sabato 26 marzo 2016

La caccia infernale I


La caccia infernale

Noi eravamo ancora al tronco attesi,
credendo ch'altro ne volesse dire,
quando noi fummo d'un romor sorpresi,
similemente a colui che venire
sente 'l porco e la caccia a la sua posta,
ch'ode le bestie, e le frasche stormire.
Ed ecco due a la sinistra costa,
nudi e graffiati, fuggendo sì forte,
che della selva rompieno ogne rosta.
Quel dinanzi: "Or accorri, accorri, morte!".
E l'altro, cui pareva tardar troppo,
gridava: "Lano, sì non furo accorte
le gambe tue a le giostre del Toppo!".
E poi che forse li fallia la lena,
di sé e di un cespuglio fece un groppo.
Di rietro a loro era la selva piena
di nere cagne, bramose e correnti
come veltri ch'uscisser di catena.

                             (Inferno, XIII, 109-26)

 Qui il link alla versione in 3D del canto. https://www.youtube.com/watch?v=LH94EwZBQzA
 
 
Dante e Virgilio si trovano nella seconda bolgia del settimo cerchio, quella occupata dai violenti contro se stessi, cioè suicidi e scialacquatori. Ancora stazionano davanti all'albero che contiene  Pier delle Vigne, il segretario di Federico II suicidatosi per disperazione (si sa com'è: parlare con un albero e capirne le espressioni non è facile, per cui i due non hanno la più pallida idea se esso intenda continuare il discorso o no); ma, all'improvviso, odono un forte rumore, come di una battuta di caccia che si avvicina: sono due scialacquatori, Lano e Iacopo da Sant'Andrea, inseguiti da nere cagne fameliche. Iacopo non riesce a reggere alla corsa, quindi si getta in  un cespuglio (provocando grande dolore al dannato che vi risiede e che, difatti, protesta vivacemente); ma viene immediatamente raggiunto dalle cagne e dilaniato, così come lui stesso "dilaniava" i suoi beni da vivo (Iacopo da Sant'Andrea, di Monselice, era il tipo di persona che dà fuoco alla propria villa per assistere a un bel falò).
Questa è la celeberrima scena dantesca della "caccia infernale", in cui demoni a forma di cane inseguono e sbranano i dannati. Dante riprende questo motivo letterario dalla cultura nordica e alpina, in cui, fin dall'alto Medioevo, si era diffusa l'idea che il diavolo andasse di notte a caccia di anime e di esseri umani. Questo è infatti la caccia infernale: una scena demoniaca in cui i diavoli danno la caccia agli esseri umani, vivi o morti; ovviamente, lo scopo è quello di portarli all'inferno. Esistono alcune varianti, ma lo scenario è chiaramente praeternaturale.

Il motivo trae origine dalla mitologia nordica, sia germanica che celtica. Il prototipo della caccia infernale è il corteo di guerrieri capeggiati dal dio Wotan, più noto come Odino, che li guida nel Walhalla. Cortei del genere si ritrovano in varie mitologie pagane del Nord-Europa: ma, dato che gli dei pagani erano condannati a divenire demoni nell'incipiente cultura cristiana alto-medievale, ecco che la sfilata di guerrieri si trasformò in un corteo notturno di diavoli a caccia di anime.
 
                                             Incisione di G.Doré su Inferno XIII
In questa tradizione si incrociano vari elementi. Innanzitutto, si rivela la paura che suscitavano i boschi e le foreste durante il Medioevo: con il rimboschimento successivo alla decadenza delle città e alla caduta dell'Impero Romano d'Occidente, le foreste inghiottirono spazi che, una volta, erano dedicati a strade, coltivazioni, infrastrutture; perciò, appena fuori dalle mura, che rappresentavano uno spazio sicuro, i cittadini si immergevano in un mondo sinistro, buio, popolato di briganti, criminali, animali feroci (si pensi al terrore che suscitavano lupi e orsi) e, nella mente di alcuni, da spiriti maligni. Per questo le foreste popolano di boschi le fiabe europee (pensate a Cappuccetto rosso o alla versione Disney di Biancaneve e i sette nani), racconti di solito di origine medievale; per questo Renzo, in fuga da Milano, attraversa nottetempo un bosco nei Promessi sposi, cap.XVII; e per questo, lo stesso Dante conferisce un alone sinistro alla "selva oscura", simbolo del peccato, in cui si perde all'inizio della Divina Commedia; oppure, descrive qui la selva dei suicidi, come un luogo orrido, pauroso, dove i dannati, dopo il Giudizio Universale, appenderanno i loro corpi risuscitati. La selva dei suicidi si trasformerà allora in un spaventoso bosco di  impiccati, come i capestri che, di sicuro, Dante avrà visto in viaggio appena usciva dalle mura cittadine (chissà quante volte il poeta, costretto all'esilio, avrà avuto paura viaggiando da solo tra i boschi...).


                                Peter Nicolai Arbo, Åsgårdsreien (1872), Oslo, Galleria Nazionale

Ma è presente in questa tradizione anche il valore negativo di solito attribuito alla caccia. Attività tipica di nobili e re fin dagli albori della civiltà, fin dai regni di Assiri e Babilonesi, riforniva infatti di cacciagione le loro tavole; ma era in genere mal vista. Nella Bibbia, la caccia è antitetica alla pastorizia praticata dagli Ebrei, che erano pastori e nomadi....(continua).

Bibliografia
La "caccia selvaggia": qualche notizia in più, http://www.biblioteca-spinea.it/blog/2013/05/26/fred-vargas-e-la-cavalcata-dei-morti/, URL consultato il 26  marzo 2016.
D.Alighieri, Inferno, cur.G.Giacalone, Roma, 1988 (nuova ed.).
Nimrod, capitolo della mia tesi La setta dei Perati.

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