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mercoledì 29 giugno 2016
Poesia notturna II - Night poem II
Poesia notturna II
Potessi cullarti
in silenzio,
rasserenando
le tue ciglia stanche;
potessi dirti
che sei al sicuro,
che niente più
ti farà del male,
che il mondo è fuori,
il suo caos lontano,
e la vita si schiude,
ancora,
come un calice di giglio.
Could I cradle you
in silence,
brightening
your weary eye-lashes;
could I tell you
you're safe,
that nothing anymore
will hurt you,
that the world is out,
its chaos away,
and life opens
again,
like a lily calyx.
,
sabato 25 giugno 2016
Terapia d'urto 3, per il quizzone
Terapia d'urto 3, "la vendetta della vendetta",
ovvero:
come affrontare la III prova di maturità (= quizzone)
Carissimi studenti della Maturità,
dato che qualche consiglio fa
sempre bene, eccomi qui con la nuovissima "Terapia d'urto" versione
"quizzone". Qui mi occupo soprattutto della tipologia B (2 o 3
domande cui rispondere con una decina di righe in media), la più usata al liceo
Roiti, ma, di per sé, questi consigli possono valere anche per altre tipologie.
Infatti, il succo della terza prova è sempre lo stesso: rispondere rapidamente
(in 3 ore!) in modo sintetico, ma
esaustivo a domande attinenti il programma di svariate materie.
"Sintetico, ma esaustivo": sembra (ed è) un ossimoro, ed è questa
forse la difficoltà principale.
Dopo avere, nella mia annosa
carriera scolastica, corretto varie terze prove di più materie (da sola, o in
sottocommissione con altri), penso di
potere mettere la mia esperienza a frutto per chi dovrà affrontare l'esame
lunedì. Quindi, nervi saldi (è il caso
di dirlo) e proseguiamo.
1) Sembra banale, ma non lo è: le domande vanno lette con attenzione, per
centrarne il significato, la risposta e non prendere fischi per fiaschi. Se
vi chiedono cos'è il superuomo di Nietzsche, non dovete rispondere con la
distinzione tra apollineo e dionisiaco, Joyce non è la Woolf e così via:
l'inveterata abitudine a partire per la tangente di tanti studenti nasce spesso
dal fatto che hanno letto le domande superficialmente e con lo spirito meditabondo
che vagava per i "verdi pascoli" antistanti il liceo.
2) Evitate introduzioni e
conclusioni. Io peroro per anni (ANNI) la questione delle introduzioni e
conclusioni, necessarie per ogni saggio o tema che si rispetti e, regolarmente,
trovo in classe qualche pecora a pois (non intendo dire nera) che le ignora
completamente; poi, si arriva alla terza
prova, dove per le introduzioni e conclusioni NON C'È SPAZIO, ed ecco qui che
compaiono di botto tutte quelle mancate durante il triennio. Si accumulano come
sardine in quelle miserande trenta righe. A questo punto, sono praticamente
impossibili da fare, ma tant'è: dev'essere il rimorso e la voglia di
riparazione. E anche questo, fa partire per la tangente. L'introduzione qui non
è necessaria, perché avete già la domanda immediatamente prima: riprendete
quella e basta e avanza.
3) Insomma, la regola d'oro del
"quizzone" è: ANDATE DRITTI AL
PUNTO. Vi chiedono cos'è l'isomorfismo delle rocce? Spiegatelo subito, fin
dalla prima riga. Vi domandano che cos' è lo stream of consciousness di Joyce? Datene subito la definizione. E'
perfettamente inutile che vi dilunghiate su altro prima (che so, vulcani o eventuali
sofferenze di Joyce a Trieste, poverino). Il buon vecchio Catone diceva: rem tene, verba sequuntur: e aveva
ragione. Dovete tenere stretto ed
esprimere il cuore del concetto subito.
4) Questo consiglio ha anche e
soprattutto una valenza logica: e logica e sintassi sono i veri tranelli
del quizzone. A mio modesto avviso, le risposte alla terza prova dovrebbero
essere strutturate un po' come i siti web: con le cose più importanti inserite subito in cima, perché sono quelle
che il lettore vedrà per prime. Una struttura di questo genere, invece, qui è
resa necessaria dal poco spazio che avete a disposizione: vi permette però di
economizzare gli sforzi, concentrandovi
SUBITO su ciò che è di primaria importanza e, via via, in ordine discendente, su ciò che è necessario, attinente, quindi
meno necessario, complementare, eliminando in partenza il superfluo e l'inutile,
per cui non ci sarà più spazio. In questa maniera, potrete fornire il massimo delle informazioni utili e
indispensabili nel più ridotto spazio possibile.
5) Per lo stesso motivo, evitate la tentazione "cipolle e
patate": ovvero, di rispondere "un tanto al kilo",
imbottendo le vostre dieci righe di tutto quello che vi capita a tiro, sia
attinente o meno, riguardo il vostro soggetto, anche alla lontana, neanche
doveste preparare un minestrone e ci poteste infilare dentro di tutto. Inutile
spiegare cos'è il Satyrikon se vi
hanno chiesto Lucano e la Pharsalia, inutile
dilungarsi sulla Prima Guerra Mondiale per spiegare la Seconda, altrettanto
inutile parlare di Maxwell se vi chiedono Einstein. Come sempre, centrate l'argomento: la bravura non si misura tanto a
livello quantitativo, ma qualitativo, sulla base del vostro modo di
selezionare ed esprimere con attenzione e cura quanto richiesto.
6) Evitate di sforare. Non è necessario, anzi, può diventare un errore
grave, perché è tutto calcolato (come nei film d'azione): i vostri docenti
hanno ideato le domande sulla base della lunghezza delle risposte, per cui vi
sottopongono dei quesiti da rispondere in 10 righe, non da 30. Ancora una
volta: la bravura non si calcola a peso.
