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lunedì 14 novembre 2016

La geopolitica per i miei studenti - Geopolitics for my students


La geopolitica per i miei studenti (e non solo) - Geopolitics for my students (and not only)

Alcuni dei miei ragazzi (qui vorrei ricordare in particolare Alessandro e Mario, ma la richiesta viene da classi intere) mi hanno chiesto delle fonti per capire un po' meglio la situazione politica internazionale, dato che (specie in Italia) è un po' difficile trovare qualcosa di approfondito e indipendente: difficile, ma non impossibile, come è chiaro sotto. Ecco qui alcuni link per giornali, media, riviste specializzate o anche siti di istituti di Scienze Politiche di caratura internazionale (quindi anche in Inglese e Francese, coraggio! Basta leggere un articolo interessante, in fondo, con  una certa regolarità), che possono essere consultati in modo fruttuoso. Sono presenti (in ordine alfabetico) un po' tutti gli orientamenti, anche quelli lontani dal mio modo di vedere....

This page is dedicated to my students, who asked me (above all Alessandro and Mario, but I have entire classes asking me for the same) for good sources to understand the international situation and some geopolitics (above all after Paris). This is a list of links to media, newspapers, magazines, web-sites, blogs, research institutes, where one can find a lot of material about international politics. The range of orientations is wide and, I hope, well-balanced, including also those I don't share. I don't insert the English translation for every link, as I consider it unnecessary for English - speaking people.

Al Jazeerahttp://www.aljazeera.com/
L'emittente più illustre del mondo islamico, fondata in Qatar, ma con un network estesissimo, sito in inglese (questo) e sede, tra le altre, anche a Londra (molti suoi giornalisti si sono formati alla BBC), appare comunque indipendente dal governo dell'emiro che l'ha voluta per trasformare il suo  piccolo Stato in un centro culturale di rilievo. Possiede anche un centro studi di geopolitica con interventi di notevole rilievo.
Asia Newshttp://www.asianews.it/
Informatissimo sito in italiano dell'agenzia giornalistica dei missionari cattolici del PIME, dedicata all'Asia. Il sito suddivide le notizie secondo le varie aree subcontinentali e si fonda sulla capillare presenza dei missionari in loco.
Osservatorio Balcani e Caucasohttp://www.balcanicaucaso.org/
è un think tank italiano nato del 2000, specializzato sulla zona balcanica, russa e del Caucaso, aree poco conosciute, tutto sommato, in Italia. Ha un ricchissimo archivio e produce materiale di ottimo valore scientifico, ma anche accessibile, per chi si occupa di politica, economia, ma anche per semplici cittadini. Come dice la loro presentazione stessa, lavora a livello trasnazionale, intrecciando "giornalismo online, la ricerca, la formazione, la divulgazione e il policy advice".
BBC News World http://www.bbc.com/news/world
Il sito dell'emittente pubblica inglese, nella tradizione di un giornalismo serio e documentato, pubblica riguardo a tutto il mondo: la pagina principale ha tendine a finestra per tutti i continenti e commenta notizie spesso ignorate in Italia.
Brookings Institution http://www.brookings.edu/
Istituto privato di ricerca universitario indipendente, situato a Washington, pubblica studi e interventi di alta qualità (e anche complessi, come quelli che mi sono letta a volte sul Medio Oriente). E' probabilmente il think tank più influente degli USA e cerca di promuovere a more open, safe, prosperous and cooperative international system, oltre che il sistema democratico statunitense.
CBS News: http://www.cbsnews.com/
Il sito web della nota emittente statunitense, attiva a New York fin dal 1927.
Corriere della Sera: http://www.corriere.it/
Il buon vecchio Corriere della sera, il più antico e illustre quotidiano italiano, di orientamento liberale (centro-destra), presente anche in versione web. Alcuni suoi opinionisti sono di grande valore, per cui rimane un punto di riferimento obbligato per il lettore medio italiano (anche se, tradizionalmente, la pagina esteri in Italia è meno fornita che in altri paesi).
Council on Foreign Relationshttp://www.cfr.org/
Think tank indipendente, in inglese, derivato dal David Rockfeller Studies Program (quindi un istituto di ricerca privato, di Washington, fondato nel 1921). Anch'esso si indirizza a una platea vasta, di politici, economisti, intellettuali e semplici cittadini: suddivide i suoi studi in aree del mondo e singoli paesi; contiene anche documentari, multimedia e video di conferenze, per cui è un sito davvero interattivo e amplissimo. Molto è disponibile free, ma esiste anche la possibilità di accedere tramite sottoscrizione. A mio avviso, i suoi articoli sono più accessibili del Brookings Institution, ma non meno qualificati e di alto livello. La sua rivista è Foreign Affairs (integralmente accessibile su sottoscrizione, ma parzialmente free): https://www.foreignaffairs.com/ 
The Daily Beasthttp://www.thedailybeast.com/
Sito web d'informazione statunitense, fondato dall'editrice di Vanity Fair, Tina Brown, nel 2008. Il titolo deriva da un romanzo dello scrittore inglese Evelyn Waugh, Scoop, del 1938, dove si parla di una rivista fittizia di tal titolo. A mio avviso, rappresenta una prospettiva tipicamente statunitense "capitalista", ma è bene informato, oltrepassa le frontiere US ed è molto popolare.
El Pais: http://elpais.com/
Dubito che parecchi di voi leggano lo spagnolo, ma non potevo tralasciare il sito del più noto quotidiano in questa lingua, voce fondamentale per tutto il mondo ispanofono.
FreeBeaconhttp://freebeacon.com/ 
Sito web d'informazione, nato nel 2012, di orientamento neoconservatore (vedi: repubblicano puro e duro), ovvero, il contrario dell'Huffington Post sotto menzionato. Lo inserisco per ovvia par condicio, ma passa per molto aggressivo. Ma, come sempre, bisogna sentire tutte le campane....
Geopolitica: http://www.geopolitica-rivista.org/
Rivista pubblicata dall'Istituto di Alti Studi in Geopolitica e Scienze Ausiliarie, istituto italiano di ricerca di scienze politiche, volto a sostenere adeguatamente la nostra politica internazionale. Il sito è integralmente gratuito, accessibile, e si propone d'informare in modo esauriente l'opinione pubblica italiana, con divulgazione di alto livello.
Global Researchhttp://www.globalresearch.ca/ 
sito d'informazione web in inglese, espressione del centro di ricerca indipendente Centre for Research on Globalization, sito in Canada, Montreal e nato nel 2001, il 9 settembre. Ha un archivio ricchissimo, pagine in francese, spagnolo, portoghese, italiano e altre lingue e anche un canale video. Agguerritissimo, dato l'incrocio tra ricerca sul campo e informazione, afferma di mirare all'"unspoken truth".
Huffington Posthttp://www.huffingtonpost.it/  http://www.huffingtonpost.com/news/united-states/ 
Sito d'informazione statunitense, creato nel 2005 e di orientamento chiaramente democratico. In Italia (qui do entrambi i siti) è edito online in collaborazione con L'Espresso. I suoi commenti di geopolitica sono non di rado molto interessanti, dato che si serve di alcune migliaia di bloggers beneinformati.
Ipse.comhttp://www.ipse.com/estero/quotes.html
Questa pagina web contiene links per giornali di tutti (ma proprio tutti) i paesi del mondo (persino Nicaragua e Zaire, che so). Poi ci sono riviste riviste online, radio, portali, blog....
Limes: http://www.limesonline.com/
Rivista italiana di Geopolitica, di sinistra, attiva dal 1993, pubblica contributi molto interessanti sul suo sito e numeri mensili o ebooks, disponibili solo su abbonamento o per l'acquisto (su carta o su web). Vari contributi sono però disponibili anche in versione free.
Il primo quotidiano francese, qui in versione online. Io apprezzo molto però anche la versione relativa alla diplomazia internazionale, con interventi davvero interessanti,  Le monde diplomatiquehttp://www.monde-diplomatique.fr/  Esiste anche la versione italiana, edita in collaborazione con il Manifesto (l'orientamento è chiaramente di sinistra): http://www.monde-diplomatique.it/   
Pangea News: http://pangeanews.net/
Agenzia di stampa italiana, specializzata nelle notizie sull'America Latina. Anche il suo sito contiene menù a tendina per tutti i paesi dell'area e per varie categorie. Il sito è mantenuto da collaboratori giovani e dinamici.
The Post Internazionalehttp://www.tpi.it/
Primo sito d'informazione italiano sulla politica internazionale, informatissimo e di taglio accessibile e giornalistico. Anche in questo caso, il menù è diviso secondo aree internazionali.
Pravdahttp://italia.pravda.ru/
Questa è l'edizione italiana dello storico quotidiano russo, di solito molto vicino a posizioni governative. 
Press TV: http://www.presstv.ir/
Devo ammettere che non è il sito che consiglio di più qui, ma può essere interessante, ogni tanto, controllare che cosa pensano in un ambiente molto diverso dal nostro. Questo è il sito in inglese della TV di Stato iraniana, che trasmette 24 ore su 24. Preparatevi a una prospettiva molto diversa dalla nostra: ad esempio, c'è una rubrica dedicata ai film di Hollywood rei, a loro avviso, di islamofobia (criticatissimi, ad esempio, American Sniper Argo) e inguardabili in Iran. Contiene però molte notizie sul Medio Oriente, visto da un punto di vista....locale.
Il Sole 24 ore: http://www.ilsole24ore.com/
E' il giornale italiano di Confindustria, specializzato in economia, ma attento anche a politica e cultura, con interventi usualmente molto meditati e influenti.
Sputnik: http://it.sputniknews.com/
Agenzia giornalistica multimediale (qui il sito italiano, ma è internazionale), fondata nel 2014 ed espressione del governo russo. In questo caso, la prospettiva è chiaramente orientata, ma, qui più che altrove, è necessario prenderla in considerazione e può contenere materiale davvero interessante.
La Stampawww.lastampa.it/
Antico e prestigioso quotidiano torinese di area liberal-conservatrice (fun fondato nel 1867) e storicamente legato alla famiglia Agnelli. 
Il più noto e illustre quotidiano inglese, qui in versione online.
Washington Institute for Near Eastern Policyhttp://www.washingtoninstitute.org/
Istituto pubblico di ricerca statunitense specializzato sul Medio Oriente: serve soprattutto per orientare la politica americana in zona.
The Washington Posthttps://www.washingtonpost.com/
Storico e prestigioso quotidiano statunitense, forse il migliore della nazione, da cui parti la denuncia del famoso scandalo Watergate. Appartiene all'area democratica e anti-repubblicana (centro-sinistra).
Die Zeit: http://www.zeit.de/index 
Io ci provo. Die Zeit è il più prestigioso quotidiano tedesco, ricco di interventi culturali e influente per i suoi commenti. Se qualcuno di voi legge il tedesco....
Agenzia cattolica, con copertura in sette lingue, specializzata in notizie sulla Santa Sede, ma molto attiva anche nella ricognizione su problematiche locali, spesso dimenticate, da tutto il mondo. La sua forza è la rete capillare d'informazione legata al mondo ecclesiale.

