domenica 7 agosto 2016

Il giro del mondo al cinema 3 - Cina


Il giro del mondo al cinema 3 - Cina

Riprendiamo ora la nostra panoramica sui film riguardanti la Cina. Vorrei ripartire da un classico di Hollywood, 55 giorni a Pechino, diretto da Nicholas Ray nel 1963 (Nicholas Ray è lo stesso regista del kolossal religioso Il re dei re), con il grande Charlton Heston, Ava Gardner e David Niven. Giusto per intenderci, Charlton Heston è stato uno dei più grandi divi di Hollywod e protagonista, per esempio, del celebre kolossal Ben Hur; Ava Gardner invece era una delle più belle attrici statunitensi, tanto bella che la chiamavano The Body ("il corpo") per antonomasia. 


I 55 giorni del titolo sono quelli della rivolta dei Boxers del 1900: i Boxers erano una società segreta (detta "dei Pugni armoniosi"!) che si ribellò contro gli Occidentali di stanza a Pechino, con il tacito consenso dell'imperatrice vedova Tsu Hsi. Come è noto, la Cina resistette a lungo contro le pressioni all'apertura alla cultura occidentale, sia per difesa istintiva, sia per tendenze xenofobe tipiche della cultura cinese; le nostre ambasciate, ivi compresa quella italiana, furono assediate appunto per 55 giorni, mentre i Boxers si davano al massacro dei cristiani fuori (va sempre a finire così). A proposito: nella generale reazione contro la penetrazione europea, che saldò la corte, la classe dirigente dei mandarini e il popolo, specie contadino, le prime vittime furono proprio i cristiani, in maggioranza cattolici, ma anche protestanti, sia missionari che cinesi convertiti (abbiamo visto la lunga serie di film sui missionari in Cina). Al volgere del 1800 ci furono molti attentati, pogrom, incendi e massacri e le stime per i cristiani uccisi oscillano tra le 30.000 e le 100.000 vittime. 


                                                       Ava Gardner e Charlton Heston

Nel film, Heston interpreta il maggiore Matt Lewis, americano, al comando del contingente di difesa delle ambasciate; egli si innamora della splendida contessa russa Natalie Ivanoff, impersonata dalla Gardner (ricordo ancora il loro sensazionale bacio hollywoodiano; in realtà, i due non andavano per niente d'accordo sul set), mentre David Niven, grande attore britannico, interpreta ovviamente l'ambasciatore di Sua Maestà. Il film, girato in epoca di decolonizzazione, tratta problemi ancora scottanti, come imperialismo, razzismo ecc. Curiosità: il povero Ray collassò durante le riprese e dovette abbandonare la regia.


Uno spaccato della Cina al termine della dinastia Qing, poco prima e subito dopo la morte dell'imperatrice Tsu Hsi, è il tema del noto kolossal di Bernardo Bertolucci L'ultimo imperatore, sulla vita dell'ultimo imperatore cinese (incoronato bambino) Pu Yi. Il film, del 1987, è tratto dall'autobiografia di Pu Yi stesso e vinse una caterva di Oscar e altri premi: Miglior Film, Migliore Regia, Migliore Sceneggiatura non originale, Fotografia (al nostro Vittorio Storaro), Scenografia, Costumi, Montaggio, Sonoro, Colonna Sonora, in tutto 9! La pellicola fu girata a Cinecittà e, per la prima volta in assoluto, nella vera Città Proibita di Pechino, per mesi. La storia è costruita come un lunghissimo flash-back del protagonista, interpretato da John Lone, al momento in cui viene incarcerato in un laogai cinese e tenta il suicidio: passiamo così dalla sua infanzia a corte, mentre vive i suoi ultimi anni di vita Tsu Hsi, nella decadenza generale dell'Impero, alla Rivoluzione Nazionalista del 1911, fino alla guerra civile, al rapporto coi Giapponesi invasori e al tremendo mondo comunista di Mao (la rieducazione dell'anziano imperatore è descritta in toni crudi). Il film rappresenta molto bene il crollo di un mondo e il passaggio a uno completamente diverso, attraverso i molteplici traumi cui è sottoposto il protagonista, che non può mai disporre della sua vita. Bertolucci è spesso un po' morboso, tuttavia, il film merita sicuramente.