7) La necessità di una logica
ferrea in terza prova pone immediatamente un quesito inevitabile, amletico: ma bisogna fare la mala copia? Malacopia o
non malacopia? This is the question.
Come sapete, la terza prova è
strutturata con tempistiche degne di Maranello e, non dico che uno debba
comportarsi come il team meccanici
della Ferrari ai box, ma quasi. Teoricamente, quindi, non ci dovrebbe essere il
tempo per la mala copia. Tuttavia, il buon senso mi dice che, in certi casi,
può essere indispensabile: soprattutto perché, scrivere subito in bella, sul
foglio consegnato, la risposta a una domanda magari complessa, può essere arduo
e portare a inevitabili disastri, almeno in prima stesura. Consiglio allora
quanto segue. Tenete sempre di riserva
un foglio in più, in maniera da scarabocchiarci sopra non dico tutta la
risposta, ma, se non avete tempo, almeno la frase o le frasi che vi danno filo
da torcere. Un'altra valida alternativa può essere quella di stendere
rapidamente una scaletta della risposta e poi di scriverla direttamente in
bella una volta che avete riordinato le idee (a quel punto, filerà liscia).
Credo anzi che, quella della scaletta,
sia un'ottima soluzione intermedia. Potreste anche fare la mala copia di
una sola risposta, quella per voi più ostica. Insomma: tenete del materiale a
diposizione per preparare una bozza
rapida di quelle risposte che dovessero complicarvi la vita.
8) Per rispondere in maniera
esaustiva, senza salti logici o buchi incongrui degni dell'Emmental svizzero
amato da Topo Gigio (il groviera è senza buchi), consiglio di fare, nella
scaletta delle risposte, riferimento alle
classiche 6 domande: chi, che cosa, dove, come, quando, perché.
Es. che cos'è il Decadentismo?
Il Decadentismo è un movimento culturale, che riguarda trasversalmente
più ambiti artistici; è fiorito nell'ultimo quarto del XIX sec.(quando), in vari paesi europei, ma
soprattutto, a partire alla Francia, poi in Italia (dove). Il nome deriva dal concetto di "decadenza", allora
molto in voga nelle riflessioni intellettuali e, soprattutto, dalla poesia di P.Verlaine
Je suis l'Empire à la fin de la Decadence.
Nasce dall'irrazionalismo scaturito come reazione al positivismo e al suo
razionalismo scientista (perché); si
concentra infatti su tematiche attinenti l'irrazionale e la decadenza della
cultura europea e su altre, come la dimensione onirica, l'eros morboso, la donna
vista come"femme fatale", cioè come sensuale e pericolosa,
l'estetismo, cioè la valorizzazione estrema della bellezza e dell'arte (cosa). I suoi principali esponenti letterari
sono Huysmans e Maeterlinck nelle Fiandre e in Francia, D'Annunzio e Fogazzaro in
Italia; a livello artistico, possono essere ricordati i pittori Alma-Tadema,
Odilon Redon, Franz von Stuck e Gustav Klimt (chi). Lo stile è consuetamente ricco di elementi preziosi e molto
ricercato, estetizzante, sia in pittura, che in letteratura, ove il dettato
raggiunge una grande eleganza e musicalità (come).
Visto? (questa però non è una domanda da 10 righe).
9) Il concetto "andate dritti al punto" vale anche per la
sintassi. Sotto stress è più difficile scrivere discorsi fluidi, per cui,
di regola, tutte le magagne di sintassi rimaste pudicamente celate in classe o
durante la prima prova (occhio non vede, cuore non duole), esplodono in terza e
i nodi vengono al pettine. E siccome la sintassi è il punto debole di gran
parte dell'attuale generazione, in terza prova precipitano anche i
"bravi" con la pessima abitudine di fare discorsi degni della
Maratona di New York. Perciò, SINTASSI SEMPLICE, SINTASSI SEMPLICE, SINTASSI SEMPLICE,
con frasi brevi, poche subordinate (e non oltre il primo grado) e un concetto per frase. Oltre alla
scaletta delle risposte, la formulazione di un'idea sola per periodo vi
permetterà anche di concatenare meglio l'argomentazione, evitando l'altro
grande spauracchio di queste prove: i salti logici. A proposito: evitate come
la peste frasi inutili del genere "a mio avviso", "secondo
me", "al giorno d'oggi" ecc.,
che mangiano inutilmente dello spazio utile.
10) Una delle grandi difficoltà
del quizzone è il lessico specifico: ogni materia ha il suo e lo studente deve
dimostrare di conoscerlo. Riguardo al lessico ho però visto cose che voi
umani...Quindi: se avete un dubbio sul significato di una parola (e se avete il
vocabolario) controllatelo, altrimenti siate molto cauti e, magari, cercate di aggirare
il problema. Non fate gli spavaldi con parole di cui non siete sicuri (mal che
vada, provate a chiedere...). Inoltre: come avete visto dall'esempio mio sopra,
certi termini (es. estetismo) vanno spiegati e questo a beneficio della logica
della risposta.
11) Nei limiti del possibile RILEGGETE. Lo so, il tempo scorre
velocemente ed è prezioso: ma cercate comunque di rileggere. Nell'impossibilità
di farlo più volte, focalizzatevi sull'argomentazione, la logica e la sintassi
(do per scontato che non sussistano problemi ortografici), oppure sui punti più
ostici.
12) Per nessun motivo usate
la cancellina e la matita: invalidano la prova (io lo ripeto per
anni....per tutto il quinquennio....).
Infine: non preoccupatevi. Tutto
si aggiusta in questo mondo e si può essere felici anche e nonostante la terza
prova. In bocca al lupo e bacioni!
giovedì 23 giugno 2016
John's love (from my novel "The children of yesterday")
John's love
This passage, written by me on March 2014, concerns the love by John, the protagonist, for Ada (who is actually a little idealized). I dedicate it to my students, and to everyone who still believes in the "great love".