martedì 5 luglio 2016

Alcune riflessioni per i miei ragazzi dopo l'attentato di Dacca 2


Alcune riflessioni per i miei ragazzi dopo l'attentato di Dacca 2


  • Si è anche osservato che questi giovani di terroristi - parecchi cresciuti in Occidente, come i tristemente celebri foreign fighters - fa la guerra come un videogioco; cercano l'adrenalina; e mentre Osama Bin Laden, della generazione precedente, sarà stato quel sarà stato, ma conduceva coi suoi vita ascetica (pur essendo un principe saudita, abitava sulle montagne, in mezzo ai suoi, in povertà), i criminali dell'IS promettono ai loro seguaci soldi, potere, vittorie, donne (le povere donne cristiane e yazide, ridotte in schiavitù), emozioni forti e un successo molto materialistico. E' vero che la tradizione musulmana non è insensibile ai piaceri della vita; ma questo materialismo mi pare di lega diversa, molto diversa, modellato sul consumismo occidentale. Primo: questi qui, la moschea, non la vedono praticamente mai: persino gl'imam più integralisti non se li trovano inginocchiati davanti, sul tappeto, a ripetere sure. Secondo: la tradizione islamica è molto severa in materia economica, tanto che il prestito a interesse (anche minimo) è proibito e la finanza musulmana va avanti senza di esso. Invece, i terroristi dell'IS fanno soldi (a palate) in maniera molto poco ortodossa: col contrabbando del petrolio, delle opere d'arte (non le distruggono tutte), della droga, coi sequestri e i riscatti ecc. ecc. ecc. Questo non è il jihad tradizionale e, probabilmente, un guerriero musulmano di altri tempi si rivolterebbe nella tomba, a sapere che il jihad viene condotto così.

  • Possiamo allora lamentarci se, in una società sempre più consumistica, materialistica e ignorante, che è colta come un robot, cioè in grado di fare operazioni automatiche, ma non di capire la realtà umana, i giovani, nostri e altrui, diventano delle mine vaganti?

