Fiaba orientale...dell'amore che perdona
Se qualcuno
fosse punto dalla curiosità su come sono finiti il nostro bel principe e la
principessa dell'ultima fiaba orientale (quelli che si aggiravano tra le poetiche calli di Venezia),
ebbene, possiamo proseguire un poco la nostra storia.
Ci chiedevamo se lei
lo avrebbe perdonato e se lui avrebbe voluto il suo perdono. Eppure, possiamo
essere certi che lei lo ha già perdonato, con tutto il suo cuore (ne
dubitavate?). Perché? Lei sa che lui non ha mai conosciuto il dono del perdono
e della misericordia, per cui, come
potrebbe negarglielo? Come potrebbe lasciarlo in balia dei sensi di colpa che,
lei ne è certa, affliggono il suo cuore sensibile? Come potrebbe non dargli con
larghezza quello di cui lui ha bisogno per "risorgere" e rinascere a
vita nuova, come le rose rialzano il capo dopo la tempesta? Solo così lui potrà liberarsi dei suoi atteggiamenti sbagliati. Così, passeggiando nel silenzio che scende come velluto sull'acqua e sui marmi veneziani, lei ha compreso: lei lo ha perdonato
tante volte, lo ha già perdonato ora e lo perdonerà sempre. Perché lo ama
davvero.
Del resto, lei
non ha mai cambiato idea su di lui: sa che è profondamente buono, pulito,
dolce, tenero; e quello che l'ha ferita, per
certi versi..."non era lui". Era una maschera: quella che ciascuno di
noi indossa per proteggere la parte più vulnerabile di sé, quando si sente in
pericolo. Era la maschera prodotta dai meccanismi di difesa, che distorcono il
volto bellissimo con cui siamo usciti dalle mani amorevoli del Padre. Se lui,
come lei ritiene, teme ancora di essere ferito, di essere rifiutato, di subire
per l'ennesima volta le ingiustizie che tanto hanno pesato su di lui, ecco
allora la maschera dura, inflessibile, oppure quella sfuggente, volta a
sottrarsi alla vista, le maschere che gl'impediscono di avvicinarla e di ricevere e dare amore come vorrebbe.
Lei ha deciso di rimanere fedele in cuore a quel ragazzo che le si era mostrato così
pieno di gioia al vederla (quello che saltava a due a due i gradini di un ponte veneziano davanti a lei): lei voleva rimanere fedele al suo desiderio e ai
suoi tentativi di essere felice. Tuttavia, pur perdonandolo, capiva che ora lei non
poteva fare niente. Attenzione, ragazzi, sappiate sempre distinguere tra perdono e sue conseguenze pratiche: le seconde non sono immediate. Bisogna saper attendere, come per i frutti d'estate. Accoglierlo, perdonarlo, offrirgli in dono la misericordia
di cui lui aveva bisogno, significava anche lasciarlo libero: che cosa era meglio
per lui? Lei o un'altra? La principessa non poteva saperlo. Non era in suo potere ristabilire alcun contatto tra loro: stava a lui. E stava a lui costruirsi il proprio percorso per giungere, se voleva, fino a lei.
E allora, anche se
le piangeva il cuore, decise di non fare niente, di
rispettare la sua libertà e di attendere quel che lui avrebbe deciso o potuto fare. La
principessa, del resto, sa che lui è buono e ha tanta, ma tanta buona volontà e
determinazione, come una quercia avvezza a resistere a tante tempeste; lasciarlo
libero, significa anche fidarsi di lui e della sua buona volontà, come ci
fidiamo di un albero da frutto, che a primavera, di sicuro, metterà tanti fiori
e poi deliziose pesche o susine. Se lui comincerà a capire quel che ha sofferto e
arriverà a prenderne coscienza, le catene che lo hanno avvinghiato finora si
spezzeranno.
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