That morning, after a substantial
session of gymnastics in his cell - hundreds of push-ups, squats, sit-ups and
anything else - John made a kind of shower using the poor sink available, then
he lay on his bed, to read. But, that day, he could not focus. His mind was
repeatedly hooked by the thought of the hearing underway, hearing he was
interested in for various reasons. Inevitably, his thought slid to Ada and to
the admiration he nourished for her for all the effort and dedication she gave
evidence of. Well beyond many others. Equally inevitably memories cropped up
inducing him to compare her with other women he had met in his past.
When he was younger, John had never
needed to court a girl: they spontaneously ran after him, teenagers of his age
or a little less, and some even a few years older. The thing had even ended up
by almost boring him. His reserved nature, not exactly shy, but slightly
introverted and prone to isolate him, much more than it should seem from his
sudden outbursts of joy, didn't like the excessive favor some of them showed
him; moreover, his inherently sober, almost severe side couldn't tolerate any
coquetry. Of course, he had had numerous love stories and, not infrequently,
they had begun when he had answered to sweet glances from the girls of his age
he crossed: for one of them, when he was less than eighteen years old, he had
literally lost his head; but it was short-lived. Not that his feelings had
changed rapidly: it was her who had vanished when he had got, yet again, in
trouble. Who knows, perhaps discouraged by her parents, perhaps unconvinced
herself, perhaps frightened, she had never called him anymore: and he had
sought and waited for her in vain. It had happened a few years before he ended
up in the death row: and he had often thought of her in that period and later,
even when he went out with others or his feelings were petrified in the
death-row.
Yet, now he recognized that, even in the
most overwhelming passions, those so absolute of his early youth, he had always
kept an imperceptible, perennial shade of dissatisfaction; and it was
reverberated in that indefinable austerity he evaluated those same girls by.
Actually, the reason why, after all, he had trusted women so little when he was
free, was deeper. Over the years he had come to understand, or almost
understand it. What he didn't tolerate, when yet another girl with a pretty
face was maneuvering, not so covertly, to make his acquaintance at a party or
in a night-club, even when his male vanity was flattered and he responded
willingly, even when he ended the night in bed with one of them, it was the
superficiality he found in most of them. Involuntarily, John conformed to the
strict criteria absorbed in his family, while having constantly fought against
them. Deep down, he fed far more profound needs, perhaps even higher; and the
garrulous glee of several girls who ended up among his arms after a party, even
after both of them had been drinking, irritated him the next morning, when he
woke up with a headache next to one of them, full of bitter discontent. Not
infrequently, he also fed the impression that the girl on issue was
psychologically myopic and that her attention did not go far beyond his
attractive look. Virtually no one of those fleeting encounters had stood the
test of time.
With this severity not entirely
corresponding to him, John alternated doubts and guilt-feelings though.
Sometimes he regretted judging his former girl-friends too harshly and slid in
the belief that he was himself the main responsible of those emotional wrecks.
Sometimes he thought he had not understood what they needed and accused himself
of a kind of superficiality to be demonstrated. Ada preferred to speak of
weakness and depression: but he did not know whether he could trust the
magnanimity of that judgment, in his opinion directed by love. He forgot, in
those moments of self-criticism, that love lives of truth.
Then he had arrived on the death row.
The first years, he had received letters from some young women fascinated by
him after seeing him on TV or in the newspaper. The media had started to call
him "cold eyes" and perversely played on the contrast between his
almost angelic appearance, and the brutality of the crime he was accused of
and, with no way out, found guilty. Despite the bad description which was
offered about him, besides a completely unrealistic one, or maybe tickled just
by it, those there had fallen in love with him: and some had written to
him, without hesitating to reveal their attraction, an attraction not supported
at all by the knowledge of his personality. He had thrown away those papers
angrily. Even more than before, when he was used to perceive the interest he
aroused among girls while walking through a crowded room, he felt strongly that
those silly women didn't seek him, they didn't want him. In their
exaggerated sentences he felt, the falsity of an ephemeral and merely external interest.
He felt the burden of flattery. Then he preferred to be alone.
The only, true one he had courted and,
despite his reserve, doggedly courted, was Ada. His Ada. With her it had been
different since the beginning: at first friendship, then understanding, then
complicity blossomed, when she had not even seen him yet. What had captivated
him at once? The tone of her first letter? The sweetness by which she wrote to
him, the smiling understanding she showed him? Her cheerfully crazy humor, by
which she revealed she talked by herself all the time, addressing the most
unlikely interlocutors, including her soft toys? The care by which she was
concerned about his condition and recommended to him that he drank plenty of
water or ate as healthy as possible? Or her qualities?
Hell, what kind of woman Ada was! Able
to cross the world to come and visit him, to leave her country, her continent,
her career, her life to be with him: and then, with such an intelligence!
Acute, analytical, implacable: she had torn his case into pieces as perhaps
only he had managed. And she was convinced, rationally convinced that he was
innocent. Working with her was a genuine pleasure, priceless, because they were
complementary: she was analytical and rational, he more concise and intuitive.
But he was also attracted by the force of her will, a irony will, unsuspected
behind such a sweet face. In her work, she could put in place not completely
malleable individuals too.
And finally, looking at her was one of
the greatest pleasures of his life, second only to holding her among his arms:
John, who had always had a soft spot for brunettes, had collapsed already
seeing her first photos, back in the distant autumn 1998; but then, finding her
in front of himself, during their first visit, a year and a half later, for a
long time he had struggled with himself to not express his feelings at once. He
remembered he followed her with his eyes, so graceful and smiling, so sweet and
nice, without losing sight of her for a moment. He had seen her blushing
repeatedly under the fire of his eyes and, suddenly, when he had whispered
something ... Ah! Yup:
- You're much more beautiful than in a
photography - her cheeks were suffused with an adorable blush and then she had
slightly diverted her look towards the window. That moment had stayed inside
him ever since; and, then, he had contemplated her like this, a little
sideways, her eyes slightly lowered for a lovely, rare modesty, and he had been
tempted to declare her his love there, immediately, at once. Then, he realized
she could be embarrassed and he could make her feel uncomfortable: and, for the
umpteenth time, he had withheld his feelings. Eventually, though, the next day,
he had not been able to anymore.