  • Di qui, un solo accenno a una problematica enorme: e le famiglie in tutto questo? In questo marasma attuale riescono a dare una giusta educazione ai loro figli? A insegnare loro a distinguere il bene dal male? Il  padre politico il cui figlio era tra gli attentatori di Dacca, ha oggi chiesto perdono per il proprio fallimento come genitore. Alcune famiglie sicuramente vogliono educare, ma non riescono (quanti aiutano le famiglie?); altre non si  impegnano tanto sul soggetto. E ne vediamo i frutti.

  • E a questo si lega la mia ultima riflessione. Sono terroristi islamici: cosa c'entra però la religione in tutto questo? Credo che sia ormai tempo di smetterla di dire che le religioni portano all'odio: è l'egoismo che porta a usare la religione come pretesto per ammazzare. Se io sono tanto egoista da pensare che al mondo non possono esistere persone che la pensano diversamente da me, è colpa mia, non della mia religione. Altrimenti, come mai il comunismo ha fatto più di 200 milioni di vittime in neanche 80 anni, proprio il comunismo che era anti-religioso? Detto questo, però, ogni tradizione religiosa ha i suoi problemi, a seconda del proprio credo, e può essere rispettosamente detto che l'Islam ne ha uno specifico con l'uso della forza (persino della violenza); esso ritorna nel corso della sua storia e non ha paralleli, che so, nel Buddhismo o nello Shintoismo (avete mai sentito parlare di terroristi shintoisti?). Ma anche sul lato giudaico-cristiano, dove pure non pochi si possono essere lasciati trascinare dalla violenza (per quanto non esista niente del genere, ad esempio, nel Nuovo Testamento: giratelo tutto da un capo all'altro e non troverete mai il jihad), non esiste niente di paragonabile.


  • Detto gentilmente, il problema è questo. Ogni grande fondatore di religione viene perseguitato: Gesù fu ucciso per questo (e rifiutò la violenza fino alla fine), ma anche Muhammad fu perseguitato e dovette fuggire a Medina. Se leggete con attenzione certe pagine dei Vangeli, specie quelle della tradizione giovannea, percepite chiaramente il trauma che la prima comunità subì a seguito dell'uccisione di Gesù, poi dei primi martirii. Anche l'effetto traumatico delle prime persecuzioni si avverte  nel Corano: per esempio, la vicenda del biblico Giuseppe vi viene rivissuta come prototipo del tradimento subito alla Mecca dal Profeta. Per questo, Muhammad reagì da comandante militare, conquistando La Mecca; e per questo la sua comunità si slanciò verso la prima, impressionante serie di conquiste: per i fedeli di allora, la persecuzione, il disprezzo della fede erano realtà inaccettabili e l'uso della forza fu assunto come reazione (o prevenzione...) nei confronti della persecuzione. Se si occupava preventivamente il territorio, ai fedeli non sarebbe poi successo nulla. In fin dei conti, è il problema dei problemi, quello che agita ognuno di noi: come rispondere al male?  


  • E' chiaro però che questa risposta, umana, può degenerare: non è un caso se, delle vittime di persecuzioni religiose, 3/4 sono cristiani, l'altro quarto sono musulmani che si ammazzano tra loro. Ovvero: i primi a subire una certa forma di violenza sono proprio fedeli islamici. E seppure il mondo islamico è molto variegato, comprende tante persone normalissime ed esistono correnti assolutamente non-violente  (per esempio, i sufi), è chiaro che, in momenti di frustrazione, la violenza rimane per alcuni una forte tentazione. Nel gennaio 2015, il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi, in un discorso all'università di al-Azhar del Cairo, il maggiore ateneo di teologia sunnita al mondo, ha invocato una "rivoluzione religiosa" che possa "sradicare" la violenza islamista, mediante una "visione più illuminata del mondo". Cioè: l'Islam deve lavorare per sradicare questo rischio violento. Se lo dicono ad al-Azhar...


  • Del resto, il mondo islamico, da alcuni secoli, ha a che fare con un grande problema. Ovvero: il mondo occidentale, che, eticamente, lascia molto a desiderare, ha compiuto tuttavia il sorpasso a livello scientifico, tecnologico ecc. Perché? E come può il mondo islamico, al confronto, "recuperare"? Da quando l'Impero Ottomano, nel 1700, cominciò a divenire "il grande malato d'Europa", i paesi islamici hanno agitato il problema della riforma. Riformarsi come? Nell'Ottocento è nato il gruppo dei salafiti proprio dal desiderio di confrontarsi con l'Occidente, per carpirne il meglio e aggiornare, sempre nella fedeltà al Corano e alle origini, il mondo islamico. Già, i salafiti: il gruppo da cui derivano tutti i principali terroristi islamici di oggi. Qualcuno mi deve pur spiegare come è successo che i salafiti, di per sé degl'innovatori, si sono poi aggregati ai wahabiti, ovvero gl'interpreti letteralisti del Corano, gli oltranzisti che volevano recuperare sì rispetto all'Occidente, ma in modo ultra-tradizionalista, chiudendosi. Coi risultati che sono sotto gli occhi di tutti. Uno studioso del resto osservava che non basta appropriarsi del fior fiore della scienza o tecnologia occidentale per capirne la logica intrinseca....Ovvero, si rischia così di manipolare a proprio piacimento quanto appreso, senza capirne lo spirito. Senza dimenticare che, quando si vuole ritornare alle "origini", esiste il concreto rischio di irrigidirsi: come se uno volesse mettere il passato sotto chiave. Un po' rischioso, no?


  • Insomma, credo che sia lecito e rispettoso rimandare ai nostri fratelli credenti nell'Islam il seguente quesito: sarebbe possibile risolvere il problema di cui sopra in modo fedele alla vostra fede e pacifico? Del resto, l'esegesi (interpretazione dei testi) esiste proprio per ovviare a queste difficoltà. Quanto a noi di altre religioni, un consiglio: studiamo. La nostra cultura, religione e quelle degli altri. Le tradizioni di matrice islamica (persiana, araba, turca, senza contare paesi di altra lingua, come la Malaysia) hanno una storia ricchissima e affascinante. Conoscersi aiuta a costruire il senso critico, il discernimento, il rispetto e la pace. Aiuta soprattutto a farci capire che, dall'altra parte, non ci sono persone di serie B, ma persone come noi: come quel ragazzo musulmano, Faraaz Hossain, che ha sacrificato la vita per le sue amiche.

  • Dio ha mandato acquazzoni sulle dimore abbandonate di coloro che amammo. Ha intessuto su di loro un abito a strisce, multicolore, e fatto sorgere in mezzo a loro un fiore simile a una stella. Quante ragazze simili a immagini trascinavano i loro abiti in mezzo  a tali fiori, quando la vita era fresca e il tempo era al nostro servizio...

