La 4M e la 4N...nel "gran Milano"!
Come promesso alla mia 4M, eccomi qui a riferire le vicissitudini – piuttosto divertenti – della nostra gita a Milano, il “gran Milano”, assieme alla 4N: protagonisti 48 ragazzi delle due classi, 24 per parte (purtroppo, contavamo 7 assenti), con le due colleghe, Beatrice e Marilena. Date: 20-22 marzo scorsi.
Lo studio di casa Manzoni
A
dire il vero, i pronostici, dapprincipio, non erano per niente favorevoli. Il
fatto è che la nostra segreteria, quella che si occupa dell’organizzazione delle gite, quest’anno
è collassata per più motivi – influenze, tagli e cambi di organico, problemi
amministrativi ecc. ecc. Il risultato è stato che la quinta in partenza oggi stesso
per Praga, fino a fine febbraio ignorava ancora se avrebbe trovato un aereo; il
gruppo in partenza per Parigi ha dovuto rimanere a casa; e, infine, noi abbiamo
avuto il nostro preventivo un mese fa, con un albergo….bellissimo, per carità, ma
alla Malpensa. Qualche collega ha osservato ingenuamente che forse potevamo organizzarci
per i trasporti con la metro – come se la metro di Milano si estendesse fin
quasi in Piemonte e al Lago Maggiore, ho obiettato io (!). L’agenzia però, che
si è rivelata efficientissima (nonostante la nostra campanilistica e iniqua diffidenza ferrarese, nei confronti di un'impresa comacchiese), ha trovato un’alternativa in zona Fiera, presso
Rho, per cui, alla fine, noi siamo rimasti quasi (quasi) immuni dalle tempeste
che spazzavano via gli altri. Lo ricordavo ai miei studenti, di essere grati
per quell’angoletto di paradiso che era la nostra gita, rispetto alle burrasche
altrui: e mi veniva in mente il poeta latino Lucrezio, che, nel De rerum natura, esaltando la sua
filosofia epicurea, guardava sereno dalla spiaggia chi stava affogando in mezzo
al mare (mah!).
Una sala di Palazzo Morando
Ma
i problemi si sono ripresentati, puntuali come l’Agenzia delle Entrate, due
giorni prima della partenza. Di 5 accompagnatori, tra titolari e supplenti, che
eravamo prima, me ne erano rimasti…2 e mezzo. Se vi chiedete chi era il “mezzo”,
ebbene, era Marilena, la collega di Religione, che stava poco bene. Alla
fine è partita con noi lo stesso – eroicamente –. Fortunatamente, strada
facendo si è sentita sempre meglio: però, vi assicuro che, ancora il giorno
prima della partenza, il 19, eravamo al panico. In sala insegnanti, l’abbiamo
riempita di consigli a tal punto, che ne vivrà di rendita per i prossimi 10 anni.
Bene,
mercoledì 20 marzo, alle 6.45, ci siamo ritrovati in piazza Dante, con l'autista, Giovanni. Dato che eravamo tutti puntuali, siamo partiti come da programma alle 7.00. Il viaggio di andata è stato senza storia, così come il pranzo in centro a Milano, zona Cordusio; il primo appuntamento in programma era, alle 14.00, la visita a Casa Manzoni, dietro alla Scala. Il gruppo è stato diviso tra due guide ed è iniziata la visita guidata.
Manzoni era un abitudinario e agorafobico, quindi stava prevalentemente in casa e viaggiava poco: le uniche stanze ancora ammobiliate come alla sua epoca sono lo studio, dove riceveva le numerose visite, e la stanza, piuttosto spartana, dove è morto il 22 maggio 1873, entrambe immediatamente trasformate in monumento nazionale. Forse ignorate che il sior Lisander, come lo chiamavano a Milano, era un accanito consumatore di tabacco. Difatti, nel suo ritratto di Hayez, invece di trovarlo con un libro in mano, stringe con la sinistra l'inconfondibile tabacchiera che portava sempre, ma SEMPRE con sé. E quando la fedele tabacchiera, come ovvio, cadeva e si rompeva, lui spediva il figlio dal su artigiano di fiducia per ordinarne una nuova e identica, con un foglietto contenente una precisa lista di istruzioni. Il resto della casa contiene innumerevoli stampe, specie cicli di illustrazioni dei Promessi sposi: l'ultimo cimelio in vista è il suo ombrello e il suo mantello con cilindro. Il mantello è stato una piccola delusione; mi ero sempre immaginata Manzoni alto, ma dal mantello era chiaro che fosse piuttosto bassino: poco più di m 1,50.
F.Hayez, Alessandro Manzoni (1841).
In mano, la tabacchiera.
La seconda destinazione era un Museo, bellissimo, gratuito e dimenticato, sito nel Quadrilatero della Moda: Palazzo Morando, una dimora aristocratica iniziata nel '500, ma che ha vissuto il suo acme nel '700, sotto la famiglia che gli ha dato il nome. Oggi ospita una ricca collezione di cimeli e opere artistiche sulla storia di Milano e una serie di appartamenti settecenteschi che ho fotografato per voi. Per esempio: vi si trovano un quadro di Massimo D'Azeglio sulla villa di Brusuglio, appartenente al suocero, Manzoni appunto, vedute di Milano, delle vie, dei navigli, dei caffè, del Duomo. La parte più affascinante è però quella degli appartamenti settecenteschi, in un delizioso stile rococò, che ho abbondantemente fotografato. Il problema è, come dice mio fratello, che lavora a Milano e lo visita spesso, che il museo non è sufficientemente pubblicizzato e presentato in modo esplicativo ai visitatori.