For her he had totally put himself into
play, he had spent himself, he had bent backwards out of creativity. He had
never desired a woman so much as her, and not only because he loved her since
years and since years he could't almost touch her, being in the death-row: he
was perfectly aware that, if he had met her before, if only he had met her
before, he would have done anything for her.
Once he jokingly whispered to her:
- After all, I'm like those
sanctimonious daredevils who sow their wild oats for years and then they're
those who require the most serious girls; and they appear even the most
demanding. - He might have joked, but he told the truth. His relationship with
Ada was the highest fulfillment he had reached in his life. Nothing held the
comparison.
Meeting Ada meant to return to a
completely different conception of love: familiar to him, because not very far
from what he had heard from his parents, but different from what he, as a
rebel, had experienced since his adolescence. He had been living among
teenagers and young people in the late 80s, early 90s, used, in good faith, to
be carried away by relationships and to not control them too much, sure it went
okay like that.
Ada however, belonged to another world:
that of good girls and good boys who still wait for their first wedding night
to give themselves to their love. With her, he had learned the true meaning of
a value considered by the most out of date, almost an antique or a wreck
inducing discomfort: purity. Ada was sexy, according to him terribly sexy: she
radiated a sunny sensuality, limpid, worth the most exuberant summer days in
the Mediterranean land. She was like he imagined Italy: full of sun, colors,
human warmth. Her heart overflew with passion, a compelling, gentle, yet
intense passion, able to nourish not one, but one thousand one nights. Yet,
beside her, he breathed air of purity. Once she had explained him what she
meant by that word:
- Many think of purity as something
neurotic, full of fear, as if it consisted of a sum of external and artificial
prohibitions; and as if keeping it coincided with avoiding dirt stains, like
clothes to be put in the washing machine. But purity is more, much,
extraordinarily more than something so petty. Purity means harmony, means
primarily selflessness; it means true dedication, it means respect.
Here, for the first time in many years, with Ada, John had learnt on his skin the light caress of respect, a modest veil covering gently the loved person, the ecstasy of beig loved for the person he was. There was no need for her to tell him, because he was sure about that: she would never agree to end up sleeping with him after a party. And not that she did not wish for it: no woman, his manly instinct suggested to him, had desired him so much as her. During their visits together, her loving look was sliding on his features caressing them tenderly, it slid along his broad shoulders, arms, chest and his whole, tall figure with the sweet rapture of someone contemplating a wonder and who would never leave it. With her, John had understood, in its deepest meaning, why her demeanor would be so different; if she had known him outside, the true, only, great reason to wait for the supreme joy of a night among his arms, would be only one: her love for him.
A few lines of comment to this passage. I can say that its ground comes from true life; anyway, Ada's love is founded in something which can be very well expressed by the poem beneath.
so that you're not alone anymore.
I'm ready to give you what you need -
- esteem, comprehension, tenderness - and so much more.
I'm ready to adorn a fire-place with you -
and to make your house home.
I'm ready to share your plans and projects -
and to make them progress towards the horizon tiny line.
I'm ready to leave my country and to love yours as my own.
I'm ready to love your dear ones as if they were mine -
- for their own sake and because in them I'd see a spark of you.
I'm ready to heal your wounds, to feel your pain as my own -
- but also, to make you smile and laugh, to let you hope.
I'm ready to share with you the burden of passing years -
- to find a meaning in what is lost, and what we'll never have.
I'm ready to forgive you - and to need your forgiveness.
A woman should be the Paradise of a man - if she is just willing to.
Happyness knocks only once at the door - and now, she is at yours.
Opening to her requires prudence -
- but also the unavoidable crazyness of courage.
Immense is the regret coming from fear:
years of pain, afterwards, never end.
Life is heavy when, only when one says "no" to Love:
the true one, always coming from above.
Here, for the first time in many years, with Ada, John had learnt on his skin the light caress of respect, a modest veil covering gently the loved person, the ecstasy of beig loved for the person he was. There was no need for her to tell him, because he was sure about that: she would never agree to end up sleeping with him after a party. And not that she did not wish for it: no woman, his manly instinct suggested to him, had desired him so much as her. During their visits together, her loving look was sliding on his features caressing them tenderly, it slid along his broad shoulders, arms, chest and his whole, tall figure with the sweet rapture of someone contemplating a wonder and who would never leave it. With her, John had understood, in its deepest meaning, why her demeanor would be so different; if she had known him outside, the true, only, great reason to wait for the supreme joy of a night among his arms, would be only one: her love for him.
A few lines of comment to this passage. I can say that its ground comes from true life; anyway, Ada's love is founded in something which can be very well expressed by the poem beneath.
I remember one film by
K.Kieslowski, Decalogue
1, where the protagonist, a scientist who
has completely forgotten the supernatural side of our life, sees his computer
suddenly going crazy: and, on the screen, there is just a sentence: "I'm
ready". It is very suggestive and recalling the absolute. The absolute is
ready at our door ("I stand at the door, and I knock") with his love; but this love can be also
embodied in the love by a woman: a true woman. True love shows true Love:
that's what Ada's love says to John.
I'm ready
I'm ready to love
you - forever.
I'm ready to support
you and to stay by your side:so that you're not alone anymore.
I'm ready to give you what you need -
- esteem, comprehension, tenderness - and so much more.
I'm ready to adorn a fire-place with you -
and to make your house home.
I'm ready to share your plans and projects -
and to make them progress towards the horizon tiny line.
I'm ready to leave my country and to love yours as my own.
I'm ready to love your dear ones as if they were mine -
- for their own sake and because in them I'd see a spark of you.
I'm ready to heal your wounds, to feel your pain as my own -
- but also, to make you smile and laugh, to let you hope.