                                                                                 (da una poesia di Ibn Zaydun, Cordova, 1003-71)


    Bibliografia

    S.Bucci, 11 reasons the Islamic State might be more Dangerous than Al-Qaida, Hamilton Spectator, 4 settembre 2014 (sul problema dei foreign fighters che diventano attentatori nei paesi d'origine).
    D.R.Francis, Poverty and Low Education don't cause terrorism, in National Bureau of Economic Research, http://www.nber.org/digest/sep02/w9074.html
    M.Gollom, ISIS by the numbers: How big, strong and rich the militant organization may be, CBC News, 26 agosto 2014.
    A.Hourani, Storia dei popoli arabi. Da Maometto ai nostri giorni, Milano, Mondadori, 1992.
    M.Introvigne, Perché il Califfato è una minaccia per i musulmani, La Nuova Bussola Quotidiana, 26 agosto 2014.
    Alan B. Krueger and Jitka Malecˇkova, Education, Poverty and Terrorism: Is There a Causal Connection?, Journal of Economic Perspectives, 17 (2003), pp.119-44 (nega la relazione tra scarsa cultura e terrorismo).
     
    A.Kurth Cronin, Isis is not a terrorist Group, CFR http.//www.foreignaffairs.com/articles/143043/audrey-kurth-cronin/isis-is-not-a-terrorist-group (sul "materialismo" dei miliziani IS).
    S.Magister, La rivoluzione pacifica dicui l'Islam ha necessità assoluta, L'espresso, 7 gennaio 2015, in http://magister.blogautore.espresso.repubblica.it/2015/01/07/la-rivoluzione-pacifica-di-cui-lislam-ha-necessita-assoluta/?refresh_ce
    J.Rogin, America's Allies Are Funding ISIS, Daily Beast, 14 giugno 2014.
     TG2 del 3/7/2016, ore 2030, http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-efed3e34-c72f-4e35-981f-d9239baee9b1-tg2.html#p
    J.Tolan-G.Veinstein-H.Laurens, Europe and the Islamic World. A History, Princeton University Press 2013.
     Vanna Vannuccini, Una riforma radicale dell'islam è necessaria, dice il gran Imam di Al-Azhar, pubblicato sul blog della giornalista di Repubblica, http://vannuccini.blogautore.repubblica.it/2015/02/23/una-riforma-radicale-dellislam-e-necessaria-dice-il-gran-imam-di-al-azhar/.

    Alcune riflessioni per i miei ragazzi dopo l'attentato di Dacca I


    Alcune riflessioni per i miei ragazzi dopo l'attentato di Dacca

    Quando un attentato molto grave avviene durante l'anno scolastico, di solito, oltre al minuto di silenzio, in classe discutiamo anche sull'attualità. I miei ragazzi si sentono particolarmente smarriti dopo fatti del genere - il mondo al di fuori del loro, piccolo, fatto di famiglia, amici, scuola, gruppo sportivo, diventa allora particolarmente minaccioso - e aspettano risposte da noi adulti. Anche se adesso siamo in vacanza, penso allora che sia giusto proporre qualche spunto di riflessione a loro; e anche a noi.

    I fatti di Dacca, Bangladesh, con l'assassinio di una ventina di persone, di cui 9 italiane, da parte di alcuni giovani fanatici islamisti bengalesi, ci ripresenta il solito scenario: giovani, giovanissimi, che si armano per fare strage di persone comuni; vittime che loro ritengono "persone di serie B" - infedeli (harbi, in arabo), per loro indegni di vivere -. Ma come si arriva a questo?
    • Per me che insegno, vedere dei ragazzi di 22 anni circa, sorridenti davanti alla bandiera nera dell'IS e in procinto di sgozzare degli altri esseri umani e di farsi ammazzare è sconvolgente. Sono coetanei dei miei ex-allievi, che solo 2 o 3 anni fa avevo davanti a me in classe; se non compissero delle atrocità, verrebbe voglia di prenderli a sberle e rispedirli sui banchi di scuola.

                                                    S.Giovanni degli Eremiti, Palermo, in stile arabo
    • Difatti: ma non erano figli di buona famiglia? (e in Bangladesh, appartenere al ceto medio vale molto di più che esserlo da noi) Non frequentavano le scuole migliori? Uno era addirittura il figlio di un politico molto noto e di un'insegnante di matematica....Erano scomparsi da un anno circa per andare a farsi addestrare in Malaysia e pare che centinaia di ragazzi degli stessi atenei del Bangladesh stiano sparendo alla stessa maniera: ma perché? Come si può perdere la testa così?

    • Prima spiegazione. Qualche sera fa, lo psichiatra Paolo Cianconi negava al TG2 delle 20.30 del 3 luglio che gli attentatori fossero casi patologici: forse hanno qualche sfumatura paranoica, ma sono prevalentemente immaturi, facilmente manipolabili. Quando lo studioso si riferiva alle sfumature paranoiche, era perché questi ragazzi sono psico-rigidi: cioè pensano con l'accetta, in bianco e in nero, in maniera manichea. Quando uno rimane così (cioè non matura), non vede le sfumature, non capisce chi ha di fronte, ed è facilmente manipolabile, questo sì. Si lascia illudere dalle grandi parole, piene di vento, da una gloria di carta, senza badare alla sostanza; anzi, la sostanza - come la vita di altri esseri umani - diventa allora trascurabile.
                                                         
                                                   Pavimento dell'Alhambra di Granada
    • Seconda spiegazione. Le ultime ondate di terroristi islamisti appartengono sempre di meno ai ceti poveri; secondo uno studio, molti di loro, in Oriente, sono laureati, specie in materie scientifiche; tanto che qualcuno ha fatto la seguente ipotesi: i paesi medio-orientali (salvo l'Arabia Saudita) possono fornire di recente sempre meno impiego a queste élites intellettuali, la cui frustrazione, poi, li porterebbe al terrorismo. Al ceto modesto apparterrebbero di più invece i terroristi cresciuti in Europa e Occidente, magari immigrati di II o III generazione, di cultura non elevata. Parrebbe quindi che si tratti, per vari motivi, di persone che non trovano un loro posto ben definito nella vita. Ma spesso, sono persone "istruite" (almeno sulla carta). E allora?

