobbe ecc.". Tuttavia, manca in Matteo una qualsiasi citazione proprio di questo passo biblico. Sono state date perciò anche alcune risposte scientifiche al quesito. Ebbene, come ricorda anche papa Ratzinger nel suo libro L'infanzia di Gesù e come spiega approfonditamente uno dei migliori storici dell'astronomia antica, Kocku von Stuckrad, nel suo ponderoso libro Das Ringen um die Astrologie, intorno agli anni 7-6 a.C. si è verificata una visibilissima congiunzione tra i pianeti Giove e Saturno: una congiunzione che non poteva non essere interpretata come un prodigio, nunzio di prodigi. Per di più, i due pianeti entrarono in congiunzione per ben tre volte e anche al centro della costellazione dei Pesci, luogo connesso, nelle tavole babilonesi, alla Palestina. Von Stuckrad (che però opta per un retroscena babilonese e non persiano) la richiama per spiegare in modo complesso come dietro il passo di Matteo ci sia almeno un "nocciolo storico".
L'adorazione dei Magi di Beato Angelico
Io andrei ancora oltre. Ora, nel Mediterraneo greco-romano, se Giove rappresentava il sommo dio, Saturno era invece il pianeta legato al popolo ebraico: se consideriamo l'atmosfera di sincretismo diffusasi a partire dall'età ellenistica, possiamo ritenere che i magi persiani avrebbero interpretato la congiunzione come altri astronomi greco - romani. Infatti, almeno fin dall'epoca delle conquiste di Alessandro Magno (III a.C.), si era verificata una fusione sincretistica tra cultura greca e culture orientali e ciò aveva interessato soprattutto l'astronomia: perciò, prassi astronomiche, per esempio, babilonesi erano giunte ai Greci e viceversa. Il greco, del resto, si era diffuso in tutto il Medio Oriente e non era ignoto in Persia. Di converso, il famoso mitraismo, culto misterico diffuso in età imperiale e in cui ritroviamo la consueta serie planetaria, si fondava su principi derivati dallo zoroastrismo anche se poi pesantemente rivisti alla luce del platonismo. Insomma, molto probabilmente, quando i nostri Magi guardarono in su e si resero conto della straordinaria congiunzione tra Giove e Saturno pensarono automaticamente: "E' nato un re straordinario in Israele, tra i Giudei".
L'adorazione dei Magi di B.E.Murillo.
Un avvenimento come la nascita di un semplice re avrebbe smosso dei magi persiani dall'attuale Iran, per un viaggio di quasi 2.000 km (1.975, secondo Google Maps) fino a Gerusalemme? La nascita di un semplice re, probabilmente no (ci siete andati voi a Londra quando sono nati i figli di Willy e Kate Middleton?); ma la nascita di un Salvatore, assolutamente sì. Perché, se erano persiani, quando i magi sollevarono lo sguardo verso il cielo e osservarono la congiunzione tra Giove e Saturno, probabilmente (anzi, sicuramente) non pensarono solo "è nato un grande re in Israele", bensì "in Israele è nato il Saoshyant": cioè il Salvatore atteso dalla religione mazdaica.
(continua)
Bibliografia essenziale
K.Nestle-B.Aland, Novum Testamentum Graece.
Benedetto XVI, L'infanzia di Gesù, Milano 2012.
L.Rocci, Vocabolario Greco-italiano.
K.von Stuckrad, Das Ringen um die Astrologie, Berlin, 2000.
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