                                                                         Il vero Pu Yi

A proposito dell'invasione giapponese del 1936, c'è un bel film, interpretato dalla compianta Natasha Richardson (morta nel 2009: era la moglie di Liam Neeson) e dal sempre molto bravo Ralph Fiennes, La contessa bianca, diretto nientedimeno che da James Ivory. Siamo a Shangai, nel 1936 e, mentre i Giapponesi avanzano, la contessa Sofia, un'esule russa, e Todd Jackson, un diplomatico americano, si incontrano; lui è cieco e sogna di fondare un locale, La contessa bianca appunto (la vita notturna di Shangai era molto viva), mentre lei deve fare l'entreneuse nei night club per nutrire la famiglia. Alla fine, devono rinunciare a ogni progetto e fuggire. Al film ha partecipato quasi tutto il clan Redgrave: Vanessa, la madre della Richardson, e Lynn, la zia (è una dinastia di attori). La pellicola rappresenta molto bene il quadro storico della Cina degli anni '30, poco prima della guerra sino-giapponese, e ha un che di poetico e letterario (come tutti i film di James Ivory).


                                  Ralph Fiennes e Natasha Richardson nella Contessa bianca

Lo stupro di Nanchino è una pagina, troppo spesso dimenticata, della sanguinosa invasione giapponese a danno della Cina e di buona parte del Sud-est asiatico negli anni '30. I Giapponesi, con la loro ideologia militarista, non erano assolutamente da meno dei nazisti: ancora adesso tra Cina e Giappone ci sono dissapori in proposito, anche se alcuni ufficiali responsabili furono giudicati dagli Americani per crimini contro l'umanità. Ancora nel 2007, è uscito un documentario giapponese che nega assolutamente l'eccidio. Nanchino, allora capitale della Repubblica cinese, fu invasa dai Giapponesi nel dicembre 1937 e nelle settimane che seguirono furono massacrate tra le 200.000 e le 350.000 vittime, specie bambini; innumerevoli gli stupri (almeno 20.000), da cui il nome con cui la vicenda è ricordata. 


                                                Corpi di Cinesi massacrati a Nanchino

Sul massacro vorrei ricordare un bel film, più adatto alla televisione, a dire il vero, e didattico, che illustra la storia, anch'essa dimenticata, del più grande eroe che cercò di salvare un gran numero di vite umane in quei giorni tremendi. E sapete chi era? Un nazista, rappresentante in Cina del Terzo Reich: John Rabe, cui è stato dedicato un film nel 2009; il protagonista è uno dei più noti attori tedeschi sulla piazza, Ulrich Tukur. John Rabe, che era a Nanchino per conto della Siemens, fu il presidente del comitato per la creazione di una zona di sicurezza in cui trovarono rifugio 250.000 civili cinesi; la zona coincideva con le ambasciate occidentali. Il film traccia la sua disperata vicenda e il suo eroismo di uomo buono, "normale": a un certo punto, deve addirittura separarsi dalla moglie, che lascia partire, perché si salvi, mentre lui rimane in Cina per gestire la situazione. Tra l'altro: morì in povertà dopo la guerra perché non era di moda ricordare gli atti di eroismo di chi era iscritto al partito nazista; invece, al ritorno dalla Cina, egli aveva scritto un rapporto di protesta a Hitler sui fatti cui aveva assistito: per tutta risposta, la Gestapo lo arrestò, per oltraggio alla corona nipponica. Solo in questi ultimi anni la sua figura è stata ricordata come merita. 


                                                     Ulrich Tukur nel ruolo di John Rabe

Non è possibile conoscere un po' meglio la storia della Cina senza vedere i film del regista cinese più noto in Occidente, Zhang Yimou, che, tra l'altro, ha dedicato un film proprio allo stupro di Nanchino: I fiori della guerra, del 2011. Ma, su Zhang Yimou ci vuole un po' più di tempo, quindi ci rivedremo a un'altra puntata. 

2 commenti:

  1. Il film http://www.altadefinizione.one/ ricorda molto tempo di guerra. I film saranno vicini per argomento, quando rilevante la questione di libertà e di amore.

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