                                                        Moschea di Omar, Gerusalemme

    • Basta la frustrazione per arrivare a questo? Sicuramente, sotto c'è anche un vuoto notevole. Di educazione e di valori stabili. Saranno anche preparati, ma i terroristi che cultura hanno? Scientifica: informatici, tecnici, ingegneri ecc., cui si aggiunge la ripetizione a memoria di decine di sure del Corano (capiranno quel che ripetono? Boh!). Ma questa non è la formazione che dà senso critico e che rende autenticamente intelligenti: il senso critico che permette di distinguere il bene dal male e che permetterebbe a lor signori di capire che stanno rovinando la loro vita e quella degli altri (altroché morire da martiri ed eroi!). Ebbene, quel senso critico, con tutti i meriti delle materie scientifiche, si impara grazie alle materie umanistiche: letteratura, arti, filosofia e, soprattutto, storia. Ci avete mai pensato che Galileo era un maestro di prosa italiana e si interessava ad Ariosto? Che molti grandi scienziati coltivano interessi letterari? Sorge allora una domanda scomoda: queste materie vengono davvero apprezzate nella nostra società (e, di conseguenza, in quelle che sulla nostra si modellano)? Oppure non vengono regolarmente squalificate, perché "non producono"? Soprattutto la storia: negli ultimi anni ho visto ridursi lo spazio a sua disposizione come una tovaglia in lavatrice. Dubito che gli attentatori di Dacca l'abbiano imparata davvero, sennò si sarebbero resi conto che le loro azioni assomigliavano pericolosamente a quelle di altri poco raccomandabili (nazisti? gulag? khmer rossi? ecc.ecc.ecc.)....
    Nota bene: non ho voluto inserire in questa pagina foto della strage, ma immagini di cultura araba, che ha arricchito l'Europa e il mondo. E non è un caso....


    venerdì 8 aprile 2016

    "Mercificazione della sessualità e della vita" di Mario Ballardini


    MERCIFICAZIONE DELLA SESSUALITÀ E DELLA VITA. 

    Pubblico qui un bel saggio, il terzo, del mio allievo di 4O Mario Ballardini. L'argomento è tuttora di grande attualità, anche se la discussione in merito pare essersi sopita in parte (ma, nel frattempo, come noto, ho dovuto traslocare, quindi questo saggio ha dovuto aspettare alcune settimane prima di essere pubblicato, cosa di cui mi scuso). Personalmente, al di là di alcuni punti circoscritti (per esempio, la stepchild adoption mi trova forse più contraria di quanto sia il mio alunno, laddove, invece, io mi sento meno rassegnata all'esistente), condivido però in pieno il taglio e l'argomentazione di Mario. Siamo arrivati al punto di commercializzare la vita umana e di oltrepassare quanto fatto da troppi totalitarismi.


    Da qualche settimana tutti i mass media discutono di unioni civili, lobby gay si sono mobilitate per creare movimenti o giornate dedicate alla loro causa, altrettanti movimenti e giornate si sono creati in virtù della causa opposta. Il motivo di questo caos mediatico lo conosciamo un po' tutti: la discussione della tanto attesa proposta di legge Cirinnà in parlamento. 
    Alcuni conoscenti e amici mi definiscono un "dietrologo" e io porto avanti con onore e fierezza questa definizione. Odio fermarmi alla realtà di facciata, alla spiegazione piú semplice. Scavare a fondo, intuire ciò che sta appunto "dietro" le cose, mi esalta e mi eccita come null'altro. Non si salva di certo dalla mia dietrologia una tematica attuale come quella della sessualità. Parlo di "sessualità" e non di "omosessualità": non a caso infatti ciò di cui si sta discutendo va ben oltre i diritti gay. 


    Non voglio soffermarmi sulle unioni civili, l'omosessualità, che piaccia o meno, è una realtà esistente e, in quanto realtà, è giusto e, aggiungerei io, doveroso che si creino leggi che tutelino anche questa minoranza. 
    Neppure la stepchild adoption (e in questo caso mi appello alle istituzioni per chiedere che la smettano di utilizzare la terminologia inglese in ogni campo, le parole italiane esistono, utilizziamole) mi ha sconvolto o fatto venire la pelle d'oca, è forse stato un passo piú lungo della gamba, ma nulla di estremo. 
    Quello che mi terrorizza è il retroscena culturale che si cela dietro questi avvenimenti. 
    Tutti abbiamo negli occhi il San Remo appena passato in cui, piú che il festival della canzone italiana, è sembrato la celebrazione dell'orgoglio gay. Immancabile Elton John, la cui presenza proprio in questo particolare momento, a sentire gli organizzatori, dovrebbe essere casuale, ma alle casualità personalmente non credo. 


    Gli esponenti di gay.tv hanno inoltre intervistato un po' tutti i partecipanti o gli invitati al festival, chiedendo opinioni su unioni civili e stepchild adoption. Un saggio una volta mi disse che, per ottenere un'opinione sincera, serve un interlocutore imparziale...condizioni ben lontane da quelle verificatesi al festival ligure. 
    L'aggressività di queste pressioni gay passa anche per un nuovo sito chiamato RiRo. Il suo compito è quello di creare una vera e propria "lista di proscrizione", a livello di quelle sillane, in cui troviamo elencati e numerati omofobi e razzisti: omofobi e razzisti nel senso di contrari all'immigrazione incontrollata o alle unioni civili, per esempio, e non certo di colpevoli di violenze o discriminazioni a danno di persone di sessualità od origine diversa dalla propria, condizioni che, in teoria, sarebbero necessarie per essere definiti omofobi o razzisti. Nulla di diverso dalle proscrizioni sillane, come dicevo prima, dalle liste nazi-fasciste, della lista dei cattivi di Babbo Natale o dalla caccia alle streghe. Infatti, com'era solito appunto nella caccia alle streghe, il segnalatore è anonimo e non ha bisogno di prove per far comparire sulla lista lo pseudo omofobo/razzista.
    Il messaggio è uno quindi: o sei allineato al loro pensiero o sei nemico. 
    La piú grande industria culturale attuale, cioè Hollywood, ha cavalcato l'onda di successi che la retorica sui diritti gay sta ottenendo e, di conseguenza, ha da poco rilanciato sul mercato il suo prodotto in linea con i tempi e le mode: un supereroe "pansessuale". 
    Sempre meno frontiere, meno limiti, meno identità. Sempre piú vicini a quell'individuo "unisex" che il mercato capitalista vuole. Sempre piú in linea con il progetto di  mercificazione della vita che l'utero in affitto porta con sé: un politico italiano che si professa comunista è pronto ad acquistare un figlio mediante utero in affitto. Gli ricordo un passaggio tratto dal "Manifesto del partito comunista" di Marx ed Engels: "Si lacerano per il proletario tutti i vincoli familiari, e i figli sono trasformati in semplici articoli di commercio". 