I'm ready to share with you the burden of passing years -
- to find a meaning in what is lost, and what we'll never have.
I'm ready to forgive you - and to need your forgiveness.
A woman should be the Paradise of a man - if she is just willing to.
Happyness knocks only once at the door - and now, she is at yours.
Opening to her requires prudence -
- but also the unavoidable crazyness of courage.
Immense is the regret coming from fear:
years of pain, afterwards, never end.
Life is heavy when, only when one says "no" to Love:
the true one, always coming from above.
L'amore di John (dal mio romanzo "I bimbi di ieri")
L'amore di John
Questo brano, che ritengo piuttosto poetico, risale al marzo 2014 e parla dell'amore di John, il protagonista del mio romanzo "I bimbi di ieri", per Ada (che, avverto, è un po' idealizzata). Lo dedico ai miei studenti e a chiunque sognasse ancora il "grande amore".
Quella mattina, dopo una consistente sessione di ginnastica in cella - centinaia di
flessioni, push-ups, squats, addominali
e quant'altro - John aveva fatto una specie di doccia servendosi del misero
lavandino a disposizione, quindi si era sdraiato sul letto, a leggere. Ma, quel
giorno, non riusciva a concentrarsi. La mente veniva ripetutamente agganciata
dal pensiero dell'udienza in corso, udienza cui si sentiva interessato per vari
motivi. Inevitabilmente, il pensiero scivolava su Ada e sull'ammirazione da lui
nutrita nei suoi confronti per tutto l'impegno e l'abnegazione di cui ella dava
prova. Ben al di là di tanti altri. Altrettanto inevitabilmente, affioravano
dei ricordi che inducevano in lui il confronto con altre donne da lui
incontrate in passato.
Quando
era più giovane, John non aveva mai avuto bisogno di corteggiare una ragazza:
gli correvano dietro da sole, adolescenti della sua età o poco meno, e anche
qualcuna di qualche anno maggiore. La cosa aveva finito addirittura quasi per
annoiarlo. Il suo carattere riservato, non propriamente timido, ma leggermente
introverso e tendente a isolarsi, molto più di quanto paresse dai suoi
improvvisi scoppi di allegria, non amava le manifestazioni di favore eccessivo
che certune gli dimostravano; per di più, il suo lato intrinsecamente sobrio,
quasi severo, non tollerava le civetterie. Certo, aveva avuto varie storie e,
non di rado, esse avevano avuto inizio quando lui stesso aveva risposto alle
occhiate dolci delle coetanee che incrociava: per una, quando era poco meno che
diciottenne, aveva perso letteralmente la testa; ma era durata poco. Non che i
suoi sentimenti fossero mutati rapidamente: era lei che si era dileguata,
quando lui si era cacciato, per l'ennesima volta, nei guai. Chissà, forse
dissuasa dai suoi, forse poco convinta ella stessa, forse impaurita, non si era
fatta più sentire: e lui l'aveva cercata e attesa invano. Era successo qualche
anno prima che finisse nel braccio della morte: e spesso vi aveva ripensato in
quel periodo e dopo, anche quando usciva con delle altre o i suoi sentimenti
erano rimasti impietriti nel death-row.
Eppure,
ora lo riconosceva, anche nel bel mezzo degl'innamoramenti più travolgenti,
quelli così totalizzanti della prima giovinezza, in lui era rimasta sempre
un'impercettibile, perenne sfumatura di insoddisfazione; ed essa si riverberava
in quell'indefinibile austerità con cui valutava quelle stesse ragazze. A dire
il vero, il motivo per cui si era, in fin dei conti, fidato abbastanza poco
delle donne quando era libero, era più profondo. Nel corso degli anni era
giunto a comprenderlo, o quasi. Quello che non tollerava, quando l'ennesima
ragazza dal bel viso manovrava, neanche tanto velatamente, per fare la sua
conoscenza a una festa o in un night, anche
quando la sua vanità maschile ne rimaneva adulata e lui rispondeva di buon
grado, anche quando finiva la serata a letto con una di esse, era la
superficialità che lui avvertiva nella maggioranza di loro. Involontariamente,
John si adeguava ai criteri severi assorbiti in famiglia, pur avendo
perennemente lottato contro di essi. Sotto sotto, nutriva esigenze ben più profonde,
forse anche più elevate; e la garrula gaiezza di varie ragazze che gli finivano
tra le braccia dopo un party, magari
dopo che avevano bevuto tutti e due, lo irritava la mattina dopo, quando si
svegliava col mal di testa accanto a una di loro, pieno di un'amara
scontentezza. Non di rado, nutriva altresì l'impressione che la ragazza in
questione fosse psicologicamente miope e che la sua attenzione non andasse
molto al di là dell'attrattiva costituita dal suo aspetto. Praticamente nessuno
di quegl'incontri fugaci aveva retto alla prova del tempo.
A
questa severità non del tutto sua, John alternava però dubbi e sensi di colpa.
Talora si rammaricava di giudicare le sue ex
in modo troppo rigido e scivolava nella convinzione di essere lui stesso il
maggiore responsabile di quei naufragi affettivi. Talora riteneva di non aver
capito di cosa loro stesse avessero bisogno e si accusava di una superficialità
tutta da dimostrare. Ada preferiva parlare di debolezza e depressione: ma lui
non sapeva se fidarsi della magnanimità di quel giudizio, a suo avviso
orientato dall'amore. Dimenticava, in quei momenti di autocritica, che l'amore
vive di verità.