Di nuovo Palazzo Morando
Dopo quest'ultima visita, siamo andati in albergo, l'Una Ata Hotel Expo Fiera. Al solo vederlo, siamo rimasti stupiti: sembrava un castello! Non mi perito qui di fargli pubblicità: nuovissimo, pulitissimo, con un ristorante stellato e cibo ottimo - la colazione a buffet ha lasciato un ricordo indelebile nel mio cuore, specie sul lato dolci e frutta - con camere arredate in toni pastello, eleganti, ma sobrie (si veda sotto la foto della mia), senza dimenticare il personale infinitamente cortese - noi abbiamo legato soprattutto con una signora della reception originaria di Migliarino - , il nostro albergo poteva soddisfare i palati più esigenti. Per me l'imperativo era soprattutto che i miei augusti pargoli si comportassero in modo adeguato a cotanta sistemazione: donde una serie di mirate minacce riportate sul programma e all'indirizzo di chiunque intendesse agire in maniera men che appropriata.
Narrerò il fattaccio con
tutte le cautele dovute – come ha suggerito la collega Beatrice, rispettando la
privacy del protagonista con un pudico NN al posto
persino delle sue iniziali (tanto la storia ha già fatto il giro
del Roiti entro 24 ore dal ritorno e il protagonista è assurto al grado
di una celebrità). Allora, verso le 8.00 stavo uscendo pacificamente dalla mia stanza
per recarmi al ristorante, quando mi sono trovata di fronte una scena, a dir
poco, surreale. Nel corridoio, a 5-6 metri dalla mia porta, c’era una mezza
dozzina di ragazzi della 4M, tra cui uno, una sagoma familiare, abbastanza magrolino e che, sentendo
il rumore della porta, è schizzato immediatamente a nascondersi dietro a un compagno; infatti era...ineluttabilmente e inequivocabilmente in mutande. Credo che le sopracciglia mi
siano schizzate a loro volta al livello dell’attaccatura dei capelli.
Scorgendo
la mia faccia, Giovanni, uno del gruppo, si è affrettato a spiegare con aria rassegnata: “Siamo rimasti chiusi fuori”.
E intanto, il malcapitato continuava a nascondersi pudicamente dietro a un
compagno. Senonché, si è ritrovato tra due fuochi: infatti, in quello stesso
istante, si è aperta dietro di lui la porta di Marilena, che è uscita e se l’è
ritrovato davanti in versione integrale. A quel punto, il poveretto non sapeva più dove nascondersi: invece lei si è piegata in due dalle risate.
Ecco,
lo so che fotografare minorenni in certe situazioni è reato e mi astengo tassativamente dal
farlo: però, vi giuro, la tentazione di immortalare la scena è venuta a tutte
e due, tanto che la mano voleva il cellulare, né più né meno di quanto non
pruda il dito del pistolero sul grilletto. Tuttavia, mi sono contenuta e, con tutta l’autorità conferitami dal
mio ruolo di capogruppo – nonché di coordinatrice della 4M – mi sono avvicinata per
prendere il controllo della situazione.
Intanto Giovanni provava mestamente la porta, giusto per capire che era inesorabilmente chiusa (ed NN continuava a nascondersi. Dovere di cronaca m'impone di riferire che le sue mutande erano piuttosto trendy, a motivi scuri su un fondo di un delicato grigio perla).
- Dai, Giovanni, vai a prendere un'altra chiave alla reception - ho ordinato io: l'albergo si serve infatti delle tessere magnetiche per aprire le porte. Ma Giovanni, scuro in volto, come si dice nei romanzi, ha scosso la testa:
- No. Alla reception a prendere la chiave ci va lui - e ha indicato l'amico "discinto". Bastava quello per capire cosa era successo: Giovanni, che era vestito normalmente in tuta e maglietta, era uscito per vedere i ragazzi della stanza di fronte, Matteo e Luca M., ma anche altri, come Luca R., Dima, Silvio, lasciando, per forza di cose, la tessera dentro. Poi NN, che doveva fare la doccia, è uscito imprudentemente e la porta gli si è chiusa dietro, mentre la tessera rimaneva dentro. Stamane, NN ha rimbeccato Giovanni:
- E perché non sei uscito con la chiave? - Al che Giovanni, ancora con aria un po' torva (inusuale in lui: sorride sempre), ha risposto scuotendo la testa:
- Perché se la prendevo, ti lasciavo al buio! - infatti le tessere magnetiche servono anche per accendere la luce in camera.
NN non ci voleva credere.
- La prossima volta, lascialo al buio - gli ho suggerito io.
Per evitare che ci buttassero fuori tutti per comportamento incongruo, ho cominciato a dare gli ordini del caso.
- Giovanni, stai scherzando? Non vorrai mica mandarlo alla reception in queste condizioni? - lui annuiva, perché avrebbe voluto mandarcelo. - Dai, avete la scusante che avevate una tessera sola: vai giù a prenderne un'altra, monsignor Della Casa - lo chiamo così perché si chiama quasi come il redattore del famoso Galateo e ne ha anche il savoir faire. - E voi - con i ragazzi della camera di fronte - prendetelo dentro! Sennò qui ci arrestano per atti osceni in luogo pubblico! - a questa ingiunzione, Luca e Matteo, che ancora ridevano, hanno ricoverato NN nella loro stanza e poi l'emergenza è rientrata. Comunque, quando sono passata dalla reception e ho riferito quel che era successo con un sorriso, il receptionist, un elegante gentiluomo dall'allure internazionale, non ha fatto una piega.
- Tanto! E' successo anche a delle signore...- Sicuramente, in un albergo se ne vedono di tutti i colori, non meno che in una scuola.
Nei giorni successivi, mi sono chiesta più volte a chi assomigliava NN in mutande: e, finalmente, mi si è accesa una lampadina! A Titeuf, il ragazzino delle strisce svizzere! (continua)
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