    Si sta creando una nuova frontiera nel mercato: quella della compravendita della vita. Paesi diversi, con prezzi diversi, propongono la possibilità di affittare un utero e quindi di poter comprare il proprio bambino confezionato esattamente come un cicciobello. Sia chiaro che rimane un'esclusiva per ricchi (a meno di 50.000€ un utero non si trova), certi lussi immorali permangono, come sempre, prerogativa delle classi piú elevate pecuniariamente...e basse moralmente.
    Tirando le somme notiamo che rientra tutto all'interno di una logica ottusamente capitalista: nuovi compratori, cioè gli individui unisex, e nuove merci, cioè i bambini. 
    E adesso che il mercato è riuscito a infestare anche quest'ultima sfera della nostra vita, quindi la vita stessa, cosa ci rimane? A me sinceramente solo tanta speranza di cambiamento accompagnata dalla rassegnazione di fronte all'esistente. Un eterno limbo insomma.

                                                                                    Mario Ballardini


    mercoledì 10 febbraio 2016

    "L'indifferenza: da Gramsci ai giorni nostri" di Mario Ballardini


    L'indifferenza: da Gramsci ai giorni nostri

    L'11 febbraio del 1917, esattamente 99 anni fa, Antonio Gramsci pubblica il numero unico di un giornale intitolato "La città futura". L'editoriale si apre con una sorta di manifesto programmatico contro gli indifferenti, noto con il titolo di "Odio gli indifferenti". Ve lo riporto:

    Odio gli indifferenti. Credo che vivere voglia dire essere partigiani. Chi vive veramente non può non essere cittadino e partigiano. L’indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti.
    L’indifferenza è il peso morto della storia. L’indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera. È la fatalità; è ciò su cui non si può contare; è ciò che sconvolge i programmi, che rovescia i piani meglio costruiti; è la materia bruta che strozza l’intelligenza. Ciò che succede, il male che si abbatte su tutti, avviene perché la massa degli uomini abdica alla sua volontà, lascia promulgare le leggi che solo la rivolta potrà abrogare, lascia salire al potere uomini che poi solo un ammutinamento potrà rovesciare. Tra l’assenteismo e l’indifferenza poche mani, non sorvegliate da alcun controllo, tessono la tela della vita collettiva, e la massa ignora, perché non se ne preoccupa; e allora sembra sia la fatalità a travolgere tutto e tutti, sembra che la storia non sia altro che un enorme fenomeno naturale, un’eruzione, un terremoto del quale rimangono vittime tutti, chi ha voluto e chi non ha voluto, chi sapeva e chi non sapeva, chi era stato attivo e chi indifferente. Alcuni piagnucolano pietosamente, altri bestemmiano oscenamente, ma nessuno o pochi si domandano: se avessi fatto anch’io il mio dovere, se avessi cercato di far valere la mia volontà, sarebbe successo ciò che è successo?
    Odio gli indifferenti anche per questo: perché mi dà fastidio il loro piagnisteo da eterni innocenti. Chiedo conto a ognuno di loro del come ha svolto il compito che la vita gli ha posto e gli pone quotidianamente, di ciò che ha fatto e specialmente di ciò che non ha fatto. E sento di poter essere inesorabile, di non dover sprecare la mia pietà, di non dover spartire con loro le mie lacrime.

    Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti”.

    La lunghezza di questa "invettiva" è inversamente proporzionale alla densità e all'importanza dei concetti di cui tratta.
                                                 

    Già nel titolo l'intellettuale sardo oppone la passione triste dell'indifferenza all'odio, inteso come "rabbia appassionata", sentimento caldo e vivido, mettendo i due termini l'uno in antitesi all'altro.

    L'indifferenza è individuata come il peggior nemico per chi ambisca a cambiare il corso degli avvenimenti e a migliorare l'esistente: infatti l'atteggiamento tipico dell'indifferente è l'accettazione, praticamente di qualsiasi cosa, giustificata con delle pigre scuse quali ad esempio la delega a terzi di problemi sociali (ma anche spesso individuali) o l'attribuzione degli eventi al destino; da ciò consegue tra l'altro la terribile credenza che l'agire sia inutile poiché tutto è "già scritto".

    Non mi dilungo sull'analisi di quest'illuminante testo: altri l'hanno già fatto prima e meglio di me. Quello che mi interessa sottolineare è il rapporto che una tale visione può avere con il presente.

    Il fatto che "Odio gli indifferenti" fu scritto circa un secolo fa e che tutt'ora risulti così attuale (più attuale di quando venne scritto, oserei dire) è un segnale che la "sensibilizzazione popolare" nella quale confidava Gramsci non è avvenuta, probabilmente si è andati nella direzione opposta.

    Si è passati da Oscar Wilde, il quale affermava che "il problema del socialismo è che impegna troppe serate", al problema diametralmente opposto: la maggioranza dei cittadini si esclude dalla respublica. La conseguenza di questa indifferenza di massa l'abbiamo tutti sotto agli occhi: una nicchia di persone gestisce indisturbatao ciò che dovrebbe essere pubblico, a discapito dei cittadini; forse era meglio dedicare qualche serata in più alla società….

    Quello sotto il quale viviamo è il terzo governo consecutivo non votato dai "liberi" cittadini italiani: dal novembre 2011 i nostri presidenti sono sempre stati degli "abusivi". All'epoca di Gramsci tutto questo si sarebbe chiamato "colpo di Stato" o almeno avrebbe destato scalpore in ogni fascia della popolazione; al giorno d'oggi ci risulta normale o addirittura necessario. Normale per noi cittadini indifferenti e necessario per quella manica di intellettuali organici al sistema malato, coloro che dovrebbero "illuminarci tramite il lume della ragione" e impedire questo scempio politico e che invece si mobilitano per fare l'opposto.

    Ed è per questo che reputo le parole di Gramsci più attuali adesso rispetto a quando sono state effettivamente scritte: l'indifferenza è arrivata ad un livello ormai non più sostenibile, tutto è lecito.
    Una celebre frase di Henry Ford (colui che ha dato il nome al processo chiamato “fordismo”) afferma: “Meno male che la popolazione non capisce il nostro sistema bancario e monetario, perché se lo capisse, credo che prima di domani scoppierebbe una rivoluzione”. Il dramma che si cela dietro a questa frase è proprio il fatto che il potere, politico ed economico, è perfettamente conscio della pigrizia e dell’indifferenza delle masse e sa come spacciare sistemi iniqui per sistemi leciti. Nel caso della finanza è bastato inventare un nuovo lessico estraneo ai più per escludere la massa, troppo pigra per informarsi, da quel campo. Per approfondire questo discorso consiglio un film da poco uscito nelle sale e candidato agli oscar 2016 come miglior film: “La grande scommessa”. Forse non è immediato per chi di finanza sa poco (come me ad esempio), ma, se analizzato con un'eventuale seconda visione e qualche ricerca su Internet, può diventare illuminante.

    Da giovane, quale sono, ciò che mi reca più dolore però è il constatare che molti giovani scivolano in una condizione d'indifferenza.