Poi
era arrivato nel braccio della morte. I primi anni, aveva ricevuto delle
lettere di alcune giovani donne rimaste affascinate dopo averlo visto in TV o
sul giornale. I media avevano preso l'abitudine di definirlo "occhi di
ghiaccio": e giocavano perversamente sul contrasto tra il suo aspetto,
quasi angelico, e l'efferatezza del delitto di cui era accusato e, senza via di
scampo, ritenuto colpevole. Nonostante la pessima descrizione che di lui era
stata offerta, d'altronde una descrizione del tutto irrealistica, o forse
solleticate proprio per questo, quelle là
si erano invaghite di lui: e alcune gli avevano scritto, senza farsi remore a
rivelargli la loro attrazione, un'attrazione per nulla sostenuta dalla
conoscenza della sua personalità. Aveva gettato quei fogli con rabbia. Ancora
più di prima, quando era abituato a percepire l'interesse che suscitava nelle
ragazze nel passare attraverso una sala affollata, aveva provato la netta
sensazione che quelle sceme non
cercassero lui, che non volessero lui. Aveva avvertito, nelle loro frasi
esagerate, la falsità di un interesse effimero e meramente esteriore. Aveva
avvertito il peso dell'adulazione. Aveva allora preferito rimanere solo.
L'unica,
vera che avesse corteggiato e, nonostante la propria riservatezza,
accanitamente, era Ada. La sua Ada. Con lei era stato diverso fin dall'inizio:
era sbocciata prima l'amicizia, poi l'intesa, la complicità, quando lei non lo
aveva neancora mai visto. Cos'era stato ad avvincerlo da subito? Il tono della
prima lettera? La dolcezza con cui lei gli scriveva, la sorridente comprensione
che gli dimostrava? Il suo humour allegramente
pazzerello, con cui lei gli rivelava che parlava da sola di continuo,
servendosi degl'interlocutori più improbabili, peluches compresi? La cura con cui si preoccupava delle sue
condizioni e gli raccomandava di bere molta acqua o di mangiare il più sano
possibile? Oppure le sue qualità?
Miseria,
che donna era Ada! Capace di attraversare il mondo per venire a visitarlo, di
lasciare il suo paese, il suo continente, la sua carriera, la sua vita per
stare con lui: e poi con un'intelligenza! Acuta, analitica, implacabile: aveva
fatto a pezzi il suo caso come forse solo lui era riuscito. E si era convinta,
razionalmente convinta, che lui fosse innocente. Lavorare con lei era un
piacere genuino, impagabile, anche perché erano complementari: analitica e razionale
lei, più sintetico e intuitivo lui. Ma di lei lo attirava anche la forza di
volontà: una volontà di ferro, insospettabile dietro un viso tanto dolce. Nel
suo lavoro, riusciva a mettere a posto anche soggetti non del tutto malleabili.
E,
infine, guardarla era uno dei piaceri più grandi della sua vita, secondo solo a
tenerla tra le braccia: John, che aveva sempre avuto un debole per le brune,
era crollato già al vederne la prima foto, nel lontano autunno 1998; ma poi, al
trovarsela davanti durante la prima visita, un anno e mezzo dopo, aveva lottato
con se stesso a lungo per non manifestare i propri sentimenti subito. Si
ricordava che la seguiva con gli occhi, così aggraziata e sorridente, così
dolce e simpatica, senza perderla di vista un attimo. L'aveva vista arrossire
più volte sotto il fuoco del proprio sguardo e, a un tratto, quando lui le
aveva mormorato qualcosa...Ah! Sì:
-
Sei molto più bella che in fotografia - le guance le si erano soffuse di un
rossore adorabile e lieve e poi lei aveva distolto un poco lo sguardo in
direzione della finestra. Quel momento gli era rimasto dentro da allora; e,
allora, l'aveva contemplata così, un poco di profilo, lo sguardo leggermente
abbassato per un'incantevole, rara ritrosia e gli era venuta la tentazione di dichiararle
il suo amore lì, subito, senz'altro. Poi, si era reso conto che lei poteva
provare imbarazzo e che avrebbe potuto metterla a disagio: e, per l'ennesima
volta, si era trattenuto. Alla fine, però, il giorno dopo, non c'era riuscito
più.
Per
lei si era messo in gioco totalmente, si era speso, aveva operato acrobazie di
creatività. Non aveva mai desiderato una donna tanto quanto lei e non solo
perché l'amava da anni e da anni non poteva quasi toccarla, stando nel death-row: lui era perfettamente consapevole
del fatto che, se l'avesse incontrata prima, se solo l'avesse incontrata prima, avrebbe fatto di tutto per
averla.
Una
volta le aveva sussurrato scherzando:
-
In fin dei conti, sono come quegli scavezzacollo bacchettoni che saltano la
cavallina per anni e poi sono proprio quelli che esigono le ragazze più serie;
e si mostrano pure i più esigenti. - Avrà anche scherzato, ma diceva il vero.
La relazione intrecciata con Ada era la realizzazione più alta che avesse
raggiunto nel corso della propria vita. Nulla reggeva il confronto.
Incontrare
Ada, aveva significato ritornare a una concezione dell'amore completamente
diversa: a lui familiare, perché non molto lontana da quanto aveva udito dai
genitori, ma differente da quello che, da ribelle, aveva sperimentato lui fin
dall'adolescenza. Era vissuto tra gli adolescenti e i giovani dei tardi anni
'80, primi anni '90, abituatisi, in buona fede, a lasciarsi trascinare dalle
esperienze sentimentali e a non controllarle troppo, sicuri che andasse bene
così.
Ada
invece, apparteneva a un altro mondo: a quello delle brave ragazze e dei bravi
ragazzi che attendono ancora la prima notte di nozze per donarsi al proprio
amore. Con lei, lui aveva appreso il vero significato di un valore considerato
dai più ormai sorpassato, quasi un'anticaglia o un relitto per cui provare
fastidio: la purezza. Ada era sexy, secondo
lui tremendamente sexy: da lei
sprigionava una sensualità solare, nitida, degna delle più esuberanti giornate
estive in terra mediterranea. Lei era come lui si immaginava l'Italia: piena di
sole, di colori, di calore umano. Il suo cuore traboccava di passione, una
passione trascinante, dolce, eppure intensa, di quelle che alimentano non una,
bensì mille e una notte. Eppure, accanto a lei, si respirava aria di purezza.