    In tutta la storia, nel bene e nel male, la gioventù è stata il motore, o almeno il carburante, dei grandi e piccoli rovesciamenti: da almeno 40 anni non è più così. Le ultime rivoluzioni che il Bel Paese ha attraversato sono state "passive" (l'americanismo, il fordismo, il globalitarismo eccetera eccetera) quindi graduali e abilmente gestite da élites di potenti; in questo contesto, quello che una volta avremmo chiamato proletariato e la gioventù non hanno svolto ruolo alcuno. Ciò è stato anche reso possibile da un fenomeno che ha del paradossale, quale il conservatorismo giovanile: due termini che, accostati l'uno all'altro, fanno rabbrividire, ma che nella realtà odierna vanno di pari passo. Infatti i giovani, nella maggior parte dei casi, sono disgustati dalla società in cui vivono, ma non hanno l'ambizione di cambiarla.

    Ormai mi sto avvicinando sempre più alla maggiore età e quindi al diritto di voto e di partecipazione alla vita politica. Buona parte dei miei amici e conoscenti questo diritto l'ha già acquisito da tempo, quindi solitamente tento di confrontarmi con loro chiedendo quali siano le loro posizioni politiche ed eventuali motivazioni. Il panorama che mi si offre è agghiacciante. Spesso si dividono tra un estremismo ottuso e arido, non supportato da argomentazioni, e la totale indifferenza. La seconda di queste due posizioni è quella che tollero meno, come le motivazioni con la quale viene giustificata. La frase più celebre ed emblematica che mi sono sentito dire è "io voto scheda bianca, perché la scheda bianca può cambiare le cose". Non riesco a spiegarmi il motivo di questa assurda credenza diffusa nella mia generazione. Non c'è nulla di puro o nobile nel votare scheda bianca, anzi, è una vittoria per il sistema che cerchiamo di boicottare, al quale fa comodo la nostra indifferenza. Se tutti coloro che votano scheda bianca (o addirittura non votano) si organizzassero per mettere in piedi un movimento veramente dissidente e alternativo, probabilmente la storia cambierebbe: ma è più un semplice crogiolarsi nella passività e nei piagnistei (tanto disprezzati da Gramsci) piuttosto che trovare una maniera di mobilitarsi.

    La causa di tale disinteresse per tutto ciò che va oltre all'individuo, a mio parere, va individuata nello smantellamento del pensiero critico, scomodo soprattutto per chi sta al potere o per chi deve vendere prodotti (o anche opinioni, che sempre più si riducono a merce preconfezionata) su scala globale; infatti il senso critico, poiché diversifica ogni individuo e ostacola il fenomeno di massificazione, indispensabile per una società basata sul consumo, viene furbescamente minato dagli stessi potenti.

    I mezzi utilizzati per compiere questo smantellamento, sono, a mio avviso, sostanzialmente tre (due dei quali, lo ammetto, li ho trovati in Pasolini):

    - una forma passiva e pigra d'istruzione, talora veicolata dalla scuola, la cui colpa è quella di fornire nozioni passive, destinate perciò a morire se non ampliate e applicate a contesti dinamici. Nei peggiori casi queste nozioni (se non integrate si intende) rendono l'individuo presuntuoso o, alla peggio, frustrato, poiché ciò che ha imparato lo rende cosciente della propria ignoranza. Tale consapevolezza e frustrazione spingono lo studente (quindi il cittadino) a disinteressarsi completamente di tutto ciò che può riguardare la sfera culturale, quindi anche la politica e la società. Indispensabile sarebbe concedere alcune ore settimanali (se necessario anche pomeridiane, ma comunque obbligatorie) al dibattito tra studenti su questioni di attualità, oltre che sociali e antropologiche

    - I mass media, e in particolare la televisione, armi più potenti di qualsiasi bomba e in mano al potere, capaci come nient'altro di omologare l'opinione pubblica. Mi riferisco specialmente ai modelli sbagliati che vengono messi sempre più in scena dalla televisione come i talk show pollaio, i quali contribuiscono a mostrare la politica come una buffonata. Inoltre, in televisione non c'è più spazio per i ragionamenti: uno studio ha affermato che "il telespettatore medio" tende a cambiare canale dopo circa quattro minuti di attenzione rivolta ad un argomento che non lo interessa direttamente. Quattro minuti sono pochi per qualsiasi ragionamento e dibattito, quindi per tenere alta l'audience bisogna abbuffarsi di slogan e frasi fatte e la televisione stessa struttura i suoi programmi secondo tempi rapidissimi, compiacendo il gusto più esteriore e grossolano del pubblico. Davanti a tale superficialità, è normale che il cittadino non riesca a costruirsi un pensiero originale. Al massimo può abbracciare quelle opinioni preconfezionate cui accennavo prima.

    -La retorica della società dei consumi, la prima riuscita a convincere la massa, tramite l'industria culturale e la manipolazione organizzata, del fatto di essere l'unica società possibile. Potremmo sintetizzare il tutto con il dogma fondamentale "non avrai altra società all'infuori di me". Ad esempio, il mondo occidentale consumistico si ritiene presuntuosamente superiore quanto a trattamento della donna rispetto ad altre società tecnologicamente più arretrate, salvo poi mercificarne il corpo. Qualcuno si è accorto che esiste una pletora di presidentesse nei paesi del Terzo Mondo, mentre da noi c'è solo la Merkel? Qualcuno si è accorto che la maggioranza delle donne occidentali è schiava di canoni estetici demenziali e noi siamo qua a sputare giudizi sull’utilizzo del velo da parte delle donne musulmane?

    È poi la stessa società a definirsi imperfetta, ma allo stesso tempo non migliorabile e ad aver convinto la moltitudine di questa immensa fandonia. Quante volte ad un interrogativo scomodo ci siamo sentiti porre la fulminante risposta “so che è ingiusto, ma il mondo funziona così”?

    A questo punto, dopo aver eliminato la possibilità di adottare un nuovo tipo di società o di migliorare quella esistente, il gioco è più che fatto. Quasi nessun individuo, tanto più se non supportato dal consenso, ha il coraggio di tentare un'impresa già definita impossibile dalla retorica della società dei consumi, quindi il ristagno sociale - e il conseguente smantellamento del pensiero critico- è assicurato.

    Spero che le mie parole non siano un sasso gettato nell’oceano, ma che possano, anche in minima parte, contribuire ad un processo di sensibilizzazione necessario per non soccombere, culturalmente prima e fisicamente poi. Preciso inoltre che non mi reputo esterno o immune all’indifferenza, tutt’altro: molti degli argomenti di cui ho trattato provengono da una presa di coscienza e da un’analisi delle posizioni con cui mi sono schierato in passato, ma che adesso rifiuto, o almeno provo a rifiutare.

    Concludo con l’aforisma gramsciano che reputo più significativo: L'indifferenza è il peso morto della storia. È la palla di piombo per il novatore, è la materia inerte in cui affogano spesso gli entusiasmi più splendenti, è la palude che recinge la vecchia città e la difende meglio delle mura più salde, meglio dei petti dei suoi guerrieri, perché inghiottisce nei suoi gorghi limosi gli assalitori, e li decima e li scora e qualche volta li fa desistere dall'impresa eroica.”

    sabato 6 febbraio 2016

    Short memory


    Short memory
    On January 27, Holocaust Memorial Day, one of my students of fourth grade, Nassim (of Moroccan origin) asked me what I thought about the minute of silence that the school observed during the first hour in occasion of the Holocaust commemoration.
    Then he added:- See, Professor, we interrupted the lesson, observed the minute of silence, and then resumed the lesson as if nothing had happened: not a debate, a discussion, nothing. So, in my opinion, like this it's useless.I replied that he was absolutely right. Of course, the minute's silence is sacrosanct and should be observed: January 27, as everyone knows, is the anniversary of the liberation of Auschwitz by the Russians in 1945. The Holocaust, a horror that caused about six million casualties (at least 2  outside of the camps, while the Wehrmacht advanced to the east) is to be remembered and remains the subject of indelible memory. However, and I believe that this is under the eyes of everyone, the memory is not often perpetuated in the right way.

                                                
    Every year, during the last week of January, about this topic we are overwhelmed, if not bombarded with initiatives, programs, films and the like, not always quality ones, indeed, sometimes the result of hasty works: some pursue even marginal sides of facts, with an almost morbid taste. The final result, beyond the good intentions and the quality of a part of this production, is hammering, without much possibility of reflection, just as claimed by my Nassim. Even a colleague of ideological orientation completely opposite to mine (he is from the far left) agreed with me that Holocaust Memorial Day has become a routine, imposed from above and tired, with the huge risk to empty it of its meaning .To this I would add another observation. A few years ago, in November 2011, I attended a seminar organized about genocides by the Legislative Assembly of Emilia Romagna, with various scholars of the Holocaust Museum in Paris. Some of them underlined that it has become customary to use disconcerting comparisons, which equate the Holocaust with the most diverse phenomena (for example, with violence against women, a strange habit that I have noticed several times in feminist articles on the topic), as if everyone wanted to appropriate the aura of Jewish victims. This is unfair and ends up debasing the memory.
     
    All this while anti-Semitism is growing alarmingly in Europe. According to Le Figaro (http://www.lefigaro.fr/actualite-france/2014/03/31/01016-20140331ARTFIG00169-les-juifs-de-france-emigrent-en-masse-vers-israel.phpthe emigration of Jews to Israel from France, which has the largest Jewish community in Europe (almost half a million of inhabitants), has increased exponentially in recent years (1917 in 2012, 3280 in 2013, it's growing in 2014 and perhaps gets around 8,000 departures in 2015), especially for a widespread perception of insecurity. One of my former students, who has a French passport, confided to me that, around Paris, there are neighborhoods where Jews do not dare to set their foot anymore out of fear of anti-Semitic violence. On 7 May 2015 Raidue broadcast the shock film 24 jours. La vérité sur l'affaire Ilan Halimi about the terrifying story of Ilan Halimi, a young Jew  kidnapped and literally massacred by a group of criminals motivated by anti-Semitic intents between January 20 and February 13, 2006 (cfr. http://www.ilgiornale.it/news/cronache/je-suis-ilan-film-choc-sul-giovane-ebreo-trucidato-nella-ban-1124708.html ).
     
     
    The film, directed by Alexandre Arcady, met considerable resistance in France and was virtually boycotted in Paris: it puts a sharp focus on the climate of disbelief among the police that, despite the desperate pleas of Ruth, the mother of Ilan, did not take into account the anti-Semitic matrix of the kidnapping. And, in fact, as it has been reiterated by the authorities of the French Jewish community after the events of past 7 - 9 January, the French Jews do not feel protected. Just on 27 January, the Italian newspaper Il Foglio was sold with the kippah, the traditional Jewish headgear, because now the Jews, in France and elsewhere, risk their lives just wearing it, as it were the Nazi yellow star (see http://www.ilfoglio.it/esteri/2016/01/27/perch-noi-ebrei-rischiamo-la-vita-indossando-la-kippah___1-v-137519-rubriche_c937.htm ).Undoubtedly, the spread of anti-Semitism in France is due in large part to the extremist Islamism, spreading like wildfire in recent decades; French mosques have been subsidized by Saudi oil and Saudi Arabia spreads throughout the world a model of Salafi Islam, which is the radical matrix of most Sunni terrorist groups in circulation (see the fine book by Thomas Grimaux, The black book of the new anti-Christian persecution, 2009). Moreover, I dare say that secularist France, erasing the religious side from public life, can not but ignore it even in tragic circumstances: Hexagon officials, too often, are no longer able to understand anything about religion, even fundamentalist tendencies or anti-Jewish persecution.
     
     
    However, there is also something else. For personal reasons I studied relational manipulators, which are the most difficult personality described by psychology: it is a personality that uses others for ends, enacting a series of dysfunctional behaviors (see the good books by the French specialist Isabelle Nazare-Aga). Now I omit psychological problems, but suffice my observation: whole political and social systems, and not only, can act as well as manipulative individuals. At the level of communication, manipulators have a definite attitude: they do not listen, do not talk, they pass from expressing ideas in a vague and confused way, to arrogance, if not to violence, shouts and insults; they think without any gradient, "black and white" and lack of respect for others; they flatter, lie, or foment quarrels and contempt (see my blog on this subject, http://annaritamagri.blogspot.it/2015/11/chi-sono-i-manipolatori.html ).And it's under the eyes of all that in our social communication more and more lack of listening, violence, insult, confused communication and devoid of content, arrogance, howl dominate; and, since the truth is never "black or white", together with violence lies too often spread. This is certainly not the cultural background where you can feed debate, dialogue, reflection, indispensable to prevent a new wave of violence, in particular anti-Semitic one (and beyond). Hammering on the memory of the Holocaust in a mechanical way, without giving room for discussion, ends up being another form of indoctrination imposed from above, that abandones to their fate our Jewish brothers. We live in a society with a strong manipulative trend, which always more sacrifices the exchange of ideas, for the benefit of vulgarity and insult. Without a substantial recovery of dialogue and the values ​​of respect, memory will become increasingly unnecessary and, since memory is first and foremost an intellectual faculty, without the help of a solid rationality, memory will become sadly a short memory.