Glielo aveva spiegato lei una volta, che cosa intendeva con quella parola:
-
Tanti pensano alla purezza in modo nevrotico, pieno di paura, come se
consistesse in una somma di divieti esterni e artificiali; e come se mantenerla
coincidesse coll'evitare delle macchie di sporco, alla maniera dei vestiti da
mettere in lavatrice. Ma la purezza è molto di più, straordinariamente di più
di qualcosa di tanto meschino. La purezza significa armonia, significa
soprattutto mancanza di egoismo; significa dedizione vera, significa rispetto.
Ecco: per la prima volta in tanti anni, con Ada John aveva conosciuto
sulla propria pelle la carezza lieve del rispetto, di un velo pudico che copre
delicatamente chi si ama, dell'estasi di essere amato per la persona che era.
Non c'era bisogno che lei glielo dicesse, perché ne era sicuro: non sarebbe mai
stata d'accordo a finire a letto con lui dopo un party. E non che lei non lo desiderasse: nessuna, il suo istinto di
uomo glielo suggeriva, lo aveva desiderato tanto quanto lei. Durante le loro
visite insieme, lo sguardo innamorato di lei scivolava sui lineamenti di lui
accarezzandoli dolcemente, scivolava lungo le sue larghe spalle, le braccia, il
torace e tutta la sua alta figura con il rapimento dolcissimo di chi contempla
una meraviglia e non se ne staccherebbe mai. Con lei John aveva compreso, nel
suo significato più profondo, il perché il suo contegno sarebbe stato tanto
diverso; se lei lo avesse conosciuto fuori, il vero, unico, grande motivo per
attendere la gioia suprema di una notte tra le sue braccia sarebbe stato uno
solo: l'amore per lui.
Merenda veloce di frutta e cioccolato (merenda belga)
Merenda veloce di frutta e cioccolato (merenda belga)
Questa è una ricetta golosa, rapida e fresca, adatta per l'estate: l'ho inventata io! L'ho chiamata "merenda belga" per via del cioccolato fondente.
Ingredienti per 2 persone
80 gr. di cioccolato fondente
Qualche cucchiaio di latte
125 gr. di ricotta
un cucchiaio di zucchero
2 mele
un poco di succo di limone
Sbucciate le mele, pulitele e tagliatele a fettine; quindi, spruzzatele con il succo di limone, per evitare che anneriscano. Fondete il cioccolato in una pentolina a bagnomaria, aggiungendo un poco di latte; nel frattempo, stemperate la ricotta con lo zucchero. In ogni coppa, mettete a strati la fettine di mela, la ricotta e, infine, versate sopra il cioccolato liquido; lasciate infine in frigorifero prima di servire.
La bellezza della natura e il "locus amoenus" di Francesca Masci
La bellezza della natura e il locus amoenus di Francesca Masci
Eccoci qui con un altro saggio proveniente dalla mia 3M (oramai 4M): come già per Giuseppe questo è un saggio scritto alcune settimane fa da Francesca Masci e talmente ricco e vario da meritare la pubblicazione sul blog. Brava Francesca!
Con il termine latino locus amoenus, che letteralmente significa "luogo piacevole", si identifica un giardino che abbia dei confini definiti e nel quale siano presenti elementi ben precisi, come alberi da frutto e ornamentali, fiori, ruscelli e fontane, animali mansueti e inoffensivi. Chi entra in questo luogo si sente avvolto da un'atmosfera di pace, priva di dolore. Tutti i sensi sono coinvolti positivamente e, abbandonandosi ad essi, si viene trasportati in una dimensione fuori dallo spazio e dal tempo reali.
Proprio il distacco dalla realtà, solitamente carica di preoccupazioni, provoca una sensazione di assoluta serenità. Il locus amoenus è l'espressione più significativa della bellezza della natura, poiché privata di ogni suo aspetto oscuro e malvagio. Il giardino delle delizie rimanda anche all'Eden, il Paradiso terrestre della religione cristiana, a cui ci si è ispirati nelle descrizioni e raffigurazioni artistiche. Questo stereotipo è stato spesso oggetto della letteratura di ogni epoca.
Già nel libro VII dell'Odissea, Omero descrive il giardino di Alcinoo, re dei Feaci, come locus amoenus; vi sono infatti presenti "grandi alberi rigogliosi" e "splendidi frutti". Per Ulisse, che vi giunge dopo lunghi anni di effettiva prigionia presso la ninfa Calipso, rappresenta dunque una vera e propria fuga. Il giardino è esente dal passare del tempo: "Mai il loro frutto marcisce o finisce, né in inverno, né in estate: è perenne". Nessuna preoccupazione affligge chi vi entra, non esiste l'inverno e i frutti abbondano.
Successivamente, nel XIV secolo, Boccaccio scrive il Decameron: l'intera opera rappresenta un microcosmo in cui vivono dieci ragazzi per sfuggire al collasso della società che la peste ha provocato a Firenze, e può quindi, nel suo complesso, costituire un locus amoenus. In particolare, nell'introduzione alla terza giornata, la lieta brigata si reca in un giardino circondato da mura e che viene aperto appositamente. La "meravigliosa bellezza" del luogo, come descritta dall'autore, appaga i sensi dei giovani; si avvertono forti profumi che richiamano le spezie d'Oriente, sono variegati i colori e le forme ordinate e piacevoli alla vista, sono altrettanto gradevoli i canti degli uccelli, il tepore del sole e il fresco dell'ombra sulla pelle. I ragazzi, entrando in questo giardino, possono, lasciandosi trasportare dai sensi, dimenticare il male e le sofferenze che caratterizzano la loro realtà.
La descrizione di questo luogo, con i suoi significati, rimanda facilmente al "Giardino" di Epicuro, nel quale il filosofo greco riteneva fosse possibile trovare la felicità, intesa come assenza di dolore e dei turbamenti che la società e gli affari pubblici arrecano.
Più vicino ai nostri tempi, ma allo stesso modo attinente, ricordo il Giardino dei Finzi-Contini, romanzo di Giorgio Bassani. In questo giardino, che nella versione cinematografica è ambientato nel parco Massari della nostra Ferrara, vive una famiglia ebrea altolocata, nel periodo antecedente la Seconda Guerra Mondiale. La famiglia vive isolata in un mondo fatto di illusioni, senza accorgersi della tragedia che incombe all'esterno.
Parco Massari, Ferrara
Altro spunto dalla letteratura del passato: "Poi che lasciar gli avviluppati calli, in lieto aspetto il bel giardin s'aperse", chiasmo con il quale si apre la IX ottava del XVI canto della Gerusalemme liberata di Torquato Tasso; il brano contrappone fortemente il giardino, che per la descrizione è identificabile come un luogo di delizie, e le vie contorte che lo circondano, pertanto il surreale al reale. L'origine magica di quel giardino sottolinea ulteriormente questa interpretazione; esso è stato infatti creato da una maga pagana.
Dunque, il locus amoenus, presente in tutte le forme artistiche e nell'immaginario comune, è un luogo metafisico, nel quale realtà ed irrealtà si confondono, generando un rifugio per l'uomo che vi ritrova la propria condizione originaria, purificata dal male.
mercoledì 22 giugno 2016
Una sera a Parigi di Nicolas Barreau (2010)
Una sera a Parigi
Alain è proprietario di un piccolo cinema, il Cinema Paradis, sulla Rive Gauche di Parigi. Lo ha rilevato (il nome rimanda direttamente a Nuovo Cinema Paradiso, di G.Tornatore) da suo zio Bernard, appassionato di cinema d'essai e da cui ha appreso la passione per i film. Non a caso, da piccolo ha trascorso ore e ore accanto a lui durante le proiezioni - imparando molto sulla storia della Settima Arte. Ma il cinema di qualità oggi non va per la maggiore e il piccolo Paradis lotta per sopravvivere, insidiato com'è dai mostruosi multisala dove si ingurgitano tonnellate di pop-corn.
Il mercoledì sera, il giovane proietta dei classici film d'amore, per la serie Les amours du Paradis. E proprio il mercoledì sera, comincia a notare un'affascinante, timida fanciulla, dai capelli color caramello e vestita di un cappotto rosso, che si siede sempre alla fila 17 - chissà perché. Per quattro mesi esita a rivolgerle la parola, infine, a primavera, decide di invitarla a cena: e nasce così una coinvolgente storia d'amore. Ma, dopo il primo appuntamento, Alain ha un'altra spiazzante sorpresa: trova fuori dal suo cinema il famoso regista Allan Wood (maglione, pantaloni di velluto a coste, occhiali squadrati, passione per Parigi: avrete riconosciuto Woody Allen), assieme alla diva di origine francese Solène Avril, che intendono girare un film romantico, Ricordando Parigi, proprio al piccolo, grazioso cinema Paradis. Il progetto proietta d'improvviso Alain sulla ribalta culturale di Parigi; ma, proprio allora, la fanciulla dal cappotto rosso, Mélanie, scompare e Alain, che non ha il suo numero di telefono ed altre coordinate, dispera di ritrovarla. La ricerca della donna della sua vita, tra alti e bassi, momenti tristi e umoristici, continua tra vari colpi di scena, finché non succede l'inimmaginabile...
Ho "sgraffignato" questo libro dalla sala professori (l'avevo già notato in libreria e intendevo leggerlo) e, di certo, ce lo riporterò tra qualche giorno; mi è piaciuto e posso annotarne vari meriti. Innanzitutto, è molto grazioso, gradevole, curato, bene scritto; possiede il tono lieve di una fiaba, una bella fiaba d'amore, ambientata in una città splendida. Si legge con piacere e, caso raro oggi, pur essendo un romanzo d'intrattenimento, non è stupido, anzi, convoglia comunque delle idee: la passione per il cinema, la fiducia nei sentimenti più autentici, la voglia di cose belle. E' poi piuttosto divertente e ricco di un humor lieve, quasi delicato.
Detto questo, però, non bisogna cascarci a occhi chiusi. Mi ha insospettito subito il fatto che il titolo originale fosse in tedesco (Ein Abendes in Paris): del resto, Parigi è descritta con il tono incantato e idealizzato di chi non ci abita (provate a fare il confronto con Simenon e Modiano e vi renderete conto della differenza). I locali e gli angoli descritti nel libro sono autentici, ma sono quelli normalmente elencati tra le attrazioni della città, dal Caffè Flora, al Bar Hemingway. La storia d'amore è fiabesca, dolce, ma non ha niente di profondo, i film menzionati nel libro sono dei classici, ma spesso popolari, non sempre propriamente d'essai, e, tutto sommato, vengono citati in modo "decorativo", non proprio con la prospettiva profonda di chi si intende davvero di cinema; la storia è piena di clichés, sapientemente costruita con colpi di scena e altro, ma, al di là del suo romanticismo, non offre nessun significato trascendentale. Ecco, il romanticismo: non lo troverete mai in un Francese. Questo è il libro scritto da un Tedesco.
Non solo: se andate a fare un giretto su Internet, scoprirete che, secondo voci piuttosto attendibili, l'autore, Nicolas Barreau, non esiste. E' un autore costruito a tavolino e il libro è stato altrettanto costruito da qualche sapiente ghostwriter della casa editrice tedesca che lo ha lanciato. Difatti, del prodotto "costruito", ha tutto: l'abilità artigianale, i luoghi comuni, il tono medio, che deve accontentare qualsiasi palato, sia a livello di contenuti che di stile. Insomma, è un'operazione commerciale che segue il genere del romanzo d'amore e vi aggiunge alcuni tratti cari al pubblico di oggi, come l'amore per i piaceri della vita, dal vino, al cibo, al cinema. Almeno, è un'operazione commerciale ben fatta e seria. Una lettura ideale da fare sotto l'ombrellone.
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